Il ritorno del tema come strumento di espressione e maturità

La prova scritta di Italiano all’esame di maturità. Analisi critica delle tipologie A e B alla luce della filosofia dell’educazione contemporanea. Il ritorno del tema per dire (davvero) quello che si sa. Considerazioni generali
In questo articolo prendo spunto dalla prova di Italiano della sessione suppletiva dell’esame che era stato di maturità e ora è di Stato e sarà di nuovo di maturità dal prossimo anno scolastico, per avanzare critiche da estendere alla struttura della prova di Italiano delle sessioni normali. Le critiche, andando oltre l’occasione, riguardano in generale le tipologie e i quesiti di questa nuova prova, introdotta con il Decreto Legislativo 62/2017, attuativo della Legge 107/2015 (della “scuola” definita “buona”, in realtà “cattiva” nel senso del latino captiva, prigioniera di una politica ministeriale deleteria), le cui modifiche sono entrate in vigore a partire dall’anno scolastico 2018-2019.
Nell’ottica ministeriale si è ritenuto da allora che lo svolgimento di un tema tradizionale potesse essere affetto da genericità, vaghezza, carenza di competenze logiche ed argomentative. Secondo questa concezione le modifiche andrebbero incontro a necessità riguardanti sia i candidati che gli esaminatori. Per quanto riguarda i candidati, si sostiene che le modifiche siano tali da assicurare l’accertamento di competenze necessarie per inserirsi nel mondo del lavoro, la valutazione oggettiva di specifiche capacità di comprensione testuale, la verifica delle attitudini interpretative, mentre per quanto riguarda gli esaminatori si sostiene che esse consentano valutazioni più accurate, meno generiche e dispersive, grazie all’articolazione dei quesiti relativi ai testi proposti.
In una visione alternativa, orientata verso il pensiero
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