Il peso della Maturità: L’orale “saltato” nell’ombra della riforma Gentile, secondo il Professor Aldo Domenico Ficara

Negli ultimi anni, il panorama scolastico italiano ha assistito a un crescente disinteresse da parte degli studenti nei confronti dell’esame di maturità. Episodi di rifiuto delle prove orali sono diventati sempre più frequenti, sollevando interrogativi sulla cultura della notorietà istantanea che permea la società contemporanea. Secondo il Professor Aldo Domenico Ficara, questo comportamento può essere provocatoriamente confrontato con le rigide regole della Riforma Gentile del 1923.

La riforma Gentile: Un esame di Stato di altri tempi

La Riforma Gentile non rappresentava semplicemente un aggiustamento delle procedure d’esame; era una vera e propria rivoluzione che elevava l’esame di maturità a una “prova di Stato” indispensabile per accedere all’università. In un contesto educativo attuale caratterizzato da commissioni miste e una certa elasticità, le norme gentiliane apparirebbero come un severo monito.

Immaginate gli studenti odierni, abituati a interagire attraverso social media, di fronte a un esame che prevedeva da quattro a sei prove scritte comuni, a seconda dell’indirizzo di studi: italiano, latino e greco per il classico; lingua straniera, matematica e disegno per lo scientifico. La vera sfida, tuttavia, era l’esame orale, un’interrogazione esaustiva su tutte le materie del quinquennio, condotta da commissioni composte esclusivamente da docenti esterni, spesso universitari.

L’impatto della riforma Gentile

L’atmosfera di solennità e formalità degli esami, che si tenevano in sedi distaccate, contribuiva a rendere l’esperienza ancora più intimidatoria. La severità di questa riforma portò a basse percentuali di promossi, creando un contesto in cui ogni errore poteva avere conseguenze gravi.

La consapevolezza del peso dell’esame

Sotto le regole della Riforma Gentile, la percezione dell’esame di maturità sarebbe stata radicalmente diversa. La possibilità di “saltare l’orale” o di affrontare le prove con leggerezza sarebbe risultata inaccettabile. L’esame non era solo un rito di passaggio, ma un ostacolo insormontabile per qualsiasi aspirazione di studio superiore.

Pressione e dedizione allo studio

La struttura dell’esame, con prove su tutte le materie e commissioni esterne, creava una pressione psicologica notevole. Gli studenti non avrebbero potuto permettersi di preparare solo argomenti “strategici”; ogni lacuna avrebbe potuto compromettere il loro futuro accademico.

La scomparsa della notorietà per la bravata

In un contesto così severo, l’idea di guadagnare visibilità attraverso gesti di sfida sarebbe apparsa ridicola. Un eventuale rifiuto di sostenere l’orale non avrebbe portato consensi, ma solo la certezza di una bocciatura senza appello.

Disciplina e serietà nella formazione

La Riforma Gentile mirava a formare una classe dirigente rigorosa e preparata. Comportamenti irrispettosi nei confronti dell’istituzione scolastica sarebbero stati considerati inaccettabili. Gli studenti di oggi, che sottovalutano l’importanza del voto di maturità, si troverebbero di fronte a una realtà ben più severa.

Riflessioni sul valore del voto

In sintesi, la storia ci insegna che il rigore, sebbene talvolta eccessivo, può influenzare comportamenti e priorità. Come suggerisce il Professor Ficara, riflettere sulle regole della Riforma Gentile potrebbe farci comprendere meglio il valore attribuito oggi al “voto” e all’importanza dell’esame di maturità.

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