Scrivere per apprendere

Scrivere per apprendere

Prompt generativi e intelligenza artificiale nella didattica riflessiva

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Scrivere non è un semplice esercizio tecnico, né un momento accessorio della vita scolastica. È, piuttosto, un gesto cognitivo ed emotivo che permette allo studente di entrare in relazione con sé stesso e con il mondo. La scrittura è il luogo in cui il pensiero prende forma, si chiarisce, si approfondisce, diventa materia viva, plasmabile, capace di restituire una visione del reale arricchito dalla soggettività.

Ogni parola scelta, ogni frase articolata è il risultato di un processo interiore che trasforma l’implicito in esplicito, il confuso in ordinato, l’informe in consapevole. Questo processo non è mai neutro, perchè chi scrive impara a conoscersi, a dare un nome alle emozioni, a collegare fatti, idee, esperienze. In una società in cui la velocità tende a sacrificare la profondità e l’immediatezza prevale sull’elaborazione, educare alla scrittura significa educare alla lentezza, alla riflessione, alla costruzione di significati personali.

Non si tratta di un atto isolato ma di un percorso, che si rinnova ogni volta che si scrive e che può essere potenziato dall’uso consapevole di strumenti come l’intelligenza artificiale. Quando la scrittura è usata come pratica quotidiana, articolata su diversi registri e forme testuali, essa diventa uno strumento di metacognizione, capace di rendere visibile il pensiero, di attivare la consapevolezza del proprio modo di apprendere e di stimolare una riflessione costante su ciò che si è, che si pensa e che si impara.

Il significato dei prompt nella scrittura scolastica

I prompt sono stimoli iniziali, suggestioni o input che attivano il processo di scrittura, innescando il pensiero, suscitando immagini mentali, richiamando emozioni o esperienze. La loro forza risiede nella capacità di non fornire risposte, ma di aprire domande, di lasciare spazio alla complessità, di generare percorsi diversi per ciascuno studente. Possono assumere molteplici forme: una frase da completare, una situazione immaginaria, una citazione letteraria o filosofica, una fotografia, una domanda aperta, una condizione ipotetica. La varietà dei prompt consente di attivare differenti aree cognitive, favorendo l’elaborazione personale, la rielaborazione creativa e la connessione tra le discipline.

Nel contesto scolastico, i prompt diventano strumenti pedagogici potenti, perché sollecitano la partecipazione attiva dello studente, stimolano la riflessione, favoriscono l’espressione di vissuti personali e l’elaborazione critica delle conoscenze. Sono ponti tra ciò che si studia e ciò che si vive, tra il sapere formale e la soggettività. Quando integrati con l’intelligenza artificiale, i prompt possono essere personalizzati in tempo reale, adattati ai diversi livelli cognitivi, emotivi e linguistici, diventando dispositivi inclusivi e dinamici. L’IA può suggerire varianti, ampliare i riferimenti, proporre collegamenti intertestuali o interdisciplinari, stimolando una scrittura dialogica e profonda.

Un prompt ben formulato non guida lo studente verso una risposta predefinita, ma lo invita ad abitare il proprio pensiero, ad esercitare la propria voce, a costruire un testo autentico. Rende la scrittura un laboratorio di ricerca, in cui l’alunno diventa autore e non semplice esecutore, esploratore e non ripetitore. In questo modo, il prompt non è più solo uno strumento didattico, ma un dispositivo formativo che stimola il pensiero divergente, il confronto critico e la capacità di dare senso al mondo attraverso le parole.

Scuola dell’infanzia: dare forma alle emozioni con le parole

Nella scuola dell’infanzia, i bambini sono ancora alle prime esperienze con il linguaggio simbolico, ma possiedono una straordinaria capacità di immaginare, di raccontare, di giocare con le parole e con le immagini mentali. In questa fase, l’obiettivo educativo prioritario non è tanto quello di produrre testi strutturati, quanto di stimolare la verbalizzazione, la narrazione, la capacità di rappresentare il mondo interiore attraverso simboli, suoni, colori, parole. I prompt, in questa fase, possono essere veicolati attraverso immagini evocative, racconti orali, oggetti della quotidianità o esperienze sensoriali.

Un esempio pratico potrebbe essere l’osservazione condivisa di un disegno che rappresenta un prato fiorito, accompagnata dalla domanda aperta: “Cosa succede se i fiori iniziano a parlare tra loro?”. Da questa semplice suggestione, possono nascere storie collettive o individuali, che il bambino racconta a voce, drammatizza con il corpo, costruisce con il disegno o modella con il materiale manipolativo. Il ruolo dell’insegnante è centrale nell’ascolto, nella valorizzazione della risposta, nella riformulazione e nel rilancio creativo. L’intelligenza artificiale educativa può affiancare l’adulto proponendo nuove domande, suggerendo immagini o suoni coerenti con l’universo simbolico del bambino, stimolando narrazioni interattive e personalizzate.

Questa forma di pre-scrittura è fondamentale per lo sviluppo del linguaggio, dell’immaginazione e della consapevolezza di sé. Raccontare ciò che si pensa o si sogna, dare voce a oggetti animati o a personaggi fantastici, aiuta il bambino a costruire il senso di identità, a esplorare emozioni complesse, a riconoscersi come soggetto comunicante. Ogni prompt diventa, così, una finestra sull’universo interiore del bambino, uno strumento per avviare un processo di alfabetizzazione emotiva e narrativa, una prima forma di accesso alla parola come luogo di significato e relazione.

Scuola primaria: scrivere per conoscersi e raccontarsi

Nella scuola primaria, la scrittura non rappresenta soltanto una competenza linguistica da acquisire progressivamente, ma si configura come un mezzo potente per esprimere sé stessi, per consolidare l’identità in formazione e per esplorare la realtà circostante con sguardo critico e creativo. A partire dai primi anni del percorso scolastico, bambini e bambine cominciano a padroneggiare le strutture del racconto, a distinguere le descrizioni dagli eventi, a dare forma scritta a ciò che immaginano o provano. La scrittura, dunque, diventa non solo un esercizio tecnico, ma una palestra emozionale e cognitiva.

Un efficace orientamento in questa direzione può venire dall’introduzione di prompt generativi, ovvero spunti di scrittura che coniughino esperienza personale, immaginazione e riflessione. Un esempio significativo è il celebre “Scrivi una lettera a te stesso tra dieci anni”, un invito che stimola il bambino a proiettarsi nel futuro, esercitando sia la fantasia sia la capacità introspettiva. Attraverso questo tipo di attività, i piccoli scrittori possono dare voce ai propri sogni, paure, desideri, maturando una prima consapevolezza di sé e delle proprie aspirazioni.

L’intelligenza artificiale può offrire un supporto creativo e personalizzato in questo processo, arricchendo l’esperienza di scrittura con domande guidate, che aiutano a focalizzare il pensiero: “Che lavoro ti piacerebbe fare? Dove vivresti? Chi vorresti accanto?”. Questi stimoli, calibrati sull’età e sul livello di maturazione emotiva, favoriscono l’autonarrazione e incoraggiano la costruzione di un dialogo interiore, spesso difficile da attivare nei contesti scolastici tradizionali.

Non meno importante è il ruolo della scrittura nella formazione della coscienza civica. In questo ambito, prompt come “Immagina di essere il sindaco della tua città per un giorno: cosa cambieresti?” attivano nei bambini una riflessione concreta sul proprio ambiente di vita e sulle dinamiche sociali che lo regolano. Scrivere da un punto di vista civico, anche se simulato, significa assumere una prospettiva di responsabilità, immedesimarsi negli altri, pensare in termini di bene comune e imparare a dare forma alle proprie idee su giustizia, equità, ambiente, convivenza.

La scrittura, in questo senso, si fa palestra di cittadinanza attiva, luogo dove si esercita la possibilità di pensare soluzioni, proporre cambiamenti, riconoscere diritti e doveri. Attraverso la parola scritta, il bambino può cominciare a sentirsi parte di una comunità, con il diritto di esprimere opinioni e il dovere di ascoltare e rispettare quelle altrui. Si sviluppa così non solo il pensiero critico, ma anche l’empatia, intesa come capacità di comprendere i punti di vista differenti dal proprio.

L’approccio narrativo riflessivo, sostenuto da una guida sensibile del docente e da strumenti innovativi come l’intelligenza artificiale, consente alla scrittura di diventare un vero e proprio strumento pedagogico trasversale, capace di favorire competenze linguistiche, emotive, cognitive e sociali. Si costruisce così uno spazio educativo in cui l’alunno non è solo un esecutore, ma un autore del proprio percorso, capace di narrare il mondo e di immaginarne uno migliore.

Scuola secondaria di primo grado: dal racconto alla riflessione

Durante la preadolescenza, la scrittura diventa uno spazio privilegiato per l’elaborazione del sé, dei cambiamenti emotivi, delle relazioni e del confronto con il mondo esterno. Gli studenti di questa fascia d’età iniziano a vivere trasformazioni profonde, che coinvolgono la percezione di sé, il rapporto con i pari, la gestione delle emozioni e la definizione dell’identità. La scrittura, in questo contesto, rappresenta un canale espressivo e formativo fondamentale, perché consente di dare voce a pensieri spesso non detti, a insicurezze, a desideri inespressi.

I prompt possono assumere una forma più complessa e stimolante, adeguata allo sviluppo cognitivo e affettivo di questa età. Un esempio è: “Racconta un momento in cui ti sei sentito diverso dagli altri”. Questo tipo di stimolo permette allo studente di esplorare la propria identità, di affrontare vissuti delicati, di sviluppare empatia verso sé stesso e gli altri. L’intelligenza artificiale può suggerire strutture narrative, parole chiave per ampliare il vocabolario emotivo, oppure offrire esempi tratti da testi letterari o autobiografici vicini alla sensibilità adolescenziale, come i romanzi di formazione o i racconti in prima persona.

Anche in ambito disciplinare i prompt possono essere utilizzati per favorire una comprensione più profonda dei contenuti attraverso l’immedesimazione. Ad esempio: “Scrivi il diario di un gladiatore romano prima della battaglia” aiuta a esplorare il contesto storico con uno sguardo emotivo; “Immagina di essere una molecola d’acqua nel suo viaggio attraverso il ciclo naturale” stimola la comprensione dei processi scientifici attraverso la narrazione. L’IA può fornire spunti narrativi, accompagnare l’organizzazione testuale e offrire feedback costruttivi durante la scrittura. Questi stimoli, ben calibrati, favoriscono un apprendimento integrato, in cui emozione, sapere e immaginazione si intrecciano per produrre testi autentici, sentiti e cognitivamente significativi.

Scuola secondaria di secondo grado: la scrittura come laboratorio del pensiero

Nel percorso delle scuole superiori, la scrittura si configura come una vera e propria palestra intellettuale, uno spazio in cui il pensiero si affina e si mette alla prova. Gli studenti, ormai capaci di affrontare temi complessi con maggiore autonomia, trovano nei prompt generativi l’occasione per sviluppare testi argomentativi, riflessivi, creativi e interdisciplinari. I prompt proposti possono stimolare riflessioni filosofiche, etiche, scientifiche, civiche e letterarie, innescando un dialogo tra la conoscenza disciplinare e la sensibilità individuale.

Un esempio particolarmente attuale è: “L’intelligenza artificiale migliora o impoverisce il pensiero umano?”. Una domanda del genere consente allo studente di esercitare la propria capacità argomentativa, di confrontare prospettive teoriche, di formulare ipotesi fondate e di elaborare contro-argomentazioni. L’IA stessa, se integrata nel processo, può suggerire domande guida, raffinare lo stile, offrire citazioni filosofiche, dati scientifici o riferimenti storici che arricchiscono il contenuto. L’obiettivo non è quello di ottenere una risposta giusta, ma di strutturare un pensiero solido, articolato e personale.

Accanto ai prompt argomentativi, un ruolo significativo lo svolgono anche quelli creativi, capaci di rinnovare l’approccio ai testi letterari. Il suggerimento “Scrivi una pagina di diario dal punto di vista di Antigone prima della condanna” consente allo studente di immergersi nei conflitti etici e umani del personaggio, sviluppando empatia e capacità di immedesimazione. Questo tipo di scrittura trasforma l’analisi letteraria in esperienza vissuta, facilitando la comprensione profonda dell’opera.

Anche in ambito scientifico, l’uso dei prompt è strategico per stimolare il pensiero sistemico e la capacità progettuale. Un esempio è: “Immagina un mondo senza energia elettrica: come cambierebbero le nostre vite?”. A partire da questa suggestione, lo studente può analizzare le interconnessioni tra scienza, ambiente, economia, tecnologia e società, sviluppando una visione critica e integrata dei problemi contemporanei. La scrittura, in questi casi, diventa luogo di connessione tra sapere, etica e responsabilità, contribuendo a formare cittadini consapevoli, capaci di orientarsi con autonomia nel pensiero e nell’azione.

Scrittura metacognitiva: pensare a ciò che si è scritto

Oltre alla produzione del testo, è fondamentale promuovere la riflessione sul processo stesso della scrittura, affinché essa non sia percepita come un semplice compito da svolgere, ma come un percorso di consapevolezza in cui lo studente diventa protagonista attivo del proprio apprendimento. La scrittura, infatti, non è solo un prodotto, ma anche e soprattutto un processo  fatto di scelte, revisioni, tentativi, dubbi, intuizioni. In quest’ottica, assumono un ruolo centrale i prompt metacognitivi, ovvero quegli stimoli che invitano a pensare su come si è pensato, su ciò che si è fatto e sulle ragioni di certe decisioni compositive.

Domande come “Cosa hai imparato scrivendo questo testo?”, “Quali parti ti hanno messo in difficoltà?”, “Cosa ti è piaciuto scrivere di più?”, “In che modo potresti migliorarlo?” aprono uno spazio riflessivo che accompagna la scrittura verso una dimensione più profonda e duratura. L’obiettivo non è semplicemente correggere, ma comprendere: comprendere il proprio stile, le strategie che funzionano, gli ostacoli incontrati e i passi compiuti per superarli. In questo modo, l’errore non è più un fallimento da nascondere, ma un’opportunità di crescita, un indicatore prezioso per orientare il cammino.

L’intelligenza artificiale può giocare un ruolo cruciale anche in questa fase, generando domande metacognitive in modo adattivo, calibrate sul contenuto del testo, sul registro linguistico utilizzato, sulle emozioni espresse o sulle strutture narrative impiegate. Questo consente un’interazione più personalizzata e dinamica, capace di valorizzare le unicità di ogni studente e di stimolare un dialogo interiore autentico. La scrittura, così, si trasforma in una forma di autoconoscenza, in un diario di bordo che accompagna il percorso cognitivo e affettivo dell’alunno.

Secondo le neuroscienze educative, la metacognizione è uno dei fattori più rilevanti per consolidare gli apprendimenti a lungo termine. Essa attiva le funzioni esecutive del cervello, rafforza i circuiti della memoria e potenzia la capacità di problem solving. Sviluppare la capacità di riflettere sul proprio pensiero significa potenziare l’autoefficacia, cioè la fiducia nelle proprie risorse, e sviluppare l’autonomia nell’apprendere. Scrivere per riflettere su come si scrive non è un’attività accessoria, ma un passaggio fondamentale per la crescita personale e scolastica, spesso trascurato nella pratica quotidiana.

Favorire spazi di metacognizione nella scuola primaria significa seminare precocemente il gusto per l’esplorazione interiore, il senso critico, la capacità di auto-valutarsi in modo costruttivo. In un mondo sempre più veloce e frammentato, educare i bambini a rallentare, a rileggersi, a interrogarsi su ciò che sentono e pensano, rappresenta una scelta pedagogica coraggiosa e necessaria. È proprio in questa prospettiva che la scrittura torna a essere ciò che dovrebbe essere: un atto formativo integrale, in cui linguaggio, pensiero ed emozione si intrecciano per costruire conoscenza e consapevolezza di sé.

Conclusione: una nuova grammatica del pensiero

L’intelligenza artificiale non sostituisce l’atto di scrivere, né può rimpiazzare la complessità dell’esperienza umana che si riflette nei testi. Tuttavia, se integrata in modo critico e consapevole, può diventare un potente alleato pedagogico, capace di accompagnare e arricchire il processo di scrittura. I prompt generativi, quando progettati con competenza e sensibilità didattica, diventano ponti tra sapere e immaginazione, tra disciplina e interiorità, tra scuola e vita. Offrono stimoli dinamici, personalizzabili e inclusivi, che permettono allo studente di attivare la propria voce e di sviluppare una scrittura autentica, capace di connettere emozione, riflessione e conoscenza.

Scrivere per apprendere, con l’aiuto dell’IA, significa riconoscere nella parola scritta non soltanto un prodotto, ma un processo in divenire, una forma di pensiero e un atto di consapevolezza. Significa restituire centralità al pensiero lento, alla capacità di fermarsi, di osservare, di riformulare. Significa anche educare allo spirito critico, alla responsabilità etica e alla profondità creativa, in un’epoca dominata dall’immediatezza e dalla superficialità. La scrittura resta, oggi più che mai, un atto profondamente umano, capace di costruire senso, identità e visione del mondo. E grazie ai nuovi strumenti digitali, può diventare anche un atto ancora più inclusivo, dialogico e trasformativo.

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Scrivere: la relazione, la pensiero, the rhythm, and the spazio

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di  Maria Grazia Carnazzola

Introduzione

 Uno dei problemi che ogni sistema di Educazione, Istruzione, Formazione, si trova ad affrontare è quello relativo alla promozione della competenza linguistica, intesa come strumento cognitivo e non esclusivamente come fatto stilistico. Numerose sono le ricerche recenti, italiane (Vertecchi) e internazionali, che segnalano come l’apprendimento della scrittura manuale, e di quella corsiva in particolare, abbiano una forte rilevanza sull’apprendimento e sullo sviluppo di altre abilità/competenze quali la riflessione critica, la lettura, l’articolazione delle capacità linguistiche e logiche; ma, al di là dell’esaltazione mediatica e della retorica ufficiale- entrambe di breve durata- concretamente ben poco viene fatto per sfruttare compiutamente ciò che, generazione dopo generazione, ha dato forma ai cervelli con la struttura fornita dal mondo fisico e sociale, coniugando  i tempi lunghi della storia naturale con quelli brevi dello sviluppo individuale (Vallortigara) e l’emergere dei “periodi sensibili”. Le neuroscienze cognitive hanno, ora, avvalorato le intuizioni e le posizioni di Vygotskij e di Piaget. Dehaene ha ripetutamente messo in evidenza l’effetto che l’istruzione produce sul cervello umano, sulla riorganizzazione dei circuiti (riciclaggio neuronale), sul coinvolgimento dei circuiti attenzionali, sulla necessità che i processi di scrittura e di lettura diventino automatici per liberare spazi di pensiero e di azione. Questo scritto riprende lavori prodotti per convegni e corsi di formazione, tenuti per docenti e addetti ai lavori.

1. Scrivere e leggere: l’impatto dell’alfabetizzazione

“Une lettre n’est rien qu’un sonSon tracè est la trace de l’homme” (Ladislas Mandel).”

 Cosa significa leggere e cosa significa scrivere? Da una parte c’è l’automatizzazione dei processi di codifica e di decodifica, dall’altra lo sviluppo delle capacità di organizzare, attraverso le relazioni logiche, i contenuti da comunicare e le modalità per esprimerli con il codice più adeguato. Il mondo della ricerca ha chiarito alcune questioni in merito alle variabili che influiscono sull’apprendimento della lingua e delle lingue. Ma il mondo della scuola, dell’infanzia e primaria in particolare, raramente viene coinvolto nella validazione delle ipotesi di ricerca e, in questo modo, gran parte delle conoscenze non vengono utilizzate. L’apprendimento infantile, che deve necessariamente partire da una costruzione di pensiero pratico, utilizza le prime acquisizioni della lingua orale per integrare pensiero e linguaggio e dare origine al pensiero logico. È necessario partire da attività concrete e agite direttamente, arricchendo ogni esperienza con la codifica verbale durante l’interazione sociale, offrendo molteplici occasioni per poter parlare, perché a parlare si impara, così come si impara a scrivere. Il linguaggio scritto, infatti, va considerato come parte integrante dell’ambito linguistico generale, come integratore e amplificatore del linguaggio orale e strettamente dipendente da questo: entrambe le forme sono costruite sullo stesso sistema linguistico. Codice orale e scritto rappresentano gli stessi significati: ciò che può essere scritto può essere detto e viceversa. Maggiore sarà la padronanza del linguaggio orale, più facile sarà l’acquisizione del codice scritto. Il linguaggio orale è un sistema arbitrario, culturalmente determinato, composto da lessico e sintassi. Il lessico codifica i contenuti del pensiero, la sintassi indica i significati lessicali attraverso modifiche morfologiche – desinenze, suffissi, prefissi – e dell’ordine delle parole nelle frasi. Il codice uditivo temporale poggia sull’emissione sequenziale di unità minime, le sillabe, che vengono collegate senza discontinuità in unità significative, i sintagmi, interrotti da brevi pause. Il codice visivo-spaziale, la lingua scritta, ordina i segni da sinistra a destra (per alcuni sistemi) in modo da riprodurre le sequenze di sillabe, inserendo spazi tra le parole e segni per marcare le intonazioni. Mancano l’accentuazione degli elementi della frase e i riferimenti immediati al contesto. La lingua scritta rappresenta la ricodifica in forma visiva di quella orale riflettendone l’arbitrarietà lessicale e sintattica: chi scrive traspone in forma visivo-spaziale il codice uditivo-temporale con segni grafici arbitrari per la codifica dei fonemi. Parlato e scritto sono processi governati da regole psicologiche, sociali e linguistiche solo in parte simili. Cercare il modo, o i modi, per associare le due forme di linguaggio in modo stabile, ben automatizzato e transitivo può essere un importante terreno di ricerca e di pratica. Il primo passaggio dalla forma orale a quella scritta è costituito dall’associazione stabile e transitiva tra la modalità uditivo-vocale e quella visivo-motoria. Ma quali sono i percorsi per passare dal parlato allo scritto, e viceversa, per una corretta automatizzazione di codifica/decodifica, partendo dalla fluidità motoria della mano e dell’occhio?  La scrittura manuale è un gesto di motricità fine tra i più complessi e precisi che l’uomo è in grado di compiere ed è, per questo, uno strumento tra i più avanzati e precisi di interazione con l’ambiente. Inoltre, nei dinamismi di base della scrittura corsiva (organizzazione, pressione, ritmo, armonia, direzione, flusso, ordine) si possono rintracciare, a livello pratico, tutti gli aspetti che dovrebbero caratterizzare una personalità adulta autonoma, consapevole, orientata e responsabile. Lo sforzo di vedere i percorsi educativi nella loro complessità, potrebbe contrastare la tendenza a vedere i fatti e gli accadimenti (e le loro narrazioni) come fenomeni isolati su cui intervenire nell’immediato, sottovalutando l’inevitabile manipolazione che ogni “isolamento” porta con sé.  Lettura e scrittura sono mezzi di comunicazione culturalmente appresi. Sono oggetti convenzionali e permanenti: convenzionali in quanto oggetti socio-culturali; permanenti perché richiedono l’attivazione di processi cognitivi complessi e, quindi, un ruolo attivo e consapevole del soggetto che apprende. Permanenti non significa, qui, immutabili. La rapidità con cui mutano gli scenari economici, sociali e culturali impongono costanti adattamenti degli strumenti utilizzati, la rimodulazione e la riformulazione dei concetti e delle pratiche. E per la prima volta, nella storia della nostra civiltà, gli adulti sono in difficoltà nell’insegnare alle giovani generazioni l’uso degli strumenti di accesso alla conoscenza. Per molti secoli, pur con i cambiamenti derivanti dall’evoluzione della tecnica, gli strumenti e le pratiche d’uso erano sostanzialmente le stesse e tramandate da una generazione all’altra. Ora, la generazione digitale si appropria delle conoscenze con nuovi strumenti e per questi giovani le forme e i mezzi di comunicazione vecchi e nuovi coesistono, si sovrappongono, possono integrarsi. Il problema, semmai, ed è un problema serio, è che l’eccesso di informazione disorganica che ne deriva, interferisca negativamente con la capacità di dare una forma ai saperi e alla conoscenza, cioè di riportare ogni dato di informazione a un contesto di senso- da intendere come direzione e come significato- per poter essere utilizzato e comunicato. E una delle principali forme di comunicazione continua ad essere la scrittura.  Ma cosa significa scrivere? Credo che a questa domanda abbia risposto, in modo esauriente e originale il filosofo Carlo Sini: “La scrittura come già aveva capito molto bene Husserl, e su cui è tornato Derrida, è un’operazione economica: cioè io metto in frigorifero e la scongelo molto più in là. Questo significa che gli enunciati della lingua parlata sono in situazione. Queste parole, nel momento in cui le scrivo, queste parole possono andare in Canada così come possono andare nel 2800.Questo è il destino imperscrutabile delle cose. L’operazione è economica nel senso che è produttiva, universalizza il messaggio, lo rende disponibile a molti trasferimenti di senso, ma nello stesso tempo pone il problema ermeneutico fondamentale: ogni volta noi ci scontriamo con un oggetto che possiamo chiamare scrittura, ma in fondo tutti gli oggetti fatti dall’uomo sono scrittura della sua azione, delle tracce del suo lavoro, della sua operatività. Non dobbiamo cadere nella superstizione oggettivistica, naturalistica, storicistica “adesso ti dico cosa lui voleva fare. Certo questa è una buona intenzione…ma la scrittura è il luogo del dialogo, il luogo della trasformazione conforme e non il luogo della oggettività imposta”.   

Quindi, scrivere significa, da una parte, organizzare personalmente attraverso le operazioni logiche, i contenuti da comunicare e le modalità per esprimerli con il codice più adeguato; dall’altra automatizzare i processi di codifica-decodifica come detto più sopra. Sullo sfondo rimane il problema, serissimo, delle modalità di scrittura: a mano, con quale carattere grafico, con la tastiera…È ormai opinione condivisa, dai più accreditati studiosi di neuroscienze cognitive, che la scrittura manuale non deve essere abbandonata perché è un insostituibile catalizzatore dello sviluppo motorio e cognitivo. Steve Jobs, che in età adulta frequentò un corso di scrittura corsiva, ebbe a dire che, se fosse riuscito a replicare la mano, avrebbe realizzato “un prodotto da urlo”

2.  Scrivere è un fatto culturale, è un fatto personale, è un fatto sociale.

Scrivere è un fatto culturale, intendendo con questo che c’è una “storia” della lettura e della scrittura che viene riassunta come segue: 

il parlare è programmato geneticamente, lo scrivere e il leggere no, sono prodotti culturali: questa osservazione dovrebbe farci riflettere maggiormente sui disturbi specifici di apprendimento e sui mancati apprendimenti.

Leggere e scrivere modificano geneticamente il cervello.

La lettura e la scrittura testimoniano la capacità del cervello di superare l’organizzazione originaria delle sue strutture.

Il cervello che legge, e che scrive, cambia il modo di ragionare sui fatti e sul mondo: il mondo e l’azione stanno insieme nelle parole.

Ma scrivere/leggere è anche un fatto personale che riguarda l’evoluzione e lo sviluppo individuale. Le domande di fondo sono le seguenti: come ciascuno impara a leggere e a scrivere? Quali sono i parallelismi, le diversificazioni e le curvature del necessario insegnamento? Cosa succede quando si impara a leggere e a scrivere? E cosa succede quando non si impara?

Infine, scrivere è un fatto sociale.  Ma perché nel titolo “, scrivere” (e quindi leggere che è l’altra faccia della medaglia) è stato posto all’inizio della sequenza? È risaputo che i bambini “pensano” a livello pratico prima di fare e prima di dire, ma è altrettanto evidente che è compito della scuola quello di accompagnare tutti alla miglior padronanza possibile del pensiero logico, inteso come capacità di riflettere, prevedere, valutare. Queste riflessioni le ho spesso condivise e discusse con i Collegi dei docenti degli Istituti, Comprensivi o Istituti di secondo grado, nell’ambito dei percorsi di formazione finalizzati alla costruzione di un curricolo linguistico verticale, continuo e progressivo. La centralità dell’uso cognitivo della lingua e la sua trasversalità, sono state ampiamente condivise, così come condivisa è stata la riflessione intorno al peso della diffusa scarsa competenza alfabetica. E’ ricorsa spesso l’ipotesi che le difficoltà manifestate dalla maggioranza degli allievi nello scrivere, e la conseguente   perdita di autonomia, derivi da un insieme di pratiche che vengono meno, come la scrittura a mano- in corsivo in particolare- a vantaggio dell’utilizzo di dotazioni strumentali che, al di là della loro caratteristica di funzionalità, assumono un connotato di modernizzazione delle pratiche didattiche da contrapporre alle pratiche tradizionali.  Rivedere le modalità metodologicodidattiche con cui impostare l’apprendimento/ insegnamento della scrittura, e quindi della lettura, portando in primo piano tutti quegli aspetti che riguardano sia la padronanza dei segni e la capacità di riconoscerli e di riprodurli per collegarli, sia le operazioni mentali che si manifestano attraverso il linguaggio e si concretizzano nella produzione e nella comprensione dei testi, è stata individuata come uno dei punti di attenzione. Riprendendo la ricerca empirica riportata nel testo “I bambini e la scrittura” di Benedetto Vertecchi, in particolare l’ipotesi n.4, si potrebbero articolare  progetti sperimentali classici, con gruppi di apprendimento che sperimenteranno l’uso del corsivo e gruppi di controllo, riconducendo le fasi dei percorsi ai passaggi fondamentali del progettare, agire, osservare, valutare, per migliore da un lato la prassi didattica e dall’altro le competenze di scrittura degli allievi, coordinando le attività manuali con quelle mentali. Perché non provare? 

3. Tecnologie, mente, cervello.

Le macchine, la tecnologia fanno parte del nostro mondo e della nostra vita, non lo dimentichiamo, non possiamo ignorarlo. Il loro uso, in positivo e in negativo, influenza la nostra mente e, di conseguenza, il nostro funzionamento cerebrale.  Come si potrà imparare a leggere e a scrivere, quali i percorsi di insegnamento/apprendimento della strumentalità di base: leggere, scrivere, far di conto, per utilizzare un vocabolario desueto. Chi ha insegnato e insegna ad utilizzare gli strumenti di accesso alla cultura, sa quanto di relazione, di accompagnamento anche fisico richieda questa fase dell’apprendimento/insegnamento dove il percorso è sempre un fare-dire-pensare (inteso come rappresentazione concettuale). Ma ancora prima, occorre chiedersi se scrivere a mano o sulla tastiera sia la stessa cosa, se impegni gli stessi processi cognitivi, la stessa attenzione, le stesse operazioni mentali, se richiede lo stesso tipo di manualità.

Sappiamo- dalla letteratura di riferimento- che la scrittura a mano, e in corsivo, è il gesto di motricità fine tra i più precisi e complessi che l’uomo sia in grado di compiere ed è uno strumento estremamente avanzato e raffinato di interazione con l’ambiente che richiede aggiustamenti, esercizio e tempi distesi e un accompagnamento costante che può essere continuato in famiglia, ma non può essere delegato. Gli allievi hanno ritmi, modi e tempi diversi di apprendimento, ma tutti hanno lo stesso diritto di apprendere, vale anche per chi ha una disabilità o fa riferimento a un’altra cultura…  Tornando all’apprendimento della scrittura a mano: l’abbandono di questo strumento può essere una perdita oggettiva di potenzialità? Che rapporto c’è tra il pensare in modo logico e lo scrivere? Da una parte l’automatizzazione dei processi di codifica e di decodifica, dall’altra lo sviluppo delle capacità di organizzare, attraverso le relazioni logiche i contenuti da comunicare e le modalità per esprimerli con il codice più adeguato. Il passaggio dalla forma orale a quella scritta si fonda sull’associazione stabile e transitiva tra la modalità uditivo-vocale e quella visivo-motoria. Il secondo passaggio riguarda la scelta del carattere grafico: corsivo, stampatello, script; in contemporanea, in sequenza, quale per primo, con quali tempi di apprendimento su cui calibrare quelli di insegnamento. Tutte domande a cui bisognerà trovare una risposta. Così come bisognerà riflettere sui percorsi che si dovranno proporre finalizzati alla prensione della penna a pinza superiore o per far acquisire le direzioni destra/sinistra, alto/basso, aspetti spesso poco considerati…

 Scrittura a mano Video-scrittura– – – – –Utilizzo di una sola mano; le lettere vengono collocate nello spazio (limitato intorno alla punta della penna); attenzione concentrata su questo unico punto (tempo e spazio); chi scrive deve dare forma alla lettera in relazione al modello; c’è un rapporto diretto tra l’atto motorio e il prodotto grafico e l’esperienza coinvolge tutto il corpo e tutti i sensi; la      grafica        si       velocizza          e        si personalizza.– – – –Uso pressocchè paritario di entrambe le mani; il gesto (pressione sul tasto) si estrinseca su due spazi distinti: lo spazio motorio (tastiera) e lo spazio visivo (schermo) dove chi scrive controlla il prodotto; l’attenzione oscilla tra i due spazi separati; il rapporto diretto tra il processo di realizzazione e il risultato grafico, manca nella videoscrittura; manca la consapevolezza del movimento necessario per l’esecuzione delle diverse lettere; la digitazione sulla tastiera risponde alla costruzione di uno schema di memorizzazione della collocazione spaziale e delle forme delle lettere;  –la scrittura si velocizza ma non si personalizza.

Molte ricerche sulla “scrittura”, condotte in ambito neuropsicologico e di pedagogia sperimentale hanno messo in evidenza che la rappresentazione mentale delle lettere e la loro memorizzazione cambia a seconda dello strumento di scrittura utilizzato; scrivere a mano e digitare sulla tastiera si associano a schemi cerebrali diversi che danno luogo a prodotti diversi. La scrittura a mano potenzia l’attivazione delle aree cerebrali, favorisce lo sviluppo cognitivo, influisce positivamente sulla capacità di pianificazione e di controllo delle proprie azioni, come dimostrato da K. James1, Indiana University, Dipartimento di neuroscienze. E ancora la fluidità e l’automazione del gesto grafico influenzano positivamente tutte le writing skills, con maggiori fluidità comunicativa e produzione scritta. La prospettiva possibile? Integrare la scrittura a mano e la videoscrittura in modo da sfruttare le potenzialità offerte dalle tecnologie, senza perdere le funzioni esclusive prodotte dalla scrittura manuale corsiva. Solo così le nuove generazioni avranno chiavi di accesso veramente multimediali alla conoscenza e alla comunicazione. Ma per integrare bisogna aver appreso separatamente ciò che deve essere integrato. Il nostro cervello è plastico, non è elastico e ciò che va perduto non potrà essere recuperato in tempi brevi. Già Nietzsche, dopo aver imparato a usare la Writing Ball per dattiloscrivere i testi, condivideva con l’amico Koselitz la convinzione che gli strumenti di scrittura hanno un ruolo nella formazione dei nostri pensieri.

4. Conclusioni.

 M. Wolf della Tufts   University, nel libro “Proust e il calamaro”, sostiene che il nostro cervello non è fatto per scrivere e per leggere spontaneamente: leggere e scrivere non sono fatti naturali ma culturali. Per farlo, esso deve realizzare nuovi circuiti collegando regioni che geneticamente avrebbero altre funzioni. Ma è grazie alla scrittura che l’umanità ha fatto enormi progressi e questo giustifica gli sforzi che ciascuno deve fare, e che la scuola deve permettere di fare e insegnare a fare-quello che io chiamo il diritto alla fatica- per imparare a leggere e a scrivere; competenze, queste, fondamentali per divenire, come forma mentis e modus operandi, cittadini attivi e godere appieno del diritto di cittadinanza con competenza di pensiero e competenza di azione. Per questo l’educazione linguistica non può essere responsabilità del solo docente di italiano, né ridursi esclusivamente a una questione formale e stilistica. Didatticamente, questo rimanda alla interdipendenza tra padronanza linguistica e strutturazione del pensiero, alla lingua come elemento trasversale: precondizione, strumento e prodotto di tutti gli apprendimenti disciplinari. Pensando alle situazioni diversissime che vivono i ragazzi, alle differenze individuali e sociali che abitano le nostre scuole,  i docenti della scuola superiore non possono, perciò, non sapere come si impara/insegna a scrivere, quali siano i processi cognitivi che regolano la scrittura- a partire dagli aspetti strumentali-, il rapporto tra padronanza linguistica e strutturazione del pensiero: la lingua, orale e scritta, è lo strumento e il prodotto di tutti gli apprendimenti disciplinari, come sostiene anche S. Dehaene nel testo “I neuroni della lettura”. Credo sia necessaria e urgente da

parte della società civile tutta (ma in particolare da parte dei ricercatori e delle persone di scuola, perché a guardare le cose più da vicino c’è sempre qualcosa in più da capire), un serio e approfondito lavoro di riflessione sulla cultura e sul sapere, partendo dal patrimonio di conoscenze tecniche e culturali effettivamente possedute in questa fase storica e in questo particolare non proprio felice momento. Non si può pensare a un serio progetto di cambiamento del mondo scolastico considerando solo gli aspetti organizzativi, istituzionali e gestionali che sono importanti se ricondotti alla finalità del progetto culturale e non viceversa.  

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Chomsky N., Moro A., (2022), I segreti delle parole, Milano, La nave di Teseo

De Ajuriaguerra J., (1971), L’ècriture de l’enfant, Delachaux

Dehaene S, (2022), Vedere la mente, Milano, Raffaello Cortina

Dehaene S., (2007), I neuroni della lettura, Milano, Raffaello Cortina

Piaget J., (2016), Epistemologia genetica, Roma, Ed. Studium

Sini C., (2002), La scrittura e il debito, Milano Jaca Book

 Vallortigara G., (2023), Il pulcino di Kant, Milano, Adelphi

Vertecchi B., (2016), I bambini e la scrittura. L’esperimento Nullo die sine linea. Milano, Franco Angeli

Vygotskij L., (2013), Pensiero e linguaggio, Roma, Editori Laterza

Vigotskij L., Lo sviluppo delle funzioni psichiche superiori

Wolf M., (2009), Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, Milano, Vita e Pensiero

Wolf M, (2018), Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale, Milano, Vita e pensiero

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