Politica da osteria

https://1.gravatar.com/avatar/ac2c42ac12e72c455f1ce9bad55dea9723e33769a26b623e871b33b4b5444bfc?s=96&d=identicon&r=G

Recentemente, in un dibattito televisivo, la deputata del Movimento Cinque Stelle Baldino ha affermato, senza vergogna alcuna, che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni “le fa schifo”. Ora io mi chiedo: si può accettare un linguaggio di tanta volgarità e bassezza da parte di una persona eletta a rappresentare il popolo in Parlamento? E’ questo ciò che insegna la nostra educazione familiare, la nostra scuola, la nostra civiltà occidentale tanto esaltata? In passato il dibattito politico era anche allora molto acceso, ma neppure avversari storici come Almirante e Berlinguer avrebbero mai fatto un’affermazione del genere, si rispettavano nella loro dignità anche con la profonda divergenza delle loro idee.

Oggi non c’è più rispetto per nessuno in politica, dove anziché giungere persone almeno moderatamente colte ed educate, arrivano vere fornaie di borgata e scaricatori di porto. E questa situazione si è determinata soprattutto da quando, in questo sciagurato paese, è stato fondato dal comico Beppe Grillo un “movimento” (che poi è un partito come tutti gli altri) che fa della volgarità, della maleducazione e dell’ottusità mentale il proprio cavallo di battaglia. Già la fondazione di questo movimento è avvenuta non con riferimenti culturali o semplicemente con una ben precisa visione politica, ma con il “vaffa…” di Grillo, e già da qui si può constatare il livello di civiltà di queste persone. In Parlamento hanno cominciato a insultare tutti, destra e sinistra, ma poi, con le alleanze camaleontiche che hanno fatto, si sono voltati contro una parte soltanto, la destra, che ogni giorno insultano con i peggiori epiteti. La figura da buzzurri e decerebrati la fanno loro, ma purtroppo la fanno fare a tutta l’Italia, per chi ci guarda dall’estero.

Già i capi dei 5 stelle rivelano a ogni piè sospinto non solo la loro maleducazione, ma anche la loro incoerenza e nullità politica. Il damerino Giuseppe Conte, acceso di invidia verso la Meloni perché gli ha tolto la presidenza del governo, si contraddice ogni giorno: accusa il governo attuale di essere formato da incapaci quando il suo è stato il più incapace e cialtrone della storia della Repubblica (chi non ricorda i banchi a rotelle e le sparate di Toninelli, che credeva che al Brennero ci fosse il tunnel?), continua a blaterare contro le spese sostenute per i centri in Albania quando lui ha svuotato le casse dello Stato dilapidando 300 miliardi per dare denaro a chi stava sul divano e per un disastroso bonus edilizio. Almeno avesse l’umiltà di riconoscere i propri errori, questo “parvenu” della politica del tutto incompetente; e invece no, accusa gli altri di ciò che ha fatto proprio lui, centinaia di volte peggio.

E se i capi dei 5 stelle sono ostesse di borgata e scaricatori di porto (con tutto il rispetto per questi mestieri), cosa ci si può aspettare dai singoli iscritti che sproloquiano su Facebook con i loro commenti pieni di ottusità, di ignoranza e di errori ortografici? Io mi sento rabbrividire quando tento di confrontarmi con loro: agli argomenti rispondono con insulti, con le solite accuse ridicole contro “Gioggia”, con il qualunquismo più becero, senza saper argomentare o dimostrare nulla. Purtroppo i 5 stelle stanno rivelando appieno il grado di inciviltà e di ignoranza che esiste nel nostro Paese, con un evidente fallimento della scuola e degli organi di informazione.

Io sono stato sempre fieramente anticomunista e antimarxista, come sa chi mi conosce; ma debbo riconoscere che i comunisti, al confronto dei grillini, sono pozzi di cultura e capacità argomentativa. Pur restando delle loro opinioni, le persone di sinistra (almeno alcune di loro) accettano il dialogo, sanno argomentare, hanno una base culturale e almeno qualche libro lo hanno letto, sebbene solo dalla loro parte; ma i grillini assommano ad una scarsa intelligenza una totale ignoranza su ogni argomento, sanno soltanto insultare e sostenere idee strampalate e del tutto infondate. I comunisti almeno hanno Marx, Engels, Gramsci e tanti altri, ma questi altri hanno come base culturale il “vaffa” di Grillo, il che è tutto dire. Io credo che la nascita del Movimento Cinque Stelle sia la più grossa sciagura che sia capitata al nostro Paese, non solo per i danni immani che ha prodotto il loro sciagurato governo Conte2, ma perché ha messo in luce tutta la volgarità e la becera ignoranza di cui l’essere umano è capace.

Continua la lettura su: https://profrossi.wordpress.com/2025/08/09/politica-da-osteria/ Autore del post: Prof Rossi Didattica Fonte: https://profrossi.wordpress.com

Articoli Correlati

La vergogna

Emozioni: la vergogna

Evoluzione e caratteristiche peculiari

di Gino Lelli e Andrea Sorcinelli

Le emozioni primarie o di base sono innate, spontanee e universali. Generalmente, vengono considerate tali:

1) la collera o rabbia,

2) il disgusto,

3) la felicità o gioia, 

4) la sorpresa, 

5) la paura, 

6) la tristezza.

Le emozioni che rientrano nella relazione tra madre e bambino sono la paura, la tristezza, la rabbia, la protesta, la felicità o gioia.

Alcune emozioni, definite interpersonali, hanno caratteristiche particolari, poiché prevedono una relazione fra almeno due persone e l’autoconsapevolezza. Due sono le più importanti: la vergogna e il senso di colpa.

Il senso di colpa si prova, generalmente, in riferimento a una persona, la vergogna quando si verifica unaumiliazione.

Entrambe, implicano sempre un riferimento a sé stessi, ad esempio “mi sento in colpa perché ho fatto del male” e una relazione fra due persone, “mi vergogno perché l’altro mi ha umiliato”. Per tale motivo vengono chiamate emozioni interpersonali.

Provare vergogna è una esperienza spiacevole e dolorosa, è l’abbattimento di sé e della propria immagine, il desiderio di nascondersi, una condizione di impotenza, una ferita che trafiggente la stima e la fiducia in sé.

D’altra parte, provare vergogna è il segnale evidente di un gioco psicologico in atto, poiché costituisce un’emozione intrinsecamente sociale e relazionale (ad esempio, si prova vergogna immaginandosi davanti a un pubblico che disapprova e condanna).

La vergogna è spesso il risultato di un gioco di interiorizzazione, riprovazione e umiliazione, per questo, determina reazioni forti di rabbia, vendetta e ritorsione.

La persona che prova vergogna è umiliata e offesa nella propria dignità, si sente in balia degli altri, in una condizione insostenibile, da cui esce sconfitta e/o depressa, con una rabbia che spesso rivolge alle vittime dei suoi attacchi.

Evoluzione delle emozioni del bambino

Il neonato è dotato di un sistema di emozioni già operante al momento della nascita, presenta una precisa sequenza evolutiva, passando in modo continuo e progressivo da un livello poco articolato a successivi sempre più complessi, flessibili e sofisticati.

Nei primi giorni di vita, le reazioni emotive fondamentali per la sopravvivenza, sono regolate da processi biologici innati in risposta a specifici stimoli dell’ambiente.

Il neonato prova piacere (ad esempio per i liquidi dolci) o disgusto (ad esempio per le sostanze amare), ha specifiche reazioni di trasalimento (in caso di forti rumori o flash di luce), manifesta sconforto (in presenza di stimolazioni dolorose) ed esprime interesse per gli stimoli nuovi e in movimento, per la voce e per il volto umano (in particolare, della madre).

Alla fine del secondo mese le condotte emotive del neonato sono maggiormente sintonizzate in funzione delle interazioni sociali. A 5-6 settimane di vita compare il sorriso sociale in risposta alla voce e al volto umano.

Attorno ai 3 mesi compaiono le manifestazioni della sorpresa (a fronte di stimoli nuovi o inattesi), della gioia e della tristezza, nonché della collera e della rabbia (in caso di costrizione fisica).

A 5 mesi compaiono le espressioni della paura e della circospezione rispetto soprattutto alle altezze (paura di cadere), a 7-9 mesi emerge il timore per l’estraneo che segnala un preciso legame di attaccamento con la propria madre come luogo sicuro di protezione e di cura (ogni estraneo è percepito come una minaccia e come un pericolo).

A partire dai 18-20 mesi compaiono le prime manifestazioni delle cosiddette emozioni sociali e autoconsapevoli, come la vergogna, l’orgoglio e la colpa.

Il bambino piccolo si pone, quindi, ben presto come soggetto emozionalmente e affettivamente competente, in grado di sostenere scambi appropriati e significativi con il proprio contesto.

La genesi della vergogna nel bimbo

Al momento della nascita, il neonato non prova alcuna esperienza di vergogna in quanto non è innata bensì è una condotta emotiva che viene appresa attraverso processi di socializzazione più o meno lunghi e mediante la condivisione relazionale di esperienze con gli adulti di riferimento (di solito, i genitori).

Al pari delle altre emozioni autoconsapevoli, forme iniziali di vergogna compaiono nel bambino attorno ai18-20 mesi.

La vergogna, come la colpa e l’orgoglio, è un’emozione sociale e richiede comunicazione interpersonale, condivisione di situazioni e significati con i genitori.

Forme più evidenti di vergogna sono osservabili nel bambino di 2-3 anni.

In questo processo è assai probabile che un genitore abbia provato e manifestato vergogna davanti al bambino prima che quest’ultimo ne faccia esperienza.

All’origine dell’emozione della vergogna contribuiscono in maniera efficace due altri aspetti.

Innanzitutto, nel 2° anno di vita, durante il quale avviene l’apprendimento della regolazione degli sfinteri uretrale e anale, vi è la probabilità che si verifichino ancora con una certa frequenza episodi di incontinenza.

Tali episodi possono essere oggetto di biasimo e di rimprovero da parte dell’adulto, una madre, per esempio,può manifestare il proprio disappunto con espressioni del tipo: “L’hai fatta ancora addosso come se fossi un bambino di pochi mesi.

Hai sporcato dappertutto. I bambini grandi come te la fanno invece nel vasetto! Vergognati!”.

Tale tipologia di biasimo può riguardare non soltanto il controllo degli sfinteri, ma tutti i comportamenti e gli aspetti nei quali un bambino di 2 anni si comporta ancora in maniera non adeguata agli standard (presupposti e richiesti) della sua età.

In secondo luogo, sempre nel corso del 2° anno di vita, il bambino può trasgredire a comandi e a divieti imposti dai genitori, al fine di contenere la sua volontà di esplorazione dell’ambiente con il rischio di farsi del male.

In questo caso la trasgressione di regole e di norme può essere oggetto di biasimo e di rimprovero da parte degli adulti, con espressioni del tipo: “Hai di nuovo messo la sedia vicino alla finestra anche se ti avevo detto di no. Lo sai che la mamma vede tutto e sa tutto. Che figura avrei fatto con il papà se fossi caduto e ti fossi fatto del male! O se fossi andato giù dalla finestra! Sarebbero arrivati i carabinieri e mi avrebbero messo in prigione”.

La vergogna ha origine, quindi, nelle interazioni con gli adulti di riferimento (di solito, i genitori).

In questo processo assume una notevole rilevanza il ruolo del riferimento sociale sopra ricordato che, oltre a essere un regolatore della condotta in caso di incertezza, è anche alla base della genesi della vergogna poiché favorisce nel bambino la distinzione fra ciò che è permesso e ciò che è proibito, fra ciò che si può fare e ciò che non va fatto.

Nella situazione positiva (del lecito) c’èincoraggiamento, interesse condiviso e espansione relazionale fra bambino e adulto.

Per contro, nella situazione negativa (del proibito), si ha una condizione di vigilanza e di controllo da parte dell’adulto, all’interno di un processo di valutazione delle prestazioni del bambino in conformità a standard precostituiti.

A riprova di questo processo psicologico si possono menzionare i monologhi dei bambini piccoli, quando nel gioco di finzione e di fantasia ripetono le frasi e i gesti disciplinari dei propri genitori.

Se riportano con una certa frequenza dialoghi basati sulla propria immagine, su che cosa possono dire gli altrie così via, è presente una situazione evolutiva nella quale la vergogna ha già messo le radici. 

Questi apprendimenti emotivi della vergogna sono concomitanti con la comparsa dell’imbarazzo che inizia a manifestarsi attorno ai 15-18 mesi di vita.

Pratiche educative e inclinazione alla vergogna

Le pratiche educative influenzano il favorire nel bambino la tendenza alla vergogna piuttosto che alla colpa. Il sistema premiale e punitivo adottato, insieme alle pratiche disciplinari, sono importanti, poiché insegnano al bambino a conformarsi agli standard stabiliti (anche quando avverte desideri di segno opposto) e ad attribuire un determinato valore al proprio comportamento.

Fra le diverse pratiche disciplinari presenti, come le punizioni corporee, le proibizioni tassative, le spiegazioni ragionate e la sottrazione di affetto, quest’ultima, in particolare, favorisce la comparsa dell’emozione della vergogna, in quanto trasmette il significato: “tu sei indegno di me”.

Parimenti, un altro fattore che favorisce la comparsa dell’esperienza della vergogna è il grado in cui i genitori comunicano al bambino l’importanza di ottenere regolarmente successo nelle prestazioni.

Una forte enfasi sul successo, con l’adozione di standard elevati, pone il bimbo nella condizione di provare frequentemente l’esperienza della vergogna per i propri probabili fallimenti.

Questa situazione si evidenzia maggiormente quando si pone l’accento sul successo del proprio gruppo in un contesto relazionale positivo e favorevole; in questi casi,il fallimento è percepito in maniera assai più negativa e penosa e, di conseguenza, l’emozione della vergogna diventa ancora più intensa e prolungata.

Abuso sessuale e vergogna

Gli abusi sessuali determinano nelle vittime forti reazioni di vergogna, simili tra loro a livello psicologico anche se riguardanti persone di età differenti.

L’abuso sessuale consiste nell’imporre con forza e costrizione fisica e/o psicologica un’attività sessuale che non è voluta né tanto meno desiderata dalla vittima. La percentuale più elevata si registra fra le mura domestiche, in casa, da parte di parenti o amici, comunque da parte di adulti conosciuti dalla vittima.

Le situazioni di stupro e di violenza sessuale da parte di sconosciuti, per strada o in luoghi pubblici, pur essendo reali, sono percentualmente assai meno frequenti.

La ragione di fondo per cui una persona abusata sente una profonda vergogna rispetto a quanto è accaduto,risiede nella consapevolezza dell’offesa subita, nella frantumazione della propria immagine, nella dimostrazione palese della condizione di impotenza. L’abuso è percepito come un’offesa profonda e irreparabile del proprio sé.

Oggi, anche se in misura più attenuata rispetto al passato, la violenza sessuale costituisce ancora una specie di “tabù sociale”, di cui non si può parlare né in privato, né tanto meno in pubblico; parlarne significa squalificarsi e disperdere la propria dignità, attirare su di sé un’attenzione ingiusta, spesso morbosa, a volte di pietà e di commiserazione, in ogni caso indesiderata.

Per questo motivo l’abuso sessuale è spesso accompagnato dal silenzio della vergogna che pesa come un macigno terribile.

Si sono verificati casi di donne che, dopo molto tempo, hanno trovato il coraggio e la forza di raccontare, per la prima volta, episodi di violenza che avevano subito diversi anni prima, quando erano bambine, da parte di parenti.

In questi casi, gli episodi di abuso erano ben presenti e lucidi nella mente di queste donne, con il ricordo preciso di particolari e dettagli, ma non avevano mai avuto in precedenza la forza di manifestare tale memoria.

I meccanismi di difesa psicologici che hanno adottato le vittime, hanno determinato un autentico tormento interiore continuativo dovuto alla ruminazione mentalesull’accaduto.

L’emozione della vergogna in caso di abuso è generata anche dalla convinzione che le cose sarebbero potute andare diversamente se loro si fossero comportate differentemente, se non si fossero trovate lì, se avessero seguito le indicazioni di genitori o amici, questo determina la convinzione della loro incompetenza, inesperienza o della loro superficialità.

In queste circostanze, l’emozione della vergogna viene ad appesantire notevolmente l’esperienza, di per sé già pesante, della violenza e dell’abuso.

Com’è ben noto ai gruppi di auto-aiuto (composti, cioè, in modo esclusivo da persone abusate), la vergogna, oltre a costituire una sofferenza e una condizione assai dolorosa, rappresenta altresì un serio ostacolo per uscire fuori dalla ruminazione dei ricordi e da uno stato di impotenza e depressione, per riuscire a gestire e a controllare a livello psicologico questi avvenimenti, tanto più per riprendere a vivere con una certa tranquillità e serenità.

Come si supera la vergogna

Come superare la vergogna? In che modo si esce da questa esperienza penosa?

La vergogna non si vince affrontandola in modo diretto e frontale, in quanto comporta una condizione di impotenza e passività.

Adottare una modalità simile significa correre il rischio di aumentare la pena della propria esperienza anziché uscirne fuori.

Per riuscire a superare e a vincere la vergogna diventa indispensabile far ricorso a modalità indirette, occorre fare evolvere l’esperienza della vergogna attraverso altri tipi di esperienza.

A livello psicologico, è importante riuscire a distinguere e separare l’immagine globale di sé dallo specifico comportamento riprovevole.

Occorre stabilire un netto confine fra ciò che di negativo e di disdicevole è stato fatto e la propria identità personale e sociale; esistono, comunque, aspetti positivi della persona che possono sostenerla e alimentare la sua autostima.

Il fatto disonorevole compiuto va circoscritto e delimitato con precisione e con forza, bisogna impedire che l’onta dell’evento invada e inondi come un fiume in piena la totalità del proprio sé.

Questa operazione di irrobustimento degli argini della propria identità e di rafforzamento della sicurezza profonda nella propria immagine, è alla base del superamento dell’esperienza della vergogna.

Per raggiungere questo traguardo, sono presenti alcune strategie psicologiche (emotive e cognitive), alle quali si può far ricorso a seconda delle circostanze, dei giochi relazionali in atto, nonché del profilo della propria personalità.

Strategie emotive

Le strategie emotive per il superamento della vergogna consistono sostanzialmente nella capacità di trasformare e modificare l’esperienza della vergogna attraverso altre esperienze emotive.

Le emozioni non costituiscono delle categorie discrete, distinte e separate nettamente le une dalle altre; bensì sono una realtà psicologica unitaria, magmatica, in continua evoluzione, nella quale convergono contemporaneamente e si fondono assieme diversi aspetti emotivi, pur essendo dominante, in un certo momento, un determinato stato emotivo, la cosiddetta “emozione modale” (per esempio, la soddisfazione e la gioia per la consapevolezza di riuscire a superare l’ostacolo).

Trasformare la vergogna in colpa

A livello psicologico, è di grande utilità riuscire a trasformare l’esperienza della vergogna in quella della colpa, in quanto quest’ultima, per sua natura, è circoscritta al comportamento specifico.

In tal modo, la colpa, a differenza della vergogna, non rappresenta una minaccia per il proprio sé e per la propria immagine e non è associata a forme distruttive e vendicative di rabbia nei confronti di altri.

Poiché nella colpa non è compromesso il senso dell’efficacia e della validità come persona, l’individuo è in grado di assumere atteggiamenti e comportamenti maggiormente favorevoli e costruttivi, è spinto a realizzare condotte di riparazione per la violazione delle norme e per il danno procurato.

Non vi è solamente l’assunzione delle proprie responsabilità, ma vi è un’azione concreta per recuperare la situazione e per riportarla alla condizione precedente all’infrazione.

Grazie alla confessione e al riconoscimento della propria responsabilità, chi è in colpa può sostenere il confronto e la discussione con chi è stato danneggiato, è in grado di ammettere e di parlare del proprio errore con l’altro, senza per questo perdere irrimediabilmente la propria dignità.

La colpa, inoltre, alimenta una maggiore empatia interpersonale, che favorisce il processo di recupero e di ripristino delle relazioni.

Nella colpa è presente una riconsiderazione e un approfondimento del punto di vista dell’altro (ad esempio “forse non voleva fare in questo modo”), può verificarsi un aggiustamento nel processo di attribuzione delle intenzioni altrui, c’è l’esigenza di chiarire eventuali equivoci e fraintendimenti.

Questa restaurazione dei rapporti interpersonali determina, nel tempo, una rete sociale maggiormente solida ed efficace.

Per queste ragioni, la colpa sostiene una serie di operazioni psicologiche interne ed esterne che rimuovono il peso soffocante della violazione, non va a incrinare il livello di stima, di dignità e di fiducia in sé stessi, favorisce il recupero e il mantenimento di rapporti interpersonali positivi e costruttivi.

In questa prospettiva, la colpa è strettamente associata a un processo di espiazione e di liberazione, non è una condanna a vita, ma un’esperienza che, pur essendo spiacevole e penosa, può essere gestita e da cui si può uscire.

Di conseguenza, declinare l’infrazione e la violazione verso la colpa, rappresenta un valido passo in avanti per uscire fuori dall’emozione della vergogna che inizialmente si prova.

Strategie cognitive

Accanto alle strategie emotive, ci sono anche rilevanti strategie cognitive utili per uscire fuori dalla vergogna.

Gli aspetti cognitivi sono fondamentali nel processo di regolazione e di monitoraggio delle proprie esperienze emotive; le emozioni sono suscitate dal modo con cui ogni persona valuta gli eventi in riferimento ai propri interessi.

Tale valutazione, di natura cognitiva, spiega il fatto per cui due persone, poste nella stessa situazione, possono provare emozioni anche molto diverse fra loro, se la valutano in maniera differente.

Di conseguenza, nel monitoraggio della vergogna,risultano fondamentali i criteri di valutazione individualiin base ai quali si procede a interpretare gli episodi della propria vita e a cogliere il loro significato.

Rivedere la gerarchia dei propri interessi

Le vergogna, al pari delle altre emozioni, è suscitata dal giudizio di rilevanza e di pertinenza di certi eventi in riferimento ai propri valori e interessi.

La vergogna non è generata dall’evento in sé e per sé nella sua oggettiva realtà; bensì è suscitata dai significati che un individuo gli attribuisce (focalità emotiva).

Se si è più sensibili alla bellezza, per esempio, è più facile provare vergogna nel caso in cui emergano difetti estetici (tipo un naso grande durante la crescita puberale).

Diversamente, se si è più sensibili al valore dell’intelligenza, è più facile provare vergogna in caso di fallimento di una prova intellettuale e così di seguito.

In questa prospettiva diventa utile ed efficace sul piano psicologico procedere alla revisione della gerarchia dei propri interessi nella condizione di vergogna.

Si tratta di ridistribuire il peso dei propri valori e di ricalibrare i propri criteri di valutazione.

La ricalibrazione dei criteri di valutazione, consente una revisione delle priorità dei propri interessi e valori e conduce a una maggiore accettazione di sé così come si è.

Stare bene con sé stessi implica il non provare vergogna, accettando anche i propri limiti (si può essere attraenti anche con un naso grande, si può essere intelligenti anche se in una circostanza non si è stati brillanti come al solito) e così via.

In questa prospettiva, l’evento che è alla fonte della vergogna (infrazione, comportamento disonorevole, mancanza, ecc.) non va a investire la totalità del proprio sé, ma soltanto una parte di esso, il resto rimane integro e intatto.

Questa relativizzazione conduce al poter prendere le distanze da sé e dagli eventi, consente di superare più agevolmente l’esperienza della vergogna.

Conclusioni

Provare vergogna è un’esperienze spiacevole che ciascuna persona può sperimentare. Generalmente, può determinare tante sensazioni: smarrimento, paura, impotenza, dolore, desiderio di scomparire, annullamento della fiducia in sé stessi e così via, èl’esito di giochi di interiorizzazione, riprovazione e umiliazione.

Per questo motivo, la vergogna è spesso accompagnata da reazioni molto forti di collera e rivalsa.

Attraverso la trasformazione della vergogna in colpa, le strategie emotive e quelle cognitive, è possibile superare l’esperienza negativa generata da tale emozione.

Nel monitoraggio della vergogna risultano fondamentali i criteri di valutazione in base ai quali ciascuna persona procede a interpretare gli episodi della propria vita e a cogliere il loro significato.

Una ulteriore modalità efficace per sconfiggere la vergogna legata a determinate circostanze è anche la capacità di fare dell’ironia su sé stessi.

L’ironia è una strategia efficace per rivolgere osservazioni critiche a un’altra persona, senza offenderla e senza trasgredire le norme dell’interazione sociale.

L’efficacia dell’ironia può valere anche per sé stessi, per non prendersi troppo sul serio, per giocare su di sé e sulle proprie azioni, ad esempio rivolgendosi delle critiche davanti ad altri, per quello che è stato fatto o combinato.

Si tratta di un’operazione molto efficace poiché anticipa le critiche altrui, tende a difendere e valorizzare nonostante la mancanza.

Questo self-humor, caratteristico del mondo anglosassone, prevede la capacità di osservare sé stessi in maniera distaccata come se si fosse un’altra persona e di trattarsi in maniera benigna, senza precipitare nella tragedia della vergogna.

Bibliografia

• Della Seta L., Debellare il senso di colpa, Franco Angeli, Milano, 2020

• Durosini I., Triberti S., Le emozioni tra cura e malattia, Maggioli Editore, Bologna, 2022

• Ernaux A., Flabbi L., La vergogna, L’Orma, Roma, 2018

• Ferrari G., Introvini M.S., L’educazione emozionale. Strategie e strumenti operativi per promuovere lo sviluppo delle competenze emotive a scuola e in famiglia, Franco Angeli, Milano, 2022

• Galimberti U., Il libro delle emozioni, Feltrinelli, Milano, 2021

• Novelli M.E., Pallai G., Vergogna. L’emozione dimenticata, Edizioni Universitarie Romane, Roma, 2016

Riscopriamo l’esame di maturità

Il grande inestimabile valore dell’esame di maturità tra rito iniziatico, dimensione fantastica e qualità della scuola. Per il futuro riscopriamone spirito ed essenza.
Pier Paolo Pasolini (1922-1975)
Una memorabile provocazione
Nel 1975 Pier Paolo Pasolini pubblicò sul Corriere della Sera un provocatorio articolo dal titolo “Aboliamo la TV e la scuola d’obbligo”. Per quanto riguarda la scuola d’obbligo la motivazione era la seguente: “La scuola d’obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori: […] tutto un imbroglio.”
In realtà l’intellettuale non voleva davvero la soppressione della scuola d’obbligo, ma ne auspicava un autentico rinnovamento pedagogico nel segno di un rinnovato dinamismo del sapere:
“Inoltre una nozione è dinamica solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po’ di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono: nascono morte, non avendo futuro […]”
La televisione a sua volta veniva accusata di avere inaugurato la deleteria era dell’ἡδονή:
“Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore).”
Intervenne nella questione Alberto Moravia, che manifestò interesse per le due proposte, purché fossero dovute “non già a estremismo paradossale ma a riflessione costruttiva”. E Pier Paolo Pasolini ebbe a precisare che le aveva formulate non con intenzioni ultimative, ma “in attesa di tempi migliori”. Non è il caso di soffermarsi qui sulla complessità delle argomentazioni con cui i due intellettuali si confrontarono in maniera anche risentita.
È bene però mettere in risalto un aspetto ancora attuale della loro polemica:
la condivisione del senso di un rapporto quanto mai stretto fra scuola e società, mentre l’influsso della televisione sul mondo giovanile si configurava come antitetico alla funzione educativa che la scuola  avrebbe dovuto svolgere. Orbene, oggi il nesso scuola-società, non limitatamente alla scuola d’obbligo, fatta forse eccezione per la scuola elementare, si rivela ad un’ispezione attenta come una frattura scomposta. Ne potrebbe risentire l’esame conclusivo di ogni corso di studio secondario superiore, denominato ufficialmente Esame di Stato. Di qui l’urgente necessità di ripensare l’esame che in forma ufficiale veniva detto una volta di maturità secondo la denominazione ad esso data da Giovanni Gentile e che resta di maturità nell’uso comune. Di maturità, perché nel sostenerlo e nel superarlo ci si accinge ad essere accolti nel mondo degli adulti, mondo in cui purtroppo non mancano tanti immaturi benché siano stati promossi in sede d’esame.
L’esame come rito iniziatico
I riti di iniziazione sono campo privilegiato della ricerca antropologica. Nell’Enciclopedia Treccani online viene messo in rilievo che tali riti riguardano il conseguimento della “maturità sociale” e per lo più comportano per gli iniziati ansia ed emozione fra nostalgia del passato e slancio verso il futuro, come si desume, ad esempio, da questo passo diaristico della studente Rossella Cutaia nell’articolo Le mie sei ore tra libertà e nostalgia  riportato sul quotidiano La stampa del 23.06.2022:
“Finalmente possiamo osservare i nostri volti e riconoscerci negli ultimi momenti di quei cinque anni insieme, completamente assorti ed estremamente concentrati, in quella che stava per essere la realizzazione di un altro piccolo passo verso il mondo dei grandi.”
È come nel sogno di Cartesio: “Quod vitae sectabor iter?”
Forse alla studente  l’esame   ritornerà in sogno e forse è stato da lei già sognato. La studente si dice anche “nervosa ma felice”. Generalmente infatti gli  studenti maturandi sentono l’importanza della prova in un modo nello stesso tempo convinto e confuso. Convinto, perché sanno che superato l’esame varcheranno la soglia del mondo adulto. Confuso, perché avvertono l’incertezza in cui versa la società in cui si apprestano a inserirsi. Una società percorsa da spinte disgregatrici, fra le quali la più distruttiva proviene da quanti si adoperano per collocare in cattiva luce la scuola, mettendone in risalto soltanto i difetti, del resto propri di tutto ciò che è perfettibile, e ignorandone i tanti pregi, che ne fanno comunque un’istituzione fondamentale. Il senso dell’esame da affrontare in via propedeutica all’inserimento nella realtà extrascolastica è legato all’esperienza della crescita culturale e umana che si va svolgendo ogni giorno nella scuola. Docenti e studenti in un concreto ambiente relazionale condividono un vissuto esistenziale ed è così che si giunge alla più o meno avvertita trepidazione dell’esaminare e dell’essere esaminati secondo un determinato protocollo. Questo percorso risulta essenziale, perché in esso si va verificando la validità del rapporto fra scuola e vita. Lucio Anneo Seneca in un’epistola a Lucilio deprecava un insegnamento staccato dalla vita con la frase Non vitae, sed scholae discimus (erroneamente citata nella forma Non scholae, sed vitae discimus, che ne capovolge e stravolge il senso).
Una scuola da denunciare e che fa schifo
Non sappiamo quali esperienze scolastiche abbiano vissuto quegli studenti che hanno destato clamore l’uno con denunce articolate e l’altro con un motto su una maglietta indossata. Il primo  ha visto ospitata sul settimanale L’Espresso una sua requisitoria datata 09.05.2022 contro la scuola italiana a ricalco sul J’accuse di Émile Zola. Del secondo, Francesco Intraguglielmo,  è stata pubblicata su Il fatto quotidiano del 25.06.2022 una foto in cui indossa una maglietta dissacrante con la scritta “La scuola italiana fa schifo”. Si potrà anche avere l’impressione che l’uno e l’altro siano stati strumentalizzati e non se ne siano accorti. La requisitoria citata è stata già oggetto di commento su Matmedia. Ora ci toccherebbe commentare quell’asserzione della scuola italiana che farebbe schifo. Veramente ci sono stati già dei commenti favorevoli al ragazzo.  Ricordiamo l’intervento in pari data su Il fatto quotidiano del maestro Alex Corlazzoli, dichiaratosi schifato lui degli adulti che hanno condannato il diciannovenne per essersi presentato all’esame con quella maglietta. Nell’intervento del maestro è infatti notevole un risentito elenco di tutto ciò che nella scuola non va e che  ha suscitato  la clamorosa offensiva verbale studentesca da lui approvata. Ma per un approfondimento della vicenda si può compulsare il sito seguente, che accoglie anche un’intervista al giovane rivoluzionario, paragonato all’attivista svedese ecologista Greta Thunberg per aver fondato su Tik Tok il movimento studentesco “Rivoluzioniamo la scuola”: orizzontescuola.it/la-scuola-italiana-fa-schifo
Noi ci limitiamo a osservare che questa scuola che “fa schifo” è pur sempre la stessa scuola nella quale lo studente contestatore è andato maturando il suo spirito critico, al punto di essere considerato da tanti adulti un maestro di educazione civica, nonostante un certo esibizionismo mischiato peraltro con l’intenzione di richiamare in forma eclatante l’attenzione sui tanti difetti del nostro sistema scolastico, ignorandone però gli aspetti positivi. Se la scuola italiana fa completamente schifo, come si desume dall’apodittico slogan  impresso su quella maglietta diventata ormai famosa, allora l’esame di Stato non avrebbe senso e sarebbe da abolire. Come si spiega invece che in ogni ricorrenza annuale gli organi di informazione mettano in risalto l’importanza delle prove, discutendole con interventi di tanti docenti, studenti, intellettuali? Quel giovane e gli adulti che lo esaltano forse non si rendono conto del rischio ulteriore che fanno correre alla scuola iperbolizzandone le carenze senza evidenziarne le energie.
Il Ministero dell’Istruzione è debole, per non dire latitante.
Corpi estranei come l’Invalsi e la Fondazione Agnelli ne vanno erodendo le fondamenta. C’è il pericolo che al posto dell’esame attuale si introducano i test e addio spirito critico. Allora sì che il nuovo tipo d’esame, che non sarebbe un vero e proprio esame, farebbe schifo. È responsabilità ministeriale migliorare l’esame e impedire che altri enti lo peggiorino. Ed è curioso che fra tante voci levatesi a lodare lo studente dalla maglietta irriverente non se ne sia sentita ancora una, a quanto ne sappiamo, che abbia rimarcato col necessario vigore questa non lieve responsabilità. Vien fatto di chiedersi cosa sarebbe accaduto se la scritta sulla maglietta studentesca fosse stata quest’altra: “Il Ministero dell’Istruzione fa schifo”.
Digressione  sugli usi delle parole schifo e  scuola
Secondo gli etimologi la parola schifo deriva non dal longobardo skif, da cui proviene la denominazione dello schifo come imbarcazione, ma dal francese antico eschif. Un florilegio degli usi letterari di schifo può essere attinto al GDLI in  rete. Caro ai poeti è l’aggettivo schifo nel senso di schivo per ritrosia o sdegno. Invece nei prosatori schifo come aggettivo si riferisce per lo più a persone e cose lerce e ripugnanti.
La prosa leopardiana annovera addirittura il superlativo schifissimo.
Quest’area semantica di schifo in senso aggettivale oggi è divenuta desueta. Schifo ormai è usato comunemente come sostantivo riferito a chi o cosa produca una sensazione repellente dovuta a  nausea, disgusto, ripugnanza, ribrezzo oppure a chi o cosa sia oggetto di giudizio negativo a causa di vere o presunte deficienze. In ambito colloquiale il sostantivo schifo ricorre con estrema frequenza in unione col verbo fare. Come si è detto, lo studente della maglietta nel presentarsi all’esame di Stato si è prefisso di richiamare l’attenzione sulla scuola italiana dichiarando che fa schifo.  Orbene, oltre allo schifo vanno ricordati i significati anche connotativi di scuola, esame, Stato, parole che a questo punto non basta più denotarle. Scuola dal greco σχολή significa, come si legge nell’Enciclopedia Treccani in rete, “libero e piacevole uso delle proprie forze indipendentemente da ogni bisogno o fine pratico determinato, cioè, in genere, esercizio dello spirito, per fini di godimento disinteressato e di cultura, nelle ore non occupate nelle faccende (gli otia dei Latini)”. Risparmieremo qui una storia della scuola dall’antichità ai nostri giorni, per la quale si può cliccare sul seguente link: treccani.it/enciclopedia/scuola
La voce enciclopedica citata contiene anche una trattazione dell’architettura scolastica.
È importante tenerla presente, in modo da cominciare a distinguere le condizioni materiali della scuola istituzionalizzata dall’attività che per brevità diremo spirituale di quanti operano in essa. Con lo slogan “La scuola italiana fa schifo” si corre il rischio di coinvolgere nel giudizio tutte indistintamente le persone che alla scuola si dedicano esercitando σχολή e otium, suscitando nell’opinione pubblica una reazione di rigetto.  Certamente la scuola non è solo divertimento. È anche impegno. Vengono in mente il leopardiano studio “matto e disperatissimo” e lo studio gramsciano studio come “un mestiere, e anche faticoso”. Non si può dire che tutto  ciò faccia schifo.
Digressione  sugli usi delle parole esame, maturità, Stato 
Quanto all’esame, il sostantivo reca in sé l’azione di ponderazione e bilanciamento insita nel latino examen, ossia “ago della bilancia”. L’importanza dell’esame si esplica, come è ovvio,  in tutti i campi della vita quotidiana: medico, giudiziario, scientifico, letterario, burocratico, ispettivo, religioso, eccetera. Per quanto concerne l’esame scolastico, il vocabolario Treccani in rete dà una definizione che riportiamo in parte: “Prova, variamente costituita e condotta, mediante la quale viene accertata: la preparazione conseguita dagli studenti nelle scuole dei diversi tipi e gradi, o privatamente […]”
Nei vari campi l’esame può essere condotto in modo accurato, puntuale, serio, severo, scrupoloso, pertinace, attento,  mentre viene depauperato e reso inutile o dannoso se risulta contrassegnato da trascuratezza, superficialità, faciloneria,  indulgenza, sciatteria, disinvoltura, incuria. Si badi che nello specifico campo scolastico il valore dell’esame è legato indissolubilmente alla qualità della scuola.
Ma che differenza c’è fra esame di maturità ed esame di Stato?
La nozione di Stato in senso moderno è andata evolvendosi a partire da Niccolò Machiavelli fino alla pietra miliare rappresentata  dalla  General Theory of Law and State, più nota in Italia come Teoria generale del Diritto e dello Stato, di  Hans Kelsen. Elementi costitutivi dello Stato sono popolo, sovranità, territorio, nel senso che il popolo esercita la propria sovranità su un dato territorio. Questa accezione di Stato, variamente discussa in dottrina, può essere intesa in senso totalitario o in senso democratico. Nell’ordinamento italiano lo Stato si configura come Repubblica dotata della sua Costituzione.
Di qui l’importanza dell’esame di Stato.
Particolare importanza, che talvolta sembra sfuggire durante la celebrazione di tale rito. Il superamento dell’esame da parte del candidato attesta ufficialmente che il candidato è ormai pronto, disposto, maturo a partecipare alla vita pubblica al pari degli adulti, avendo raggiunto la maggiore età dal punto di vista politico. Si tratta di una maturità democratica. Siamo sul piano di un’educazione civica non come disciplina a sé stante, ma come accoglienza degli esaminandi da parte degli esaminatori in nome della cultura quale fondamento della partecipazione. In tale prospettiva la legge 425/1997, nel  definire all’articolo 1 “Finalità e disciplina degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore”, appare deludente.
La finalità risulta limitata all’accertamento della preparazione nelle discipline in consonanza con la sopra riportata definizione di esame del vocabolario Treccani in rete: “Gli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore hanno come fine l’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato in relazione agli obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo di studi […]”
Così si esprime lo stesso Ministero dell’Istruzione su questa concezione dell’esame:
“1997 – Luigi Berlinguer, con la Legge 425 del 10 dicembre 1997,     ha cambiato la denominazione in esame di Stato, attestandosi non     più sul concetto di maturità, ma sulla verifica e certificazione delle conoscenze, competenze e capacità.”
Sembra talvolta che lo stesso Ministero dell’Istruzione non abbia chiaro il più ampio significato di esame.
Forse sarebbe troppo chiedere al legislatore di formulare la norma in modo tale da cogliere l’essenza dell’esame come incontro fra persone. Le persone che s’incontrano per esaminare ed essere esaminate dovrebbero però conferire al dettato legislativo sull’esame un valore sottinteso, quello dell’importanza della cultura per l’inserimento nella società civile,  rispetto al quale l’esame stesso riveste un carattere propedeutico, senza limitarsi a un mero accertamento di conoscenze, competenze e capacità astrattamente considerate.
L’esame di maturità 2022: seconde prove scritte
Matmedia ha mostrato che la prosecuzione e il culmine del processo di apprendimento traggono giovamento per il futuro dal confronto fra scuole, reso possibile in occasione della maturità 2022 dalla delega della scelta delle seconde prove alle Commissioni di esame. La raccolta delle prove di matematica assegnate ha suscitato un diffuso interesse, riscuotendo notevole successo.  Peccato che alcuni Presidenti di Commissione non abbiano consentito di diffondere i testi delle prove, adducendo come motivazione del diniego la mancata menzione di tale possibilità nell’ordinanza ministeriale 65/2022, come se tutto ciò di cui non vi sia traccia in una disposizione fosse vietato. Strana mentalità la loro, dal momento che la mancanza di una proibizione non vieta espressamente. Sarebbe stato interessante se altri siti avessero organizzato per  un confronto anche la raccolta di seconde prove di altri indirizzi.
L’esame di maturità 2022 : prime prove scritte
Quanto alle prime prove, predisposte dal Ministero dell’Istruzione, dobbiamo riconoscere che questa volta le scelte non sono state infelici, anche se c’è stato il rischio di qualche complicanza legata per gli esaminandi  alla complessità delle richieste in rapporto al tempo disponibile e per gli esaminatori a una meticolosa e pletorica griglia di valutazione. Le tipologie: A – Analisi e interpretazione di un testo letterario italiano; B – Analisi e produzione di un testo argomentativo; C – Riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità. Gli argomenti proposti: A – Lirica di Giovanni Pascoli (La via ferrata); novella di Giovanni Verga (Nedda); B – Brano sulle leggi razziali da La sola colpa di essere nati di Gherardo Colombo e Liliana Segre; brano da Musicofilia di Oliver Sacks; brano sul cambiamento climatico da un discorso tenuto da Giorgio Parisi in sede politica; C – Brano sulla pandemia e l’ecologia da Perché una Costituzione della Terra? di Luigi Ferrajoli; brano sul mondo iperconnesso da Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello di Vera Gheno e Bruno Mastroianni. Non si comprende perché siano considerate tematiche di attualità solo quelle della tipologia C e non anche quelle della tipologia B, per non dire poi che tale classificazione rischia di relegare nella sfera dell’inattualità la letteratura in versi e in prosa.
Comunque per ogni personale considerazione e approfondimento  i testi sono consultabili integralmente al seguente link: www.istruzione.it/esame di stato
La stampa quotidiana e i siti dedicati alla scuola hanno dato ampio spazio non solo alle impressioni degli studenti, ma anche alle osservazioni di esponenti del mondo scolastico, accademico, culturale, come del resto accade di anno in anno.
Prova, questa, dell’interesse che l’esame di maturità continua a suscitare in larghi strati della popolazione adulta.
Facciamo nostro però il disappunto di Aldo Trione sul Corriere della Sera del 25.06.2022  per  la scomparsa del tema storico-artistico. A dire il vero, non è soltanto la storia dell’arte ad essere stata trascurata dal Ministero dell’Istruzione da qualche tempo a questa parte: la dimensione storica in generale appare priva ormai della debita considerazione, la qual cosa contribuisce a rafforzare l’impressione che si viva in un eterno presente.
Qualcuno si è chiesto perché non sia stata proposta una traccia sulla guerra scatenata dal dittatore russo contro l’Ucraina: con ogni probabilità il motivo è da ricercare nelle implicazioni e complicazioni di ordine politico che gli svolgimenti avrebbero potuto comportare, anche in considerazione dei confusionari dibattiti in cui si esibiva televisivamente anche chi attribuiva ogni responsabilità all’aggredito e non all’aggressore. Vero è d’altra parte che nella scuola la storia del Novecento risulta spesso trascurata o introdotta senza la necessaria conoscenza del retroterra dell’attualità. Sembra che abbia riscosso successo la visione di Eugenio Montale: “La storia non è magistra – di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve – a farla più vera e più giusta”. Ciò a danno del memorabile monito di Ugo Foscolo: “O Italiani, io vi esorto alle storie”. Peraltro la dimensione storica non dovrebbe limitarsi alla storia come disciplina a sé stante: tutte le discipline, sia umanistiche che scientifiche, dovrebbero essere inquadrate storicamente.
 La dimensione fantastica dell’esame
L’esame di maturità deve conservare la sua preziosa caratteristica: introdurre a una nuova realtà attraverso la dimensione del sogno. Lo ha ben messo in evidenza il nostro Giorgio Parisi intervistato da Iacopo Gori per il Corriere della Sera  del 23.06.2022, rispondendo alla domanda: “Che consigli vuole dare?”. Ecco la risposta dell’illustre scienziato:
“Di sfruttare le proprie capacità, di credere nei sogni. È importante non essere timidi nei propri sogni. Se uno pensa che abbiano una probabilità di realizzarsi non deve rinunciarci. La vita è una scommessa in cui la cosa migliore è sfruttare le proprie potenzialità: quello che ciascuno deve fare è capire quali sono. A volte sono nascoste, uno non si rende conto di avercele. C’è chi non realizza i propri sogni per paura di essere deluso. Bisogna cercare di realizzarli senza farne di impossibili.”
L’esame di maturità aiuta senz’altro a scoprire le proprie potenzialità nascoste oltre che a corroborare quelle di cui si è consapevoli: si apportino ad esso tutti gli aggiustamenti ritenuti opportuni o necessari, purché non lo si snaturi riducendolo a mero accertamento nozionistico in ossequio ad aberrazioni docimologiche alla moda, in quanto ciò che importa è la possibilità data allo studente di esprimere la propria personalità oltre che le proprie conoscenze. Pensiamo che a questo punto varrà la pena rileggere alla luce del nostro discorso l’Ordinanza ministeriale sull’esame di Stato relativa all’anno scolastico 2021-2022 di cui al seguente link: ordinanza-ministeriale
Tenendo presente, in ogni caso, che l’esame di maturità non è soltanto l’accertamento di quanto sanno e di ciò che sono i candidati, ma è anche la necessaria cartina al tornasole di quanto abbia dato loro la scuola.

 
 

Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

Visualizza tutti gli articoli

Vuoi rimanere aggiornato sulle nuove tecnologie per la Didattica e ricevere suggerimenti per attività da fare in classe?

Sei un docente?

soloscuola.it la prima piattaforma
No Profit gestita dai

Volontari Per la Didattica
per il mondo della Scuola. 

 

Tutti i servizi sono gratuiti. 

Associazione di Volontariato Koinokalo Aps

Ente del Terzo Settore iscritta dal 2014
Tutte le attività sono finanziate con il 5X1000