L’istruzione terziaria al centro di Education at a Glance 2025

L’introduzione del Segretario Generale dell’OCSE
Mathias Cormann ha aperto la presentazione Education at a Glance 2025, che approfondisce in particolare l’istruzione terziaria, ricordando che proprio questa è essenziale per sviluppare competenze in settori cruciali come la sanità, l’ingegneria e l’intelligenza artificiale.
Il livello di istruzione è cresciuto in questi anni: il 48% dei giovani adulti nei Paesi OCSE ha completato l’istruzione terziaria, una percentuale quasi doppia rispetto a quella del 27% del 2000. Tra i Paesi che hanno registrato progressi significativi, l’Italia è citata tra quelli che tra il 2019 e il 2024 hanno ridotto sensibilmente la quota di giovani adulti senza diploma secondario.
Tuttavia, sempre a livello globale, sono stati segnalati anche i limiti persistenti in termini di equità. “Nonostante la crescita complessiva, il background familiare continua a influenzare fortemente l’accesso all’istruzione terziaria”: solo il 26% dei giovani con genitori senza diploma secondario superiore ottiene un titolo terziario, contro il 70% tra i giovani con almeno un genitore laureato in media nell’OCSE.
Quando dai tassi di completamento si passa ai dati sui livelli di competenza si trovano però divari notevoli tra Paesi: maggiori qualifiche non si traducono necessariamente in un più alto livello di competenze. L’indagine PIAAC sulle competenze degli adulti ha evidenziato ad esempio che i giovani finlandesi (25-34) con un diploma secondario superiore hanno competenze più elevate dei loro coetanei di molti Paesi con un titolo di istruzione terziaria.
Un ulteriore problema è quello del disallineamento tra istruzione terziaria e esigenze del mercato del lavoro, con uno squilibrio tra domanda e offerta di competenze, che ha un impatto negativo sul benessere delle persone e sulla produttività.
Cormann ha concluso con un richiamo alle politiche: serve migliorare la qualità dei sistemi terziari, rafforzare a monte l’orientamento, sviluppare percorsi alternativi, e puntare su formazione continua e micro-qualifiche.
Approfondimenti analitici
Riprendiamo qui solo alcuni dei dati commentati da Andreas Schleicher che ha aperto il suo intervento sottolineando il ‘ritorno’ economico dell’istruzione terziaria per coloro che la conseguono: in media nell’OCSE chi ha una laurea triennale guadagna il 39% in più rispetto a chi ha solo il diploma, e chi ha una laurea magistrale l’83% in più.
Questi i dati medi. Per alcuni Paesi il vantaggio è macroscopico, mentre per altri – tra i quali l’Italia – si ha vantaggio in media solo per lauree magistrali o più, mentre non c’è una differenza sensibile tra il reddito di un diplomato e di chi ha conseguito una laurea breve.

Un punto chiave riguarda il finanziamento. Schleicher ha osservato che l’istruzione terziaria è costosa e ha confrontato i diversi modelli, con Paesi che chiedono un contributo significativo agli studenti (come USA e Inghilterra) e altri dove l’onere ricade sui contribuenti, osservando che le tasse universitarie non sono necessariamente un ostacolo. Un esempio di questo è l’Inghilterra, che risulta essere un sistema relativamente equo nonostante abbia tasse universitarie elevate: gli studenti beneficiano infatti di borse di studio subordinate al reddito e di un sistema di prestiti basati sul reddito.
Sempre a proposito di equità, ha sottolineato che “è fondamentale che siano il talento e la motivazione, non la ricchezza, a determinare l’accesso ai percorsi migliori”, mentre i dati mostrano il peso del titolo di studi dei genitori nel percorso di istruzione dei figli, con la difficoltà della scuola a svolgere un ruolo di ascensore sociale. Anche in questo caso però ci sono differenze significative tra Paesi.
Ad esempio in Ungheria, Lituania e Repubblica Slovacca solo il 7% dei giovani i cui genitori non hanno un diploma secondario riesce a ottenere un titolo di istruzione terziaria, mentre in Danimarca, in Irlanda e in Corea la loro percentuale sale o supera il 40%. In questi ultimi Paesi la scuola riesce a favorire la mobilità sociale molto più che nei primi. E Schleicher ha sottolineato come non si tratti tanto di barriere finanziarie, quanto piuttosto della presenza di sistemi di sostegno agli studenti.
Uno dei principali ostacoli all’equità infatti è culturale. Gli studenti provenienti da contesti svantaggiati hanno una visione limitata del loro futuro e anche quando ne avrebbero le capacità in molti casi non vedono l’università come un’opzione. Sono particolarmente importanti quindi un orientamento scolastico efficace e sistemi di supporto che aiutino i giovani a gestire il passaggio all’università, data la maggiore autonomia di studio e progettazione che questa richiede.
Uno sguardo sull’Italia
È seguito un intervento del Ministro Valditara che ha cominciato evidenziando il dato positivo della diminuzione dell’abbandono scolastico e della conseguente riduzione della percentuale degli ELET (Early Leavers from Education and Training). Il numero dei giovani tra i 18-20 anni usciti dal sistema di istruzione e formazione avendo al massimo un titolo di studio secondario inferiore, nel 2025 è risultato pari al 8,3% circa, e la sua diminuzione dovrebbe portare l’Italia al di sotto dell’obiettivo del 9% per gli ELET di 18-24 anni stabilito dall’UE per il 2030.
Valditara ha proseguito presentando sinteticamente gli investimenti e le misure di Agenda Sud insieme con i dati positivi rilevati nelle scuole coinvolte, sottolineando come l’approccio sia quello di un sostegno mirato a contesti fragili e si basi su interventi personalizzati e calibrati a livello locale.
In particolare ha evidenziato come le risorse aggiuntive date alle scuole non si traducano nella riduzione del numero di studenti per classe, ma in un maggior numero di insegnanti a disposizione, con un rafforzamento strutturale del personale e dell’offerta: “più insegnanti per l’intera scuola, non meno studenti per classe”. Ha spiegato come il piano sia stato esteso anche al Centro-Nord (Agenda Nord), con fondi specifici per studenti stranieri e scuole in aree remote o difficili e ha annunciato ulteriori investimenti per consolidare le due iniziative.
Infine, ha citato la riforma del percorso tecnico-professionale “4+2”, che mira a collegare le scuole secondarie con gli ITS e il mondo produttivo e ha parlato di “campus innovativi”, “docenti dal mondo delle imprese” e “apprendistato di primo e terzo livello”.
Commento di ADi
Negli ultimi anni si è assistito a un incremento significativo di risorse economiche destinate alle istituzioni scolastiche, in particolare attraverso i fondi del PNRR e i progetti connessi, come il POC Orientamento 2014–2020. Tuttavia, la gestione di tali risorse solleva alcune criticità strutturali e organizzative.
- Orientamento scolastico: moltiplicazione delle iniziative e sovrapposizione di ruoli
L’intento delle recenti politiche sull’orientamento è condivisibile e strategico: fornire agli studenti un accompagnamento individualizzato per rafforzarne la motivazione e la consapevolezza delle proprie scelte formative e professionali. Questo è un punto ribadito anche durante il webinar da Schleicher, che ha identificato nell’orientamento un elemento decisivo per contrastare le disuguaglianze culturali nell’accesso all’istruzione terziaria, specialmente nei contesti svantaggiati.
Tuttavia, l’attuazione ha prodotto un sistema frammentato e ridondante:
- Le Linee guida per l’orientamento (2023) hanno introdotto le figure del tutor scolastico e dell’orientatore. Il primo dovrebbe supportare lo studente e la famiglia (con un massimo 50 studenti / famiglie ciascuno) nelle scelte scolastiche, il secondo dovrebbe curare i rapporti con il territorio, l’università e il mondo del lavoro.
- A queste figure si è aggiunto il Progetto POC Orientamento, finanziato da fondi europei attraverso il PNRR. Esso prevede il coinvolgimento di esperti (70 €/h) e tutor (34 €/h), che spesso coincidono con i tutor già in servizio. Il nuovo inquadramento contrattuale a ore crea confusione e disomogeneità rispetto al ruolo e al compenso dei tutor introdotti precedentemente.
- Infine, vi sono i PCTO, già ex alternanza scuola-lavoro, incentrati su competenze trasversali e orientamento, che costituiscono un ulteriore ambito di attività orientativa, con finanziamenti e rendicontazioni autonome.
Il risultato è una sovrapposizione di iniziative, figure professionali e fonti di finanziamento, che rende difficile una gestione coordinata e sostenibile. Le scuole sono costrette a riorganizzare continuamente il proprio assetto interno, con ricadute negative sull’efficacia delle azioni orientative.
L’efficacia di interventi che toccano punti importanti e hanno intenti positivi, è compromessa dalla sovrapposizione di norme, che genera confusione nei ruoli e carichi amministrativi elevati, e dalla mancanza di autonomia delle istituzioni scolastiche. E la proliferazione di reti e partenariati (es. reti per l’orientamento) rischia di trasformarsi in ulteriori adempimenti burocratici senza un chiaro valore aggiunto.
- Vincoli nell’utilizzo dei fondi
I fondi assegnati alle scuole risultano spesso vincolati a specifiche linee di intervento, come il potenziamento tecnologico, la prevenzione della dispersione o l’orientamento scolastico, che arrivano alle scuole con una struttura precisa, decisa altrove. Questa rigidità non tiene conto delle reali esigenze dei singoli istituti, che in molti casi avrebbero innanzitutto e urgentemente bisogno di interventi strutturali, manutentivi o di sicurezza, formalmente in capo agli enti locali (Province o Città Metropolitane), ma spesso trascurati per mancanza di risorse. C’è quindi una spesa notevole per questioni secondarie a scapito di necessità prioritarie.
Il problema è che gli interventi non sono sistemici e sono gestiti dall’esterno, da chi non sa quali sono le reali esigenze delle scuole. La mancata autonomia finanziaria delle scuole impedisce una programmazione efficace e aderente al contesto. E l’ingente carico burocratico connesso alla gestione dei fondi rappresenta un aggravio significativo sul piano amministrativo, come testimoniato da molte istituzioni coinvolte nella realizzazione dei progetti PNRR.
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