Alunno plusdotato: quando la scuola manca l’appuntamento con l’equità

La recente sentenza del TAR che ha annullato la bocciatura di un ragazzo plusdotato non può che essere accolta come un atto di giustizia educativa e giuridica. Il caso dimostra, una volta di più, quanto la scuola italiana sia ancora impreparata a gestire la complessità dei bisogni educativi speciali (BES), soprattutto quando si tratta di alunni ad alto potenziale cognitivo, i cosiddetti Gifted Children.
La normativa italiana prevede chiaramente l’obbligo di personalizzazione dei percorsi formativi:
- Legge 170/2010: riconosce e tutela i diritti degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), aprendo la strada a una concezione più ampia di personalizzazione didattica.
- Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012: estende l’attenzione ai Bisogni Educativi Speciali (BES), includendo anche gli alunni con “plusdotazione” o alto potenziale cognitivo.
- CM n. 8/2013: sottolinea che la personalizzazione deve essere garantita a tutti gli studenti con bisogni educativi, non soltanto a coloro che presentano difficoltà, ma anche a chi possiede capacità cognitive elevate.
- Nota MIUR 562 del 3 aprile 2019: richiama esplicitamente l’attenzione delle scuole sulla plusdotazione, invitando a percorsi specifici e alla stesura di Piani Didattici Personalizzati (PDP).
- Alla luce di queste disposizioni, la bocciatura appare priva di fondamento: un ragazzo riconosciuto come plusdotato avrebbe dovuto ricevere un PDP mirato, con attività sfidanti e percorsi stimolanti.
La ricerca in psicologia e pedagogia dell’educazione ci ricorda che:
- La motivazione intrinseca è motore fondamentale dell’apprendimento (Deci& Ryan, Self-Determination Theory).
- La warmcognition sottolinea l’importanza di un coinvolgimento emotivo e cognitivo equilibrato: senza stimoli adeguati, l’alunno sperimenta frustrazione e disaffezione.
- Il modello di Zone of Proximal Development (Vygotskij) ci indica che l’apprendimento avviene quando il compito è al tempo stesso accessibile e sfidante.
- Gli studi sulla plusdotazione (Renzulli, Sternberg) confermano che, se non adeguatamente stimolati, i gifted rischiano demotivazione, isolamento e comportamenti disturbanti.
Definire un ragazzo plusdotato “disturbante” in classe è riduttivo: l’irrequietezza è spesso la spia di un bisogno inascoltato. Un alunno che si annoia perché le proposte didattiche non lo sollecitano sviluppa inevitabilmente atteggiamenti di chiusura o di disadattamento.
Equità, non uguaglianza. La scuola non deve limitarsi a garantire uguaglianza di opportunità, ma deve lavorare in termini di equità: a ciascuno va offerto ciò di cui ha bisogno per esprimere al meglio le proprie potenzialità. Seguire con attenzione i ragazzi con diagnosi di DSA e trascurare gli alunni plusdotati significa non riconoscere la complessità dei BES.
Queste sentenze ci ricordano che la formazione dei docenti non può più trascurare la conoscenza della plusdotazione e delle strategie didattiche personalizzate.
È necessario un cambio di prospettiva: la diversità non è un problema da contenere, ma un valore da coltivare. Trascurare i diritti degli studenti gifted significa condannarli a percorsi scolastici frustranti e dolorosi, con ripercussioni anche sul piano emotivo e motivazionale. Al contrario, riconoscerli e sostenerli significa offrire loro non solo il diritto allo studio, ma soprattutto il diritto a crescere in pienezza. Con l’auspicio che episodi come questo diventino occasione di confronto, crescita e cambiamento per la comunità educante, affinché gli errori non si ripetano e la scuola diventi davvero un luogo di equità.
Ada Muscari, docente e pedagogista.
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