Tempi e modi del verbo del greco antico

Il verbo del greco antico è uno dei sistemi più articolati del vasto panorama dell’indoeuropeo: la sua ricchezza non si limita all’indicazione cronologica dell’azione, ma si estende alla sua qualità, alla sua modalità e al ruolo che l’azione stessa assume nel discorso.

Oltre a esprimere il tempo (quando si svolge l’azione), il verbo greco manifesta il modo (il rapporto dell’azione con la realtà, la volontà o il pensiero) e soprattutto l’aspetto (la maniera in cui l’azione viene concepita: continua, compiuta, puntuale).

I modi del greco antico

I modi del greco antico si suddividono in due grandi categorie:

1. Modi finiti

Dicesi un modo finito quando questo coniuga la voce verbale in persona e numero, esplicitando il soggetto.

Tra questi rientrano:

  1. Indicativo;
  2. Imperativo;
  3. Congiuntivo.

Questi tre tempi corrispondo perfettamente ai nostri italiani. Tuttavia, tra i modi finiti rientra anche l’ottativo, un tempo non presente nella moderna morfologia italiana. Ebbene quest’ultimo è possibile tradurlo come un desiderativo.

2. Modi indefiniti

Dicesi un modo indefinito quando questo non coniuga la voce verbale in persona e numero, ma solo l’azione in sé.

Tra questi rientrano:

  1. Participio;
  2. Infinito;
  3. Aggettivo verbale.

I primi due – participio e infinito – possono esser tradotti in linea di massima come negli equivalenti italiani, anche se ricoprono varie funzioni a seconda della posizione che ricoprono. Tutti gli episodi verranno ovviamente analizzati all’interno del nostro blog.

L’ultimo, invece, presenta due forme distinte, una corrispondente al participio passato dell’italiano, l’altra analoga al gerundivo latino.

I tempi del greco antico

I tempi del greco antico si suddividono in due grandi categorie: tempi principali e tempi storici.

Tempi principali

Sono usati per esprimere azioni attuali, future o permanenti.

Tra questi rientrano:

  1. Presente → azione durativa, abituale.
    • λύω = “io sciolgo / sto sciogliendo”.
  2. Futuro → azione che deve compiersi.
    • λύσω = “scioglierò”.
  3. Perfetto → azione compiuta con effetti sul presente.
    • λέλυκα = “ho sciolto / sono in stato di aver sciolto”.
  4. Futuro perfetto → indica un’azione che sarà compiuta e i cui effetti saranno ancora presenti nel futuro. È, tuttavia, un tempo raro usato soprattutto nella lingua letteraria e in iscrizioni.
    • λέλυξομαι = “sarò in stato di aver sciolto / avrò sciolto”.

Tempi storici

Sono usati per raccontare azioni passate.

In questi fanno parte:

  1. Imperfetto → azione passata durativa o abituale.
    • ἔλυον = “scioglievo / stavo sciogliendo”.
  2. Aoristo → azione puntuale, priva di durata.
    • ἔλυσα = “sciolsi / ho sciolto (in un atto solo)”.
  3. Piucchepperfetto → azione compiuta nel passato, con effetti nel passato stesso.
    • ἐλελύκειν = “avevo sciolto”.

Modi e tempi combinati

Ogni modo utilizza i tempi in maniera diversa:

  • Indicativo → utilizza tutti i tempi.
  • Congiuntivo → ha presente, aoristo e perfetto (non ha futuro).
  • Ottativo → ha presente, futuro, aoristo, perfetto.
  • Imperativo → ha presente e aoristo (più raramente perfetto e futuro).
  • Infinito e participio → esistono in più tempi (presente, aoristo, perfetto, futuro).

Così, il greco combina aspetto + tempo + modo in una rete molto più raffinata di quella italiana.

Corrispondenza in italiano

Non esiste una corrispondenza perfetta tra i tempi greci e quelli italiani, perché il greco ragiona più in termini di aspetto che di cronologia. Tuttavia, si possono delineare alcune equivalenze utili allo studio:

Indicativo greco Indicativo italiano
Presente Presente
Imperfetto Imperfetto
Futuro Futuro semplice
Aoristo Passato remoto
Perfetto Trapassato remoto
Piucchepperfetto Trapassato prossimo
Futuro perfetto Futuro anteriore

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Il congiuntivo del greco antico

Nel sistema verbale greco antico, il congiuntivo (ὑποτακτική) rappresenta il modo dell’eventualità, della possibilità e della volontà.

Diversamente dall’indicativo, che esprime fatti reali o certi, e dall’ottativo, che proietta desideri o eventualità più remote, il congiuntivo si colloca in una dimensione intermedia: indica ciò che potrebbe accadere, ciò che si vuole che accada o ciò che si teme possa accadere, mantenendo un saldo legame con la realtà del parlante.

Il suo valore non è meramente temporale o fattuale, ma modale: dipende cioè dall’atteggiamento mentale di chi parla nei confronti dell’azione.

In termini semantici, si potrebbe definire il congiuntivo come il modo della volizione e dell’incertezza ragionata.

Definizione

Come riporta il libro Introduzione scientifica allo studio del greco e del latino di Ferdinand Baur, il congiuntivo è il modo della possibilità e della necessità che si esprime al presente per indicare un’azione immanente, all’aoristo come azione momentanea,

Ambito sintattico: autonomia e dipendenza

Il congiuntivo si manifesta in due grandi categorie d’uso:

Congiuntivo indipendente, dove il verbo regge da sé la propria proposizione;

Congiuntivo dipendente, quando il verbo è subordinato a un altro e ne dipende logicamente o semanticamente.

Nel primo caso, il congiuntivo è più vicino al parlante e alla sua volontà; nel secondo, assume una funzione grammaticale o subordinativa, regolata da particelle o congiunzioni specifiche.

Funzioni del congiuntivo dipendente

Come afferma il libro Nuovi itinerari alla scoperta del greco antico: le strutture fondamentali della lingua greca di Francesco Michelazzo, il congiuntivo indipendente può avere varie funzionalità:

a) Congiuntivo esortativo

È la forma con cui il parlante esorta o invita a compiere un’azione.

Si tratta di un modo del comando gentile, alternativo all’imperativo, ma più sfumato e partecipato.

L’oratore non impone, ma coinvolge: “andiamo”, “facciamo”, “non dimentichiamo”.

Questa sfumatura è rivelatrice della profonda dimensione dialogica della lingua greca, in cui la volontà non è mai puramente autoritaria, ma parte di una comunione di intenti.

Esempio:

Ἴωμεν εἰς τὴν ἀγορὰν.«Andiamo al mercato.»

Spiegazione:

Il parlante include sé stesso nell’invito (“andiamo noi”), con una tonalità più partecipata e meno imperativa dell’imperativo vero e proprio.

È tipico della prima persona plurale, poiché il congiuntivo qui indica volontà collettiva o condivisa.

b) Congiuntivo dubitativo o deliberativo

Esprime l’incertezza del parlante davanti a una decisione da prendere o a un’azione da compiere.

È tipico del discorso interiore o argomentativo: un modo per rendere linguisticamente la riflessione o la perplessità.

Il congiuntivo, in questo caso, si fa veicolo del pensiero in atto, della mente che oscilla tra possibilità e scelte.

Esempio:

Τί ποιήσω;«Che cosa devo fare? / Che farò?»

Spiegazione:

Qui il congiuntivo non indica un ordine, ma una riflessione interiore: il soggetto si chiede quale azione sia giusta o possibile.

È frequente nei dialoghi tragici o nei discorsi politici, quando il parlante medita su una decisione difficile.

c) Congiuntivo potenziale (raramente autonomo)

Pur non essendo frequente in forma autonoma, può apparire in contesti dove il parlante esprime una possibilità non remota, un evento atteso o presunto.

In tal senso, anticipa alcune funzioni che nell’italiano moderno sono affidate al futuro o al condizionale.

Esempio:

Ἐὰν ἔλθῃ, χαρῶ.«Se verrà, gioirò.»

Spiegazione:

Il congiuntivo qui dipende da una condizione futura (“se verrà”), e rende l’azione possibile ma non certa.

Si tratta di un valore potenziale o eventuale, che mostra l’apertura del parlante verso un evento futuro ma non garantito.

Il congiuntivo dipendente nelle proposizioni

Nel campo delle proposizioni subordinate, il congiuntivo greco è largamente impiegato, soprattutto quando la relazione tra la principale e la subordinata implica intenzione, scopo, condizione o temporalità eventuale. Ecco le principali proposizioni in cui possiamo trovare il congiuntivo:

a) Proposizioni finali

In queste, il congiuntivo traduce il fine o lo scopo di un’azione.

È legato alla volontà del soggetto principale e indica qualcosa che non è ancora avvenuto, ma che si desidera o si teme che accada.

Questa relazione di proiezione verso il futuro è tipica del congiuntivo: l’azione subordinata non è mai data per certa, ma resta in sospeso.

b) Proposizioni temporali e condizionali

Quando l’azione subordinata dipende da una condizione futura o incerta, il congiuntivo appare per marcare l’ipoteticità del legame.

È una funzione che condivide con l’ottativo, ma più vicina alla concretezza: mentre l’ottativo si spinge nel dominio dell’irreale, il congiuntivo resta plausibile.

c) Proposizioni completive

In certi casi, il congiuntivo si trova dopo verbi di timore, comando o impedimento, in relazione a un’azione non ancora realizzata.

Qui il suo valore si avvicina a quello del desiderio o della precauzione: “temo che accada”, “ordino che si faccia”, “impedisco che si vada”.

Il congiuntivo funge da ponte tra la volontà e l’evento, esprimendo il grado di controllo che il parlante tenta di esercitare sulla realtà.

La dimensione temporale

Un tratto fondamentale del congiuntivo greco è l’assenza di una vera temporalità autonoma.

Le sue forme non esprimono un tempo “oggettivo” (come passato, presente, futuro), bensì un tempo relativo rispetto alla principale.

Ciò che conta non è quando l’azione si svolge, ma come essa si rapporta alla certezza o alla volontà.Il tempo verbale, quindi, si sottomette alla modalità: l’aspetto modale prevale sull’aspetto temporale.

Valore stilistico o filosofico

Nel pensiero greco — soprattutto nella prosa attica e nella tragedia — il congiuntivo diventa strumento di espressione dell’anima razionale.

È il modo dell’azione non ancora compiuta, dell’intenzione ancora sospesa, della volontà che si interroga.

Attraverso di esso, il linguaggio greco rivela una straordinaria finezza psicologica: non distingue soltanto ciò che è accaduto da ciò che accadrà, ma ciò che potrebbe o dovrebbe accadere.

Nel teatro, per esempio, il congiuntivo è spesso impiegato nei momenti di dubbio o di decisione morale: la parola, prima di divenire azione, attraversa lo spazio del congiuntivo, ossia la zona dell’animo dove l’uomo riflette sul proprio destino.

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