Adolescenza tra tentativi di medicalizzazione ed etichette: il ruolo della scuola
di Maria Angela Grassi* e di Paola Daniela Virgilio**
L’adolescenza non deve essere considerata un fenomeno da medicalizzare né un’etichetta diagnostica per semplificare il disagio. Si tratta di una fase intrinsecamente umana, complessa, spesso turbolenta e a volte dolorosa. Il problema risiede non nell’adolescenza in sé, ma nella carenza di strumenti collettivi che possano guidare gli individui attraverso questa trasformazione. In assenza di contesti, rituali e figure di accompagnamento, la riorganizzazione identitaria, un processo naturale, può bloccarsi, degenerando in isolamento, angoscia e, in molti casi, autolesionismo. La crisi giovanile contemporanea non è primariamente un fallimento individuale, ma riflette in larga misura la crisi delle transizioni sociali che storicamente facilitavano il passaggio all’età adulta.
La pedagogia, lungi dall’essere un mero vezzo culturale, rappresenta una pratica progettuale fondamentale. Essa si occupa di analizzare i contesti che favoriscono o ostacolano lo sviluppo, di elaborare metodologie per l’ascolto e