L’aumento sillabico

l'aumento sillabico in greco

Nel sistema verbale del greco antico, i tempi storici dell’indicativo (imperfetto, aoristo, piuccheperfetto) sono introdotti da un prefisso chiamato aumento (αὔξησις).
Esistono due forme principali:

  1. Aumento sillabico: aggiunta di una sillaba ε- davanti a un tema che comincia per consonante.
  2. Aumento temporale: allungamento della vocale iniziale del tema.

L’aumento svolge una funzione puramente diacronica e grammaticale: segnala che il verbo esprime un’azione passata e non ha alcuna sfumatura semantica propria.

All’interno di quest’articolo vedremo nel dettaglio l’aumento sillabico. Nell’articolo venturo, invece, tratteremo con particolare attenzione l’aumento temporale.

Definizione

L’aumento sillabico consiste nell’aggiunta di una ε- all’inizio del tema verbale quando questo comincia per consonante. È chiamato “sillabico” perché l’inserimento di ε produce un aumento di una sillaba all’interno della parola.

Origini storiche dell’aumento

L’aumento non era originariamente parte della lingua indoeuropea.

  • In indoeuropeo, i tempi passati si distinguevano per forme proprie (perfetto, aoristo).
  • L’aumento nacque in greco (e anche in sanscrito) come rafforzativo della nozione di passato.
  • Nella fase più antica della lingua greca (Omero), l’aumento era facoltativo e spesso assente per ragioni metriche.
  • Dal V sec. a.C. in poi, nella prosa attica, l’aumento divenne obbligatorio in tutti i verbi dei tempi storici.

Regole di applicazione

  1. Verbi con iniziale consonantica: ricevono l’aumento ε-.
    • γράφω → ἔγραφον
    • λέγω → ἔλεγον
  2. Verbi con iniziale muta + liquida o nasale (come πλ-, κρ-, γν-, φρ-): in questi casi l’aumento poteva essere facoltativo.
    • κρίνω → ἔκρινα / κρῖνα
    • γιγνώσκω → ἐγίνωσκον / γίνωσκον
  3. Verbi composti: l’aumento si inserisce dopo la preposizione che precede il tema.
    • προσφέρω → προσέφερον

L’aumento nella letteratura

  • Età omerica: l’aumento era facoltativo. Esempio: βάλον e ἔβαλον. Il poeta sceglieva in base alle esigenze metriche.
  • Età classica: l’aumento diventa obbligatorio nei testi scritti.
  • Età ellenistica e tardo-antica: l’aumento comincia a perdere importanza, fino quasi a scomparire nel greco medievale e moderno.

Eccezioni notevoli

  1. Incoativi e desiderativi talvolta non presentano l’aumento, specie in Omero.
  2. Perfetto e futuro non hanno aumento (non sono tempi storici).
  3. Alcuni verbi irregolari mostrano adattamenti:
    • ἵστημι → ἵστην (non ἔστην, che invece è l’aoristo).

Osservazioni

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Il presente indicativo

In ogni lingua, il tempo presente è uno degli strumenti fondamentali con cui l’uomo esprime la realtà. Esso permette di collocare l’azione nel momento in cui si parla, ma non solo: descrive abitudini, stati permanenti, verità universali e persino azioni che stanno per cominciare. Per questo il presente è spesso il primo tempo verbale che si apprende e costituisce il punto di partenza per l’intero sistema verbale.

Nelle lingue moderne, come l’italiano, il presente verbale tende ad avere un significato prevalentemente cronologico: indica cioè un’azione che si svolge “ora” (es. scrivo una lettera). Tuttavia, già nel latino e ancor più nel greco antico, il concetto di presente non si limita al solo riferimento temporale, ma si intreccia con un’altra nozione fondamentale: l’aspetto verbale.

In greco, infatti, ciò che importa non è soltanto quando un’azione avviene, ma come viene concepita da chi la esprime: se come un processo in corso, un fatto compiuto una volta per tutte, oppure una condizione permanente. In questo sistema, il presente appartiene al tema del presente, che si caratterizza per il valore durativo o progressivo dell’azione: non un evento puntuale, ma un processo che si prolunga nel tempo o che si ripete abitualmente.

All’interno della vasta gamma dei modi verbali (indicativo, congiuntivo, ottativo, imperativo), il presente indicativo occupa una posizione centrale. È infatti la forma più neutra e diretta per esprimere il presente, quella che serve ad affermare fatti, descrivere la realtà così com’è percepita, oppure narrare eventi passati con vivacità attraverso il cosiddetto presente storico.

All’interno di quest’articolo, procederemo quindi con la spiegazione delle peculiarità del presente, analizzandone caratteristiche grammaticali e usi periodici. Se invece ti interessano delle nozioni maggiore su quella che è la struttura del verbo o del greco antico in generale, allora ti invito a consultare gli articoli che trovi nel nostro blog. Per di più, se conosci qualcuno che sia interessato allo studio della lingua greca, puoi condividere questo link sul tuo social preferito, così che lui possa trovare delle ottime risorse online gratuitamente.

Tema del presente

Il tema del presente, del quale le informazioni che riportiamo sono state tratte dal libro Introduzione scientifica allo studio del greco e latino di Ferdinand Baur, si costruisce in vari modi: può arricchirsi con vocali o consonanti aggiuntive, oppure subire ampliamenti della radice all’inizio, nel mezzo o alla fine. In certi casi questi mutamenti sono così marcati da rendere la forma molto diversa dalla radice originaria. Ogni formazione, in base al suffisso o all’infisso impiegato, porta con sé un valore particolare: può essere intensivo, durativo, incoativo (cioè indicare l’inizio dell’azione), iterativo (ripetizione), desiderativo, causativo, intransitivo o passivo.

Il presente si distingue dall’imperfetto grazie alle desinenze primarie, anche quando l’imperfetto non presenta l’aumento, mentre si differenzia dall’aoristo forte sia per la presenza dell’aumento sia per gli ampliamenti caratteristici della radice.

Valori e usi

Il presente indicativo esprime generalmente:

Azione attuale → ciò che accade nel momento in cui si parla.γράφω τὴν ἐπιστολήν → “scrivo la lettera (ora)”.

Azione abituale → ciò che si compie regolarmente o di solito.οἱ ἄνθρωποι ζητοῦσι τὴν εὐδαιμονίαν → “gli uomini cercano la felicità”.

Verità universali → leggi di natura o verità eterne.ὁ ἥλιος ἀνατέλλει → “il sole sorge”.

Valore storico (presente storico) → un’azione passata, narrata però al presente per vivacità.λέγει ὁ ποιητής → “disse il poeta” (letteralmente: “dice”).

Valore conativo (o incoativo) → esprime un’azione che sta per iniziare.βαδίζω → “sto per mettermi in cammino”.

Presente intensivoIl verbo, spesso con raddoppiamento, rafforza l’idea dell’azione, mostrando insistenza o energia.

δίδωμι → “do con insistenza / con forza”.

πίμπρημι → “incendio con violenza”.

Presente durativoRende l’azione come prolungata nel tempo, senza indicarne la conclusione.

μένω → “rimango, sto fermo”.

καθεύδω → “dormo (continuativamente)”.

Presente incoativo (nel senso originario)Non solo conativo, ma anche con valore di “cominciare a”.

γηράσκω → “comincio a invecchiare”.

ὀργίζομαι → “comincio ad adirarmi”.

Presente iterativoEsprime un’azione ripetuta più volte. Spesso si lega a suffissi o alla forma epica.

πάλλω → “scuoto ripetutamente”.

διώκω → “inseguo (più volte, insistentemente)”.

Presente desiderativoIndica la volontà o il desiderio di compiere un’azione, a volte tramite forme particolari.βουλομαι → “voglio”ἐθέλω → “ho l’intenzione, desidero”

Presente causativoIl verbo non esprime più l’azione diretta, ma il fatto di “far fare” a qualcun altro.καθίζω → “faccio sedere” (da κάθημαι = “siedo”)δείκνυμι → “mostro, faccio vedere”

Presente intransitivoAlcuni verbi indicano stati o azioni che non passano a un oggetto.ἔρχομαι → “vado”ἵσταμαι → “mi fermo, sto in piedi”

Presente passivoEsplicita che il soggetto subisce l’azione.γράφεται → “è scritto”πείθομαι → “sono persuaso / obbedisco”.

Tema del presente coincidente con la radice

In alcuni casi il tema del presente coincide esattamente con la radice, senza l’aggiunta di vocali leganti.

Quando la radice termina in vocale, ad esempio con φα, nelle forme plurali si hanno esiti come ἴμεν, ἴτε, ἴασι oppure φαμέν, φατέ, φᾶσί (quest’ultima dal dorico φαντί);

al singolare, invece, la vocale della radice tende ad allungarsi: così si spiegano forme come εἶμι e φημί. La differenza tra singolare e plurale è antichissima: nel singolare la radice viene rafforzata per compensare la brevità delle desinenze, mentre nel plurale, essendo le desinenze più pesanti, la radice resta più debole.

Un caso analogo si trova con le radici consonantiche: ad esempio ἐς, da cui deriva εἰμί (= ἐσμί), con la variante eolica ἐμμί.

Quando invece c’è una vocale di collegamento, troviamo verbi come τίω (onorare), φέρω, λέγω.

Rafforzamento della vocale radicale

La vocale della radice semplice può anche essere rafforzata nel presente:

Quando non c’è vocale legante, questo rafforzamento si trova in particolare nelle forme del singolare indicativo dei verbi primitivi. Ad esempio, la radice ει dà origine a εἶμι, εἰς, εἶ (= εἰσι), con la 2ª singolare εἶσθα e la 3ª singolare εἶσι. In greco, nei verbi della serie in -ημι, la η rimane anche nelle forme del plurale. Lo stesso si nota in alcune varianti dialettali di verbi originariamente in -έω, come ὅρημι, φόρημι, αἴτημι;

quando il presente si forma con una vocale legativa, l’allungamento della radice è molto frequente. Alcuni esempi:φεύγω da φυγ-λείπω da λιπ-λήθω da λαθ-τήκω da τακ-τεύχω da τυχ-τρώγω da τραγ-τίω da τις-

per i verbi in -έω, come ῥέω, χέω, πλέω, derivati da radici in υ (ρυ, χυ, πλυ), il presente originariamente mostrava un allungamento della υ in ευ. Con il tempo, tuttavia, la combinazione ευ subì un’ulteriore trasformazione: l’υ si indebolì, mutandosi in ϝ (digamma), e poi andò perduto. Un fenomeno analogo si nota in γλυκύς (dolce), genitivo γλυκέος, da una forma più antica γλυκερος. Inoltre, alcuni verbi svilupparono un allungamento ulteriore, ad esempio:πλώω, ῥώω, χώομαι rispetto al più frequente epico πλείω.

Presente con raddoppiamento

Un altro processo tipico è la formazione del presente tramite raddoppiamento della radice, spesso accompagnato dall’allungamento della vocale radicale al singolare. Questo tipo di presente ha valore intensivo o durativo.

Esempi:

Radice δο- → presente δίδωμι (sing. δίδω, δίδως, δίδωσι).

Radice στα- → ἵστημι (“porre, collocare”).

Radice θε- → τίθημι (“porre”).

Radice ἱε- → ἵημι (“mandare”).

Radice ζη- → δίζημαι (“cercare”).

Al plurale, queste forme non hanno l’allungamento:δίδομεν, ἵσταμεν, τίθεμεν, ἵεμεν.

Anche nei poemi omerici troviamo esempi arcaici di questo fenomeno, come διδέντων (Il. XI, 105) o διδόντων (Od. XII, 54).

Ci sono poi radici come βα- (βιβάζω → “far salire”), oppure χρα- e κίχρημι, che mostrano forme analoghe.

Esiste infine un tipo di raddoppiamento con nasale, come in πίμπλημι (“riempio”) e πίμπρημι (“accendo”), derivati da radici πλα, πρα (cfr. πλήθω, πρήθω).

Temi raddoppiati con vocale legativa

Alcuni verbi mostrano raddoppiamento unito a vocale di collegamento:

γίγνομαι (da rad. γεν-, “nascere, diventare”),

πίπτω (da rad. πετ-, “cadere”),

μίμνω (da rad. μεν-, “rimanere”),

ἵζω (da rad. ἐδ-, “sedere”).

Altri derivati con suffisso -σκ- (con valore iterativo o ingressivo) mostrano anch’essi raddoppiamento:λιλαίομαι, γιγνώσκω, διδράσκω, τιτύσκομαι, πιφαύσκω.

Raddoppiamenti conservati in altri tempi

Il raddoppiamento può apparire anche in altri tempi verbali. Ad esempio:

ἰαύω da rad. ἀξ,

ἰάπτω, ἰάχω, ἰάλλω,

διδάσκω (insegnare), con futuro διδάξω (Odissea XIII, 358).

Raddoppiamenti particolari

Esistono raddoppiamenti con dittongo (δαιδάλλω, παιπάλλω, παιφάσσω, ποιπνύω, δείδω, δειδίσκομαι), oppure con nasale e semplificazione della radice (παμφαίνω).

Altri esempi irregolari si conservano in forme come:παπταίνω (da rad. πτα-), πτήσσω, ἀραρίσκω, μαρμαίρω, μερμηρίζω, καχλάζω, παφλάζω.

Suffisso in -νυμι e varianti

Il tema del presente può formarsi con il suffisso -νυμι, spesso accompagnato da un allungamento della vocale radicale:

con allungamento → ζεύγνυμι (congiungere), δείκνυμι (mostrare), ῥήγνυμι (spezzare), πήγνυμι (fissare).

senza allungamento → ὄρνυμι (alzare), ἕννυμι (rivestire).

Alcune forme derivano da processi di assimilazione:

ὄλλυμι (distruggere) da una radice ὀλν-,

στορέννυμι da στορεσ- (rad. στορες).

Un altro suffisso affine è -να, che si trova in:

δάμνημι (domare),

κίρνημι = κεράννυμι (mescolare),

σκίδνημι (disperdere), accanto a σκεδάννυμι,

πίλναμαι (avvicinarsi).

Talvolta si combina con il suffisso -ja: ἱκνέομαι, κυνέω, δαμνάω.

Con il solo suffisso -ν troviamo: πίνω (bere), τίνω (pagare), κάμνω (faticare), δάκνω (mordere), τέμνω (tagliare), φθάνω (prevenire), φθίνω (consumarsi).

Con il suffisso -αν: ἱκάνω (giungere, da cui ἱκανός = sufficiente), κιχάνω (raggiungere), αὐξάνω (crescere), ἁμαρτάνω (sbagliare).

Vi sono anche casi di infisso nasale: λαγχάνω (ottenere), λανθάνω (sfuggire), λαμβάνω (prendere), θιγγάνω (toccare), μανθάνω (imparare), χανδάνω (contenere).

Suffisso -j- (yod) e sue trasformazioni

Il suffisso -j- può apparire in forme diverse:

come vocale stabile: δαίομαι (da rad. δα-, cf. ἐδασάμην), ἰδίω.

vocalizzato → βαίνω (= ant. βανjω, da rad. βα-), φαίνω, τείνω, πείρω, εἴλω, κρίνω, πλύνω, κλίνω.

fuso in suono doppio: ὄζω, ἔζομαι, φράζω, κράζω, τάσσω, πτήσσω, πτύσσω, φρίσσω, λίσσομαι.

assimilato: ἅλλομαι (cfr. lat. salio), βάλλω, θάλλω, πάλλω, σφάλλω, ἀγγέλλω, στέλλω, ὀφέλλω (a confronto con ὀφείλω).

caduto tra vocali: ὀπύω accanto a ὀπυίω, come φύω in eolico φυίω.

Suffisso -σκ- (incoativo e iterativo)

Il suffisso -σκ- serve a formare verbi con valore incoativo (inizio di un’azione) o iterativo (ripetizione). È paragonabile al suffisso diminutivo -ισκος (νεανίσκος = giovinetto).

Esempi:

incoativi → βάσκω, φάσκω, θνήσκω (morire).

con raddoppiamento → γιγνώσκω, διδράσκω, πιφαύσκω, μιμνήσκω.

con vocale ausiliaria → ἀρέσκω, ἁλίσκομαι, ἀραρίσκω, εὑρίσκω, ἐπαυρίσκω.

denominativi → γηράσκω (invecchiare).

In certi casi una consonante radicale è caduta prima del suffisso: διδάσκω (da rad. διδαχ), δειδίσκομαι (rad. δικ), εἴσκω (rad. ἰκ), τιτύσκομαι (rad. τυκ).

Forme speciali: πάσχω (da rad. παθ-), ἔρχομαι (da ἐρσκ-).

Suffisso dentale -τ- / -τα-

Il suffisso -τ- si aggiunge spesso dopo labiali, gutturali o vocali, con valore determinativo (simile al participio passivo):

τύπτω (colpire, da rad. τυπ-),

κρύπτω (nascondere, cf. κρύφα),

ῥάπτω (cucire, cf. ῥαφή),

θάπτω (seppellire, cf. ἔταφον),

βάπτω (immergere, cf. βαφή),

ἄπτω (attaccare, cf. ἀφή).

Dopo gutturali: τίκτω (generare, da rad. τεκ-), πέκτω (cuocere).Dopo vocali: ἀνύτω (portare a compimento, accanto a ἀνύω).

Suffisso aspirato

Alcuni presenti mostrano un suffisso aspirato, che funge da determinativo della radice:

πρήθω, πλήθω, φθινύθω, ἔσθω/ἐσθίω, ἀΐσθω, θαλέθω.Forme omeriche: ἠγερέθονται; esempi epici come ὀρέχθεον (da ὀρέγω).

Introduzione alla flessione verbale

Tra tutti gli elementi della morfologia del greco antico, il verbo è sicuramente quello che più rivela la ricchezza e la finezza di questa lingua. Se nei sostantivi e negli aggettivi la flessione riguarda solo casi, numeri e generi, il verbo si distingue per una ricchezza straordinaria, in quanto deve esprimere numerose informazioni contemporaneamente: persona, numero, diatesi, modo, tempo e aspetto.

Mentre nell’italiano e nel latino i verbi esprimono soprattutto il tempo cronologico, il greco, invece, unisce al tempo anche il concetto di aspetto verbale, cioè la prospettiva da cui l’azione viene osservata. Questa caratteristica rende il sistema verbale greco più sofisticato e, allo stesso tempo, più impegnativo da studiare.

Con questo articolo, inoltre, siamo particolarmente lieti di inaugurare una nuova sezione del nostro blog, interamente dedicata al verbo del greco antico. Dopo aver affrontato nomi, articoli e aggettivi, apriamo ora un capitolo fondamentale della lingua, che ci accompagnerà in un percorso di scoperta della straordinaria complessità e ricchezza della flessione verbale. Sarà un viaggio che, passo dopo passo, ci condurrà dalle basi della coniugazione fino alle forme più raffinate e ai verbi irregolari, così da offrire uno strumento solido e completo per approfondire lo studio del greco.

In questo primo articolo ci concentreremo sugli elementi principali che il verbo greco riesce a esprimere, così da offrire una panoramica semplice e chiara delle sue caratteristiche fondamentali.

Nozione di flessione nominale

Per flessione verbale intendiamo l’insieme delle trasformazioni che il verbo subisce per indicare:

Persona → prima, seconda, terza;

Numero → singolare, duale, plurale;

Diatesi (voce) → attiva, media, passiva;

Modo → indicativo, congiuntivo, ottativo, imperativo, infinito, participio;

Tempo → presente, imperfetto, futuro, aoristo, perfetto, piuccheperfetto;

Aspetto → durativo, puntuale, risultativo.

Un’unica forma verbale greca, dunque, concentra informazioni che in altre lingue richiederebbero più parole.

Struttura del verbo

Ogni forma verbale si compone di più elementi combinati:

Radice verbale → base che porta il significato (es. λυ- = “sciogliere”);

tema → radice più eventuali suffissi (λυ-ο = tema del presente; λυ-σ = tema del futuro);

vocale tematica → alternanza di -ο- / -ε-, tipica dei verbi “tematici”;

aumento (ἐ-) → prefisso che indica passato nei tempi storici (es. ἔλυον = scioglievo);

reduplicazione→ raddoppiamento usato nel perfetto (es. λέλυκα = ho sciolto);

desinenze personali → segnalano persona e numero (λυ-ω = io sciolgo, λυ-εις = tu sciogli).

Questa struttura modulare fa sì che il verbo greco possa combinare le sue parti con grande varietà, dando vita a un sistema ricchissimo.

La categoria del numero e della persona

Il verbo greco conserva, accanto al singolare e al plurale, anche il duale, forma destinata a indicare azioni compiute da due soli soggetti (es. due fratelli, due guerrieri).Le persone sono tre, come in italiano:

1ª → chi parla

2ª → chi ascolta

3ª → chi è assente

Le desinenze cambiano secondo il modo e la diatesi: ad esempio, λύ-ο-μεν (noi sciogliamo), λύ-ε-σθε (voi vi sciogliete).

Le tre diatesi

Il greco distingue tre modalità fondamentali del rapporto tra soggetto e azione:

Voce attiva (ἡ ἐνεργητική διάθεσις)

Il soggetto compie l’azione: λύω = “io sciolgo”.

Voce media (ἡ μέση διάθεσις)

Il soggetto partecipa all’azione o la compie a proprio vantaggio: λύομαι = “mi sciolgo” / “sciolgo per me”.

Molti verbi al medio assumono valore deponente: si usano solo in forma media ma con significato attivo (es. πορεύομαι = “cammino”).

Voce passiva (ἡ παθητική διάθεσις)

Il soggetto subisce l’azione: λύομαι (aoristo passivo ἐλύθην) = “sono sciolto”, “fui sciolto”.

I modi verbali

I modi verbali si dividono in finiti (determinati da persona e numero) e indefiniti.

Modi finiti

Indicativo → azione reale e certa.

Congiuntivo → possibilità, esortazione, eventualità.

Ottativo → desiderio, possibilità più lontana, stile elevato.

Imperativo → ordine, comando, invito.

Modi indefiniti

Infinito → il verbo come nome (λυεῖν = sciogliere).

Participio → forma aggettivale (λύων = colui che scioglie).

Il sistema temporale: tempo e aspetto

Il tempo greco non è solo cronologia, ma modo di vedere l’azione (aspetto).

Presente → azione durativa o abituale (λύω = sto sciogliendo).

Imperfetto → durativa nel passato (ἔλυον = stavo sciogliendo).

Futuro → azione non avvenuta (λύσω = scioglierò).

Aoristo → azione puntuale, colta in un istante (ἔλυσα = sciolsi).

Perfetto → azione compiuta i cui effetti restano nel presente (λέλυκα = ho sciolto e il risultato permane).

Piuccheperfetto → azione compiuta con effetto sul passato (ἐλελύκειν = avevo sciolto).

Nota importante: il greco antico privilegia l’aspetto più che il tempo cronologico. Per questo l’aoristo non è “passato remoto” in senso moderno, ma piuttosto un “momento unico e compiuto”.

I sistemi verbali

La grammatica tradizionale divide il verbo greco in tre sistemi:

Sistema del presente → presente, imperfetto, futuro.

Sistema dell’aoristo → aoristo e futuro passivo.

Sistema del perfetto → perfetto e piuccheperfetto.

Ognuno di questi sistemi si basa su una forma principale che funge da punto di partenza per le altre.

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