Il principio di permanenza delle proprietà formali da Peacock alla razionalità pratica di Peano. L’importanza sul piano educativo.
Giuseppe Peano (1858-1932)
Questa nota si colloca in continuità con l’articolo dedicato a George Peacock, L’Euclide dell’Algebra. La questione da cui prende avvio è se, nello sviluppo della scienza, sia opportuno conservare le notazioni e le proprietà già familiari o introdurne di nuove.
È il problema che si trovarono ad affrontare i matematici dopo Peacock — il quale intese il principio di permanenza (e così, dopo di lui, Hankel, il matematico tedesco a cui si deve la popolarità del principio) come una guida per estendere le teorie: ciò che vale aritmeticamente deve permanere simbolicamente, finché non sorge contraddizione.
All’inizio del Novecento, Giuseppe Peano rilegge quel principio in senso diverso, seguendo Ernst Mach (1838-1916): non più come fondamento teorico, ma come forma di razionalità pratica e di economia del pensiero, applicata soprattutto alle notazioni.La permanenza delle forme equivalenti nasceva per giustificare estensioni interne all’algebra; Peano la reinterpreta come strumento per favorire la continuità cognitiva e la diffusione del sapere matematico.
Una prospettiva sistematica su questa evoluzione — dal principio euristico di Peacock alla razionalità pratica di Peano — è stata recentemente ricostruita da Iulian D. Toader in Permanence as a Principle of Practice (Historia Mathematica, 2020), che ne sottolinea la transizione da criterio teorico a principio economico del pensiero.
Le posizioni precedenti:
Peacock (1833) formula il principle of permanence of equivalent forms: se due forme sono equivalenti quando i simboli hanno significato aritmetico, lo rimangono anche quando i simboli diventano puramente formali. Lo scopo: estendere le regole dall’“algebra aritmetica” all’“algebra simbolica” senza perdere interpretabilità aritmetica.
Hermann Hankel (1867) rafforza l’idea: lo sviluppo di teorie puramente formali resta scientificamente valido solo se conserva un’interpretazione aritmetica; la permanenza agisce come principio quasi “metafisico” ed è considerato fondamentale per l’emergere di una comprensione ampiamente formalista della matematica.
Augustus De Morgan (1849) conferisce al principio di permanenza una valenza più profonda: non solo criterio di estensione, ma forma di necessità logica.Nel Trigonometry and Double Algebra mostra che relazioni come quella del teorema binomiale conservano la loro validità anche quando gli esponenti cessano di rappresentare numeri interi positivi.La legge rimane vera, perché ciò che conta non è la natura dei simboli, ma la struttura formale che li lega.In tal modo, De Morgan apre la via a una concezione dell’algebra come scienza autonoma delle operazioni, fondata su regole di coerenza interna piuttosto che su interpretazioni numeriche.
Mach e Peano: dalla razionalità teorica alla razionalità pratica
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il principio di permanenza viene dunque reinterpretato in un orizzonte diverso. L’attenzione si sposta dalla coerenza formale delle teorie alla semplicità e all’efficacia del pensiero scientifico. Ernst Mach (1838–1916), fisico e filosofo neopositivista tra i primi teorici della scienza come economia del pensiero, sostiene che le leggi scientifiche non sono descrizioni assolute della realtà, ma strumenti per ridurre la complessità dell’esperienza e conservare le forme mentali più semplici e stabili. La razionalità scientifica, per Mach, consiste nel semplificare, nel ridurre il superfluo e nel mantenere la continuità con le conoscenze già acquisite.
In questa prospettiva si colloca la riflessione di Giuseppe Peano, che riprende il principio di permanenza in chiave nuova: non più come fondamento logico, ma come criterio pratico e didattico. Le innovazioni scientifiche, egli sostiene, sono tanto più efficaci quanto più si appoggiano su strutture concettuali e linguistiche già note, favorendo la naturale continuità del pensiero. Le notazioni matematiche devono rispondere non solo a esigenze di rigore, ma anche di chiarezza, semplicità e coerenza: devono permettere alla mente di procedere con naturalezza dal conosciuto al nuovo.
Così inteso, il principio di permanenza diventa una forma di razionalità pratica, fondata sull’idea che la scienza progredisca non per sostituzioni radicali, ma per raffinamenti progressivi.L’algebra, come ogni linguaggio simbolico, evolve conservando le proprie strutture fondamentali e adattandole a nuove esigenze di comprensione.In questo senso, Peano trasforma un principio logico in una regola pedagogica: la matematica cresce davvero quando riesce a rinnovarsi senza recidere le proprie radici.
Conclusione
Con Peano, il principio di permanenza perde dunque il suo carattere di necessità logica e diventa una regola di buon senso scientifico: una forma di razionalità pratica che invita a innovare senza discontinuità.La matematica — come ogni linguaggio del pensiero — si sviluppa per trasformazioni coerenti, non per sostituzioni radicali.Ciò che cambia è il significato dei simboli, non la struttura delle relazioni che li unisce.
Tuttavia, come osserverà il matematico austriaco Hans Hahn (1879–1934) — esponente della scuola di Vienna e noto per il teorema di Hahn–Banach uno dei risultati fondamentali dell’analisi funzionale — la permanenza non può costituire da sola un fondamento rigoroso..Per evitare ambiguità o arbitrarietà — ad esempio nel passaggio dai numeri naturali ai razionali — occorre affiancarle condizioni logico–assiomatiche più precise, capaci di definire in modo univoco le operazioni e le relazioni fondamentali.Hahn chiude così idealmente il ciclo aperto da Peacock: dalla permanenza come intuizione euristica alla sua rilettura come esigenza di fondazione rigorosa.
Sul piano educativo, questa evoluzione offre una lezione di grande valore.La matematica avanza per continuità e chiarificazione, non per sostituzione: ogni nuova teoria si costruisce sulle strutture della precedente, chiarendone i limiti e rendendone esplicite le regole.Come per Peacock, anche per Peano — e dopo di loro per Hahn — la forza della matematica risiede nella fedeltà alle proprie forme, nella capacità di trasformarle senza negarle.È un messaggio ancora attuale: nella scuola come nella ricerca, il progresso nasce quando si riesce a innovare senza interrompere la memoria del pensiero.
Aggiunte
È da segnalare che nella bibliografia, Iulian D. Toader cita l’articolo di Giuseppe Peano, Le definizioni in matematica, pubblicato sul Periodico di Matematiche (3, 1921), che qui si rende disponibile per chi desideri approfondire.
Si segnala inoltre un altro contributo dello stesso autore, Il principio di corrispondenza di Bohr è semplicemente il principio di permanenza di Hankel?, accessibile a questo link