Dal granello di senape al numero 153, dai talenti all’effetto San Matteo, dalla vigna degli ultimi al “tesoro nascosto” caro a Ennio De Giorgi.
Le parabole di Gesù, dietro immagini semplici — un seme, una moneta, una rete di pesci — racchiudono una logica profonda, affine a quella della matematica: l’arte di rendere visibile l’invisibile attraverso una forma rigorosa.In greco parabolé significa letteralmente “gettare accanto”, ossia porre due realtà in relazione per rivelarne un’analogia nascosta. È la dinamica propria del pensiero matematico, che costruisce relazioni per scoprire leggi universali.«Quando Gesù inizia “Il regno dei cieli è simile a…”, è come se dicesse: “sia x tale che…”.»
Il granello di senape e la funzione della crescita
Matteo (13,31-32):
«Un’altra parabola espose loro: “Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prese e seminò nel suo campo.Esso è il più piccolo di tutti i semi, ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami.”»
Così accade anche nella matematica, dove un’intuizione elementare — un’ipotesi, un simbolo, una connessione intravista — può germogliare in interi campi di conoscenza, dando origine a strutture sempre più ampie e feconde.Come l’albero nasce da un seme, anche la matematica germoglia da un pensiero iniziale che si sviluppa, si ramifica, dà frutto.È la stessa sproporzione che Pascal colse nell’uomo, “una canna che pensa”: fragile nella misura, ma infinito nella capacità di concepire.
I talenti e l’effetto San Matteo
Nella parabola dei talenti, Gesù affida ai servi somme diverse da amministrare: i primi due le fanno fruttare, l’ultimo le nasconde.La conclusione — “A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” — portò il sociologo Robert K. Merton a parlare di “Effetto San Matteo”, per descrivere la tendenza del successo ad accumularsi dove già esiste.A diffondere questa idea tra i matematici fu il polacco Mark Kac, in una conferenza dedicata al suo connazionale Marian Smoluchowski, scienziato dimenticato dalla storia a vantaggio di Einstein.
«Durante la sua vita — scrive M. Kac nella sua autobiografia — Smoluchowski non fu comunque vittima dell’effetto summenzionato. Era universalmente noto come uno dei più eminenti fisici teorici e ricevette numerosi e meritati onori. Ma con il passare del tempo l’effetto San Matteo ebbe il sopravvento: pochi sanno oggi quale fu il ruolo di Smoluchowski nell’affermarsi della teoria atomica» o della sua giustificazione del colore azzurro del cielo.La parabola, come la vita scientifica, mostra che i talenti — o i riconoscimenti — si moltiplicano se usati, ma si perdono se restano nascosti.
La pecora perduta e la logica dell’eccezione
“Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto per andare dietro a quella perduta finché non la trova?”Questa logica rovescia la proporzione: l’uno vale più del cento.È una matematica dell’eccezione, affine al teorema di Gödel, secondo cui ogni sistema coerente lascia fuori almeno una verità indecidibile.La pecora smarrita è quella verità: non dimostrabile, ma necessaria.Gesù insegna che la coerenza più alta è includere ciò che sfugge alla regola.
La vigna e l’ordine capovolto
Nella parabola degli operai della vigna (Matteo 20, 1-16), il padrone chiama lavoratori a diverse ore del giorno e alla sera li ricompensa tutti con la stessa paga.“Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.”È un paradosso che ha il rigore di una simmetria matematica: l’uguaglianza non come livellamento, ma come ordine trascendente, dove gli estremi si rovesciano e si equilibrano.Sant’Agostino vi vedeva l’immagine della grazia che supera il merito; per il matematico, è una parabola sull’invarianza profonda, come in una funzione inversa che restituisce il mondo al suo equilibrio segreto.
La pesca dei 153 pesci e la totalità del numero
Dopo la resurrezione, Gesù appare ai discepoli sul lago di Tiberiade: gettano la rete “dall’altra parte” e prendono 153 grossi pesci.È il 17º numero triangolare (1 + 2 + … + 17 = 153) e Sant’Agostino vi vedeva la somma della Legge (10) e della Grazia (7): la pienezza della salvezza.Al 153 della pesca miracolosa, segno della totalità dell’agire, si affianca il 114, che secondo antiche tradizioni sarebbe il numero delle frasi salienti pronunciate da Gesù, simbolo della totalità del dire.La matematica e il linguaggio si incontrano così nel mistero del numero: luogo in cui la realtà si fa forma e la forma si fa rivelazione. I numeri del Vangelo spesso citati sono anche il tre e il sette. Simon Pietro: «Signore, quante volte devo perdonare il mio fratello? Sette volte?». Gesù rispose: «Non ti dico sette volte, ma settanta volte sette! …»
La parabola come forma del pensiero – Una didattica del vedere
La parabola non è solo un racconto: è un modo di pensare.Lo psicologo Jerome Bruner distingueva tra pensiero paradigmatico (logico, analitico) e pensiero narrativo (metaforico, interpretativo).Le parabole di Gesù uniscono i due: raccontano per far ragionare, ragionano per far vedere.Sono, potremmo dire, teoremi narrativi, in cui la dimostrazione si compie nella coscienza di chi ascolta.È questa la loro forza didattica: una forma di conoscenza che educa attraverso l’immaginazione, trasformando l’atto del capire in un’esperienza di verità.
Il seminatore e la logica dell’apprendimento
Una parabola spesso citata dai matematici con riferimento alla ricerca e all’insegnamento, è quella del seminatore, raccontata nei Vangeli di Matteo (13,1-9), Marco (4,1-9) e Luca (8,4-8).
Un seminatore uscì a seminare.Mentre gettava il seme, una parte cadde lungo la strada e venne mangiata dagli uccelli; un’altra cadde su un terreno sassoso, dove germogliò subito ma, non avendo radici, si seccò al sole; un’altra ancora cadde tra le spine, che soffocarono la pianta; infine una parte cadde in un terreno buono e portò frutto, chi cento, chi sessanta, chi trenta volte tanto.
Il significato è trasparente: non tutti i semi germogliano allo stesso modo, ma la fecondità dipende dalla qualità del terreno.Così è anche per l’apprendimento e per la matematica stessa: l’idea, come il seme, richiede un terreno adatto — attenzione, pazienza, tempo.Il seme non cambia, ma cambiano le condizioni della sua crescita.La parabola diventa allora una lezione sulla diversità dei modi di comprendere, sul valore dell’ascolto e della perseveranza.Ogni atto di insegnamento, come ogni atto creativo, è un seminare sapendo che solo il terreno profondo — quello dell’interiorità e del pensiero — potrà dare frutto.
Il tesoro e la perla: Ennio De Giorgi e la sapienza delle scienze
Ennio De Giorgi (1928-1996)
Tra i matematici che seppero unire rigore e spiritualità spicca Ennio De Giorgi, universalmente riconosciuto come uno dei più grandi della seconda metà del XX secolo.Amava ricordare questo passo del Vangelo secondo Matteo:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.»
De Giorgi vedeva in queste immagini evangeliche la metafora più alta della ricerca scientifica come atto di fiducia nella verità.In una sua riflessione scriveva che “ogni tentativo di autofondazione della Matematica e delle Scienze finirebbe nelle sabbie mobili di affermazioni del tipo: è probabile che è probabile che è probabile…”.Il vero fondamento del sapere, diceva, non è l’autonomia della ragione, ma la Sapienza, intesa come forma di conoscenza che abbraccia insieme razionale e mistero, logica e fede, scienza ed etica.
La parabola del mercante che vende tutto per una perla preziosa rappresentava, per De Giorgi, la “scommessa del pensiero”: la fiducia che la verità si lasci trovare da chi la cerca con purezza di cuore.È una scommessa che egli paragonava a quella di Pascal, ma orientata non alla prova dell’esistenza di Dio, bensì alla giustificazione del senso della conoscenza.Solo la Sapienza — scriveva — “comprende Scienze e Arti, Religione, Etica e Diritto”.Per questo, il lavoro scientifico — come la parabola — non è un esercizio tecnico, ma un atto di responsabilità verso la verità: la fiducia che ogni lampo d’intelletto, se onesto, partecipa della stessa luce che illumina il mondo.
Per la classe
Il testo si presta a un lavoro interdisciplinare tra matematica, religione, filosofia e letteratura.Si può proporre agli studenti di:
leggere in parallelo le parabole citate (Matteo 13, 20; Luca 15; Giovanni 21) e riconoscerne le strutture logiche e simboliche;
confrontare l’idea di proporzione e crescita con le leggi matematiche corrispondenti;
discutere l’Effetto San Matteo come modello sociologico delle disuguaglianze;
riflettere, con Bruner, sul valore educativo della parabola come forma del pensiero;
analizzare la figura di Ennio De Giorgi e la sua idea di Sapienza come fondamento delle scienze;
concludere con una scrittura personale: Qual è la mia “perla preziosa”? Quale verità cerco attraverso lo studio?