Dalla scuola ai mondiali: la via italiana alla robotica
 
					La robotica educativa è oggi uno dei campi più dinamici dell’innovazione italiana, capace di unire università e scuole in un percorso comune di ricerca, formazione e inclusione.
Le esperienze maturate alla RoboCup e alla RomeCup raccontano come la passione per i robot stia diventando un laboratorio concreto per l’intelligenza artificiale e le competenze del futuro.
Indice degli argomenti
La RoboCup, palestra globale per l’intelligenza artificiale
Nell’estate appena trascorsa, mentre la stampa sportiva, e non solo, era impegnata a raccontare il percorso di qualificazione degli Azzurri ai prossimi mondiali e l’inizio del campionato italiano di calcio, in Brasile si è disputata con meno clamore un’altra competizione che parla di futuro calcistico.
Ai mondiali di robotica RoboCup 2025 (Salvador, 15-21 luglio), le squadre italiane, università e scuole, hanno conquistato risultati di rilievo, confermando una vitalità e una passione che raramente trovano spazio nell’informazione generalista. Eppure, come già successo lo scorso anno per Eindhoven (RoboCup 2024), le cronache hanno quasi ignorato sia l’evento RoboCup, sia i primi campionati mondiali di calcio tra umanoidi a Pechino, a cui hanno partecipato solo tre squadre europee, tra cui l’Italia. Un peccato, perché la robotica non è solo spettacolo tecnologico: è un laboratorio educativo per capire come funziona davvero l’intelligenza artificiale.
Giunta alla sua 28ª edizione, la RoboCup è ormai riconosciuta come la più importante manifestazione internazionale di robotica e intelligenza artificiale. Nato con l’ambizioso obiettivo di arrivare, entro il 2050, a una squadra di robot umanoidi in grado di sfidare i campioni del mondo di calcio, il progetto ha trasformato il gioco in un banco di prova per algoritmi, sensori, strategie di percezione e decision making.
Dai robot soccorritori a quelli domestici, fino alle competizioni Junior, ogni sfida rappresenta un tassello per sviluppare tecnologie che avranno ricadute concrete nella vita quotidiana e nell’industria.
SPQR, eccellenza universitaria italiana
A rappresentare l’Italia nella Standard Platform League è stato anche quest’anno il team SPQR dell’Università Sapienza di Roma. Guidato dal ricercatore Vincenzo Suriani (team leader), il gruppo di studentesse e studenti di magistrale e dottorato ha confermato una crescita costante: dal nono posto del 2019 al quinto del 2024, fino al quarto al mondiale brasiliano di quest’anno, con un terzo posto all’europeo. Il team ha ottenuto anche il “Best Paper Award” per un articolo su un metodo innovativo di visione artificiale, la terza volta in cinque anni: un risultato che dimostra come la RoboCup non sia solo competizione sportiva, ma anche produzione scientifica di alto livello.
Come ci ha raccontato Vincenzo Suriani: “Noi eravamo i primi del secondo gruppo nel 2017, siamo arrivati nei primi 12 nel 2018-2019, guadagnando il nono posto, siamo scivolati all’undicesimo nel 2022 (un peggioramento legato al periodo della pandemia), salvo poi risalire velocemente le classifiche. Nel 2023 abbiamo ottenuto il settimo posto, nel 2024 siamo arrivati quinti. Quest’anno siamo terzi all’europeo e quarti al mondiale”.
Ad agosto il team SPQR ha affrontato una sfida inedita ai World Humanoid Robot Games di Pechino, i primi giochi mondiali tra umanoidi: dai leggeri Nao da 7 kg ai nuovi Booster T1 da 33 kg. Un salto tecnologico che ha accelerato lo sviluppo di competenze, portando l’Italia tra le sole tre nazioni europee presenti.
Un augurio per il futuro? Suriani non ha dubbi: “Che cresca e si rafforzi la partecipazione delle ragazze, in media 3 su 10-11 componenti del team. Sono medie simili alla presenza femminile nel corso di laurea, il 15%” [vedi Dai Nao ai robot umanoidi Booster T1].
Ikaro, quando la robotica nasce tra i banchi
Accanto ai successi universitari, la RoboCup Junior racconta un’altra Italia: quella delle scuole che sperimentano, innovano e imparano divertendosi.
È la storia di Ikaro, il team dell’Istituto Pacinotti-Archimede di Roma. Dopo due vittorie nazionali e la RomeCup, i ragazzi – Lorenzo Addario, Francesco D’Angelo e Andrea Perrina – hanno portato in Brasile i loro robot Holly e Benji, programmati per giocare a calcio con ruoli diversi, attaccante e portiere.
“Il nostro team si chiama Ikaro, nome che affonda le sue radici in un progetto storico dell’istituto: I.C.A.RO., acronimo di Ideare, Costruire, Assemblare RObot. Non è solo un nome, ma anche una dichiarazione d’intenti: dimostrare che si può imparare divertendosi, sporcandosi le mani e mettendo alla prova la creatività”, ci ha spiegato il docente Paolo Torda, allenatore del team.
Nella fase a gironi i ragazzi hanno totalizzato 4 vittorie, 1 pareggio e 2 sconfitte, conquistando il quinto posto individuale. Nella fase “Superteam”, insieme a squadre di Brasile e Croazia, hanno ottenuto due vittorie e una sconfitta, chiudendo con un piazzamento tra il terzo e il quarto posto. Un risultato che, al di là della classifica, racconta la crescita e la passione di studenti che hanno lavorato giorno e notte, guidati dal loro docente [vedi Ikaro ai mondiali di robotica].
Robotica come educazione inclusiva
La RoboCup non è solo una gara. È un’esperienza trasformativa che forma competenze trasversali: programmazione, elettronica, meccanica, lavoro di squadra, problem solving. E soprattutto coltiva la fiducia dei giovani nelle proprie capacità di costruire futuro. Le scuole italiane che partecipano da anni a queste sfide, mettendosi alla prova anche alla RomeCup, dimostrano come sia possibile integrare la robotica educativa nei percorsi didattici, offrendo a ragazze e ragazzi un’esperienza di apprendimento che unisce teoria e pratica, creatività e metodo.
Dalla RoboCup alle competenze del futuro
Le esperienze italiane alla RoboCup mostrano chiaramente come la robotica educativa sia un ponte verso le competenze richieste dall’industria e dalla società. Secondo un recente position paper dell’International Federation of Robotics (Next Generation Skills, 2024), la diffusione dei robot non elimina posti di lavoro, ma li trasforma e ne crea di nuovi, liberando le persone dai lavori “4D” (dull, dirty, dangerous, difficult) e aprendo spazi a professioni più qualificate e gratificanti. Entro il 2030, negli Stati Uniti potrebbero rimanere scoperti oltre 2 milioni di posti nella manifattura per mancanza di competenze adeguate, e anche in Europa il tema è considerato strategico. Nascono così nuovi profili come il Robot Teaming Coordinator o l’AI Optimization Expert, mentre ruoli tradizionali come operatori, tecnici e ingegneri diventano sempre più multidisciplinari, chiamati a gestire dati, algoritmi e processi complessi.
La scuola, in questo scenario, gioca un ruolo cruciale: non solo per avvicinare i giovani alle discipline Stem, ma anche per colmare il gender gap, incoraggiando in particolare le ragazze a intraprendere percorsi di studio e di carriera in ambito tecnologico. Allo stesso tempo, è indispensabile promuovere lifelong learning per garantire l’aggiornamento costante delle competenze lungo tutto l’arco della vita lavorativa.
RomeCup, a livello nazionale, e RoboCup, a livello mondiale, con le loro sfide creative e collaborative, rappresentano quindi un laboratorio in miniatura di questa transizione: mette alla prova le abilità tecniche, stimola il pensiero critico e favorisce la collaborazione tra pari e con i docenti. In una parola, allena alle competenze di prossima generazione.
Oltre la RoboCup: le sfide globali degli umanoidi
Il percorso che dall’aula porta al campo di calcio robotico non è isolato: si inserisce in una trasformazione globale della robotica umanoide. Come sottolinea l’International Federation of Robotics (Humanoid Robots. Vision and Reality, luglio 2025), gli umanoidi sono al centro di un hype crescente, alimentato da grandi investimenti di big tech (Tesla, Nvidia, Amazon) e da programmi nazionali come quello della Cina, che punta a renderli una tecnologia di massa, paragonabile a computer e smartphone. Le nuove piattaforme, come i Booster T1 usati anche dal team SPQR, anticipano scenari in cui gli umanoidi saranno presenti in logistica, manifattura, sanità, servizi e persino nelle case. Le innovazioni tecnologiche, dai Vision Language Action Models ai sensori tattili e visivi avanzati, fino a batterie più efficienti, ne stanno accelerando lo sviluppo. Restano tuttavia limiti e sfide: l’autonomia ridotta (oggi circa un’ora di operatività), i costi elevati, il rischio di “uncanny valley” che può generare diffidenza sociale. In Europa, la strategia è più cauta e human-centric, orientata a garantire sicurezza, inclusione e coesistenza uomo-robot, anche alla luce del nuovo AI Act.
La via italiana all’IA
Tra università che producono ricerca di eccellenza e scuole che sperimentano inclusione e creatività, l’Italia può tracciare una propria via alla robotica e all’intelligenza artificiale: una via che mette al centro l’educazione, la collaborazione e la crescita delle nuove generazioni.
Per questo è importante che la RoboCup e le sue storie entrino nel racconto pubblico, così come fanno i campionati di calcio. Perché nel calcio dei robot non si impara solo a vincere, ma soprattutto a capire, sperimentare e crescere. Per avviare questa cambio di rotta vi diamo appuntamento alla prossima edizione della RomeCup, la 19ª, che si svolge in primavera ospitata dalla Sapienza Università di Roma. Un’occasione per conoscere da vicino i campioni che poi si sfideranno ai mondiali 2026, dal 30 giugno al 6 luglio a Incheon, prima città coreana a ospitare il più grande e longevo torneo mondiale di robotica e intelligenza artificiale.
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