Io, docente con più di 10 anni di precariato alle spalle, ecco perché ho rinunciato al concorso.
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Si è da poco svolta la prova scritta del concorso per il reclutamento di circa 20000 docenti a tempo indeterminato nella scuola pubblica statale. Io, che insegno da più di dieci anni, ho deciso di non partecipare alle prove. Il motivo? Semplice: il concorso non stabilizza i precari, ma favorisce i giovani neolaureati. La stragrande maggioranza di loro, infatti, non lavorando, hanno tutto il tempo di studiare per le prove, a scapito di chi, a causa di tutti gli impegni professionali (lezioni, consigli di classe, collegi docenti, dipartimenti disciplinari, correzione delle verifiche – lo sapete quanto tempo ci vuole per leggere e correggere un solo tema? -, etc…) non ha lo stesso tempo a disposizione.
E allora con questo concorso finirà che chi insegna da anni forse lo continuerà a fare con contratti a tempo determinato, chi non ha mai messo piede in un’aula si ritroverà in mano un contratto a tempo indeterminato, non sapendo nulla di come si gestisce una classe, né cosa fare in classe.
I precari storici avevano fiducia in questo governo, che si era mostrato propenso, prima delle elezioni, ad accogliere le loro richieste, dando proprietà alla stabilizzazione di chi lavora da anni nella scuola per poi bandire nuovi concorsi. Ma non appena sono saliti al governo, i membri della maggioranza hanno fatto esattamente l’opposto: hanno indetto nuovi concorsi, aperti a tutti, dove il precario storico (non quello che ha 10 giorni di supplenza in un anno, 2 mesi in un altro, ma quello che lavora da anni con nomine annuali su posti vacanti) si trova a concorrere con giovani neolaureati su argomenti meramente nozionistici.
La maggioranza di governo si giustifica dicendo che non si possono modificare le procedure di reclutamento, in quanto concordate con l’Europa per ricevere i finanziamenti del PNRR, ma è l’Europa stessa a sbugiardare il governo, sostenendo che ogni Paese membro è libero di scegliere le proprie modalità di reclutamento.
E l’Italia ha scelto proprio bene: prova scritta basata su un test a risposta multipla (ebbene sì, gli insegnanti in Italia si reclutano con i test a crocette, in barba alla delicatezza del lavoro che andranno a svolgere a contatto con minori) e prova orale in cui, data l’estrazione della traccia al momento, il fattore C è determinante.
Ma i precari storici sono persone che insegnano da anni, conoscono i “trucchi” del mestiere, ricoprono, in virtù della loro esperienza, incarichi aggiuntivi fondamentali per il funzionamento delle scuole. E il governo cosa fa? Non li stabilizza, ma continua a bandire concorsi che favoriscono solo i neolaureati. E’ vergognoso, uno Stato che forma i lavoratori, che li utilizza per anni per mandare avanti le scuole e poi li butta fuori stabilizzando chi non ha un solo giorno di servizio.
Come se ne esce? Semplice: basterebbe conferire una nomina a tempo indeterminato ai precari tramite quelle stesse graduatorie (GPS) dalle quali sono nominati per le supplenze annuali (doppio canale di reclutamento). Ciò garantirebbe, tra l’altro, la famigerata continuità didattica, valore fondamentale per una scuola di qualità. Come si fa infatti ad assicurare agli alunni lo stesso insegnante negli anni se il ministero utilizza un docente precario e poi bandisce dei concorsi le cui modalità penalizzano chi ha ricoperto quel posto per favorire chi non ha mai insegnato? Paradossi solo italiani, tant’è che anche la Corte di Giustizia europea è intervenuta per l’abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato, sottoponendo il nostro Paese a procedure di infrazione. E indovinate un po’ chi paga le sanzioni? Tutti i cittadini italiani. Dunque, non è una questione solo dei precari della scuola, ma di tutto il paese.
Perché non valorizzare l’esperienza acquisita sul campo da questi docenti ma disperderla bandendo inutili nuovi concorsi? Forse perché l’accesso all’insegnamento è un business. Se infatti dietro la facciata di un processo selettivo c’è solo l’interesse ad alimentare l’indotto economico che ruota intorno ai concorsi, questo è veramente un paese senza futuro.
Il gruppo “I precari storici della scuola”
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