Don Giovanni al Bellini di Catania: troppi gangster, col mistero del Convitato di pietra

Il momento più tragico dell’intera opera, quello culminante con la dannazione di Don Giovanni che, su libretto di Lorenzo Da Ponte e musica di Mozart, scompare tra le fiamme, deciso a non pentirsi dei suoi misfatti, benché consapevole della sua mancanza di fede, del suo rovesciare, seducendo donne sposate, l’ordine sociale e soprattutto colpevole dell’assassinio del Commendatore, che voleva difendere l’onore della figlia, donna Anna, diventa invece una specie di esecuzione tra il mafioso e il gangsterismo, per impulso esclusivo della vendetta, giurata dal promesso genero, don Ottavio.
Un momento intimo, dunque, sottolineato dal duetto fra Leporello e Don Giovani, con il sovrastare della potenza del Commendatore, propenso a salvargli l’anima, diventa una esecuzione pubblica, un assassinio su commissione, un killeraggio alla Chicago anni Trenta, un regolamento di conti, sottolineato da una sventagliata di mitra contro il proverbiale seduttore, mentre del Convitato di pietra non vi è traccia, neanche l’ombra, se non dietro
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