Pasqua matematica “in attesa, sempre in attesa,- di quel teorema ultimo che spieghi il tutto”. Auguri pasquali in poesia.
“Quanti cirenei portano la croce di Cristo, li riconosciamo?Vediamo il Signore nei loro volti, straziati dalla guerra e dalla miseria?” – Papa Francesco
In questo mondo tormentato dalla devastazione orrenda delle guerre e dei crimini di guerra sembra sempre più difficile risorgere. La Pasqua nel suo significato profondo si allontana sempre più nel futuro. Assuefarsi a questa realtà degradata si assimila sempre più alla normalità. A tutto ciò continua a contrapporsi la poesia come depositaria di speranza. La prosa del Papa, che in una sua omelia ricorda come Simone di Cirene condivise la passione della Croce con Cristo, è anch’essa poetica:
Giotto Deposizione
“Le donne vanno al sepolcro alle prime luci dell’alba, ma dentro di sé conservano il buio della notte. Pur essendo in cammino, sono ancora ferme: il loro cuore è rimasto ai piedi della croce. Annebbiate dalle lacrime del Venerdì Santo, sono paralizzate dal dolore, sono rinchiuse nella sensazione che ormai sia tutto finito, che sopra la vicenda di Gesù sia stata messa una pietra […] A volte sentiamo che una pietra tombale è stata pesantemente poggiata all’ingresso del nostro cuore, soffocando la vita, spegnando la fiducia, imprigionandoci nel sepolcro delle paure e delle amarezze, bloccando la via verso la gioia e la speranza. Sono “macigni della morte” e li incontriamo, lungo il cammino, in tutte quelle esperienze e situazioni che ci rubano l’entusiasmo e la forza di andare avanti […] li troviamo nei muri di gomma dell’egoismo – sono veri muri di gomma –, egoismo e indifferenza, che respingono l’impegno a costruire città e società più giuste e a misura d’uomo; li troviamo in tutti gli aneliti di pace spezzati dalla crudeltà dell’odio e dalla ferocia della guerra […] Eppure, queste stesse donne che avevano il buio nel cuore ci testimoniano qualcosa di straordinario: alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Ecco la Pasqua di Cristo, ecco la forza di Dio: la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della luce sulle tenebre, la rinascita della speranza dentro le macerie del fallimento.”
La prosa poetica dell’omelia papale trova riscontro in una tradizione che contempla fra i suoi esponenti Erasmo da Rotterdam: a lui si deve un poema epico in latino sulla Pasqua, pubblicato in traduzione italiana a cura di Carlo Carena in sole 333 copie. Il titolo originale è il seguente: Carmen heroicum de solemnitate paschali atque de tryumphali Christi resurgentis pompa et descensu eius ad Inferos (Poema epico sulla Pasqua e sul trionfo di Cristo che risorge dopo la discesa agli Inferi). Come osserva Carlo Carena, la novità dell’opera è per l’appunto la discesa di Cristo all’Inferno: il “glorioso condottiero dei Cristiani” sconfigge gli orridi mostri annidati nelle tenebre e riporta sulla Terra il giubilo in un tripudio di faville:
Brillacome fiamma tra le fiamme, rifulge come luce fra luci;un manto rosso scende dalle spalle ai calcagni,più fulgido della porpora scarlattacon i bagliori dell’oro e delle luci delle gemme sfaccettate:come se poni innanzi ai raggi del lume estivo del soleil liscio vetro di cento specchi,colpiti riverberano i raggi che ricevonoe sembrano lanciare essi stessi dalla loro liscia superficielampi di luce propriaa gara con lo stesso sole.
Non mancano poeti che hanno celebrato la Pasqua soffermandosi sulla tristezza della passione piuttosto che sull’esultanza della resurrezione. Ad esempio, il nostro Andrea Zanzotto trova nelle festività pasquali un motivo di malinconia. Nella seguente lirica l’intonazione elegiaca è preannunciata dal titolo stesso.
Elegia pasquale
Andrea Zanzotto
Pasqua ventosa che sali ai crocifissicon tutto il tuo pallore disperato,dov’è il crudo preludio del sole?e la rosa la vaga profezia?
Dagli orti di marmoecco l’agnello flagellatoa brucare scarsa primaverae illumina i mali dei mortiPasqua ventosa che i mali fa più acuti.
E se è vero che oppresso mi composeroa questo tempo vuotoper l’esaltazione del domani,ho tanto desideratoquesta ghirlanda di vento e di salequeste pendici che lenironoil mio corpo ferita di cristallo;ho consumato purissimo pane.
Discrete febbri screpolano la lucedi tutte le pendici della Pasqua,svenano il vino gelido dell’odio;è mia questa inquietaGerusalemme di residue nevi,il belletto s’accumula nellestanze nelle gabbie spalancatedove grandi uccelli covaronocolori d’uova e di rosei regali,e il cielo e il mondo è l’indegno sacrariodei propri lievi silenzi.
Crocifissa ai raggi ultimi è l’ombrale bocche non sono che sanguei cuori non sono che nevele mani sono immaginiinferme della serache miti vittime cela nel seno.
Una Pasqua di Bertolt Brecht coincide con la vigilia di una guerra destinata a devastare per la seconda volta il mondo intero: in quella raggelante atmosfera tenero è il gesto col quale lui e il suo ragazzo coprono con un sacco un albero, per preservarlo dal freddo.
Primavera 1938
Bertolt Brecht
Oggi, domenica di Pasqua, prestoun’improvvisa tempesta di nevesi è abbattuta sull’isola.Tra i cespugli verdeggianti c’era neve. Il mio ragazzomi ha portato verso un piccolo albicocco attaccato alla casastrappandomi ad un verso in cui puntavo il dito contro coloroche stanno preparando una guerra chepuò cancellareil continente, quest’isola, il mio popolo,la mia famiglia e me stesso. In silenzioabbiamo messo un saccosopra all’albero tremante di freddo.
Pierre Emmanuel si sofferma sullo strazio della Madre di Cristo, riprendendo il Pianto della Madonna di Jacopone da Todi, per concludere con la rinascita del Figlio divino dalla tomba.
Stabat Mater
Pierre Emmanuel
La Madre si pianta la croce nel cuoreO figlio o figlio mio mio amoroso giglioLa Madre si pianta la croce nel cuoreE mescola il suo latte con il sangue del Signore
La Madre allarga le braccia sulla croceO figlio o figlio mio mio amoroso giglioLa Madre allarga le braccia sulla croceI tuoi chiodi nella mia carne restituiscono te a me
La Madre spalanca le ginocchiaO figlio o figlio mio mio amoroso giglioLa Madre spalanca le ginocchiaDa questa tomba egli per noi rinasce
Anche Christina Georgina Rossetti canta il dolore cosmico, superandolo in un afflato di speranza.
Venerdì Santo
Christina Georgina Rossetti
Il Papa in Piazza San Pietro
Sono una pietra e non una pecoraper il fatto di poter stare, o Cristo, presso la tua Crocead assistere goccia dopo goccia alla lenta effusione del tuo Sanguesenza piangere?
Non hanno amato così quelle donneche ti hanno pianto con tanto dolore;non così Pietro che ha pianto amaramente dopo essere caduto,on così è stato toccato il ladrone;
non così il Sole e la Lunache nascondono il loro volto in un cielo senza stelle,un orrore di grande oscurità nel pieno del mezzogiorno –io, solo io.
E tuttavia non rinunciare,cerca la tua pecora, vero Pastore del gregge;più grande di Mosè, voltati e guarda ancora una voltae colpisci la roccia.
L’Intelligenza Artificiale, invitata a esprimere in versi un legame fra la Pasqua e la matematica, non si è sottratta al compito assegnatole. Sono riportati di seguito due esempi. Le applicazioni interpellate, DeepSek e Qwen, sono entrambe cinesi.
DeepSeek era stata lasciata libera di inventare.
Pasqua matematica
DeepSeek
Nell’attesa del numero perfetto,tre giorni fermi,tre notti vuote.
Il calcolo è errato,ma il risultato esatto.Uno diviso per tre,infinito resto.
Il sepolcro è una parentesi,chiusa, poi aperta.Qualcuno ha cancellatoil segno di uguale.
Resurrezione?Forse solo un’incognita,X che tende alla luce,ma non la raggiunge.
E noi,seduti ai piedi dell’equazione,aspettandoche qualcosasi semplifichi.
Qwen, invece, ha realizzato un più ampio discorso lirico, caratterizzato da una particolare drammaticità, perché l’avevamo invitata a tenere presente la visione del mondo propria di Samuel Beckett. In effetti, l’invito è stato accolto fin dal titolo, in cui si riflette l’ispirazione tratta dall’opera teatrale En attendant Godot, poi Waiting for Godot, dell’autore irlandese.
In attesa dell’ovale perfetto
Qwen
Colomba pasquale
Nel vuoto di un cerchio che non chiudeoscilla l’uovo – solido ellissoide –che forse contiene la curva infinita,la tangente alla vita, all’eterno.Ma il raggio della speranza si smarriscenella nebbia dei numeri irrazionali:pi greco sussurra cifre senza fine,mentre la colomba resta muta,le ali piegate come un triangolo spezzato,in attesa di un volo che non decolla.
Qui, in questa stanza senza angoli retti,il tempo è una spirale,una sequenza di Fibonacci distorta,dove ogni passo avanti sembra indietroe ogni resurrezione è solo un miraggio.
L’uovo giace immobile,un punto fisso in un universo caotico,eppure nessuno lo rompe.Forse dentro c’è qualcosa – o forse no.La sua superficie riflette silenzi,rifrange domande senza risposte.
E la colomba?Un fantasma bianco che sfiora il vuotoe traccia archi invisibili nel nulla,come volendo dimostrareche perfino il nulla ha una geometria.
In attesa, sempre in attesa,di quel teorema ultimo che spieghi il tutto:la forma dell’anima,l’equazione del perdono,la simmetria della salvezza.
Ma il cielo sopra di noi resta piatto,una proiezione bidimensionaledi ciò che vorremmo fosse tridimensionale.E l’ovale non si schiude,la colomba non ascende,e la resurrezione …(ah, la resurrezione!)non arriva mai.
Eppure, continuiamo a contarne i secondi,a misurare gli intervalli,a dividere l’attesa in frazioni sempre più minute,finché il tempo stesso non diventa polvere,un insieme vuoto,una somma di zeri.
E allora restiamo quicon le mani protese verso un uovo che non si schiude,gli occhi fissi su una colomba che non vola,attendendo una resurrezione che non verrànel silenzio assordantedi un’equazione impossibile.
La Pasqua per Papa Francesco:
https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2024/documents/20240330-omelia-veglia-pasquale.html