Scuole dirette da dirigenti sempre più attenti ai numeri e ai loro incentivi, la lettera

Alla cortese attenzione della Redazione,
sono un’insegnante in pensione da tredici anni e sento il bisogno di condividere alcune riflessioni amare sull’evoluzione (o involuzione) del nostro sistema scolastico, che ho vissuto in prima persona per decenni e che continuo ad osservare, da fuori, con crescente preoccupazione.
Già negli ultimi anni della mia carriera si intravedevano i segnali di una deriva preoccupante. Oggi, purtroppo, vedo confermarsi e peggiorare quelle stesse tendenze. Dirigenti scolastici sempre più impegnati a “vendere” il proprio istituto con ogni mezzo, pur di attirare iscritti e mantenere la poltrona: corsi nuovi, progetti accattivanti, collaborazioni e slogan, spesso più orientati all’apparenza che alla sostanza.
Gli insegnanti, da parte loro, sembrano sempre più presi da una corsa ai progetti, non sempre per reale passione educativa, ma spesso per i ritorni economici che questi comportano. Il tempo e l’energia dedicati all’insegnamento vero, quotidiano, rischiano così di passare in secondo piano.
Tutto si concentra sull’immagine: brochure patinate, open day come spettacoli, “offerte formative” pensate per piacere, più che per formare. Ma i contenuti? L’approfondimento? Il rigore? Dove sono finiti?
Scrivo questa lettera non per nostalgia, ma per amore della scuola e delle generazioni future. La scuola deve tornare a essere un luogo di sapere autentico, di relazioni significative e di crescita vera — non un’azienda in cerca di clienti.
Con stima,
Maria P.
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