Oltre Agenda 2030

Educazione e istruzione di qualità oltre l’Agenda 2030
di Margherita Marzario
L’Obiettivo 4 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è “Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”. Già da altri atti internazionali emergeva che bambini e ragazzi non hanno solo il diritto all’istruzione ma anche il diritto all’istruzione di qualità, per cui occorre che dapprima gli insegnanti abbiano delle qualità come la coerenza, perché la coerenza del e nel docente favorisce la confidenza e la conoscenza degli allievi.
“Non si edifica con discorsi astratti e impersonali, ma con l’esempio coerente della nostra vita, che sa ricordare il bene ricevuto e condividerlo con gioia” (cit.). Educare: edificare con l’esempio coerente della propria vita condividendo con gioia.
Le vocali delle qualità più importanti di cui vestirsi ogni mattina: dalla A di autenticità alla U di umiltà. In particolare lo dovrebbero fare i genitori e gli educatori.
“Il cammino dell’istruzione è un cammino verso la vita” (cit.). Docenti e discenti sono alla stessa scuola della vita e bisogna lavorare intorno allo stesso tavolo, come praticava don Lorenzo Milani.
L’educazione è un processo umano e bisognerebbe recuperare semplicemente quest’aspetto, senza alcuna aggettivazione di quelle che abbondano ora, ambientale, sessuale, affettiva, civica, digitale.
Insegnamento: non nozioni ma emozioni, non interrogazioni ma interrogativi, non compiti ma competenze, non valutazioni ma valori, non progetti ma progettazioni, non costrizioni ma costruzioni… L’insegnamento è una delle fondamentali relazioni di vita, tra vite. Ne devono tener conto gli insegnanti stessi e i genitori, per perseguire i medesimi obiettivi. Tanto la famiglia quanto la scuola devono educare i bambini non a prestazioni buone ma ad azioni buone.
“Nella didattica appare funzionale modificare non necessariamente la proposta ma il come, i modi, la presentazione, appare necessario trasformare una modalità passiva e trasmissiva in coinvolgimento, ricerca. Bisogna creare curiosità” (cit.), come con la teatralizzazione o il teatro a scuola che non significa, però, teatralizzare o enfatizzare o improvvisare ogni cosa. Questa è una delle metodologie che contribuiscono all’istruzione di qualità e ad attuare gli art. 28 e 29 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, in particolare “prendere provvedimenti atti ad incoraggiare la regolare frequenza scolastica e al riduzione dei tassi di abbandono” (lettera e art. 28).
La formatrice Silvia Bogani spiega: “Per sviluppare la creatività e il pensiero divergente si possono proporre in classe esperienze inusuali di vario tipo, accettando i rischi della novità con spirito di avventura e prediligendo situazioni di complessità crescente. In questi contesti, diventa naturale per gli alunni e le alunne attivare forme di funzionamento cognitivo non utilizzate abitualmente, che portano allo sviluppo di pensieri fluidi, originali e flessibili. Se lo scopo principale dell’istruzione è quello di preparare i giovani alla vita dopo la scuola, occorre progettare interventi didattici efficaci e mirati a potenziare le capacità cognitive, emozionali e sociali degli alunni. Essi avranno così a disposizione un bagaglio di competenze utile ad affrontare, con maggior fiducia, le sfide della vita e a fronteggiare efficacemente l’incertezza e la complessità che caratterizzano la società odierna, partendo da una maggior consapevolezza di sé”. Per educare la creatività e alla creatività bisogna essere innanzitutto insegnanti creativi e tener conto che la creatività non riguarda solo l’arte. Bisogna passare dal paradigma “cosa si insegna” a “come si insegna”: stimolare la creatività dei discenti contribuisce ad applicare tutto quanto è indicato nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, in particolare promuovere lo sviluppo della personalità del fanciullo “in tutto l’arco delle sue potenzialità” (lettera a dell’art. 29). Di creatività si parla pure nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile tra imprenditoria e innovazioni.
Fondamentale per la creatività e non solo è la lettura. Federico Batini, esperto di educazione alla lettura, afferma: “Le diverse indagini internazionali e nazionali, condotte nel corso degli ultimi anni, mostrano come l’istruzione sia uno degli ambiti in cui la disuguaglianza sociale sia più visibile e, al contempo, rappresenti l’unico spazio, attraverso il quale sia possibile costruire una società più equa e inclusiva. L’introduzione nel sistema scolastico italiano della lettura ad alta voce condivisa può essere una gigantesca opportunità per ridurre le disuguaglianze e aumentare la democrazia: è proprio ascoltando gli adulti leggere che i bambini aumentano la motivazione alla lettura e iniziano a sviluppare abilità che saranno poi essenziali nella vita e nella lettura autonoma” (in un articolo del 22 maggio 2023). La lettura ad alta voce o condivisa è uno strumento di democrazia e uguaglianza, come già praticava don Lorenzo Milani con la lettura costante della Costituzione.
Attraverso la lettura si condividono e si acquisiscono anche le “regole”. “Le regole sono gli elementi costitutivi di ogni cosa, che sia un gioco, il funzionamento di un organismo, un genere musicale, uno sport. Se voglio svolgere una data attività, creare una specifica condizione, modo di operare o di funzionare, è necessario fare ciò che ne permetta l’esistenza. […] In questa logica, in realtà, non c’è più il seguire le regole o trasgredirle, ma lo scegliere se fare ciò che si sta facendo oppure no. Se non fai ciò che fa esistere il gioco (le regole), il gioco non può esistere: quindi è necessario scegliere se fare o non fare” (cit.). La parola “regole” comincia con il prefisso “re-“ come “relazioni”, perché sono fondamentali per le relazioni interpersonali e sono alla base dell’educazione, della vita stessa. Anche nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile si legge: “[…] un’educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile” (punto 4.7).
Il pedagogista Mario Maviglia sostiene: “La scuola può fare molto per educare alla pace. Ne era una convinta sostenitrice Maria Montessori la quale sottolineava che se si educa per la competizione questo è già l’inizio della guerra. Infatti solo educando alla cooperazione e alla solidarietà si può sperare che le giovani generazioni ripudino la guerra. Una didattica cooperativa, che favorisce l’espressione e la partecipazione dei bambini e delle bambine, che lavora sulle emozioni e le relazioni è una didattica che sviluppa competenze volte alla comprensione e all’incontro con l’altro, e dunque alla pace. D’altro canto educare alla pace è anche uno dei propositi dell’Agenda 2030 ”. La scuola non è un edificio, un posto, ma un luogo di vita, in cui si hanno grosse responsabilità per il presente e il futuro di tutti.
Oggi si punta molto sull’educazione STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica): che dovrebbe e potrebbe essere semplicemente educare alla meraviglia i bambini partendo dalla naturale curiosità dei più piccoli verso il mondo che li circonda. “La carta non è solo un materiale: è un mondo di possibilità” (cit.): e con l’uso della carta a scuola, non come semplice materiale ma come materia (etimologicamente da “tronco dell’albero”), si può fare tanto.
Il pediatra Giuseppe Di Mauro puntualizza: “L’avvicinamento di bambini e ragazzi alle nuove tecnologie è inevitabile e non può e non deve essere ostacolato. Deve piuttosto essere limitato e guidato verso un uso consapevole e attraverso programmi di alta qualità, compito che spetta in primo luogo ai genitori e agli altri adulti di riferimento, come gli insegnanti”. Quando si parla di educazione digitale bisognerebbe ricordare che ne hanno dapprima bisogno i genitori e gli adulti in generale visto l’abuso che fanno dei device.
Il pedagogista Stefano Manici richiama: “L’umanesimo digitale riconosce l’importanza della tecnica e le esigenze proprie degli esseri umani, si distingue dalle visioni apocalittiche del futuro perché confida nella ragione umana, ma non assume un atteggiamento entusiastico nei confronti delle potenzialità della tecnologia, riconoscendone e sottolineandone i limiti” (in un articolo del 20 settembre 2023). Occorre promuovere l’umanesimo digitale anche in seno alla famiglia diventata sempre più connessa o ibridata, in cui ci si guarda e ascolta poco o nulla, basti pensare alle audiofiabe per la buonanotte o alle mamme che allattano mentre sono intente al cellulare.
“Perché non c’è sostenibilità senza health, human e happiness” (gli esperti aziendali Massimo Lapucci e Stefano Lucchini). Il “fattore H”, cioè salute, umanità e felicità: da recuperare e promuovere in ogni processo non solo produttivo, ma innanzitutto in quello di insegnamento-apprendimento e in ogni processo educativo. Il benessere è innanzitutto un concetto “biopsicologico” ed è questa la dimensione che bisogna o urge recuperare e salvaguardare.
“L’arte del magnificare, cuore di ogni esperienza educativa” (cit.). Educare: appassionare alla vita, appassionarsi alla vita altrui. La scuola non è una fabbrica ma una bottega artigiana, deve fare la differenza e non le differenze.
“Il sapere rende liberi. Tutti i bambini hanno diritto a un’istruzione, con maggiore attenzione per quelli in difficoltà. Perché tutti possano raggiungere gli stessi traguardi” (dal Documento dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nel 30° anniversario della Convenzione di New York).
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