Caratteri generali della prima declinazione

La prima declinazione del greco antico è una delle tre principali categorie morfologiche dei sostantivi (insieme alla seconda e alla terza declinazione). Comprende nomi femminili e maschili che, al nominativo singolare, terminano in -α, -ᾱς o -η, -ης. Presenta caratteristiche comuni, ma anche varianti fonetiche determinate dal tema e dalle influenze dialettali.

Nel corso di quest’articolo tratteremo i caratteri generali della prima declinazione, analizzando inizialmente il campo teorico, per poi soffermarci anche su quello pratico fornendo numero approfondimenti nei prossimi articoli.

Struttura morfologica

I sostantivi della prima declinazione hanno un tema vocalico in -α o -η per il femminile, e in -ᾱς o -ης per il maschile, che si unisce alle desinenze dei casi (nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo) e dei numeri (singolare, duale, plurale). La base tematica rimane generalmente invariata, ma possono avvenire mutamenti fonetici dovuti a fenomeni come l’allungamento, la contrazione o la caduta di lettere finali.

Genere Nominativo
singolare
Genitivo
singolare
Esempi
Femminili
-ᾱς
-ης
ἡμέρα (giorno)
θάλασσα (mare)
Maschili -ᾱς
-ης
-ου
-ου
πολίτης (cittadino)
ναύτης (marinaio)

Alternanza vocalica

L’alternanza -α/-η, definita anche come alternanza vocalica, indipendentemente se si trovi in un sostantivo maschile o femminile, è dovuta a un fenomeno fonetico caratteristico del dialetto attico, in base al quale, nella sola declinazione singolare, –α lungo diventa -η quando non è preceduto da ε, ι e ρ.

A tal proposito, i linguisti riconoscono la presenza di:

  • alfa puro (cioè preceduto da ε, ι e ρ), che rimane α sia quando essa sia lunga che breve. Per la pronuncia e delle caratteristiche specifiche delle vocali consulta il nostro articolo riservato proprio ad esse: Le vocali in greco antico;
  • alfa impuro (quindi non preceduto da ε, ι e ρ), che rimane α se breve, altrimenti si tramuta in .

A seguito di questa distinzione, i sostantivi sono classificabili in:

  • sostantivi inα puro, che conservano l’α in tutta la declinazione (φιλοσοφία, φιλοσοφίας);
  • sostantivi in α impuro breve, che presentano –α per i casi diretti e per i casi indiretti (θάλασσα, θαλάσσης);
  • sostantivi in α impuro lungo, che presentano in tutte le forme del singolare (νίκη, νίκης).

L’accentazione

Nei sostantivi della prima declinazione, l’accento tende a conservare la posizione e la natura che presenta al nominativo, perlomeno fino al momento in cui le leggi generali che ne governano l’uso lo permettano. Infatti i sostantivi ossitoni al nominativo diventano perispomeni nei casi obliqui, salvo alcune eccezioni presenti nel genitivo plurale, che verranno segnalate nel corso dei nostri articoli.

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Gli articoli in greco antico

All’interno della grammatica greca antica, di cui puoi trovare vari approfondimenti all’interno del nostro blog, l’articolo riveste un ruolo di primaria importanza. Ben più ricco e sfaccettato rispetto a quello italiano, esso non si limita a introdurre il nome, ma ne specifica il genere, il numero e il caso, contribuendo in maniera decisiva alla costruzione del significato all’interno della frase.

Lo studio dell’articolo è quindi fondamentale per chiunque si approcci alla lingua greca, poiché consente di cogliere sfumature sintattiche e stilistiche spesso decisive nella comprensione del testo. In questo contributo, si offrirà una panoramica completa sull’articolo greco, analizzandone le forme, le funzioni principali e gli usi più caratteristici nella lingua dei classici.

Definizioni articoli

Articolo determinativo

L’articolo determinativo del greco antico è una parte variabile del discorso che precede il nome per determinarlo e individuarlo in modo preciso. Esso si declina in genere, numero e caso, concordando sempre con il sostantivo a cui si riferisce.

Articolo indeterminativo

A differenza dell’italiano, la lingua greca conosce soltanto l’articolo determinativo; l’assenza dell’articolo o l’uso del pronome indefinito τις, τι assume la funzione di rendere l’indeterminatezza. Anche quest’”articolo” ha un ruolo fondamentale sia nella struttura sintattica della frase sia nella resa stilistica del testo.

Usi degli articoli

Per comprendere in che modo gli articoli vengano utilizzati, è necessario considerare alcune frasi italiane in cui l’articolo fa la differenza nel determinare il significato:1a. Il poeta scrive versi1b. Un poeta scrive versi2a. La donna entra nella casa2b. Una donna entra in una casa

Nei primi due esempi (1a e 2a), l’articolo determinativo (“il”, “la”) indica che si sta parlando di un soggetto già noto o specifico. Nei secondi (2a e 2b), invece, l’articolo indeterminativo (“un”, “una”) introduce un soggetto generico o non identificato.

Se traduciamo queste frasi in greco antico, notiamo subito una differenza sostanziale: la lingua greca dispone esclusivamente dell’articolo determinativo. L’idea di indeterminatezza non è resa da un articolo specifico, bensì dall’assenza dell’articolo stesso o, talvolta, dall’uso del pronome indefinito τις, τι (che può essere reso in italiano con “un certo”, “qualche”, “un tale”).

Vediamo alcuni esempi:1a. Ὁ ποιητής γράφει στίχους – Il poeta scrive versi1b1. Tις ποιητής γράφει στίχους – Un poeta scrive versi2a. Ἡ γυνὴ εἰσέρχεται εἰς τὴν οἰκίαν – La donna entra nella casa2b. Tις γυνὴ εἰσέρχεται εἰς οἰκίαν – Una donna entra in una casa

Come si può notare, come riporta il libro Instant greco antico di Roberta Meneghel, in greco l’articolo determinativo precede sempre il sostantivo e concorda con esso in genere, numero e caso. La sua corretta declinazione è dunque essenziale per comprendere la struttura della frase e il ruolo sintattico dei vari elementi.

Declinazione articoli determinativi

Singolare

CasoMaschileFemminileNeutroNominativoὁἡτόGenitivoτοῦτῆςτοῦDativoτῷτῇτῷAccusativoτόντήντόVocativo–––

Duale

CasoMaschile / Neutro/FemminileNomin./Acc.τώGen./Dat.τοῖν

Plurale

CasoMaschileFemminileNeutroNominativoοἱαἱτάGenitivoτῶντῶντῶνDativoτοῖςταῖςτοῖςAccusativoτούςτάςτάVocativo–––

Considerazioni specifiche

Dall’analisi della tabella, emergono alcune osservazioni interessanti che aiutano a comprendere meglio il funzionamento dell’articolo greco antico:

Le forme del nominativo singolare e plurale maschile e femminile (ὁ, ἡ, οἱ, αἱ) non portano accento e sono definite proclitiche: si appoggiano foneticamente alla parola successiva, formando con essa un’unica unità prosodica. Anche in italiano, del resto, è raro separare l’articolo dal nome con una pausa: difficilmente, ad esempio, pronunciamo “il … soldato” come due entità distinte.

Nel genere neutro, il nominativo e l’accusativo presentano forme identiche, sia al singolare che al plurale. Inoltre, nei casi obliqui (genitivo e dativo), le forme neutre coincidono perfettamente con quelle maschili.

Un altro elemento degno di nota riguarda l’accentazione: nei casi diretti (nominativo e accusativo), le forme che non sono proclitiche portano sempre l’accento acuto; nei casi obliqui (genitivo e dativo), invece, l’articolo è accentato con il circonflesso.

Infine, è importante precisare che il vocativo in greco non ha un proprio articolo. Nella tabella, la presenza della forma ὦ ha solo valore illustrativo: si tratta in realtà di un’interiezione usata per richiamare l’attenzione della persona interpellata, non di un articolo vero e proprio.

Declinazione articoli indeterminativi

Singolare

CasoMasch./Femm.NeutroNominativoτιςτιGenitivoτινος (του)τινοςDativoτινιτινιAccusativoτινατι

Duale (maschile/femminile/neutro: identiche per entrambi i generi)

CasoFormaNominativo/AccusativoτινεGenitivo/Dativoτοιν

Plurale

CasoMasch./Femm.NeutroNominativoτινεςτιναGenitivoτινωντινωνDativoτισι(ν)τισι(ν)Accusativoτιναςτινα

Considerazioni specifiche

Le forme duali sono poco usate con il pronome τις/τι, ma seguono regole analoghe agli aggettivi della terza declinazione.

Questo pronome è enclitico nelle forme semplici (τις, τι), cioè si appoggia alla parola precedente e può perdere l’accento. Va distinto dal pronome interrogativo τίς, τί? (con accento), che significa “chi?”, “che cosa?”.

Usi dell’articolo greco determinativo dell’antico greco

Uso con nomi comuni

L’articolo determinativo greco precede sempre il sostantivo a cui si riferisce, e concorda con esso in genere, numero e caso.

Esempi:

ἡ εἰρήνη → la pace (nominativo singolare femminile, soggetto)

τοῦ λόγου → del discorso (genitivo singolare maschile)

τῇ τέχνῃ → all’arte (dativo singolare femminile)

τῶν μαθητῶν → dei discepoli (genitivo plurale maschile)

τοῖς νόμοις → alle leggi (dativo plurale maschile)

τὰ βιβλία → i libri (nominativo/accusativo plurale neutro)

ὦ πάτερ → o padre (vocativo singolare maschile, senza articolo vero e proprio: si usa ὦ come interiezione)

Uso con nomi propri e geografici

A differenza dell’italiano, in greco l’articolo si usa spesso davanti ai nomi propri, soprattutto se si tratta di personaggi celebri o già noti nel discorso.

Esempi:

ὁ Πλάτων → (il) Platone

ἡ Ἀφροδίτη → (la) Afrodite

Anche i nomi geografici – comprese le città – richiedono l’articolo:

ἡ Ἑλλὰς → la Grecia

ἡ Θῆβαι → Tebe

τῆς Κορίνθου → di Corinto

Funzione sostantivante dell’articolo

In greco, l’articolo può precedere altre parti del discorso, trasformandole in sostantivi. Questo fenomeno si chiama sostantivazione e si ritrova anche in italiano (il bello, i buoni, il sapere…).

▸ Con aggettivi:

ὁ σοφὸς → il saggio

οἱ δυνατοί → i potenti

τὸ καλόν → il bello

▸ Con verbi (infinito o participio):

τὸ μαθεῖν → l’imparare

ὁ γράφων → colui che scrive / lo scrivente

▸ Con avverbi:

οἱ νῦν → quelli di adesso, i contemporanei

οἱ πάλαι → gli antichi

Funzione pronominale residua

Nel greco classico, l’articolo conserva in alcuni casi una funzione pronominale, ereditata dalla lingua omerica. Questo avviene in costruzioni con particelle correlative oppure in particolari espressioni fisse.

▸ Con μέν… δέ:

οἱ μὲν… οἱ δὲ → gli uni… gli altri

τοῦ μὲν… τοῦ δὲ → dell’uno… dell’altro

Esempio illustrativo (adattato):Un tale aveva due cavalli: l’uno lo addestrava alla guerra, l’altro lo utilizzava per le parate.

τις ἔχων δύο ἵππους, τὸν μὲν εἰς πόλεμον ἐπαίδευεν, τὸν δὲ εἰς ἐορτὴν ἐκόσμει.

▸ Con articolo a inizio frase (senza sostantivo espresso):

ὁ δὲ ἔλεγε… → Egli allora disse…

▸ Con avverbi e sintagmi preposizionali:

L’articolo può introdurre avverbi di tempo, luogo o intere espressioni preposizionali, trasformandoli in gruppi sostantivati.

οἱ ἄνω → coloro che stanno sopra (gli dei celesti)

οἱ κάτω → quelli che stanno sotto (i morti, gli inferi)

οἱ σύν ἐμοί → coloro che sono con me (i miei compagni)

οἱ ἐν τῇ ἀγορᾷ → quelli nella piazza (i cittadini, o chi frequenta il mercato)

Il dativo

Tra i casi della grammatica greca, oltre a quelli precedentemente trattati nel nostro blog, va configurandosi anche il dativo, caso obliquo proprio come il genitivo, che presenta una notevole varietà di funzioni sintattiche e semantiche, tanto da costituire uno degli strumenti più duttili della lingua.

Il suo impiego spazia da contesti in cui rappresenta l’oggetto indiretto, fino a usi più specifici e stilistici, legati al significato del verbo, dell’aggettivo o dell’avverbio con cui si accompagna.

All’interno di quest’articolo analizzeremo in dettaglio il suo valore e le sue sfumature, avvalendoci delle preziose informazioni ricavate dal libro Greco Di Bijoy M. Trentin. Ti invitiamo anche a non perderti il prossimo articolo che, come da prassi, approfondirà il concetto dell’accusativo.

1. Dativo dell’oggetto secondo e oggetto indiretto

Il dativo è spesso impiegato per esprimere il cosiddetto oggetto secondo, ovvero il termine verso cui si orienta l’azione dopo aver coinvolto l’oggetto diretto. In assenza di quest’ultimo, il dativo assume la funzione dell’oggetto indiretto. Questa costruzione è frequente con espressioni che richiedono un destinatario dell’azione:

κελεύω πάντα σημαίνειν ἐμοί – «Ordino di rivelarmi tutto» (Sofocle, Edipo re 226)

τοι ἀμύνουσι θεοί – «Gli dèi ti proteggono» (Omero, Iliade XXI 215)

2. Dativo di interesse

Questa sfumatura indica il soggetto che trae beneficio o danno dall’azione, oppure che è psicologicamente coinvolto. Si articola in:

1. Dativo di vantaggio o svantaggio (o dativus commodi et incommodi)

Definizione: Indica per chi l’azione è compiuta o da chi è subita in senso pratico, se con vantaggio o svantaggio.

Domanda guida: Per chi? A favore di chi? A danno di chi?

Esempio:

ὠφελητέα σοι ἡ πόλις ἐστί – “Tu devi soccorrere la (tua) città.”→ sοι: a vantaggio tuo (la città è tua, il vantaggio è tuo).

Il verbo è impersonale, ma il dativo coinvolge il soggetto nella responsabilità e nel beneficio.

2. Dativo etico

Definizione: È una particolare variante del dativo di vantaggio/svantaggio. Non indica un vero vantaggio, ma un coinvolgimento affettivo o soggettivo, spesso enfatico o patetico, simile a un inciso personale (“per favore”, “ti prego”, “a me”).

Domanda guida: Chi è coinvolto emotivamente?

Esempio:

μὴ θορυβήσητε μοι – “Non fate chiasso per me”→ μοι: dativo etico → “Vi prego, non fatemi questo!”, “non mi interrompete!”

È molto usato nella lingua parlata o nel dialogo teatrale per creare coinvolgimento e patetismo.

3. Dativo del possessore

Definizione: Esprime il possessore di qualcosa in frasi con verbi essere (εἰμί) o simili. È un costrutto molto greco: anziché dire “qualcuno ha qualcosa”, si dice “qualcosa è a qualcuno”.

Domanda guida: A chi appartiene?

Esempio:

οὗτις ἐμοί γ’ ὄνομα – “Il mio nome è Nessuno”→ ἐμοί: a me → dativo del possessore.

Tipico nella frase ἐστι(ν) μοι + nome = “io ho…”

4. Dativo di relazione o limitazione

Definizione: Indica in quale aspetto o rispetto un’affermazione è vera. Risponde alla domanda “rispetto a cosa?”, “in quale ambito?”.

Domanda guida: In che senso? In quale aspetto?

Esempio:

ἀναμνησθήτω… πεινῶντι – “Si ricordi quanto è dolce per chi ha fame mangiare”→ πεινῶντι: dativo di relazione → è dolce in quanto ha fame, per lui.

Questo dativo è frequente con verbi impersonali, aggettivi, participi.

5. Dativo d’agente (in costruzioni passive)

Definizione: In alcune costruzioni passive impersonali o verbali (soprattutto con verbi gerundivi o impersonali), l’agente dell’azione non è introdotto da ὑπό (come nel greco classico normale), ma è espresso in dativo.

Domanda guida: Da parte di chi viene compiuta l’azione?

Esempio:

ἡ πόλις ὠφελητέα σοι ἐστίν – “La città deve essere soccorsa da te”→ σοι: dativo d’agente (equivalente a “ὑπό σοῦ”).

Tipico nei gerundivi + εἰμί → qualcosa deve essere fatto da qualcuno.

3. Dativo strumentale

Indica il mezzo attraverso il quale si realizza l’azione. Spesso questo valore si manifesta in forma etimologica, in quanto il dativo e il verbo condividono la radice:

ἐπείρατο καθείρειν λούτροις – «Cercava di sbiancarlo con lavaggi» (Esopo)

βάλλοιμι βέλεσιν – «Colpirei con giavellotti» (Odissea XVI)

Rientrano in questa categoria anche:

1. Dativo di materia (o di contenuto)

Definizione: Indica la sostanza o il contenuto di cui qualcosa è fatto o riempito. È simile al genitivo di materia ma più raro e più “pragmatico”, spesso legato a contesti concreti (come pienezza, saturazione).

Domanda guida: Di cosa è pieno? Di cosa è colmo?

Esempi:

κρατὴρ οἴνῳ – “una coppa piena di vino”→ οἴνῳ: dativo di materia (contenuto della coppa)

γέμει φωνῇ – “è pieno di rumore / voce”→ φωνῇ: dativo di contenuto

Talvolta si può trovare doppio dativo: uno indica la cosa e uno la materia → es. “riempire un vaso (vaso = dativo) di vino (vino = dativo)”.

2. Dativo di prezzo

Definizione: Indica il prezzo a cui si compra o vende qualcosa. Può riguardare sia valori materiali (denaro, beni) sia valori morali o simbolici (onore, vergogna, libertà).

Domanda guida: A che prezzo? Per quanto?

Esempi:

ὠνήσατο πολλοῖς – “Lo comprò per molto denaro”→ πολλοῖς: dativo di prezzo

ἐπριάμην αἰσχύνῃ – “Lo pagai con la vergogna”→ αἰσχύνῃ: dativo di prezzo simbolico → “al prezzo della vergogna”

ὤλετο τιμῇ – “Si rovinò per (a causa di) l’onore”→ dativo di prezzo simbolico

Il dativo può anche riferirsi a valori morali, e allora si avvicina al dativo causale o strumentale, ma con l’idea di “pagamento” o “valore di scambio”.

3. Dativo di pena o castigo

Definizione: Esprime la pena subita da qualcuno o la misura della punizione ricevuta.

Domanda guida: Con quale pena? Di quanto è la condanna?

Esempi:

ζημιωθῇ δέκα ταλάντοις – “Fu condannato a dieci talenti”→ δέκα ταλάντοις: dativo di pena

θανάτῳ ζημιωθῇ – “Sia punito con la morte”→ θανάτῳ: dativo di pena (la morte è la punizione)

κολάζεσθαι μεγάλαις ζημίαις – “Essere punito con gravi pene”→ μεγάλαις ζημίαις: dativo della pena subita

È spesso legato a verbi come ζημιόομαι (essere punito), κολάζομαι (essere castigato) ecc.

4. Dativo comitativo o sociativo

Utilizzato per indicare l’accompagnamento di una persona o di una cosa, in un rapporto che può essere cooperativo o conflittuale:

νέας… τοῖς ἀνδράσιν εἷλον – «Catturarono quattro navi insieme agli uomini» (Erodoto)

5. Dativo di identità o somiglianza

Espressioni che sottolineano l’uguaglianza o similitudine tra due elementi ricorrono al dativo:

τῶν αὐτῶν τυγχάνειν τῷ βελτίστῳ – «Gode degli stessi diritti del migliore» (Lisia)

6. Dativo di causa

Quando il dativo accompagna verbi che esprimono stati d’animo o aggettivi affini, esso può esprimere la causa del sentimento:

ἐχάρην ὕμνοις – «Gioisco per gli inni» (Aristofane)

7. Dativo prosecutivo

Raramente attestato, esprime l’estensione spaziale o temporale del movimento o dell’azione. È visibile in espressioni come:

τῷ χρόνῳ – «col passare del tempo»

διὰ ποίας ὁδοῦ; – «per quale via?»

8. Dativo di misura o valutazione

Serve a indicare la quantità o l’entità con cui si effettua una comparazione:

ἔλαττον πρότερον – «Poco prima» (Platone)

9. Dativo di modo o maniera

Deriva da un uso figurato del dativo comitativo ed esprime il modo in cui avviene qualcosa. Spesso è accompagnato da preposizioni:

βίᾳ – «con violenza»

δημοσίᾳ – «pubblicamente»

10. Dativo illativo o locativo

Indica lo stato in luogo o il tempo determinato. Può trovarsi sia da solo sia con preposizioni come ἐν, ἐπὶ, ὑπό:

ἐν νυκτί – «di notte» (Eschilo)

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