Negati i Diritti di Inclusione: La Battaglia dei Dirigenti Scolastici contro l’USR Lazio

Un caso di presunta violazione dei diritti sanciti dalla legge 104/92 sta scuotendo il mondo della scuola. DIRIGENTISCUOLA, l’organizzazione sindacale che rappresenta i dirigenti scolastici, ha denunciato un episodio accaduto a Roma, dove una dirigente scolastica, in scadenza di contratto e titolare di precedenze per l’assistenza al figlio disabile, si è vista negare il trasferimento richiesto nonostante la disponibilità di sedi libere.

La denuncia arriva direttamente dal presidente nazionale di DIRIGENTISCUOLA, Attilio Fratta, che accusa l’Ufficio Scolastico Regionale (USR) Lazio di non aver rispettato le normative vigenti. “Tutti i giorni nelle nostre scuole presidiamo il diritto all’inclusione e la tutela delle fragilità. Quando però si tratta di noi dirigenti, questi diritti vengono calpestati,” ha dichiarato Fratta.

Secondo quanto riportato, la dirigente scolastica avrebbe richiesto un trasferimento per avvicinarsi al figlio disabile, ma la sede richiesta, pur essendo libera, le sarebbe stata negata. Inoltre, non le sarebbe stata assegnata nemmeno una sede alternativa. DIRIGENTISCUOLA ha tentato più volte di sollecitare una revisione della decisione da parte della Dr.ssa Sabatini, responsabile dell’USR Lazio, senza ottenere risultati. Di conseguenza, è stata inviata una formale diffida legale, notificando il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e il Capo di Gabinetto per un intervento tempestivo.

La normativa sulla mobilità dei dirigenti scolastici è chiara: i criteri sono stabiliti a livello nazionale attraverso un confronto con le organizzazioni sindacali e non possono essere modificati arbitrariamente a livello locale. “Negare un diritto sancito dalla legge è un atto grave che mina i principi fondamentali della nostra Costituzione,” ha aggiunto Fratta.

DIRIGENTISCUOLA non intende fermarsi. Oltre alle azioni legali già avviate, l’organizzazione è pronta a mobilitarsi con manifestazioni presso l’USR Lazio e, se necessario, anche presso il Ministero dell’Istruzione. “Non si può costringere una madre con un figlio disabile a ricorrere al Giudice del lavoro per vedersi riconoscere un diritto previsto dalla legge. Questa è una battaglia di civiltà,” ha concluso Fratta.

Il caso solleva interrogativi non solo sul rispetto delle normative, ma anche sul ruolo delle istituzioni nel garantire diritti fondamentali. La speranza è che il Ministero intervenga rapidamente per correggere la situazione e prevenire ulteriori violazioni in futuro.

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