Scuola, l’inverno demografico non può essere una scusa per tagliare

Ci risiamo. Periodicamente emergono – o riemergono –dati sul gelo demografico italiano che a cascata comporterebbe meno alunni in classe e dunque, con scontato automatismo, meno insegnanti. Nei giorni scorsi il Sole 24 Ore ha spulciato la relazione tecnica a un emendamento del governo al decreto 29/2025 (convertito in legge a fine luglio) che riguarda la copertura assicurativa per studenti e docenti. La relazione, redatta da tecnici dell’Inail e validata dal Mef, aveva come fine quello di calcolare gli effetti che per le casse dello Stato avrebbe comportato rendere la copertura strutturale.
Ebbene, nell’indagine si evidenzia come tra il 2026 e il 2030 gli alunni caleranno di 110 mila unità l’anno e di 100 mila tra il 2031 e il 2034. Quindi dai 6,91 milioni di studenti ospitati negli istituti scolastici di ogni ordine e grado si passerà, nel 2034, a 5,9 milioni: un milione in meno. Saremmo per la prima volta sotto la soglia dei 6 milioni.
Fin qui i dati statistici. Poi il Sole cita non meglio specificate fonti governative secondo le quali questa riduzione, in assenza di significative inversioni di rotta, dovrebbe tradursi in 100 mila cattedre e 5 mila plessi scolastici in meno in un decennio.
È una lettura che certo non sorprende. Già a metà giugno il ministro dell’Economia Giorgetti aveva dichiarato che, visto il calo delle iscrizioni conseguente alla crisi demografica, bisognerà ripensare le strutture, il personale, la spesa dell’istruzione che saranno ridimensionati quantitativamente.
Non è difficile capire che dietro quel
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