Sul Sistema di valutazione dei dirigenti scolastici

Sul Sistema di valutazione dei dirigenti scolastici: quando il meglio è nemico del bene

di Francesco G. Nuzzaci

I. Anticipiamo qui la sintesi di un corposo lavoro, e relativo apparato di note, in corso di pubblicazione; con cui intendiamo esprimere alcune sia pur sommarie considerazioni sul Sistema di valutazione dei risultati dei dirigenti scolastici, potendo contare sul fatto che sulla sua illustrazione e sul suo funzionamento è comunque già stato scritto a sufficienza nelle varie riviste di settore, cartacee e on line.

Come è noto, si tratta del Sistema introdotto dall’articolo 13 del decreto legge n. 71 del 31 maggio 2024, convertito dalla legge n. 106 del 29 luglio 2024, dopo il puntuale fallimento delle eterne sperimentazioni susseguitesi, e confusamente accavallatesi, nell’ultimo ventennio (fino alla Direttiva n. 36 del 18 agosto 2016) per cogliere la – pretestuosa –  specialità della dirigenza scolastica.

Valutazione che, dopo la fase transitoria valevole per il solo anno scolastico 2024/2025, andrà a regime dal primo settembre 2025, nei termini e modalità dettagliati nel decreto interdipartimentale n. 2276 del 6 agosto 2025.

Dovrebbe così finalmente concludersi il tormentato percorso che i figli di un dio minore hanno dovuto intraprendere per riscattarsi dall’avvilente status di mezzi dirigenti, la cui più significativa interfaccia è il tuttora deteriore trattamento economico: concentrato, per l’appunto, sulla retribuzione di risultato, dopo che – accanto alla retribuzione tabellare, la sola ab origine pari a quella percepite da tutti i dirigenti pubblici non aggettivati di analoga fascia – si è riusciti a perequare la retribuzione di posizione fissa (con il CCNL 2016/2018) e ci si è sostanzialmente allineati alla retribuzione di posizione variabile (con il Contratto integrativo nazionale-CIN 2023/2024, sostitutivo degli opachi e sperequati Contratti integrativi regionali).

II. Il nuovo dispositivo, al di là dei giudizi di valore che possono esprimersi, soggiace dunque alla stringente previsione legale dell’articolo 13, comma 1 del decreto legge 71/2024, citato, laddove è prescritto che i dirigenti scolastici “sono valutati tenuto conto della specificità della funzione e sulla base degli strumenti e dei dati a disposizione del sistema informativo del Ministero dell’istruzione e del merito nonché del Sistema nazionale di valutazione dei risultati dei dirigenti scolastici, adottato con decreto del Ministero dell’istruzione e del merito, che stabilisce gli indirizzi per la definizione degli obiettivi strategici volti ad assicurare il buon andamento dell’azione dirigenziale e individua i soggetti che intervengono nella procedura di valutazione, in coerenza con la direttiva generale del Ministero dell’istruzione e del merito, di cui all’articolo 15, comma 2, lettera a) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150”.

È quindi in grado di corrispondere alla risalente – ma rimasta priva di seguito – previsione contenuta nel CCNL 1 marzo 2002, di “procedure essenziali e snelle volte ad apprezzare i contenuti della funzione dirigenziale”.

III. Che il Sistema non sia esente da difetti lo si può ben affermare – potrebbe dirsi – per definizione. E sarà l’esperienza sul campo a suggerire “le integrazioni e/o le modifiche necessarie, previo confronto con le organizzazioni sindacali di categoria” (art. 2, comma 2, D.M. n. 47 del 12 marzo 2025, cit.). Ma di certo non giovano le reiterate, tanto granitiche quanto sterili, posizioni ideologiche che confermano le “fortissime riserve sull’impianto complessivo del nuovo sistema di valutazione … da respingere perché privo di trasparenza e oggettività, finalizzato esclusivamente ad esercitare un controllo diretto sull’attività dei dirigenti scolastici e delle scuole”; o che ne denunciano la deriva burocratica, con il rischio “che il dirigente diventi un semplice esecutore di procedure perdendo la sua centralità all’interno della comunità scolastica … svuotato della sua missione pedagogica e di guida dell’istituto”. Laddove è di palmare evidenza che su queste basi ogni costruttiva interlocuzione – funzionale al suo miglioramento – è, radicalmente, impossibile. E può tranquillamente continuarsi ad abbaiare alla luna, condannandosi all’irrilevanza.

Più argomentate, ma in concreto irricevibili – e difatti disattese dal MIM – appaiono le osservazioni del CSPI nel parere di rito reso nella seduta plenaria n. 141 del 4 febbraio 2025. Che, analizzate negli elementi portanti, risultano però del tutto distoniche rispetto a norme giuridiche cogenti, nonché attinte dal libro dei sogni; nel mentre il Sistema di valutazione lo si è disegnato e dovrà essere attuato “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

IV. L’intera procedura – che il CSPI ha dovuto riconoscere conforme a legge – si svolge su piattaforma digitale sulla base degli strumenti e dei dati a disposizione del MIM e/o deducibili da altri sistemi. Si compendia in una scheda contenente gli obiettivi nazionali assegnati, quantificabili e misurabili, distinti in generali e specifici, quindi articolati in indicatori e target; in un’altra contenente l’obiettivo di rilevanza regionale; infine in una terza in cui sono formalizzati i comportamenti professionali e organizzativi, che mettono capo al residuo punteggio massimo di venti punti e assegnato in base a una rubrica di valutazione strutturata su quattro indicatori al loro interno graduati su cinque livelli.

Un dispositivo, dunque, “sostenibile”, vale a dire preordinato alla sua concreta fattibilità, con gli obiettivi definiti sulla base di strumenti e di dati oggettivi, e dunque con valutazione più trasparente; che toglie ogni margine di discrezionalità al direttore dell’USR che formalmente li assegna, sulla base delle priorità contenute nell’atto d’indirizzo politico-istituzionale annualmente emanato – con piena legittimità – dal Ministro. E mette poi conto sottolineare che i dirigenti scolastici hanno la possibilità di integrare le informazioni presenti sulle piattaforme con evidenze riferibili ai singoli obiettivi specifici assegnati, anche al fine di argomentare su eventuali aspetti impeditivi del raggiungimento dei target o traguardi attesi.

E a proposito di discrezionalità (e trasparenza), il CSPI ne aveva proposto la riduzione da venti a dieci punti nella valutazione – necessariamente elastica –  dei comportamenti professionali e organizzativi di competenza del direttore dell’Ufficio scolastico regionale; mentre sarebbe stato semmai più logico incrementarli in quanto aventi una funzione obiettivamente compensatoria, per il raggiungimento della soglia superiore agli effetti della retribuzione di risultato, e non punitiva: altrimenti non sarebbe giustificabile – in sede di contraddittorio, poi davanti all’Organo di garanzia, infine ed eventualmente presso il giudice del lavoro – l’attribuzione di un punteggio minimale o addirittura nullo a chi, in ipotesi, abbia pure raggiunto gli ottanta punti massimi sugli obiettivi assegnati e da soli bastevoli per collocarsi nella più alta fascia retributiva.

V. Circola lo spauracchio – nutrito dalle immarcescibili giaculatorie e da altrettanto inossidabili parole d’ordine –  che il dirigente scolastico rischia di dover rispondere del mancato o insufficiente raggiungimento degli obiettivi che non sono – o che non sarebbero – nella sua disponibilità, come la costituzione di reti di scuole e/o di adesione alle medesime, l’attivazione di progetti con istituzioni scolastiche estere, le iniziative di innovazione e di sviluppo della didattica, l’approntamento di un piano di formazione del personale che sia coerente con il PTOF e in linea con il Piano nazionale di formazione … fino alla conduzione della contrattualistica: laddove si rimarca che il Consiglio d’istituto e/o il Collegio dei docenti hanno qui un potere deliberante (e vincolante) e non meramente propositivo o consultivo; mentre il solo soggetto giuridicamente responsabile dei risultati del servizio, che la norma vuole di qualità generalizzata ed inclusiva, resta il dirigente scolastico.

Tuttavia l’enfasi posta anche dal CSPI su questa – reale o presunta – aporia non considera il potere politico del dirigente scolastico di predeterminare ed incanalare l’azione degli organi collegiali tramite il suo Atto d’indirizzo “per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione”, propedeutico alla – sua – predisposizione del PTOF, poi (solo) elaborato dal Collegio dei docenti e (solo) approvato dal Consiglio d’istituto (comma 14.4, legge 107/2015).

VI. Vi è un dato oggettivo: Il Sistema di valutazione dei risultati dei dirigenti scolastici mette fine alla stucchevole pantomima inscenata dalle parti, trascinatasi da un CCNL all’altro, a dichiarare che “sono concordi nel ritenere che il sistema di valutazione della dirigenza scolastica dovrà essere oggetto di uno specifico approfondimento in sede MIUR (ora MIM) attraverso le modalità del confronto”; fino a quando con il tuttora vigente CCNL 2019/2021, rendendosi esse consapevoli di aver perso ogni credibilità, hanno dovuto prendere atto che “La retribuzione di risultato, la cui finalità è la remunerazione della performance individuale, è attribuita sulla base dei diversi livelli di valutazione conseguiti dai dirigenti … e nel rispetto delle disposizioni di legge in materia, solo a seguito di una valutazione positiva” (art. 21, nel Capo III delleDisposizioni comuni sugli istituti economici).

VII. Dopo di che, è vero: il Sistema – lo ribadiamo: provvidamente e finalmente! – non è perfetto. Ma è – realisticamente – il migliore dei mondi possibili. E qualora si degnassero appena di uno sguardo, neanche troppo attento, le norme – imperative, pertanto non modificabili da accordi tra Amministrazione e Sindacati – non può ritenersi una “deriva burocratica” l’assegnazione di obiettivi (specifici) riguardanti la progettazione e gestione del PTOF, l’inclusione scolastica, l’attivazione di iniziative di sperimentazione, la promozione di innovazioni organizzativo-didattiche, la predisposizione di percorsi di formazione e aggiornamento del personale, l’adesione a reti di scuole e la sottoscrizione di protocolli d’intesa anche con associazioni del terzo settore, l’attivazione di scambi pure virtuali con istituzioni scolastiche all’estero e sempre per qualificare o integrare l’offerta formativa, le azioni intraprese per lo sviluppo delle competenze STEM, et similia; né può ritenersi una “deriva burocratica” pretendere che – come ogni dirigente pubblico preposto alla conduzione di qualsivoglia struttura organizzativa, più o meno complessa – anche il dirigente scolastico provveda alle pubblicazioni di legge e nelle modalità previste, alla tempestività della nomina di supplenti affinché sia garantito senza interruzioni il diritto allo studio, alla puntualità dei pagamenti per evitare contenziosi (beninteso, una volta disponibile la provvista), alla corretta gestione della contrattualistica ovvero dei – più o meno cospicui –  finanziamenti ricevuti e/o (ancor più) delle risorse reperite in virtù delle sue capacità latamente imprenditoriali (e potrà pur sempre evidenziare le eventuali difficoltà incontrate, quali le possibili carenze del suo Ufficio di segreteria o l’instabilità degli organici).

Sicché non può continuare a dirsi che questi obiettivi non sono nella disponibilità del dirigente scolastico, se non in aperta malafede o per partito preso. Pur se qualche eccezione sembra emergere scorrendo la scheda in Allegato B, parte integrante del decreto interdipartimentale, relativa agli obiettivi di rilevanza regionale. Ma si tratta di casi veramente marginali e in ordine ai quali il valutando sicuramente avrà avuto modo di evidenziarlo.

Ragion per cui se possono esserci dirigenti scolastici finora non adeguatamente attenti anche agli aspetti formali e al rispetto delle varie tempistiche nell’esercizio della funzione, adesso hanno lo stimolo – e puntuali direttrici di marcia – per sanare trascuratezze e omissioni; ed, è pleonastico dirlo, di certo non disinteressandosi di adempimenti – per tutti, la normativa sulla sicurezza e la normativa sulla privacy – sol perché non sussumibili negli obiettivi e inerenti indicatori figuranti nell’atto d’incarico.

Ne riverrà il duplice beneficio della propria crescita professionale e dell’incremento del valore pubblico dell’istituzione scolastica diretta.

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