Le coordinate della mente

Le coordinate della mente

I geni Hox e la mappa genetica dell’intelligenza

 di Bruno Lorenzo Castrovinci

La mente è una delle più grandi meraviglie della natura, un universo racchiuso nel piccolo spazio del cervello umano. Da secoli filosofi e scienziati cercano di svelarne i segreti, domandandosi se l’intelligenza sia il frutto di un disegno genetico o il risultato dell’esperienza. Le scoperte della biologia molecolare e delle neuroscienze stanno gradualmente dissolvendo questa antica dicotomia, rivelando che la mente nasce dall’incontro tra il patrimonio genetico e l’ambiente.

All’interno di questa prospettiva, i geni Hox rappresentano un elemento chiave: essi tracciano una sorta di mappa biologica che guida la formazione del cervello e, indirettamente, le potenzialità cognitive dell’essere umano. Analizzare la relazione tra geni Hox e intelligenza significa, dunque, esplorare le fondamenta biologiche del pensiero e comprendere come la vita costruisca la coscienza.

La mente come territorio da esplorare

La mente umana rappresenta una delle frontiere più affascinanti e misteriose della conoscenza, un orizzonte dove scienza e filosofia si incontrano nel tentativo di decifrare l’essenza stessa del pensare. Fin dall’antichità, da Aristotele a Cartesio, da Kant a Freud, l’uomo si è chiesto come un insieme di cellule nervose potesse generare idee, emozioni, linguaggio e autocoscienza.

Le neuroscienze contemporanee hanno trasformato queste domande in ipotesi verificabili, esplorando la relazione tra attività cerebrale e processi mentali. I genetisti, parallelamente, hanno iniziato a svelare i meccanismi che guidano la costruzione della mente già nelle prime fasi dello sviluppo embrionale.

Comprendere le origini dell’intelligenza non significa ridurla a un numero o a un parametro misurabile, ma penetrare nella struttura profonda del nostro essere pensante, là dove biologia, esperienza e cultura dialogano costantemente. In questa prospettiva, la genetica ha aperto nuove vie di indagine, rivelando come il codice della vita racchiuda potenzialità cognitive che si attivano solo attraverso l’interazione con l’ambiente.

L’intelligenza appare allora come un sistema emergente, il risultato di una danza continua tra predisposizione genetica e stimolo esterno, tra potenziale biologico e apprendimento, in cui ogni essere umano diventa il costruttore unico e irripetibile della propria mente.

L’architettura genetica della mente

I geni Hox costituiscono una delle scoperte più importanti della biologia dello sviluppo e rappresentano un principio di organizzazione universale del mondo vivente. Scoperti originariamente nei moscerini della frutta, questi geni si sono rivelati straordinariamente conservati nel corso dell’evoluzione, condivisi da specie apparentemente lontane come pesci, rettili, mammiferi e uomo.

La loro funzione principale è quella di regolare la formazione del corpo lungo l’asse antero-posteriore, determinando l’ordine con cui si sviluppano le diverse parti anatomiche. Tuttavia, ridurre il loro ruolo a una semplice funzione morfogenetica sarebbe riduttivo. I geni Hox agiscono come direttori d’orchestra del processo di sviluppo, coordinando la disposizione e la specializzazione del sistema nervoso centrale e influenzando la distribuzione dei neuroni nelle diverse aree cerebrali.

Durante l’embriogenesi, essi stabiliscono una mappa molecolare che guida la costruzione del cervello e del midollo spinale, assicurando che ogni regione occupi la giusta posizione e acquisisca la funzione corretta. Tale mappa non determina direttamente l’intelligenza, ma predispone la complessità strutturale da cui essa potrà emergere.

L’organizzazione dei geni Hox, disposta in sequenze precise lungo i cromosomi, riflette la stessa disposizione spaziale delle strutture corporee che controllano, un fenomeno noto come colinearità. Questo principio suggerisce una profonda armonia tra genoma e morfologia, tra codice e forma, che si estende anche alle architetture neuronali. In altre parole, i geni Hox creano l’architettura entro la quale il pensiero potrà svilupparsi, come se tracciassero il progetto di una casa destinata a ospitare la coscienza, in cui le fondamenta biologiche sorreggono l’edificio complesso dell’intelligenza.

L’influenza dei geni Hox sulla mente si manifesta in modo complesso e stratificato attraverso la loro azione nella differenziazione dei neuroni e nella formazione delle aree cerebrali. Questi geni agiscono come interruttori molecolari che, in sinergia con altri fattori di trascrizione, determinano il destino delle cellule nervose e la loro specializzazione funzionale.

Ogni variazione nella loro espressione, anche minima, può produrre modifiche rilevanti nella connettività neuronale, incidendo sulla densità sinaptica, sulla velocità di trasmissione dei segnali elettrici e sull’efficienza dei circuiti cognitivi superiori. Gli studi più recenti, basati su tecniche di imaging cerebrale e mappatura genica, hanno mostrato che alcune regioni del cervello umano, come la corteccia prefrontale, l’ippocampo e l’area di Broca, risultano influenzate da specifiche sequenze di espressione dei geni Hox durante lo sviluppo embrionale.

Tali regioni sono cruciali per funzioni come il linguaggio, la memoria a lungo termine, la pianificazione strategica e la regolazione delle emozioni. Ciò suggerisce che le capacità cognitive superiori dell’uomo non siano un semplice prodotto dell’evoluzione culturale, ma trovino fondamento in un programma biologico sofisticato, plasmato da milioni di anni di selezione naturale. In questa prospettiva, i geni Hox non determinano direttamente il pensiero, ma ne definiscono i presupposti strutturali, predisponendo il cervello a ospitare le forme più complesse di coscienza e di intelligenza riflessiva.

Il genoma come mappa dell’intelligenza e il ruolo della scuola nello sviluppo cognitivo

Le ricerche scientifiche più recenti hanno dimostrato che l’intelligenza non dipende da un singolo gene, ma da una rete complessa di geni che collaborano tra loro nel determinare la struttura e il funzionamento del cervello. Si parla, quindi, di intelligenza come tratto poligenico, cioè influenzato da molte varianti genetiche. Alcune di queste controllano lo sviluppo dei collegamenti tra neuroni, altre regolano la plasticità sinaptica, ossia la capacità del cervello di modificarsi in base alle esperienze.

I geni Hox, pur non essendo direttamente collegati ai processi mentali, forniscono una sorta di mappa di base su cui l’intelligenza può formarsi. Tuttavia, i geni non bastano da soli: l’ambiente in cui una persona cresce e apprende svolge un ruolo fondamentale. La neuroplasticità dimostra che il cervello è in grado di cambiare continuamente le proprie connessioni grazie all’esperienza, all’apprendimento e alle relazioni.

In questo senso, l’intelligenza non è un destino biologico ma un potenziale da coltivare, che trova nella scuola uno dei contesti più importanti per il suo sviluppo. Le esperienze formative in classe, i metodi didattici innovativi e il clima relazionale sereno rappresentano gli stimoli più efficaci per attivare i geni legati alla curiosità, alla motivazione e alla creatività.

La scelta della scuola, dunque, non dovrebbe basarsi soltanto sugli indirizzi di studio o sulla presenza di laboratori e attrezzature, ma anche sull’ambiente educativo che essa offre. Una scuola in cui lo studente si sente accolto, ascoltato e libero di esprimersi diventa un luogo in cui la mente può crescere in modo armonico, sviluppando non solo capacità logiche e mnemoniche, ma anche empatia, comprensione e spirito critico.

Le neuroscienze e la filosofia della complessità ci insegnano che l’intelligenza nasce dall’incontro tra biologia, esperienza e cultura. Ogni studente rappresenta il risultato unico di questa interazione, e ogni scuola può diventare il terreno fertile in cui quel potenziale prende forma.

Conclusioni

L’intelligenza non è un dono immutabile inscritto nel DNA, ma un equilibrio dinamico tra genetica e ambiente, tra predisposizione biologica e stimolo educativo. I geni Hox tracciano la mappa iniziale, ma è l’esperienza, soprattutto quella vissuta in contesti formativi ricchi e accoglienti, a dare significato a quel disegno. La scuola rappresenta il principale laboratorio dell’intelligenza, un luogo dove il pensiero si esercita, la curiosità si accende e le relazioni diventano strumenti di crescita cognitiva ed emotiva.

Scegliere una scuola significa scegliere un ambiente in cui la mente possa fiorire, non soltanto un indirizzo di studi o una struttura ben attrezzata. È nel clima sereno, nel dialogo autentico tra docenti e studenti, e nella valorizzazione delle differenze che l’intelligenza trova il suo terreno più fertile. In ultima analisi, l’intelligenza non si limita a rispecchiare la vita, ma la comprende e la trasforma, e l’educazione diventa così la sua più alta forma di libertà.

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Danza di sinapsi

Danza di sinapsiVerso una nuova didattica educativa

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Introduzione

Sinapsi danzanti, al ritmo delle reti neurali dell’Intelligenza Artificiale, illuminano il panorama di un’era in cui la tecnologia avanza inesorabilmente, quasi in punta di piedi, lasciando dietro di sé un’umanità spesso impreparata ad accoglierla. Tuttavia, in questo vortice di innovazione, emergono con forza le connessioni profonde create dalle tecnologie che ci permettono di accedere a internet, rete delle reti, che siano computer, smartphone, tablet o smartwatch. Viviamo in un tempo segnato da profonde contraddizioni, dove la bionica e la robotica sono ormai realtà concrete, e dove il metaverso inizia lentamente a dissolvere i confini tra il reale e il virtuale.

Questo nostro tempo è caratterizzato da nostalgici ritorni al passato e a metodi secolari d’insegnamento, che si contrappongono a investimenti senza precedenti nelle tecnologie didattiche. Ambienti di apprendimento sempre più digitali si scontrano con una popolazione di analfabeti digitali, che difficilmente riusciranno a sfruttare appieno i nuovi strumenti prima che questi diventino superati e obsoleti. Basti pensare alla storia delle LIM (Lavagne Interattive Multimediali): pochi le hanno davvero utilizzate appieno, mentre molti si sono limitati a considerarle come semplici sostituti dei proiettori, non riuscendo a sfruttarne il potenziale.

Eppure, in questo panorama di luci e ombre, le Neuroscienze hanno compiuto passi da gigante negli ultimi anni, integrandosi con lo sviluppo delle scienze cognitive. Questo progresso ha portato alla creazione di nuovi approcci didattici finalizzati alla realizzazione di ambienti di apprendimento ideali per ogni studente. Le Neuroscienze ci insegnano che ogni cervello è unico e che la didattica deve essere personalizzata per rispondere alle esigenze individuali. Questo significa formare una nuova generazione di insegnanti capaci di andare oltre la didattica trasmissiva, utilizzando in modo efficace la tecnologia e le nuove scoperte per garantire un successo formativo certo agli studenti.

Le neuroscienze, con la loro bellezza e complessità, ci svelano i misteri del cervello umano, un organo straordinariamente plastico e adattabile. Scopriamo che l’apprendimento non è un processo lineare, ma una danza sinaptica, una coreografia intricata che coinvolge emozioni, motivazioni e contesti ambientali. Ogni nuova scoperta ci avvicina di più a comprendere come creiamo e manteniamo i ricordi, come sviluppiamo le competenze e come possiamo sostenere ogni studente nel suo percorso di crescita.

In questo scenario, l’entusiasmo per le neuroscienze non è solo accademico, ma profondamente umano. Ogni connessione sinaptica che comprendiamo, ogni rete neurale che mappiamo, ci avvicina di più a un futuro in cui la didattica non è solo trasmissione di conoscenze, ma un viaggio condiviso verso la realizzazione del potenziale umano. È una chiamata all’azione per educatori, ricercatori e studenti, affinché si uniscano in un impegno collettivo per costruire un mondo in cui la tecnologia e la scienza lavorano in armonia con le aspirazioni umane, per creare ambienti di apprendimento che siano non solo efficienti, ma anche profondamente umani.

Oltre il Velo della Mente: La Danza delle Neuroscienze

Le neuroscienze, con la loro capacità di penetrare i misteri del sistema nervoso, ci offrono una lente attraverso cui osservare il cervello umano, questa meraviglia biologica che governa ogni aspetto del nostro essere. È attraverso lo studio delle sue intricate reti neuronali che scopriamo come impariamo, ricordiamo e trasformiamo le informazioni in conoscenza viva. Tra le scoperte più affascinanti vi è quella della plasticità cerebrale, un fenomeno che rivela la straordinaria capacità del cervello di riorganizzarsi e adattarsi in risposta alle esperienze.

La plasticità cerebrale ci racconta una storia di cambiamento e adattamento continuo. Immaginiamo il cervello come un paesaggio in costante mutamento, dove i sentieri neuronali si costruiscono e si demoliscono, si rinforzano e si ridimensionano, a seconda delle esperienze e degli stimoli che riceviamo. Ogni nuova esperienza, ogni nuovo apprendimento, lasciano un’impronta, modificano le connessioni sinaptiche, creano nuove vie attraverso cui i pensieri possono fluire. Questa dinamica continua di costruzione e ricostruzione ci dice che l’apprendimento non è mai statico, ma un viaggio perpetuo di scoperta e crescita.

Questa comprensione della plasticità cerebrale ha profonde implicazioni per l’educazione. Se il cervello è capace di adattarsi e trasformarsi, allora l’insegnamento deve essere altrettanto flessibile. L’educazione non può più essere vista come un semplice trasferimento di conoscenze predefinite, ma deve diventare un processo fluido, in grado di rispondere alle esigenze e alle esperienze uniche di ogni studente. Deve essere capace di stimolare il cervello in modi che siano significativi, rilevanti e coinvolgenti.

L’Intersezione del Pensiero: Neuroscienze e Scienze Cognitive

Gli studi cognitivi, concentrandosi sui processi mentali come la percezione, la memoria, l’attenzione e il linguaggio, offrono una mappa dettagliata delle funzioni della mente. Le neuroscienze, invece, penetrano i misteri biologici che sottendono questi processi, rivelando i meccanismi profondi che li governano. L’integrazione di queste due discipline ci permette di ottenere una comprensione più completa e sfumata del cervello e della mente, creando una base solida per sviluppare strategie didattiche che siano al contempo efficaci e mirate.

La percezione e l’attenzione, ad esempio, sono processi selettivi che influenzano in modo determinante l’apprendimento. Le neuroscienze cognitive hanno dimostrato come il concetto di “carico cognitivo” giochi un ruolo cruciale: sovraccaricare gli studenti con troppe informazioni contemporaneamente può ostacolare la loro capacità di comprendere e memorizzare. Invece, segmentare le informazioni in parti gestibili e utilizzare elementi visivi e uditivi per mantenere alta l’attenzione, può migliorare significativamente il processo di apprendimento. Immaginiamo un’aula dove le lezioni sono progettate non solo per trasmettere informazioni, ma per farlo in modo che il cervello degli studenti possa processarle efficacemente, senza essere sopraffatto.

La memoria, componente essenziale dell’apprendimento, segue un percorso complesso che va dall’acquisizione delle informazioni al loro consolidamento e recupero. Gli studi cognitivi ci mostrano queste fasi, mentre le neuroscienze chiariscono i meccanismi cerebrali sottostanti, come il ruolo dell’ippocampo nella formazione dei ricordi a lungo termine. Le tecniche didattiche che incorporano ripetizioni spaziate nel tempo e il recupero attivo delle informazioni sfruttano questi meccanismi naturali del cervello, potenziando la ritenzione delle conoscenze. Immaginiamo ora un ambiente educativo dove le lezioni sono strutturate in modo tale da favorire questi processi di consolidamento, con ripetizioni intelligenti e attività che stimolano il recupero attivo delle informazioni.

La metacognizione, o la consapevolezza e il controllo dei propri processi cognitivi, è un altro pilastro fondamentale per l’apprendimento efficace. Insegnare agli studenti strategie metacognitive, come la pianificazione, il monitoraggio e la valutazione del proprio apprendimento, può migliorare significativamente la loro autonomia e le capacità di problem-solving. Le neuroscienze cognitive suggeriscono che questi approcci non solo aiutano gli studenti a diventare più consapevoli dei propri processi mentali, ma anche a gestire meglio le loro risorse cognitive, rendendo l’apprendimento più efficiente e personalizzato. Immaginiamo quindi una didattica che non si limiti a trasmettere nozioni, ma che insegni anche come pensare, come riflettere sul proprio processo di apprendimento e come migliorarlo continuamente.

Neuroscienze in Aula: Una Sinfonia di Apprendimento

Le neuroscienze ci raccontano una storia profonda e affascinante su come apprendiamo, rivelando che ogni studente possiede un modo unico e irripetibile di assimilare il sapere. Immaginiamo una scuola dove le tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale, diventano alleate preziose nel creare percorsi di apprendimento personalizzati. Ogni studente può essere guidato attraverso un cammino educativo che tiene conto delle sue specifiche esigenze, dei suoi punti di forza e delle sue passioni. Questo non solo aumenterebbe la motivazione, ma renderebbe l’apprendimento un’esperienza profondamente efficace e gratificante.

Ma c’è di più: le emozioni giocano un ruolo cruciale in questo viaggio. Gli studi neuroscientifici ci insegnano che emozioni positive, come la gioia e l’entusiasmo, possono agire come potenti catalizzatori per la memorizzazione e la comprensione dei concetti. Un ambiente scolastico che coltiva il benessere emotivo diventa così un terreno fertile dove le menti possono fiorire. Pratiche di mindfulness, tecniche di gestione dello stress e un curriculum che valorizzi le competenze socio-emotive sono strumenti essenziali per creare questo ambiente. In una scuola così, l’apprendimento diventa non solo un processo cognitivo, ma anche un’esperienza emotiva positiva.

E poi c’è la memoria, quella componente essenziale dell’apprendimento che ci permette di trattenere e richiamare le informazioni nel tempo. Le neuroscienze ci suggeriscono che la ripetizione spaziata e il recupero attivo delle informazioni sono strategie potenti per consolidare la memoria a lungo termine. Gli insegnanti, con questa conoscenza, possono pianificare le lezioni in modo da massimizzare la ritenzione delle informazioni, creando un ciclo continuo di apprendimento e rafforzamento.

Infine, il cervello apprende meglio quando viene stimolato in modo multisensoriale. Un’aula moderna e futuristica trasforma l’educazione in un’esperienza sensoriale senza precedenti. Le pareti dell’aula, animate da schermi interattivi, pulsano di vita, mostrando contenuti educativi in tempo reale, pronti a rispondere al tocco curioso degli studenti. Le scrivanie, con superfici tattili avanzate, invitano a esplorare modelli 3D virtuali, rendendo tangibili concetti complessi e astratti.

Nel cuore dell’aula, un santuario di realtà aumentata e virtuale attende. Qui, gli studenti indossano visori VR e vengono catapultati in mondi straordinari, da intricati laboratori di scienze a antichi siti storici ricostruiti con precisione. I suoni ambientali, perfettamente sincronizzati con le esperienze visive e tattili, avvolgono gli studenti, trasformando l’apprendimento in un’avventura coinvolgente e dinamica.

In questo spazio, la tecnologia non è un mero strumento, ma un compagno vibrante nell’odissea dell’apprendimento. Essa accende la curiosità e alimenta la creatività, facendo di ogni lezione un viaggio emozionante e indimenticabile. La realtà aumentata e virtuale aprono portali verso universi lontani, rendendo i concetti più complessi accessibili e comprensibili attraverso esperienze immersive e pratiche.

In questo ambiente magico, l’apprendimento si eleva a un’avventura multisensoriale, dove ogni senso, stimolato e coinvolto, contribuisce a costruire una comprensione profonda e duratura del mondo. Le lezioni diventano racconti epici, le conoscenze acquisite si intrecciano con emozioni vivide, e ogni giorno di scuola si trasforma in un capitolo straordinario della grande storia della conoscenza.

Conclusione

Nonostante le infinite potenzialità, l’integrazione delle neuroscienze nell’educazione incontra sfide formidabili. C’è la necessità imperiosa di formare adeguatamente gli insegnanti, affinché possano abbracciare e applicare le scoperte neuroscientifiche con la maestria di un artigiano che plasma l’argilla. Ma c’è di più: la delicatezza delle implicazioni etiche, come la privacy degli studenti e l’uso responsabile delle tecnologie, ci richiede una prudenza amorevole e una saggezza profonda.

Le neuroscienze offrono un’opportunità unica per rivoluzionare il sistema educativo, trasformandolo in un organismo vivente, vibrante, in perfetta sintonia con le esigenze del nostro tempo. Immaginiamo di applicare le conoscenze sul funzionamento del cervello per sviluppare strategie didattiche che non solo migliorano l’apprendimento, ma che accendono la scintilla della motivazione e nutrono il benessere emotivo degli studenti. Tuttavia, queste meravigliose innovazioni devono essere affrontate con un approccio etico e consapevole, garantendo che ogni passo avanti sia compiuto in modo responsabile e inclusivo.

Eppure, nonostante tutto, ecco mille classi, mille alunni, tantissimi docenti, che giorno dopo giorno, anno dopo anno, reiterano lo stesso rituale. Le lezioni si ripetono nella loro identica ritualità, come una danza antica, ciclica, inesorabile. Si ripetono, rinascendo come una fenice dai ricordi degli insegnanti, che rivedono se stessi bambini, seduti nei banchi di scuola. Un rito semplice, fatto di lezioni frontali, compiti per casa, interrogazioni e compiti in classe. Un rito che, reiterandosi, celebra se stesso, rendendo vane tutte le meraviglie pedagogiche, cognitive, scientifiche e neuroscientifiche che il nostro tempo ci offre.

È come se il tempo si fosse fermato, un perpetuo ritorno all’uguale, una liturgia educativa che resiste al cambiamento. Eppure, il mondo fuori corre veloce, evolve, si trasforma. Le neuroscienze ci hanno mostrato che l’apprendimento è un processo dinamico, un continuo divenire. La plasticità cerebrale ci invita a innovare, a creare, a esplorare nuovi modi di insegnare e apprendere. Ma nella sacralità della classe, spesso, tutto rimane immutato, in un’eco infinita di passato.

Possiamo immaginare un futuro diverso, dove le aule siano vivaci fucine di idee, dove le tecnologie si integrino armoniosamente con la didattica, dove ogni studente sia visto e valorizzato nella sua unicità. Un futuro in cui l’educazione sia una danza armoniosa tra scienza e arte, tra rigore e creatività, tra tradizione e innovazione. Un futuro dove le neuroscienze non siano solo una promessa lontana, ma una realtà viva, pulsante, che trasforma ogni giorno la vita degli studenti e degli insegnanti.

Perché, in fondo, l’educazione è questo: un atto d’amore, un impegno verso il futuro, un sogno che diventa realtà. E le neuroscienze sono il soffio vitale che può risvegliare questo sogno, che può farci volare alto, oltre i confini del conosciuto, verso un orizzonte di infinite possibilità.

Fonti

Eric R. Kandel, “In Search of Memory: The Emergence of a New Science of Mind”, W. W. Norton & Company, 2007.

Howard Gardner, “Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences”, Basic Books, 1983.

Carol S. Dweck, “Mindset: The New Psychology of Success”, Random House, 2006.

Stanislas Dehaene, “How We Learn: Why Brains Learn Better Than Any Machine…for Now”, Viking, 2020.

John Hattie, “Visible Learning: A Synthesis of Over 800 Meta-Analyses Relating to Achievement”, Routledge, 2008.

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