Formule ricorsive chiuse
In classe con la ricorsività: tagliare la pizza e calcolare il numero massimo di fette ottenibili.
I problemi della didattica della matematica nella scuola secondaria, oggi, sono molto diversi rispetto a quelli di un quindicennio fa. L’impegno principale non consiste più nel perturbare un itinerario consolidato dalla tradizione e ritenuto del tutto naturale, una sorta di “via regia” dell’insegnamento — un percorso lineare da A a Z che, di fatto, non esiste più — né nel trovare modalità efficaci per introdurre nuovi argomenti: ce ne sono già fin troppi.
L’attenzione, in particolare da parte dei docenti, è oggi prevalentemente concentrata sulla progettazione didattica: sul ripensare l’organizzazione concettuale e operativa alla quale ricondurre l’insieme dei risultati di apprendimento, specifici e interdisciplinari, prescritti dalle Indicazioni ministeriali e che devono essere perseguiti e verificati attraverso l’attività di insegnamento.
Si tratta di un cambiamento che si va progressivamente estendendo, insieme a una dimensione della matematica sempre più algoritmica e sperimentale, spesso più vicina alla sensibilità dei giovani, che colgono con immediatezza la concretezza dei problemi e delle procedure e sono attratti dal piacere di osservare “che cosa succede” in un’esperienza laboratoriale, come può essere quella centrata su un processo iterativo.
In effetti, non stupisce che, in questo cambio di prospettiva e di attenzione didattica, la ricorsione abbia assunto un ruolo sempre più centrale. Ne abbiamo parlato nell’articolo In classe con la ricorsività di qualche giorno addietro. Oggi vogliamo riprendere e continuare quel discorso, soffermandoci
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