La scuola del futuro sarà ibrida: umanità, AI tutor e valutazioni ripensate. La visione di OpenAI e Yellow Tech in un’intervista esclusiva

Come cambia l’istruzione in un mondo in cui ogni studente può avere un tutor personale alimentato dall’intelligenza artificiale? A questa domanda hanno risposto Jayna Devani, Education Lead per Europa, Nord Africa e Medio Oriente di OpenAI, e Antonio Pisante, CEO di Yellow Tech e Presidente di AIFIA, in una video-intervista pubblicata sul canale YouTube di Andrea Muzii, ex campione mondiale di memoria e fondatore di Accademia Atena. Il messaggio emerge chiaro: l’IA non sostituirà l’insegnante, ma renderà possibile un tutoraggio personalizzato su larga scala, e un apprendimento più accessibile, flessibile e inclusivo.

Nel corso dell’intervista, Jayna Devani ha sottolineato come l’Italia stia giocando un ruolo chiave nella strategia globale di OpenAI per l’education. OpenAI ha infatti siglato un accordo quadro con la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), che rappresenta 1,2 milioni di studenti e 200.000 docenti e personale, oltre a partnership con atenei leader come l’Università Bocconi. “Siamo qui in Italia per ascoltare, imparare e capire come i casi d’uso nell’insegnamento e nell’apprendimento stiano davvero supportando docenti e studenti, per poi amplificarli nel resto del mondo”, ha spiegato Devani, citando il principale caso d’uso di ChatGPT: l’apprendimento. Gli studenti si rivolgono alla piattaforma per curiosità, studio e approfondimenti disciplinari.

Antonio Pisante ha raccontato l’esperienza di Yellow Tech, che ha già collaborato con oltre 500 scuole superiori sul territorio nazionale: “Il maggiore impatto dell’IA sugli studenti è il tutoraggio personalizzato. Per la prima volta, tutti possono avere un tutor che si adatta al loro ritmo e al loro livello di conoscenze. Il tutoraggio personalizzato è da sempre uno dei modi più efficaci per imparare, ma non è mai stato democratico. Con l’IA lo diventa”.
Secondo Pisante, l’IA sta già cambiando anche il lavoro quotidiano degli insegnanti, in tre dimensioni principali: produttività (preparazione di lezioni, materiali, esercizi e correzioni molto più rapida), qualità didattica (possibilità di creare contenuti più mirati, aggiornati e ricchi), ripensamento della valutazione (i tradizionali compiti a casa perdono significato se uno studente può delegare tutto all’IA; per questo molte scuole stanno sperimentando colloqui orali, attività in classe e compiti che integrano esplicitamente l’IA nel processo).

Entrambi gli intervistati hanno poi ribadito che il docente resterà centrale nel modello educativo del futuro. Devani ha descritto il lavoro del team Education di OpenAI come “un supporto agli insegnanti, non una sostituzione”. Ha ribadito che OpenAI collabora con scuole, università e Ministeri dell’Istruzione per condividere una visione su come e dove la tecnologia sta evolvendo, per portare ai docenti le best practice già in corso in altri Paesi e per co-progettare l’uso dell’IA in classe con gli insegnanti. “Non è nostro compito dire come, quando e perché usare l’IA a scuola. Vogliamo costruire una tecnologia di uso generale e co-progettarne l’adozione insieme agli esperti, cioè i docenti”. Un esempio concreto da lei citato è quello di un docente di marketing digitale che, usando la modalità vocale di ChatGPT come assistente di feedback durante le presentazioni degli studenti, integra l’IA nella valutazione senza però sostituire il proprio giudizio.

Fiducia, etica e trasparenza: principi per un’IA “human-in-the-loop”
Uno dei punti più sensibili affrontati nell’intervista è quello della fiducia nel sistema educativo in presenza dell’IA. Antonio Pisante ha spiegato che l’IA deve essere messa al servizio di chi ha competenza educativa, ha precisato che l’essere umano resta sempre responsabile della dimensione relazionale, motivazionale e psicologica, e ha infine sottolineato l’importanza di integrità e trasparenza, perché gli studenti e le famiglie capiscano sempre gli obiettivi e le logiche di funzionamento degli strumenti AI.

Da qui alcune proposte operative: i dati degli studenti non dovrebbero essere raccolti in modo invasivo, gli studenti dovrebbero poter optare per l’esclusione dai dati di addestramento e, nelle scuole, i system prompt (le istruzioni di sistema con cui viene configurato il modello) dovrebbero essere visibili a studenti e famiglie. “Con questi principi si può costruire maggiore fiducia nell’IA. I grandi provider stanno già lavorando su prodotti che non diano solo la risposta, ma aiutino a raggiungerla”, ha dichiarato Pisante.

Come evitare la pigrizia mentale?
Un altro tema chiave dell’intervista è stato il rischio che l’IA alimenti la pigrizia mentale, riducendo lo sforzo cognitivo che rende l’apprendimento più efficace. Devani ha spiegato che OpenAI sta investendo in studi longitudinali per misurare se e come l’IA possa effettivamente migliorare abilità come il pensiero critico. Tra i progetti citati c’è una partnership con il Ministero dell’Istruzione dell’Estonia, con neuroscienziati, pedagogisti, insegnanti e genitori coinvolti nel definire i comportamenti desiderabili (frizione, curiosità, motivazione) nei modelli. Ha parlato poi del lancio della Study Mode in ChatGPT, una modalità che, anziché fornire subito la risposta, applica principi pedagogici come scaffolding e metodo socratico, spingendo lo studente a ragionare. “I primi risultati indicano che, se usati in modo mirato, questi modelli possono migliorare il processo di apprendimento”, ha osservato Devani.
Pisante ha espresso la necessità di valutazioni più orientate al processo che all’output: non basta chiedere ‘la soluzione’, ma occorre valutare il percorso nella sua interezza, i prompt usati, i passaggi intermedi – anche quelli non digitali.
L’IA rivoluziona anche la formazione continua. Yellow Tech lavora con aziende italiane per abilitare l’upskilling degli adulti. “Prima si seguivano corsi generici, uguali per tutti. Oggi un’IA può insegnare concetti collegandoli direttamente alla tua attività, ai tuoi obiettivi e al tuo ritmo”, ha spiegato Pisante. “Se voglio imparare a condurre un podcast, ad esempio, posso avere un co-pilota IA che mi accompagna passo passo, valorizzando le mie conoscenze pregresse”. Questo, secondo Pisante, riduce il gatekeeping: non è più indispensabile attendere un corso formale o una laurea per acquisire competenze operative; serve soprattutto curiosità e coraggio di sperimentare l’IA sul campo. Devani ha collegato questo tema al mondo aziendale, ricordando che OpenAI ha superato 1 milione di clienti business e citando Moderna, che ha dato accesso all’IA a tutti i dipendenti e identificato casi d’uso ad alto ritorno, preferendo ‘sbagliare in fretta’ alla ‘perfezione teorica’.

La scuola tra 10 anni: cosa cambia e cosa resta
Guardando al futuro, Devani e Pisante convergono su un altro punto: la scuola del futuro avrà ancora al centro l’essere umano, ma molti elementi oggi dati per scontati saranno ripensati.

Per Devani, il quadro è quello di ambienti collaborativi in cui insegnanti orchestrano l’interazione tra studenti e IA; percorsi di apprendimento altamente personalizzati (es. spiegare la fotosintesi a uno studente appassionato di sport usando analogie sportive); comunità di scuole nativamente AI, con governi, docenti e aziende tech impegnati a ridisegnare curricoli, standard etici e modalità di valutazione.

Pisante immagina un’evoluzione graduale ma profonda: secondo lui, la lezione frontale tradizionale potrebbe diventare obsoleta, con l’insegnante sempre più focalizzato su regia didattica e relazione; il modello di flipped classroom potrebbe diventare la norma, grazie alla presenza di tutor AI a casa; anche le valutazioni formali periodiche potrebbero cambiare natura, alla luce della disponibilità di strumenti intelligenti sempre attivi. “Oggi, uno dei fattori limitanti è il contesto: i chatbot non sanno nulla dello studente, non hanno memoria, non conoscono il contesto della scuola o degli insegnanti. Tutto questo verrà migliorato nel tempo, rendendolo molto più utile. Inoltre, dobbiamo lavorare sull’alfabetizzazione e consapevolezza dell’IA. Molte cose che diamo per scontate a scuola potrebbero diventare presto parte del passato. L’IA è ancora agli inizi, ma l’impatto è già enorme.
Devani ha concluso con una nota di realismo: “Nel mondo dell’educazione si parla di rivoluzione da decenni, e molti docenti sono comprensibilmente stanchi. Ci sono parti meravigliose dell’educazione che vanno preservate. L’abbassamento della barriera di accesso all’intelligenza artificiale ci obbliga a ripensare alcune pratiche consolidate, ma l’obiettivo resta sempre lo stesso: usare l’AI per supportare al meglio gli studenti nel loro percorso di apprendimento”.

Link all’intervista completa: https://youtu.be/X3kf6JDcCK4?si=e6s1fUvohJ5rCD-m

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