Dal gilet alla moka: come ogni oggetto diventa linguaggio a scuola


Tra parole, oggetti, odori, sapori e meraviglia nasce questo racconto di apprendimenti concreti e al tempo stesso sorprendenti. Dal caffè alla macchina da cucire, ogni gesto diventa importante per imparare nuovi linguaggi. Anche imbastire un gilet in classe quinta aiuta a comprendere il significato figurato delle parole e a consolidare competenze linguistiche.

Un gilet su misura

Cosa significa “imbastire” un discorso, discorso “imbastito”? Sarebbe semplice rispondere a bambine e bambini di quinta: si tratta di un discorso provvisorio, abbozzato, appena delineato, non ancora definito né definitivo; più difficile ma ben diverso partire dal significato referente del termine.

Così una mattina l’insegnante ha portato in classe tutto l’occorrente, compresa una macchina da cucire in carne ed ossa. Rispettando scrupolosamente tutti i passaggi, ha preso le misure a Greta, ha costruito un bel cartamodello per un gilet, ha ritagliato la stoffa e ha imbastito le varie parti sotto gli occhi meravigliati degli alunni (anche ciascuno di loro è stato invitato ad imbastire uno scampolo).

Cartamodello per un gilet, scuola primaria

Il gilet è stato quindi misurato alla modella e infilato nella macchina da cucire dove ha preso la sua forma definitiva. I punti da imbastire sono stati sfilati via facilmente e i bambini hanno potuto così constatare direttamente la differenza tra la prima cucitura provvisoria e lasca e quella definitiva e resistente. Da qui è stato un attimo passare dal senso letterale di imbastire, a quello figurato.

Dalle parole al testo

Man mano che le operazioni andavano avanti, bambine e bambini hanno però appreso anche altre parole quali cartamodello, rocchetto, bobina, spillo e verbi quali sovrapporre, far combaciare, infilare e appuntare. Hanno maneggiato un gessetto da sarto di cui ignoravano l’esistenza e hanno sperimentato il funzionamento della macchina da cucire con il doppio filo superiore e inferiore.

A questo punto alunne e alunni hanno ripercorso verbalmente tutto il complesso procedimento, mentre la maestra ne mimava nuovamente i gesti e le azioni sotto i loro sguardi, e hanno prodotto due testi regolativi riguardanti rispettivamente la prima e la seconda parte della procedura in cui le nuove parole sono state cristallizzate.

Quaderno nuove parole scuola primaria.

Vedere di tutto

Non è la prima volta che per fare lingua italiana il mondo di fuori entra in quest’aula. In cinque anni questi alunni sono stati abituati a vedervi di tutto quasi sempre prendendo spunto da frasi o espressioni lette: da un’incubatrice per far schiudere le uova e far nascere i pulcini, alle talee per papiri, dai nidi di uccello al frutto della pompia, dalla matita copiativa al kindle, dalla carta carbone alla scatola del riso.

Senza parlare dei procedimenti che con loro si sono realizzati: è stata fatta la marmellata di cipolla, la crema pasticciera, il riso allo zafferano, il caffè con la moka, si sono intrecciate le foglie del papiro, si sono piantate varie colture ed è stato persino inamidato un centrino.

Ed ogni volta, per ogni oggetto o ciascun procedimento, è stato avviato un processo di osservazione attento e scientifico. Forma, materiale, consistenza, colori, peso, spessore, odore e sapore sono stati scandagliati da tutti ed analizzati in modo ficcante e preciso, il tutto condito sempre da una serie di domande, che sono poi, alla fine, quelle che riguardano i meccanismi della realtà che ci circonda:

«Come fa il caffè a diventare un liquido scuro?»

«Come fa a salire nella parte alta della caffettiera?»

«Cosa fa schiudere le uova?»

«Perché le cipolle fanno piangere?»

Un sapore migliore

In queste situazioni ho visto sempre bambine e bambini molto interessati a guardare, toccare, pesare, comparare, odorare, assaggiare ed ho capito che non è importante l’oggetto che osserviamo o il procedimento che realizziamo, quanto piuttosto il fatto che vi si punta addosso il riflettore scolastico.

I bambini avranno visto migliaia di volte i propri genitori prendere o fare il caffè, ma farlo a scuola con la maestra, osservarne tutti i passaggi, annusare il caffè prima e dopo, dare un nome a tutte le parti della moka, ha un sapore migliore e un valore diverso.

Sapori a scuola

Avranno visto migliaia di volte le cipolle, ma il piantarle a scuola e il sezionarle per scoprirne gli strati, il cuore, per sentirne l’odore, ha un sapore migliore e un valore diverso. Avranno visto mille volte le scatole degli alimenti a casa o al supermercato, ma l’osservarne una tutti insieme, leggendone le singole scritte e vedendone le singole immagini, ha un sapore migliore e un valore diverso. Tutto a scuola diventa interessante, tutto diventa fucina di apprendimento, tutto diventa opportunità di linguaggio e di arricchimento lessicale perché non ci sono lemmi che abbiano più dignità di altri, non ci sono gerarchie particolari di contenuto per l’approfondimento linguistico.

Reputo bambine e bambini di questa classe molto fortunati, perché per imparare a scrivere e a parlare meglio sono passati anche attraverso il fare e l’osservare, il farsi domande, il guardarsi attorno, l’avere uno sguardo curioso sulle cose.

Il loro è stato un ciclo di meraviglie che speriamo non si interrompa nel passaggio alla scuola secondaria che li aspetta. Me lo auguro di cuore.

L’articolo Dal gilet alla moka: come ogni oggetto diventa linguaggio a scuola proviene da Missione Insegnante.

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