La matematica da insegnare ai più piccoli


Dai programmi alle Indicazioni Nazionali. La matematica nella scuola elementare di una volta e nella scuola primaria di oggi. La raccolta delle fonti.

Storia e didattica della matematica. L’insegnamento dal 1861 ad oggi: come è cambiato? e quali sono gli invarianti?

All’indomani dell’Unità d’Italia, la scuola elementare aveva durata quadriennale. L’insegnamento della matematica era limitato alla sola aritmetica pratica e occupava un’ora settimanale. Era convinzione diffusa che la matematica non fosse un sapere adatto a tutti né a tutte le età. In particolare, la si riteneva poco congeniale all’infanzia e del tutto inappropriata all’educazione femminile. Non a caso, nei programmi del 1955 si legge ancora:
«Le bambine siano lasciate ai loro giochi preferiti (cura della bambola, sua pulizia, vestizione, acconciatura, ecc.) e vengano addestrate alle più semplici e più facili attività della casa».

Una svolta significativa si registra con il ministro Aristide Gabelli (1888): l’insegnamento diventa esplicitamente di Aritmetica e Geometria e l’orario settimanale viene portato a due ore. Non si tratta solo di un ampliamento quantitativo, ma del riconoscimento di una diversa dignità formativa della matematica, che inizia lentamente a emanciparsi dalla sola dimensione utilitaristica.

Franca Falcucci (1926-2014)

I programmi ministeriali attraversano un arco temporale che va dal 1861 — quando vengono adottati quelli del Regno di Piemonte, varati appena l’anno precedente — fino al 1985, con i programmi elaborati dalla commissione presieduta da Giuseppe Fassino e Mauro Laeng, sotto il ministero di Franca Falcucci. Dopo il 1985, il lessico e l’impianto cambiano: i programmi lasciano il posto alle Indicazioni Nazionali. Prima quelle per i piani di studio personalizzati (2004), poi le Indicazioni per il curricolo (2007) e infine quelle del 2012, che armonizzano le due versioni precedenti e restano tuttora vigenti. A partire dall’anno scolastico 2026/2027 però entreranno in vigore  Nuove Indicazioni Nazionali.

Questi documenti sono tutt’altro che neutrali: sono ricchi di istruzioni per l’uso, di prescrizioni implicite ed esplicite, di visioni pedagogiche e culturali consolidate nella tradizione scolastica. Particolarmente illuminanti sono le istruzioni per i maestri, ovvero le raccomandazioni pedagogiche e didattiche rivolte, in particolare nei programmi, direttamente ai docenti. La loro lettura è sorprendentemente piacevole e istruttiva. Esse consentono di cogliere con chiarezza le differenze, le discontinuità e le trasformazioni che attraversano oltre centosessant’anni di storia dell’insegnamento della matematica in Italia.

Ma c’è qualcosa che rimane invariato?

Sì. Accanto ai mutamenti di linguaggio, di finalità e di assetti istituzionali, emergono raccomandazioni che valgono ieri come oggi: autentici precetti didattici a cui ogni insegnamento solido dovrebbe radicarsi. Sono come corpi che fluttuano nell’universo del pensiero pedagogico, indipendenti dal tempo e dal luogo.

Eccone alcuni esempi.

[Il maestro]Anche nella qualità dei problemi potrà egli dar prova del suo zelo educativo, procurando che questi si aggirino non su quantità astratte o su dati immaginari, ma sovra oggetti che sono d’uso comune nella vita, e tali da metter in luce o i benefizi del lavoro, o le norme di una saggia economia, o i pregi della beneficenza, od altri cosiffatti argomenti ( 1860).

 

In ogni cosa, ma in questa anche più, meglio è senza paragone insegnar poco e bene, che molto e male.(1888)

 

Nell’insegnamento geometrico si ha più che in altri la riprova di questa verità: alla sensazione ed alla percezione si associa l’idea dell’oggetto; il segno rappresentativo della idea, cioè la parola, vien dopo per determinarla e renderla manifesta. (1894)

 

[…] una mezz’ora di aritmetica sarà anche una mezz’ora d’insegnamento di lingua. (1905)

 

Fare apprendere questa tavola [pitagorica] ai fanciulli come arido, meccanico esercizio di memoria è metodo arcaico, che li sottopone ad una vera tortura intellettuale. (1905)

 

Il maestro accorto fa risolvere dei problemi, senza neppure adoperarne il nome (1905)

 

Per le operazioni si eviti nei primi mesi ogni tecnicismo di terminologia (1923)

 

Verrà naturalmente un momento in cui le esercitazioni, pur rimanendo nel campo della realtà del fanciullo, potranno spaziare in maniera più libera rispetto al concreto.(1923)

 

Per l’esigenza strettamente logica dell’aritmetica, è necessario che gl’insegnanti, più che sull’abbondanza numerica degli esercizi, puntino sulla qualità degli esercizi stessi.(1923)

 

Tanto nel campo dell’aritmetica quanto in quello della geometria, sarà utile abituare gli alunni stessi a proporre e a formulare problemi pratici ricavati dalla propria esperienza. (1955)

 

Il pensiero matematico è caratterizzato dalla attività di risoluzione di problemi e ciò è in sintonia con la propensione del bambino a porre domande e a cercare risposte. (1985)

 

Occorre evitare […] di procedere in modo episodico e non ordinato e tendere invece ad una progressiva organizzazione delle conoscenze.(1985)

Letti in sequenza, questi passi restituiscono un’immagine sorprendentemente coerente dell’insegnamento della matematica ai più piccoli. Cambiano i contesti storici, le cornici istituzionali, il linguaggio pedagogico; ma il nucleo dell’attenzione didattica resta stabile.

Fin dalle prime indicazioni post-unitarie si insiste sulla qualità dei problemi: non quantità astratte o dati immaginari, ma situazioni tratte dalla vita comune, capaci di mettere in luce il valore del lavoro, dell’economia, della responsabilità sociale. La matematica, già allora, non è pensata come esercizio formale fine a sé stesso, ma come strumento di lettura e di comprensione del reale.

Ricorre con forza, negli anni, l’idea che insegnare poco e bene sia preferibile a insegnare molto e male. È una raccomandazione che attraversa i programmi di fine Ottocento e ritorna, con formulazioni diverse, nel Novecento avanzato: l’attenzione non va all’accumulo di esercizi, ma alla loro qualità logica e formativa. L’abbondanza numerica non è garanzia di apprendimento.

Nell’insegnamento della geometria questa impostazione emerge con particolare chiarezza: l’esperienza sensibile e percettiva precede la parola, il segno, la formalizzazione. L’idea nasce dal contatto con l’oggetto; il linguaggio interviene dopo, per precisare e rendere consapevole ciò che è già stato intuitivamente colto. È un principio didattico che oggi definiremmo costruttivista, ma che è già chiaramente enunciato a fine Ottocento.

Colpisce anche la naturale integrazione tra matematica e linguaggio: una mezz’ora di aritmetica può essere, al tempo stesso, una mezz’ora di educazione linguistica. La matematica non è mai muta; richiede narrazione, spiegazione, argomentazione. Da qui discende la critica, durissima e lucidissima, all’apprendimento meccanico della tavola pitagorica, definito senza mezzi termini una «tortura intellettuale». Non è la memoria in sé a essere rifiutata, ma la sua separazione dal senso.

Mauro Laeng (1926-2004)

In questa prospettiva, persino la parola problema può essere inizialmente evitata: il maestro accorto propone situazioni da risolvere prima ancora di etichettarle come tali. Analogamente, nei primi mesi si raccomanda di evitare ogni tecnicismo terminologico nelle operazioni, lasciando che il significato preceda il nome. Solo in un secondo momento, pur restando ancorati all’esperienza del fanciullo, gli esercizi possono gradualmente emanciparsi dal concreto immediato.

L’idea che gli alunni debbano essere messi in condizione di formulare essi stessi problemi, tratti dalla propria esperienza, attraversa i programmi del secondo dopoguerra e arriva fino agli anni Ottanta, quando il pensiero matematico viene esplicitamente caratterizzato come attività di risoluzione di problemi, in sintonia con la naturale propensione del bambino a interrogare il mondo. A questa centralità del problema si accompagna però un’altra costante: la necessità di evitare un procedere episodico e disordinato, puntando invece a una progressiva organizzazione delle conoscenze.

In controluce, emerge così una risposta possibile alla domanda che dà titolo a questo percorso: che matematica insegnare ai più piccoli? Una matematica radicata nell’esperienza, attenta al linguaggio, sobria nei contenuti ma rigorosa nella struttura, capace di far pensare prima ancora che calcolare. Una matematica che, pur cambiando Programmi e Indicazioni, sembra riconoscere da oltre centosessant’anni alcuni principi didattici essenziali come invarianti.

Al di là di ogni ulteriore illustrazione verbale, è alla lettura diretta e comparata dei documenti ufficiali che vale la pena affidare la conclusione di questo percorso: una lettura che consente anche di cogliere come, nel tempo, l’ampiezza dei testi sia cresciuta più della loro qualità e comprensibilità. A proposito delle Nuove Indicazioni Nazionali del 2025, torna allora attuale un’antica raccomandazione nella forma: meglio è senza paragone scriver poco e bene, che molto e male.

I programmi della Scuola Elementare
1860
1867
1888
1894
1905
1923
1934
1945
Programmi Consulta 1951 (non normativi)
1955
1985

Indicazioni nazionali pubblicate con D.L. n.59 del 19/02/2004

Indicazioni per lo sviluppo del curriculo del primo ciclo 2007  – -Decreto del 31/07/2007,  Direttiva n. 68 del 3/08/2007

Indicazioni per lo sviluppo del curriculo del primo ciclo 2012  – Decreto n. 254  del 16 novembre 2012

Indicazioni Nazionali per il curricolo 2025 – Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo di istruzione

 

 

L’articolo La matematica da insegnare ai più piccoli proviene da MATMEDIA.IT.

Articoli Correlati

Commenti

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vuoi rimanere aggiornato sulle nuove tecnologie per la Didattica e ricevere suggerimenti per attività da fare in classe?

Sei un docente?

soloscuola.it la prima piattaforma
No Profit gestita dai

Volontari Per la Didattica
per il mondo della Scuola. 

 

Tutti i servizi sono gratuiti. 

Associazione di Volontariato Koinokalo Aps

Ente del Terzo Settore iscritta dal 2014
Tutte le attività sono finanziate con il 5X1000