12 idee per laboratori creativi nella scuola dell'infanzia e primaria

Cosa c’e’ di meglio che ricominciare attivando dei laboratori creativi in cui i bambini possano costruire e creare con le loro mani, partendo da materiali semplici e facilmente reperibili?

Naturalmente si tratta di proposte dedicate alla scuola dell’infanzia e ai primi anni di scuola primaria, in contesti in cui gli spazi rendano possibili tali attività.

A tal proposito vi giro un articolo da Craftspal che mi hanno inviato gli stessi autori, dove vengono illustrate 12 differenti attività manuali, una più interessante dell’altra.  Si va dalla costruzione di una pasta da modellare con materiali semplici, alla costruzione di un binocolo o di un …

Continua la lettura su: http://www.robertosconocchini.it/discipline-informatica/7817-12-idee-per-laboratori-creativi-nella-scuola-dellinfanzia-e-primaria.html Autore del post: Maestro Roberto Fonte: https://www.robertosconocchini.it/

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Giovanni Modugno: a master of the senses

GIOVANNI MODUGNO: UN “MAESTRO DEL SENSO” PER LA SCUOLA ITALIANA DI OGGI

di CARLO DE NITTI

Alle “voci archetipe” della mia remotissima adolescenza

per sempre nei miei spazitempi mnesici, con infinita gratitudine.

Nascoste ai molti, si palesano,

a chi le cerca con animo puro,

perle, veri tesori delle profondità,

che rivelano le nostre vite,

la nostra intima essenza

di cercatori tra le pagine …

1. PROLOGO

Non mi è possibile iniziare questo intervento senza ringraziare con sentimenti di sincera gratitudine il prof. Vincenzo Robles, illustre cittadino bitontino e studioso di preclara fama, per avermi invitato a partecipare – bontà sua – a questo evento sul pensiero di Giovanni Modugno, pedagogista del ‘900 pugliese, italiano, europeo.

Non è quella che segue una forma di excusatio non petita: non sono un esperto di Giovanni Modugno nel senso accademico della parola, ma ho avuto, da molti anni, con la sua storia di vita, di pensiero, politica, culturale e religiosa una frequentazione che mi affascina. Sì, perché una personalità come quella di Giovanni Modugno non può non sé-durre, a prescindere dalle idee di chi a lui si accosti, purché lo faccia con onestà intellettuale e disinteresse, anche venale. Caratteristiche che egli stesso possedette in modo assoluto e che costituirono la cifra peculiare della sua personalità di uomo, di docente e quindi, di pedagogista.

Tutti gli altri intervenuti a questo evento – certamente molto più competenti di me – hanno lumeggiato o lumeggeranno da par loro al meglio il pensiero del pedagogista: a me, che raccolgo “materiali per chi voglia scrivere di storia” (alla maniera dei Commentari cesariani) piace interrogare la figura di Giovanni Modugno per cogliere – provando a suggere l’essenza del suo pensiero – quanto egli possa dire (rectius: insegnare) a noi persone di scuola del XXI secolo, che operano nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado (sebbene, ahimè, io mi trovi nel “pronaos” della quiescenza). Il ri-pensare Giovanni Modugno nella scuola di oggi non può, né deve, essere un mero esercizio di erudizione storiografica, ma un interesse squisitamente teoretico che interroghi il pedagogista, a partire dagli interrogativi del presente che scaturiscono, ovviamente, da bisogni didattici, educativi e pedagogici che urgono alle persone di scuola.

2. I “MAESTRI DEL SENSO”

E’ possibile connotare Giovanni Modugno come un “cercatore di Cristo”, un “apostolo dell’educazione”, un “pellegrino dell’Assoluto”: queste locuzioni possono legittimamente compendiarsi – per utilizzare il lessico della pedagogia di Papa Francesco – nell’espressione “maestro del senso”. Non trovo migliore sintetica definizione se non quella delle parole usate dal Pontefice recentemente a Lisbona, parlando ai giovani dal Pontefice per definirli: . 

E Giovanni Modugno lo è stato, di sicuro, ante litteram, … e lo è ancora oggi, a sessantacinque anni dalla sua scomparsa!

Leggere Giovanni Modugno oggi significa affrontare in modo efficace le urgenze educative del mondo contemporaneo: riformare la scuola, per Modugno, voleva dire formare le coscienze delle degli educandi. Al centro del processo educativo – come sostenevano in quegli anni i pedagogisti dell’attivismo pedagogico – non possono che esserci gli educandi con i loro vissuti, le loro storie interiori, i loro bisogni. Nel processo di educazione, non si può che “ascendere insieme”, per riprendere il titolo di un testo del 1943 dello stesso Modugno, per cambiare se stessi e contestualmente la società in cui si vive. L’unica vera riforma della scuola doveva essere, a parere di Giovanni Modugno, la “riforma interiore”, quella della formazione dei docenti.

La sua vita, la sua ricerca culturale, il suo insegnamentoincarnano l’anelito verso una società più giusta e più libera, nella quale ogni persona, consapevole della sua dignità, possa recuperare e vivere il significato dei valori fondamentali, in primis, la vita e la libertà, senza dei quali non è possibile praticare alcun altro valore. L’attualità del suo messaggio si focalizza prioritariamente intorno alla finalità dell’educazione, riprendendo le istanze più significative della tradizione pedagogica cristiana, arricchita dal dialogo fecondo con autori contemporanei. A partire dalla fine degli anni Venti, intensa fu la relazione di Giovanni Modugno con il gruppo di pedagogisti cattolici che si raccoglieva in quel di Brescia intorno alla casa editrice La Scuola, fondata nel 1904, ed alla rivista Scuola Italiana Moderna, nata nel 1893. Il medesimo milieu cattolico in cui, com’è noto, nacque (nel 1897) e si formò un giovane sacerdote (proclamato santo nel 2018), don Giovanni Battista Montini (il cui padre, l’avvocato Giorgio, era stato tra i fondatori della casa editrice), che alle posizioni di Giovanni Modugno fu certamente vicino, anche attraverso la filosofia della persona di Jacques Maritain (1882 – 1973).  

Nel gruppo di docenti e pedagogisti cattolici bresciani e nelle loro iniziative, di cui fu ispiratore e sodale anche attraverso il suo discepolo e figlioccio Matteo Perrini (1925 – 2007), Giovanni Modugno trovò quella consonanza intellettuale e religiosa che spesso gli mancò in Puglia, una sorta di accogliente “rifugio” ma anche la possibilità di incidere nella scuola militante: basti pensare alla comunanza di interessi e alla sua consonanza intellettuale con Laura Bianchini (1903 – 1983), docente di filosofia bresciana e madre Costituente.  

Anche dopo la seconda guerra mondiale, Giovanni Modugno continuò a collaborare con Scuola Italiana Moderna, la rivista scolastica più diffusa tra i docenti di scuola elementare, ed ispirò anche una filiazione diretta del gruppo bresciano: il “gruppo di maestri sperimentatori” di Pietralba (BZ),  dal nome dalla località dolomitica nella quale il gruppo si riunì per la prima volta nel 1948, cui partecipò anche un altro grande pedagogista pugliese, allora appena venticinquenne, suo allievo all’Istituto Magistrale di Bari: Gaetano Santomauro (1923 – 1976).  

Giovanni Modugno riconosce che la pedagogia è la “scienza della vita”: si preoccupa di affinare una riflessione rigorosa ma anche che manifesti un’efficacia pratica, fondata su principi e valori saldi, applicabili sia alla prassi quotidiana, scolastica e non. Per Modugno, la scienza della vita costituisce la risposta più significativa all’esigenza di riaffermare il primato della moralità, della razionalità e della spiritualità, come qualità peculiari di ogni persona che impara a riconoscerle come espressioni ineludibili della propria dignità e della propria coscienza morale.

Giovanni Modugno ricerca sempre il “perfezionamento interiore” anche nei momenti più drammatici della sua vita personale, come nel 1934, con la precoce morte dell’unica figlia Pina. Evento – collegato con altri lutti familiari (i genitori) – che interroga la coscienza del pedagogista. Quando la figlia si ammala, il progetto del Modugno è di lavorare per ‘cristianizzare la vita’, in lui e attorno a lui. E’ convinto che le disuguaglianze sociali e le miserie non si eliminano soltanto con le leggi e le riforme, ma con l’amore. La vera riforma interiore consiste nel disporsi a comprendere i bisogni di ciascuna persona in difficoltà e nel sentirsi responsabili se manca il necessario per vivere.

I motivi fondamentali che accompagnano la vita di Modugno sono quelli di ‘ascendere insieme’, ‘salire alla sublime vetta’,‘aiutare gli altri a salire’: l’insegnamento gli consente di adempiere a questa sua idea. Nella prospettiva del suo pensiero, la religione costituisce il principale centro d’interesse dell’intero curricolo scolastico, oltre che il contenuto più significativo della scienza della vita. Essa è la guida per cogliere nella vita concreta le relazioni tra le singole azioni ed i principi della ragione e della morale. Con la didattica della ‘provocazione riflessiva’, stimolata dal docente, la pratica del riflettere durante le lezioni li sollecitanella chiarificazione dei criteri direttivi e li pome nelle condizioni di osservare, giungendo a scoprire le istanze più profonde della vita.

3. GIOVANNI MODUGNO VIVANT

Riflettere oggi, nel terzo decennio del XXI secolo, sulla figura, sul pensiero e sulla storia di Giovanni Modugno, “cercatore di Cristo” ed “apostolo dell’educazione” è un atto “rivoluzionario” nella sua essenza, che modifica radicalmente i paradigmi del pensiero corrente, spesso incentrato sui tecnicismi della pedagogia– declinati in tutte le sue branche – e della scuola, piuttosto che sulla persona, quale punto di imputazione ultimo di ogni azione educativa.

Questo è il continuum che attraversa la vita di Giovanni Modugno, anche prima di insegnare, quando, da giovanissimo, iniziò ad impegnarsi nelle vicende della politica della sua città, in solido con lo storico molfettese Gaetano Salvemini (1873 – 1957), cui lo unì un lunghissimo sodalizio intellettuale e politico, nonostante le diverse posizioni, che ha attraversato la storia italiana dai primi anni del XX secolo agli anni ’50 del medesimo.Pressocché coetanei, furono entrambi “figli”, molto diversi tra loro, della medesima temperie culturale, quella positivistica, da cui furono entrambi però sempre alieni, giungendo a posizioni politiche diverse che avevano in comune l’impegno infaticabile e diuturno per il riscatto dei contadini meridionali rispetto ai soprusi dei latifondisti assenteisti, attraverso la conquista del primo e più fondamentale dei diritti, quello all’istruzione.   

Il fulcro dell’attività di Giovanni Modugno – che volle essere sempre “maestro di maestri” – fu sempre l’educazione dei giovani al pensiero critico, lontano da ogni possibile strumentalizzazione da qualunque “luogo” essa provenisse. Egli non fu mai uomo “di parte”, rifiutò sempre per se stesso incarichi, cariche ed onori di ogni tipo, proprio per conservare la sua libertà di pensiero: com’è noto, rifiutò la carica di Provveditore agli studi di Bari, sia nel 1923, quando gli fu proposta da Giuseppe Lombardo-Radice (1879 – 1938) perché temeva che avrebbe dovuto venire a compromessi con il fascismo, sia dopo la seconda guerra mondiale, quando fu invitato a ricoprire la medesima carica da Tommaso Fiore (1884 – 1973), a nome del Comitato di Liberazione Nazionale. Parimenti, non a caso, nel 1929, fu assordante il suo silenzio – in un’Italia osannante – di fronte alla firma dei Patti Lateranensi, che, com’è noto, ponevano fine alla sessantennale “questione romana”.

Questa missione – cui adempì senza deroga alcuna – non gli impedì di mantenere relazioni intellettuali con i più sensibili ed insigni pedagogisti del suo tempo, a cominciare dalla “scoperta” di Friedrich Wilhelm Foerster (1869 – 1966) e Josiah Royce (1855 – 1916). Con ed attraverso di loro, Giovanni Modugno difese la persona umana, la sua dignità e la sua libertà interiore, trovando nel cristianesimo, inteso come “fede nella Resurrezione”, il miglior fondamento per conseguire questo obiettivo. In quest’opera educativa, massima era la sintonia del pedagogista con l’allora Arcivescovo di Bari, Mons. Marcello Mimmi (1882 – 1961), di cui condivideva in toto il metodo pastorale.

La cifra di tutta l’esistenza del pedagogista che si può compendiare nel titolo del volume – pubblicato dieci anni dopo la sua scomparsa, a cura dell’amatissima moglie, Maria Spinelli Modugno – Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno: mediante un’ascesa interiore, mai disgiunta dall’adempimento del dovere della missione educativa, indirizzata alla conquista, da rinnovare continuamente, della libertà, della coscienza critica e della dignità della persona umana. Un’eredità pedagogica e morale da raccogliere e praticare con rinnovata lena anche, se non soprattutto, nelle scuole di ogni ordine e grado. 

Quella ‘coscienza critica’ di cui oggi – dopo oltre sessanta anni dalla sua morte – si avverte uno smisurato bisogno: VINCENZO ROBLES, da storico, con i suoi volumi, ne rende seriamente consapevoli noi tutt*, uomini del XXI secolo, persone di scuola e non.

4. EPILOGO “APERTO”

Più che un epilogo – per quanto aperto – mi piace avanzare una proposta concreta per continuare a riscoprire e valorizzare il pensiero di Giovanni Modugno nel XXI secolo. Mi piace avanzarla qui in un luogo simbolo della sua città natale, alla presenza delle autorità civili e religiose e di tanti illustri esperti.

Come si è diffuso nella scuola barese, pugliese ed italiana, forse melgré lui, il pensiero di Giovanni Modugno? A questa domanda,penso, si possa dare una risposta certa: attraverso i suoi studenti cui è toccato in sorte di averlo avuto come docente, prima a Corato, per sette anni, poi. dal 1920 al collocamento in quiescenza. presso l’Istituto Magistrale “Giordano Bianchi-Dottula” di Bari.

Essi hanno “abitato” ed “innervato” la scuola – segnatamente e prioritariamente quella elementare – barese, pugliese e non solo portando nella loro attività didattica e professionale gli insegnamenti ricevuti. Sarebbe molto interessante – non certo per mera erudizione storiografica – ricercare i loro nomi, la loro provenienza geografica attraverso i registri del prof. Giovanni Modugno, raccolti nell’archivio storico dell’istituto scolastico frequentato.

Consultando quell’archivio, tanto si potrebbe scoprire su Giovanni Modugno e sulla storia della scuola pugliese: potrebbe essere un ottimo argomento per un’efficace e non convenzionale attività di Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (vulgo PCTO, come negli acronimi di cui è saturo lo ‘scolastichese’, nota neolingua iniziatica), ovvero, anche per tesi di laurea (triennali, magistrali e di PhD) sicuramente molto interessanti e nietzscheanamente “inattuali”.

Del resto, l’influenza del pensiero di Giovanni Modugno,attraverso i suoi studenti del “Bianchi–Dottula”, ha anche travalicato anche i confini della scuola e della pedagogia: basti ricordare anche soltanto il nome di uno di loro, divenuto un Maestro del Diritto dell’Università degli studi di Bari (e tantissimo altro…), il prof. Renato Dell’Andro (1922 – 1990).

Ma questa sarebbe un’altra storia, che mi ricondurrebbe alla mia ormai remotissima adolescenza… 

5. BIBLIOGRAFIA

• AA.VV., Maestri del senso: competenze e passione per una scuola migliore, a cura di DE NITTI, CARLO e LAVERMICOCCA, CARLO, Bari 2023, Ecumenica editrice, di prossima pubblicazione;

• CAPORALE, VITTORIANO, Educazione e politica in Giovanni Modugno, Bari 1988, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Un pedagogista del Sud, Bari 1995, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Pedagogia Scienza della Vita, Bari, 1997, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, La proposta pedagogica di Giovanni Modugno, Bari, 2004, Cacucci;                                                                                                              

• CAPORALE, VITTORIANO, Pedagogia e vita di Giovanni Modugno, Bari 2006, Cacucci;

• CAPURSO, GIOVANNI, Due Maestri per il Sud: Gaetano Salvemini e Giovanni Modugno, Corato, 2022, SECOP;

• MICUNCO, GIUSEPPE, La buona battaglia. Santità e laicità in Giovanni Modugno, Bari, 2013, Stilo editrice;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno. Il volto umano del Vangelo, Bari, 2020, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno e il suo “rifugio”bresciano, Bari, 2022, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO – AUFIERO, ARMANDO, Giovanni Modugno: il volto umano del Vangelo in AA.VV., Op. cit.;

• SANTOMAURO, GAETANO, Giovanni Modugno attraverso gli inediti, «La Rassegna pugliese», 1969, 4-5, pp. 3 – 22;

• SARACINO, DOMENICO, Giovanni Modugno. Politica, cultura e spiritualità in un cercatore di Cristo, Bari 2006, Stilo editrice; 

• SPINELLI MODUGNO, MARIA, Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno, Bari 1967, Editoriale Universitaria.

Et si parva licet …

• DE NITTI, CARLO, La missione educativa di Giovanni Modugno e la sua attualità nel XXI secolo. Nota a margine di una recente biografia del pedagogista bitontino, ”Educazione & Scuola”, XXVI, marzo 2021, 1123;

• DE NITTI, CARLO, In difesa del Sud: storia dell’amicizia di due Maestri tra Molfetta e Bitonto, ”Educazione & Scuola”, XXVII, settembre 2022, 1141; 

• DE NITTI, CARLO, Giovanni Modugno: un “cercatore di Cristo”, apostolo dell’educazione, in VINCENZO ROBLES, Giovanni Modugno e il suo “rifugio” bresciano, Bari 2023, Edizioni Dal Sud, pp. 9 – 12.

Uno strumento ottico nei dipinti dell’Ottocento: il binocolo da teatro

Non ricordo come questo piccolo oggetto d’antiquariato sia finito su un ripiano della mia libreria, ma era da tempo che volevo saperne di più. Si tratta di un binocolo da teatro, uno strumento ottico da borsetta che un tempo veniva usato per osservare meglio i personaggi sul palcoscenico.

Questo genere di binocoli è piuttosto maneggevole rispetto a quelli che si usano per osservare i paesaggi: si tiene facilmente con una sola mano perché è largo solo 12 cm.

Certo, non è leggerissimo: i suoi 400 g di peso possono risultare alla lunga un po’ stancanti.

Le lenti di questo binocolo ingrandiscono le immagini di circa 3 volte. Ma per ottenere il massimo ingrandimento (e per mettere a fuoco più lontano) occorre allungarlo ruotando la rotella centrale. In questo modo la lunghezza si porta da 8,5 cm fino a un massimo di 11 cm.

Ma a quando risale il mio binocolo? La risposta me l’ha data il dettaglio del marchio disegnato in rilievo dentro gli oculari, cioè Chevalier Opticien Paris.

È un’antica azienda parigina nata nella prima metà del Settecento che produceva occhiali, cannocchiali e microscopi (esiste ancora oggi!). I loro binocoli da teatro compaiono nella seconda metà dell’Ottocento, ma il modello in mio possesso dovrebbe essere datato al primo decennio del Novecento.
Non si tratta di un oggetto di particolare valore: sul web se ne trovano a poche decine di Euro. Ben più prestigiosi erano i binocoli rivestiti in madreperla o in avorio, magari con le iniziali del proprietario incise sul metallo.

Questi strumenti da teatro comparvero già nel 1730 ma in realtà si trattava di monocoli, piccoli cannocchiali telescopici con le decorazioni più varie.

Il primi veri binocoli, ottenuti unendo con un ponte metallico due monocoli, furono messi a punto a Vienna nel 1823 dall’ottico Friedrich Voigtländer, un pioniere delle macchine fotografiche. Per la messa a fuoco ogni tubo si allungava manualmente, indipendentemente dall’altro.

Per migliorare questo aspetto, nel 1825 il parigino Pierre Lemière creò la rotella centrale che, girando, fa spostare una vite che allunga contemporaneamente entrambi i cilindri.Ben presto pittori e orafi cominciarono a interessarsi alla decorazione del binocolo – che si dotò anche di un’asta laterale per non stancare il polso – trasformandolo così da strumento scientifico in un prezioso simbolo di prestigio. Il binocolo da teatro era pronto per diventare l’oggetto più alla moda per la borghesia europea dell’Ottocento!

Il monocolo, tuttavia, non era del tutto scomparso ma era rimasto in versione  polemoscopio (o “lente della gelosia”), una sorta di piccolo periscopio – noto già nel Settecento – dotato di un’apertura laterale e di uno specchio interno ruotato a 45° che permetteva di osservare ciò che c’era di lato mentre apparentemente si stava guardando verso il palco. Questo oggetto è anche al centro di un dramma teatrale di Giacomo Casanova del 1791 intitolato proprio Il polemoscopio, ovvero la calunnia smascherata.

Ma torniamo al nostro binocolo da teatro. Per saperne di più sul suo utilizzo non possiamo che affidarci alla pittura osservando le immagini più interessanti di un’apposita raccolta tematica che ho creato poco tempo fa.
La più antica apparizione del binocolo che sono riuscita a trovare appartiene sorprendentemente a un pittore polacco. Si tratta di una natura morta del 1839 di Ivan Khrutsky. Il binocolo, con inserti in avorio, è sopra un davanzale assieme a cesti di frutta e un sigaro dentro un bocchino. La presenza di una candela, allusione al tempo che scorre, fa pensare che l’autore intendesse usare il binocolo come simbolo di frivolezza all’interno di una scena che ha il sapore di una vanitas.

Ma già nel 1850 il binocolo compare nel suo luogo di elezione – e cioè il teatro – in un veloce pastello del tedesco Adolph von Menzel che raffigura una donna elegante vista dall’alto.

Tuttavia, un oggetto che si prestava allo sguardo malizioso, specie verso le ballerine, non poteva sfuggire a quell’acuto osservatore di grandi e piccoli vizi che era Honoré Daumier che nel 1864 ne fece una vignetta per i suoi Schizzi teatrali. La didascalia è impeccabile: “Signor Colimard, se continua a sbirciare le ballerine in modo così sconveniente, la porterò a casa prima della fine dello spettacolo”.

Ma ancora si tratta di rappresentazioni isolate. Occorre attendere l’arrivo degli Impressionisti e il loro tuffo nella vita borghese, per vedere il trionfo del piccolo strumento ottico.
Tra i primi arriva Eva Gonzalès, allieva di Édouard Manet, che nel 1874 dipinge Un palchetto al Théâtre des Italiens. La scena raffigura la sorella della pittrice con il marito che emergono dal buio del palchetto, visto frontalmente. La donna, giovane ed elegante, tiene in mano un binocolo chiaro, probabilmente in avorio.

Nello stesso anno il binocolo compare in un dipinto simile, opera di Pierre-Auguste Renoir intitolato semplicemente La loggia. Qui lo sguardo è più ravvicinato e obliquo e la pennellata più vibrante. Entrambe le figure tengono in mano un binocolo: dorato quello della donna, nero quello dell’uomo (che con tutta evidenza non guarda affatto attori e cantanti).

Nel 1877 è il turno di Edgar Degas con un’elegante dama in piedi che ci punta il binocolo dritto in faccia. La donna però non si troverebbe a teatro ma più probabilmente alle corse dei cavalli, uno dei luoghi preferiti dal pittore. Questa ipotesi è suffragata dalla presenza della stessa figura in uno schizzo del 1894, con due fantini che passano sullo sfondo.

L’anno dopo il binocolo compare in una tela di Mary Cassatt, l’americana del gruppo degli Impressionisti. La pittrice però sposta il punto di vista dentro il palchetto così da mostrarci sia la donna mentre guarda verso il palco col binocolo, sia un personaggio che da qualche palchetto più avanti punta il suo binocolo su di lei.

Questa freschezza, questa immediatezza, tendono a scomparire nelle opere degli autori più accademici come questa giovane donna di Thomas Francis Dicksee (1819-1895) con il binocolo in mano.

Forse solo Henri de Toulouse-Lautrec è stato capace di conservare quella vitalità, abbinata all’ironia, che per primo aveva mostrato Daumier, con La loggia al Mascaron Doré del 1894. Qui una signora dall’aria altezzosa guarda con il suo binocolo accanto a un personaggio dal volto caricaturale.

Il binocolo da teatro, tuttavia, poteva essere usato anche fuori dai luoghi di spettacolo, lungo le coste marine o fluviali. È così che compare in un dipinto di James Tissot del 1873…

… e in quello di Antonio Garcia Mencia di fine secolo.

Col passaggio al Novecento – a parte sparute apparizioni – il binocolo da teatro scompare dalla pittura con la stessa rapidità con cui era apparso. Il mondo borghese e i suoi piaceri non erano più i soggetti della pittura anche se i binocoli si continuavano a usare tanto.
Quello che potrebbe sorprenderci è che questi binocolini sono presenti ancora oggi in una sessantina di teatri inglesi in una modalità più moderna: si affittano sul posto prelevandoli da un contenitore posto dietro lo schienale per il costo di una sterlina. La fabbrica di binocoli che gestisce questo servizio, la London Opera Glass Company (opera glass vuol dire binocolo da teatro) è nata nel 1913 proprio con questa modalità, quella di permettere al pubblico di noleggiare un binocolo direttamente in sala per pochi spiccioli. 

Certo, con la loro plastica rossa non hanno il gusto rétro dei binocoli ottocenteschi…

Ma d’altra parte neanche noi andiamo a teatro con cappelli vaporosi e guanti lunghi! Ogni cosa ha il suo tempo. E la pittura ne è specchio fedele.

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