Scuola, studenti italiani ultimi in Europa per competenze di base

L’ultima indagine Ocse-Pisa del 2018 (si effettua ogni tre anni) assegna ai 15enni italiani 476 punti in Lettura (11 in meno rispetto alla media Ocse), 487 in Matematica (meno 2) e 468 in Scienze (21 sotto la media).

Eppure – scrive Enzo Riboni su Corriere.it – la vera emergenza nazionale sulla preparazione dei cittadini non riguarda i giovanissimi: ciò che ci fa precipitare nelle ultimissime posizioni europee è il livello di istruzione delle persone più adulte. Sono infatti quasi 13 milioni i 25-64enni che possiedono al massimo la licenza di terza media.

Una schiera sterminata di italiani che, secondo il Regional Yearbook 2020 di Eurostat (dati 2019), rappresenta il 37,8 per cento della totalità degli adulti di quella fascia d’età. Una media percentuale, calcolata su tutto il territorio nazionale, che balza a un tasso prossimo all’uno su due in alcune regioni: 48,7 per cento in Puglia, 48,2 in Sicilia, 47,1 in Campania, 45,8 in Sardegna e 45,3 in Calabria.

L’allarme degli enti europei

Se si confrontano questi dati con quelli dei maggiori Paesi europei l’esito è sconfortante. I più «dotti» risultano essere i tedeschi, con poco meno di uno su otto 25-64enni (13,4 per cento) con un titolo di studio che non supera la licenza media. Seguono i britannici con il 18,9 e i francesi con il 19,6 per cento. Persino il piccolo Belgio ci surclassa con il 21,3 per cento, mentre stanno peggio di noi gli spagnoli, al top della scarsa istruzione con il 38,7 per cento. La situazione è considerata così grave da spingere alcuni enti italiani ed europei a lanciare un pressante appello sotto forma di lettera aperta al Governo: «Investite parte delle risorse del Recovery Plan sulla formazione continua degli adulti!».

Formare gli adulti senza istruzione

L’istanza, firmata tra i primi dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), dall’Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa (Indire) e dal Centro europeo per la formazione professionale (Cedefop), sollecita a muoversi rapidamente per centrare «entro il 2025 l’obiettivo europeo del 50 per cento di adulti che partecipino ad attività formative almeno una volta ogni dodici mesi». «Un livello così basso di istruzione di troppi italiani – commenta il presidente Inapp Sebastiano Fadda – produce gravi conseguenze per il Paese. Abbatte la produttività a causa delle insufficienti capacità innovative, della scarsa attitudine a inquadrare correttamente i problemi e quindi a risolverli, della difficoltà a lavorare in team e in smart working. Ma non sono solo gli aspetti economici ad essere penalizzati. Le ridotte competenze degli adulti impattano anche sulle capacità critiche e di analisi dei fenomeni, compresi quelli politici, producendo cittadini meno consapevoli e abbassando la partecipazione democratica».

PIù difficoltà per i figli di adulti non istruiti

Il problema si aggrava ulteriormente perché le scarse competenze di molti adulti creano un’ipoteca penalizzante anche sui loro discendenti, impedendo loro di salire sul cosiddetto ascensore sociale. È la stessa Inapp ad appurarlo nel suo studio «Istruzione e mobilità intergenerazionale»,

che ha preso in considerazione padri e madri nati tra il 1977 e il 1986. Un figlio di questi genitori che abbiano la sola licenza media, infatti, riesce ad arrivare alla laurea appena nel 12 per cento dei casi, una percentuale che crolla ancora più drasticamente (6 per cento) se il ragazzo ha padre e madre senza alcun titolo di studio. Il distacco dai figli provenienti da famiglie con formazione più completa è rilevante: arriva alla laurea il 48 per cento dei giovani con genitori in possesso del diploma di scuola media superiore e il 75 per cento di chi discende da laureati. E l’istruzione superiore non significa solo una laurea da incorniciare, ma, ricorda Inapp, «incide significativamente sulla futura posizione lavorativa, sulle opportunità di carriera, sul reddito, sul benessere e sul prestigio sociale».

Le proposte per la formazione continua

«Non possiamo più permetterci – avverte il presidente di Indire Giovanni Biondi – una situazione in cui la conclusione del percorso scolastico significhi fine della formazione. Abbiamo bisogno di una formazione continua che sappia tenere al passo le competenze degli adulti. Esistono esperienze come quelle dei Cpia, i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti, a cui è però iscritta una minoranza: non più di 163 mila persone. È viceversa necessario un sistema di formazione integrato con scuole e università, che accompagni la popolazione in tutto l’arco della vita». Obiettivo ancora lontanissimo visto che, secondo Eurostat, nel 2019 la percentuale di 25-64enni italiani che ha partecipato ad attività di istruzione e formazione è stata del 7,7 per cento contro l’8,2 dei tedeschi, il 10,6 degli spagnoli, il 14,8 dei britannici e il 19,5 dei francesi.

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