Scuole riaperte, l’allarme dei presidi: “Ci vediamo costretti ad una decisione”
“Se si torna al 100% a scuola, in molte aule non sarà possibile rispettare il metro di distanziamento”. Da lunedì prossimo l’Italia ricomincerà a riaprire i battenti,
e quello che sia il Premier Mario Draghi sia Roberto Speranza – ministro della Sanità – definiscono un “rischio ragionato”
nel caso delle scuole viene considerato da molte delle parti in causa quasi un azzardo.
È il il presidente dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli a lanciare l’allarme: “La scuola è un luogo naturale di assembramento, e ci vedremo costretti ad una decisione: ridurre la presenza dei ragazzi e alternarla alla dad, facendo rotazioni”.
Una preoccupazione che è anche delle istituzioni. “Sulle scuole ero in disaccordo”, ricorda Massimiliano Fedriga intervistato a In mezz’ora in più, “non per la scuola in sé, ma per i trasporti”.
Il presidente della Conferenza delle Regioni annuncia che chiederanno “un incontro per vedere gli orari di apertura e chiusura delle scuole perché così non va bene”.
Speranza spiega che il governo ha scelto di ripartire dalla scuola perché è l’architrave della nostra società. Una decisione definita “chiara e netta” “un rischio ragionato” ma “non folle”.
Lo scorso autunno – scrive l’HuffingtonPost – non andò benissimo, le principali criticità sono rimaste immutate nel tempo, e preoccupa la gestione di un ritorno in aula a ranghi completi.
È Cristina Costarelli, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi (ANP) del Lazio, a dire che il re è nudo: “La scuola pensava di arrivare a fine anno seguendo una linea di stabilità, non variando sulla percentuale di presenza dal 50 fino al 75% sui cui gli istituti superiori si erano orientati nei loro sistemi di funzionamento in emergenza”.
Da qui nasce la fretta di preparare per tempo il preparabile e l’apprensione per quel che accadrà, come poter portare in sicurezza tutti quei ragazzi in classe, come farceli restare per cinque o sei ore.
Il governo confida che i vaccini che a settembre non c’erano e l’ampia copertura di immunizzazione del personale scolastico (circa il 73%) possano essere decisivi per evitare una moltiplicazione dei focolai.