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Giornate FAI di Primavera 2024

Giornate FAI di Primavera | Sabato 23 e domenica 24 marzo 2024

Torna il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese con l’apertura eccezionale a contributo libero di 750 luoghi in 400 città. Tra questi, grandi e sorprendenti novità.

Tornano sabato 23 e domenica 24 marzo 2024 le Giornate FAI di Primavera, il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico d’Italia e alle storie inedite e inaspettate che custodisce con visite a contributo libero in 750 luoghi speciali in 400 città, dai grandi capoluoghi ai piccoli comuni, dai centri storici alle province, da Nord a Sud della Penisola (elenco dei luoghi aperti e modalità di partecipazione dal 12 marzo).

Le Giornate FAI di Primavera si confermano nella loro trentaduesima edizione uno degli eventi più importanti e significativi per conoscere il patrimonio culturale e paesaggistico italiano. Un’esclusiva opportunità di scoprire un’Italia meno nota, di luoghi solitamente inaccessibili, dalle grandi città ai borghi, da veri e propri monumenti a luoghi curiosi e inediti, che tuttavia ugualmente raccontano la cultura millenaria, ricchissima e multiforme del nostro Paese. Un modo per contribuire alla tutela e alla valorizzazione di questo patrimonio, che va innanzitutto conosciuto, frequentato, e prima ancora, raccontato. È questa la missione del FAI: “curare il patrimonio raccontandolo” a cominciare dai suoi 72 Beni aperti al pubblico durante l’anno, ma ampliando e arricchendo questo racconto proprio in occasione delle Giornate FAI di Primavera, quando 750 luoghi saranno aperti in tutta Italia grazie a migliaia di delegati e volontari del FAI e agli Apprendisti Ciceroni, giovani studenti appositamente formati per raccontare le meraviglie del loro territorio. Le Giornate del FAI offrono un racconto unico e originale dei beni culturali italiani, che risiede nella loro Storia intrecciata con la Natura, nei monumenti e nei paesaggi, nel patrimonio materiale e immateriale, e nelle tante storie che questi possono raccontare, che insegnano, ispirano e talvolta anche commuovono. Un racconto corale e concreto che si fonda sulla partecipazione di centinaia di istituzioni, associazioni, enti pubblici e privati che in numero sempre maggiore vi collaborano grazie a una vasta e capillare rete territoriale con un unico obiettivo: conoscere e riconoscere il valore del patrimonio italiano per tutelarlo con il contributo di tutti, perché appartiene a tutti.

Le Giornate FAI di Primavera chiuderanno la Settimana Rai dedicata ai Beni Culturali in collaborazione con il FAI. Dal 18 al 24 marzo, come ormai da oltre 10 anni, la Rai sarà in prima linea al fianco del FAI con tutti i canali radiofonici e televisivi e attraverso RaiPlay per creare un racconto corale che metterà al centro la bellezza e la sostenibilità del nostro patrimonio artistico e paesaggistico. Rai è Main Media Partner del FAI per sensibilizzare tutti gli italiani alla cura e valorizzazione del nostro Paese e supporta in particolare le Giornate FAI di Primavera 2024, anche attraverso la raccolta fondi solidale autorizzata da Rai per la Sostenibilità – ESG e promossa sulle reti del servizio pubblico.

https://fondoambiente.it/il-fai/grandi-campagne/giornate-fai-di-primavera/i-luoghi-aperti/

NUOVI SITI PER RIVELARE IL VOLTO LIBERTY DI CATANIA E IL PATRIMONIO DELL’HINTERLAND ETNEO

Palazzi e atelier, teatri e musei, sono già online location e info sulle visite. I Ciceroni trasformeranno ogni tappa in un’esperienza originale a ritroso nel tempo

Le Giornate FAI di Primavera 2024 si snodano sotto il sole della Catania Nord-Est, tra i palazzi di città edificati dalla borghesia. Sul fil rouge degli anni ruggenti del Liberty e del Gothic revival, saranno percorse le vie abitate dalla classe dirigente che tra il XIX e il XX secolo emerse con spirito imprenditoriale e si impose sulla vecchia nobiltà sedimentata nelle sfarzose ville gattopardesche del centro storico.

Sabato 23 e domenica 24 marzo il Fondo per l’Ambiente Italiano aprirà eccezionalmente le porte di prestigiose residenze, fondazioni, atelier, musei per accogliere il vasto pubblico che è già in attesa di vivere un’esperienza originale a ritroso nel tempo. L’evento diffuso propone numerosi siti e la loro esplorazione sarà valorizzata da centinaia di Apprendisti Ciceroni. 

Saranno coinvolti nelle tappe anche i volontari del gruppo Fai Ponte tra culture della Delegazione di Catania, così da ampliare l’accesso alla scoperta della città anche in lingue diverse dall’italiano. Online, nel sito web di FAI – https://fondoambiente.it/il-fai/grandi-campagne/giornate-fai-di-primavera/i-luoghi-aperti/?search=catania – sono già visibili tutte le location, gli orari e la durata delle visite, inoltre è indicata l’accessibilità per i visitatori in carrozzina di ogni sito.

Dal sepolcro romano custodito nella Villa Modica all’Istituto Ardizzone Gioeni, da Villa Zinagali Tetto al giardino dell’Atelier Mendola, il FAI a Catania mostrerà i tesori architettonici di un periodo di grande sviluppo economico e di una veloce evoluzione culturale. Con le visite alla Fondazione Brodback, al Museo del Cinema, al Teatro Sangiorgi, al Conservatorio Vincenzo Bellini, all’Istituto Nautico sarà palese l’investimento sull’intrattenimento e sulle vie della navigazione di quel tempo, gli Apprendisti Ciceroni tra i reperti storici riveleranno il carattere dinamico ed intraprendente che Catania assunse agli inizi del Novecento grazie ai numerosi imprenditori che ridisegnarono il volto borghese della città. Nell’espansione urbana a nord-est si conservano tutt’oggi espressioni dell’Art Déco per proseguire fra Razionalismo, Eclettismo, fino alle sfumature degli anni Sessanta e in parte anche degli anni Novanta. Nei due giorni i visitatori potranno immergersi anche in alcune luoghi dell’hinterland etneo: a Bronte per visitare il Castello Nelson, ad Acireale per varcare la soglia del Palazzo Patanè Pennisi e per ammirare le chiese barocche, sono in programma anche passeggiate a Vizzini sulla Via dei Baroni, a Giarre per immergersi nella dimora di Don Marcantonio, a Misterbianco per ammirare le opere esposte nel Museo del Carnevale.

Numerose le collaborazioni del FAI sul territorio con partner istituzionali, tra questi la Città Metropolitana di Catania, il Comune di Catania, l’Università di Catania, l’Istituto per ciechi Tommaso Ardizzone Gioeni, l’Associazione Guide Turistiche di Catania, i comuni di Bronte, di Vizzini, di Misterbianco, le Pro Loco di Misterbianco e di Vizzini, l’Associazione Skené, il Circolo Verga e Sicilia Antica di Vizzini.

In ogni sito i visitatori avranno l’opportunità di iscrizione al FAI, incentivati da volontari e delegati. «Potenziare il supporto al Fondo Ambiente – spiega Maria Licata, capo delegazione FAI Catania – significa contribuire alla conoscenza e alla tutela di un prezioso patrimonio comune che vanta siti eterogenei di elevata importanza architettonica e culturale. Le nuove tappe incluse a Catania nelle Giornate FAI di Primavera 2024 offrono uno sguardo intenso sugli stili, le architetture, le mode e gli eventi più importanti che si sono succeduti nella storia più recente della città. Ma danno anche l’opportunità di passeggiate fuori porta alla scoperta dei tesori dell’hinterland etneo»

Il sostegno dei visitatori, in tutti i siti, potrà concretizzarsi con un contributo o con l’iscrizione che riserva ai soci diversi benefit, dall’accesso gratuito ai siti FAI dislocati in tutta Italia alla condivisione di contenuti e agli sconti su prodotti e servizi dei numerosi partner.

«Con grande entusiasmo e voglia di mostrare la bellezza della nostra città in ogni sua forma, il gruppo giovani partecipa alle giornate FAI di primavera a Catania – afferma Enrica Oliveri, capogruppo giovani della delegazione catanese – Attraverso la nostra presenza attiva e il coinvolgimento degli apprendisti ciceroni, primo approccio vivace che si può avere col FAI, abbiamo l’opportunità di celebrare e preservare il patrimonio culturale e storico della nostra città. Durante le giornate e non solo, contribuiamo a sensibilizzare l’importanza della conservazione del nostro passato per le generazioni future. Siamo grati per l’opportunità che i diversi siti aperti in Città ci daranno e guardiamo avanti per continuare a promuovere la conservazione del nostro patrimonio insieme alla comunità».

«Ho potuto constatare che c’è una grande aspettativa – aggiunge Maria Teresa Di Blasi, storica volontaria FAI – I luoghi che sono stati scelti rientrano nella tematica del liberty che tanto successo sta riscuotendo a livello regionale e nazionale”

«Il gruppo Fai Ponte della Delegazione di Catania, al momento primo in Sicilia – afferma il capo gruppo Gabriella Catalano – è la proposta della Fondazione in cui il patrimonio artistico, storico, culturale diventa strumento per favorire l’integrazione tra persone di diversa provenienza».

Con Storielibere alle radici dei podcast

Nella redazione della piattaforma leader di download che, partendo da un tavolo blu, con le sue serie audio riesce a governare il rapporto biunivoco tra parola scritta e quella “scritta a voce”

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È cominciato tutto con un tavolo tondo blu. O forse il tavolo tondo blu con le buche da cui spuntano i cavi degli I-pad sta per il luogo dove tutto è cominciato, nel senso della storia di Storielibere.fm, piattaforma editoriale di podcast audio, leader per numero di serie podcast originali pubblicate e per ascolti (dieci milioni di download nel dicembre 2021, e a inizio 2022 sono stati superati gli undici). Il tavolo blu è quello che Storielibere si porta dietro fin dalla prima apparizione al Salone del libro di Torino: era la primavera 2018 e la piattaforma veniva ufficialmente presentata in un angolo del Lingotto, in mezzo a torme di ragazzine con le cuffie. E un visitatore che si affacci oggi nelle due sale della redazione, a Milano, negli spazi coworking a due passi dalla Fonderia napoleonica, vedrà sempre il tavolo e molte cuffie (quelle sulla testa o sulla scrivania di redattori, coordinatori, social media manager, manager editoriale, fonico e amministratore delegato), ma resterà rapito dal potere evocativo del “tavolo da podcast”, trasportato ogni volta da Milano a Torino assieme alle lettere cubiformi dell’insegna, ora avvolte nel cellophane in cima a un armadio.   

Tuttavia non è cominciata davvero a Torino, la storia di Storielibere, oggi forte di tre anni di crescita con le serie podcast più note (da “Morgana” a “F***ing genius” a “Il gorilla ce l’ha piccolo”, per citare soltanto le pioniere tra le tantissime messe in cantiere nei laptop-scrigni magici in cui entrano parole scritte ed escono “parole scritte a voce”).

    

    

C’era una volta infatti Rossana De Michele, giù produttrice, regista, autrice, talent scout, manager televisiva e radiofonica, e ora ceo e fondatrice della piattaforma che dirige con il co-fondatore Gian Andrea Cerone, coadiuvati dall’editorial manager Guido Guenci, oltre che da un gruppo molto coeso di giovani “nativi” (assunti cioè a Storielibere come primo lavoro nel mondo dei podcast e in alcuni casi come primo lavoro tout court) e da una manciata di consulenti stabili che curano ognuno un ambito, dalla parte sonora al rapporto con i brand.

Di solito funziona così, racconta scherzando De Michele: succede che se Storielibere si innamora di un collaboratore anche il collaboratore ricambia e si mette a lavorare solo lì. Il concetto è che se uno ha una buona idea ben venga, si prova a vedere l’effetto che fa e non è detto che per avere un buon effetto serva avere già un nome. Cosa che magari aiuta, specie nel rapporto con le piattaforme a pagamento (Storielibere ha appena rinnovato il contratto con Audible), ma che non toglie la voglia di sperimentare, dice De Michele rievocando i giorni del 2017 in cui neanche più ci si poteva consolare con la canzone “Video killed the radio star”: lo storytelling via radio (De Michele allora stava lavorando per Radio 2), sembrava soffrire, sì, ma non per la concorrenza ormai stabilizzata del video. La crisi era trasversale ai mezzi e riguardava più che altro i tempi e i modi, tanto che pareva non ci fosse più spazio mentale e fisico per la parola. Eppure la voglia di approfondimento stava trovando da sola un’altra strada, anche se il podcast era ancora poco sperimentato in Italia.

  

Detto e fatto: dopo una lunga carriera iniziata sui documentari nel 1989, e dopo una lunga permanenza nella Mtv degli anni d’oro, oltre a un sempre lungo sodalizio artistico e produttivo con l’amica e collega Camila Raznovich, Rossana De Michele si ritrova alla festa per i vent’anni di Mtv a parlare con l’ex capo Antonio Campo Dall’Orto, che di Mtv è stato direttore, prima di ricoprire la vicepresidenza esecutiva di Viacom International e la direzione generale della Rai. Pur avendo appena chiuso il cerchio documentaristico, con un lavoro per Sky Arte per i cent’anni dalla nascita di Fernanda Pivano, De Michele aveva allora espresso l’idea a Campo Dall’Orto: e se fondassi un’azienda focalizzata sul podcast? E si sa che a volte le idee camminano su gambe impreviste, in questo caso la società di produzione in cui aveva contatti il futuro socio Cerone, società che decide di sostenere l’impresa nascente. Il resto lo fa la possibilità di ingaggiare talenti con cui De Michele aveva già lavorato.

Tempo quattro-cinque mesi, e Storielibere veleggia, dopo innumerevoli riunioni-pranzo alla Feltrinelli, verso la presentazione al suddetto Salone di Torino, carica di determinazione nel veicolare con i fatti – le prime serie podcast – concetti mai più abbandonati di cui Storielibere va fiera, come ripetono dal primo all’ultimo tutti gli appartenenti a quella che sembra nei modi  una famiglia ma che in realtà è già una  corazzata. Accanto alla Fonderia si produce infatti per sé, per Audible e per alcuni brand (Bper, Unilever, Buddybank), ma non si tradisce la parola d’ordine-marchio identitario: “Militanza”. Militante deve essere l’autore, nel senso di competente nella materia oggetto del suo “scritto a voce”, e non importa se la competenza è hobbistica o lavorativa: tra le nuove serie per il 2022 c’è per esempio “Nihao”, in cui il comico Ubaldo Pantani si cimenta con la cultura e la lingua cinese accanto alla sinologa Ginevra Barducci, proponendosi come ambasciatore di uno scambio culturale Italia-Cina per mezzo di uno stand up nella lingua sconosciuta: i curatori si sono trovati inizialmente a dover fronteggiare un Pantani perplesso di fronte al se stesso in forma podcast, ma la perplessità è durata pochissimo e il comico ne è uscito entusiasta. Stessa cosa per l’architetto, restauratore e scrittore Antonio Forcellino, durante la creazione della serie podcast “Il secolo dei giganti”.

Reimparare a camminare, questa la sensazione di alcuni autori, abituati a scrivere, ma non a scrivere evocando l’immagine che non c’è e anticipando un suono che sottolinea la parola. Come si fa a “scrivere a voce”, questo il problema per chi però, dice De Michele, “non ne poteva più, come non ne potevo più io, di un mordi e fuggi insopportabile nei contenuti, compressi e parcellizzati. Io a un certo punto ho sentito il bisogno, e con me molti altri, di una dieta mediatica, di una sorta di slow food nella fruizione, di un racconto più disteso che desse nuova centralità alla scrittura”. Poi c’è la militanza, spiegata da chi ne fa una disciplina di pensiero: “Ci siamo posti come obiettivo quello di cercare autori appassionati dei temi che trattano e soprattutto credibili nel trattarli. Ne cito uno per noi importantissimo: Matteo B. Bianchi, che con la sua rivista letteraria indipendente ‘Tina’ ha fatto esordire talenti sconosciuti e che con la sua creatività ci ha accompagnati fin dai primi tempi. E cito anche, tra gli altri, Massimo Temporelli, esperto di intelligenza artificiale, l’uomo che ha dato l’input, durante la pandemia, per la trasformazione delle maschere da sub in respiratori. Da  anni Temporelli vola negli ascolti con la serie ‘F***genius’ ”.

E quello che in effetti è un passo nel futuro – il podcast – in qualche modo si fa balzo nel passato, come ritorno a una tradizione orale che ora però si immette in un unico flusso di scritto, voce e ancora scritto (libri tratti dalle serie podcast: Storielibere ne ha già undici) e collaborazioni con brand per cui il racconto diventa simbolo di un campo valoriale con cui un’azienda vuole essere identificata. Ed ecco che si trasforma in emblema di coraggiosa imprenditoria femminile la storia delle sorelle Angela e Luciana Giussani, demiurghe dell’universo Diabolik nella Milano del Dopoguerra, quando il formato tascabile diventava oro in mano ai travet. Le due ragazze del boom, nella città che si risvegliava dal sonno della guerra, sono dunque protagoniste di “Les diaboliques”, serie originale prodotta da Storielibere per Bper.

   

Passo indietro: molto insoddisfatte della compressione della parola, nel momento in cui De Michele decideva di puntare sui podcast, c’erano anche la scrittrice Michela Murgia e l’autrice Chiara Tagliaferri, migrate a un certo punto dalla radio al podcast con “Morgana”, leader di ascolti e oggi anche serie-spin off per Buddybank sul tema dell’emancipazione femminile (tra le serie non legate a brand compare poi “Vietato invecchiare”, in cui Francesca Barra e Silvia Galeazzi entrano nel vivo della domanda: “Perché dopo i 35 anni una donna non è più considerata giovane?”).

Scorrendo i titoli di Storielibere, guardando indietro e avanti, alle serie che arriveranno, c’è spazio per l’“Archivio Pacifico” dell’omonimo scrittore Francesco, per la cultura queer e per la “Favolosa economia”, raccontata al netto dei pregiudizi che la fanno sembrare astrusa ai neofiti o ai negati in matematica. E c’è la collaborazione con l’Airc con “Tits up!”, podcast in sei episodi sulla storia di donne che hanno vissuto o stanno vivendo il tumore al seno, narrato da Samanta Chiodini, la cui recente scomparsa impone a chi resta, dice De Michele, il compito che ci si era prefissati: eliminare dal lessico legato al tumore il concetto di “lotta” in cui si vince o si perde: “E’ la ricerca che deve combattere, non chi si ammala”. Tra le storie libere ha fatto molta strada, in questi anni, anche “A morte il tiranno”, in cui Matteo Cavezzali racconta le vicende degli uomini e delle donne che a un certo punto  hanno deciso di uccidere un despota vero o presunto. Attraverso le vite dei regicidi o aspiranti tali si entra nelle contraddizioni dell’animo umano, in bilico tra attrazione per il potere e desiderio di disobbedienza. Un’altalena protagonista, attraverso miti e simboli, anche del “Bestiario politico” di Gianluca Briguglia, docente di Storia delle Dottrine Politiche a Venezia.

  

Dietro lo schermo del telefono o dell’Ipad da cui la voce arriva a chi ascolta le serie podcast mentre cammina, corre o guida, ma anche a chi preferisce farsi cullare dal racconto sdraiato sul divano, c’è la vita quotidiana lavorativa di chi i podcast li fa e li cresce come fossero bambini, anche a volte confrontandosi, pur senza scontrarsi, con piccole riottosità autoriali. “Dovete fare anche un po’ gli psicologi?”, chiede e si chiede il visitatore che immagina l’erosione della pazienza in capo a un curatore che si veda respingere dall’autore il consiglio di modifica (capita infatti che i primi invii risentano dell’abitudine a scrivere non “a voce”, con periodi troppo lunghi e incisi impossibili da leggere mantenendo il ritmo). Invece no: a Storielibere dicono che gli autori si affidano, anche loro un po’ “bambini di ritorno” che devono imparare un nuovo modo di esprimersi per affabulare, e a volte sono già istintivamente pronti per il passaggio su podcast e a volte hanno bisogno di rodaggio, ma tutti alla fine si scoprono diversi e contenti, tanto che qualcuno, racconta Rossana De Michele, passa definitivamente alla scrittura snella e immaginifica che il mezzo richiede per evocare quello che non si vede, ma senza l’intercalare inclusivo della radio. E il rapporto tra voce e parola scritta si auto-alimenta: la piattaforma podcast Storielibere a volte si fa “live”, a teatro con il Piccolo o ai festival, dove viene anche “intervistata” (è successo con il Tg1 a Torino), e punta da un lato all’informazione (rassegna stampa quotidiana di Massimiliano Coccia in “Quarto potere”; partnership editoriale con questo giornale; ingresso del gruppo Mauri Spagnol – Gems – nell’estate del 2021, con l’acquisizione del 30 per cento di Storielibere) e dall’altro sulla formazione, con l’accordo annuale con le scuole Holden e Belleville, e con le collaborazioni per il master del Sole24Ore e Minimum Lab. 

 Nessuno fa capricci da neofita del podcast, almeno non a lungo, raccontano le giovani curatrici Cecilia Belluzzo – studi al Dams e approdo a Storielibere – e Veronica Buscarini, che dopo l’università, passando per la Holden, ha scoperto i podcast e non se ne è più staccata. Entrambe sono in un certo senso autodidatte del sound design, studiato da un lato sul campo e dall’altro con corsi on-line durante la pandemia. Veronica è stata l’unica ad alzare la mano, alla Holden, la prima volta che qualcuno ha chiesto “sapete cos’è un podcast?”; Cecilia spiega la funzione di punteggiatura di musica e suoni. Nonostante lavorino su diversi progetti, si sentono parte di un luogo che è anche un metodo e un modo di pensare e lavorare (stessa impressione si ha mentre si parla con Giovanna Surace, pilastro del coordinamento redazionale, e con Giacomo Botto, social media manager e comunicazione). Bisogna però parlare con l’editorial manager Guido Guenci per trovare l’aneddoto degli aneddoti sugli esordi a Storielibere: il suo è avvenuto grazie a una provvidenziale richiesta di un numero di telefono altrui da parte di De Michele – operazione che fece però ricordare a De Michele la precedente proficua collaborazione con Guenci, carriera a Mtv e poi da giornalista al Gruppo Espresso. Altri aneddoti sparsi: la mirabolante festa di cinquant’anni di De Michele nell’attico in Via Palermo, sede della redazione per un tempo troppo breve, e i giorni a sorpresa in cui Giovanna organizza la riunione di sviluppo. Ma dove guarda Storielibere, in un momento in cui gli investimenti nel settore crescono, con Spotify acquirente prolifico oltreoceano e il NYT che qualche mese fa ha comprato Serial Productions, società dietro al podcast Serial, per venticinque milioni di dollari? “La sfida è non cedere per forza al richiamo dei ‘like’”, dice De Michele, “pur mantenendosi nel mercato”. E poi “rimettersi in gioco, ogni volta, per continuare a crescere, perché il podcast possa diventare presto un prodotto popolare”. 

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