La pittura subacquea di Eugen von Ransonnet-Villez

Stavo raccogliendo immagini di pesci nella storia dell’arte quando mi sono chiesta: ma qualcuno ha mai provato a dipingerli nel loro ambiente naturale, mentre nuotano in acqua? È così che mi sono imbattuta in Eugen von Ransonnet-Villez (1838-1926), un pittore austriaco che si è dedicato anima e corpo – letteralmente – alla rappresentazione del mondo subacqueo.

Nato a Vienna nel 1838, Ransonnet è stato un talento precoce tanto da iscriversi a soli 12 anni all’Accademia di Belle Arti della sua città natale. Allo stesso tempo nutriva una profonda passione per il mare e le sue creature.

Tuttavia, in quanto membro di una famiglia aristocratica, era tenuto a praticare un mestiere più ‘nobile’ e così studia legge e diventa un funzionario del Ministero degli Affari Esteri dell’Impero austriaco. Per fortuna proprio quella qualifica gli ha consentito di viaggiare nei paesi più lontani ed entrare in contatto con studiosi delle specie marine.

Nel 1862, durante un soggiorno lungo il Mar Rosso, realizza i primi disegni del mondo sottomarino osservando la barriera corallina da una barca. Al suo ritorno a Vienna trasforma quegli schizzi in litografie a colori e l’anno seguente le pubblica nel resoconto “Viaggio dal Cairo a Tor fino alle barriere coralline del Mar Rosso“.

Naturalmente si trattava di ricostruzioni fatte a tavolino, dato che il punto di vista originale era esterno alla superficie dell’acqua.

Ransonnet però non era soddisfatto del risultato: avrebbe voluto raffigurare il mondo sottomarino come appare sott’acqua. E così l’anno seguente, ad ottobre del 1864, si reca a Ceylon (l’odierno Sri Lanka) con un marchingegno di sua invenzione: una campana subacquea in cui avrebbe potuto sedersi a disegnare osservando il paesaggio marino da un piccolo oblò circolare.

La campana era alta quasi un metro e larga circa 80 centimetri. Per farla scendere verso il fondale, su cui l’artista avrebbe potuto muovere anche qualche passo, erano stati appesi alcuni sacchi riempiti con palle di cannone. L’aria sarebbe arrivata attraverso un tubo collegato a una pompa posta sulla barca di servizio.

La prima immersione avvenne il 25 novembre 1864 nel tratto di mare davanti Galle, una città lungo la costa sud dell’isola. La campana venne calata in acqua da un equipaggio di sei aiutanti locali a bordo di una grossa barca. Prima di tuffarsi e penetrare nella campana, a circa 5 metri di profondità, Ransonnet vide galleggiare sull’acqua la carcassa di un cane annegato: lo prese come un buon segno perché indicava l’assenza di squali nelle acque circostanti.

… cautamente mi sono infilato dentro e ho cominciato a respirare nello spazio ristretto, in cui tutti i suoni avevano un’eco stordente tra le pareti di ferro…”, ricorda l’artista.

Rimase in acqua più di tre ore, osservando incantato quel mondo sospeso e sconosciuto: “Il paesaggio sottomarino si illuminò gradualmente, e nella scintillante luce verde smeraldo, illuminata dal sole, si estendeva davanti a me il fondo marino sabbioso, su cui il bagliore delle onde giocose creava un modello intrecciato di bande di luce colorate“.

In quell’arco di tempo ha disegnato la barriera corallina in questo modo: “Ho usato una carta verniciata di colore verdastro, che mi ha permesso di disegnarci con una matita morbida anche quando era bagnata. Lo schizzo finito è stato messo in una scatola di latta e trasportato fuori dalla campana immergendosi; un secondo strato di vernice ha impedito allo schizzo di essere sfocato, infine è stato colorato con vernice ad olio trasparente.

Questo è uno degli schizzi creati in questa sessione sottomarina. Un disegno che qualcuno ha felicemente definito en pleine mer.

Da quegli schizzi Ransonnet ha realizzato quattro litografie che pubblicò nel 1867 nel suo “Schizzi degli abitanti, della vita animale e della vegetazione nelle pianure e alte montagne di Ceylon“.

Successivamente il pittore ne ha tratto anche un dipinto a olio, una delicata scena sottomarina che include pesci, coralli, spugne e anche un teschio. Si tratta della prima raffigurazione del genere nella storia dell’arte, un’opera che cerca contemporaneamente realismo scientifico e suggestione romantica.

Dopo il suo soggiorno a Ceylon Ransonnet non usò più la campana da immersione ma preferì dipingere in barca osservando il fondale con un ‘periscopio inverso‘, un dispositivo telescopico di sua invenzione dotato di lenti e specchi.

È con questo strumento che dipinse il paesaggio subacqueo del mare Adriatico nel 1884. Per prima cosa dipingeva uno schizzo a olio della scena, cercando di riprodurre gli esatti toni luminosi, poi aggiungeva animali e piante che si era premurato di raccogliere e collocare temporaneamente dentro una boccia di vetro riempita di acqua di mare.

Questi esperimenti rimarranno i primi e gli ultimi nel campo della raffigurazione pittorica del mondo sottomarino. Di lì a poco, nel 1893, il biologo francese Louis Butan realizzerà la prima foto subacquea scattata durante un’immersione con la tuta da palombaro e in poco tempo si svilupperà una branca specifica della fotografia.

Resta fuori discussione che il nostro Eugen von Ransonnet-Villez rimane un pioniere della raffigurazione del mondo sommerso, un artista tanto appassionato quanto coraggioso, capace di tuffarsi in acque sconosciute e pericolose pur di vivere in prima persona l’emozione degli abissi, dove “il senso normale della distanza e delle dimensioni è completamente perso. Ti rendi presto conto che nelle profondità dell’oceano devi non solo imparare a muoverti, ma anche a vedere e sentire”.

***

Per documentarmi su questo articolo ho consultato

The life and work of the Austrian underwater-painter & explorer, Eugen von Ransonnet-Villez

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