Leopardi e il teorema del sorriso
Leopardi e Minsky insegnano a valorizzare il sorriso. Saranno i robot a ereditare la terra ma, come gli uccelli, non sapranno sorridere. Il teorema del sorriso.
Un’Accademia dei Sillografi non c’è mai stata. È Giacomo Leopardi che la inventa per satireggiare umoristicamente sul suo tempo del quale parla come età delle macchine e secolo fortunato. La immagina che istituisce un bando di concorso per il conferimento di tre premi destinati agli inventori di tre macchine. Tre automata, come si diceva allora. Oggi, tre robot. Il primo disposto a fare le parti di un amico sincero e disinteressato, il secondo quelle di un uomo atto a compiere opere virtuose e magnanime, e il terzo gli uffici di una donna fedele.
Le ragioni che hanno indotto l’Accademia a tale bando di concorso pubblico poggiano sostanzialmente su due considerazioni.
La prima è che le macchine non tarderanno ad occuparsi, oltre che di cose materiali, anche di cose umane e spirituali. È probabile cioè che in un futuro non lontano «si abbiano a ritrovare, per modo di esempio, non solo parafulmini ma qualche parainvidia, qualche paracalunnie o paraperfidia o parafrodi, o altre macchine che ci scampino dal soffrire del predominio dell’egoismo e della mediocrità degli umani». L’altra ragione, che è poi la principale, è che le macchine lasciano intravedere la possibilità di curare «i difetti del genere umano».
Ecco allora i tre premi individuati per tre macchine che possano riuscire allo scopo di sostituire uomini e donne, in modo da superarne
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