Il ricordo di Don Lorenzo Milani nelle celebrazioni del centenario della nascita. Intelligenze diverse a confronto.
“Che anche io prenda l’esempio di questo bravo prete!”( Papa Francesco)
Sul significato di una commemorazione
Il Presidente della Repubblica Italiana e il Papa della Chiesa Cattolica hanno ricordato Don Milani a cento anni dalla nascita, rendendogli omaggio e facendone sentire ancora viva la presenza. Non è mancato chi, pur non essendo all’altezza del Capo dello Stato e del Sommo Pontefice, ha presentato invece la commemorazione come segno di obsolescenza del messaggio dell’educatore. Di fronte a queste opposte posizioni abbiamo chiesto all’app You.com dell’I.A. di esporre i pro e i contro della missione educativa di Don Milani, ricevendone la risposta in lingua inglese riportata più avanti. Abbiamo poi messo a confronto la risposta con le elucubrazioni di alcune intelligenze non artificiali protese a relegare Don Milani nel cimitero degli illusi. Infine abbiamo riportato stralci dei discorsi di Sergio Mattarella e Jorge Mario Bergoglio in onore di Don Milani.
Definire l’intelligenza
Si sa che il vocabolo “intelligenza” deriva dal latino intus legere, un “leggere dentro” che è anche uno “scegliere dentro”. La definizione di “intelligenza” nel Vocabolario Treccani in rete comincia così:“Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare […]”
Essere intelligente equivale dunque a saper discernere significati reali o probabili, scendendo in profondità all’interno di problemi e progetti in situazioni concrete o nel dominio dell’astrazione, giungendo a formulare giudizi esposti a verifica ed eventuale smentita. D’altra parte è in atto un tipo di ricerca che potremmo definire “intelligenza dell’intelligenza”. Fra gli studiosi che si occupano di questa problematica ricordiamo Howard Gardner, al quale si deve la teoria delle intelligenze multiple. Qui ci si limiterà a mostrare come l’I.A. in uno stadio iniziale del suo sviluppo sia in grado di presentare in modo equilibrato pareri contrastanti circa l’operato e l’eredità di Don Milani in ambito pedagogico.
La controversia sulla pedagogia di Don Milani in una sintesi dell’I.A.
“Don Lorenzo Milani’s pedagogy was a subject of both praise and criticism. He was known for his unconventional teaching methods and his focus on the needs of individual students. Milani believed that education should be accessible to everyone, regardless of social status or economic background, and he worked tirelessly to make this a reality. His approach to education was grounded in a deep social consciousness and a commitment to social justice.
Although Milani’s educational philosophy was generally well-received among his students and colleagues, it also drew some criticism from outside observers. Some saw his emphasis on social justice as Marxist or socialist, while others saw it as too idealistic or impractical. Nonetheless, his legacy has endured, and his work continues to influence education and social policy in Italy and beyond.
In short, the pedagogy of Don Milani can be seen as a critical and radical approach to education that sought to empower students and promote social justice, serving as both an inspiration and a challenge to educators and policymakers alike.”
L’eroe dell’ideale e i suoi detrattori accademici
Sul quotidiano Il Mattino del 28 maggio 2023 Adolfo Scotto di Luzio, docente di Storia della pedagogia presso l’Università di Bergamo, dedica le sue cure a Don Milani in un articolo intitolato La “non attualità” di un prete scomodo. Si avventura in affermazioni deliranti in senso etimologico, oltraggiando chi non condivide le sue tesi, in quanto, a suo dire, non condividendole “si diventa facilmente nipotini di Goebbels con le migliori intenzioni”.
Per lui, nessuno è disposto a riconoscere l’inattualità della pedagogia del prete scomodo e non riconoscendola inattuale si entrerebbe a far parte delle “residue sacerdotesse del mito di Don Milani, sempre più rabbiose e sempre più inefficaci”, mostrando “una scarsa attitudine al pensiero, il bene più prezioso e di cui, con più nostalgia, sentiamo oggi la mancanza”. Nello stesso tempo il cattedratico osserva che Don Milani rientra nel novero dei grandi autori, dei classici, che stimolano il pensiero, però senza fornire “nessuna indicazione operativa per il nostro presente”.
Ma le indicazioni operative per il nostro presente non debbono escogitarle gli odierni addetti ai lavori? E tali escogitazioni non debbono tener conto in primo luogo degli alti ideali perseguiti da Don Milani? Sappiamo bene che i tempi cambiano e i metodi educativi vanno adeguati alla nuova realtà emergente. Non c’è bisogno che ce lo ricordi lo Scotto di Luzio con una supponenza francamente fuor di luogo.
In un’intervista pubblicata in Attualità-Opinioni a confronto il 13 agosto 2019 col titolo Scuola italiana malata di conformismo veniva chiesto a Ernesto Galli della Loggia, docente di Storia contemporanea presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane, per quale motivo mettesse in discussione Don Milani. Il cattedratico dichiarava l’istanza di Don Milani “nemica del merito e basata sull’idea che tutti debbano essere promossi senza una reale valutazione delle loro competenze”.
Per lui, celebrare Don Milani significherebbe nutrirsi di “mitologie e feticci”.
Il citato accademico vede in Don Milani “una sorta di maoista cristiano”, un “nemico della cultura”, diventato “una specie di santino”. Intanto non si comprende come tutti i problemi della scuola odierna possano essere risolti con la restaurazione dell’arcaico autoritarismo simboleggiato dall’icastica collocazione del docente in cattedra e contrabbandato come moderna autorità.
Per quanto riguarda la divulgazione giornalistica, fra coloro che si sono aggregati allo Scotto di Luzio e al Galli della Loggia ci si limita qui a ricordare Francesco Merlo, che su la Repubblica del 2 giugno 2023 imputa a Don Milani l’introduzione della deleteria voga del sei politico, come se il sacerdote di Barbiana abbia inteso predicare il lassismo e non la necessità di uno strenuo impegno quotidiano per corroborare i ragazzi più deboli.
Don Milani per le somme autorità in campo civile ed ecclesiastico
Il nostro Presidente della Repubblica in visita a Barbiana ha riconosciuto la persistenza dei valori educativi e sociali di cui Don Milani continua ad essere testimone:
“Il motore primo delle sue idee di giustizia e uguaglianza era proprio la scuola. La scuola come leva per contrastare le povertà. […] La scuola per conoscere. Per imparare, anzitutto, la lingua, per poter usare la parola. […] La scuola, in un Paese democratico, non può non avere come sua prima finalità e orizzonte l’eliminazione di ogni discrimine.”
Alla luce del pensiero e dell’opera di Don Milani è dato comprendere cosa si debba intendere realmente per “merito”:
“Il merito non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto e per non far perdere all’Italia talenti preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito”.
Papa Francesco in visita alla tomba di Don Milani si è così espresso fra l’altro:
“Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole. Questo vale a suo modo anche per i nostri tempi […]”
Così conclude il Sommo Pontefice:
“Che anche io prenda l’esempio di questo bravo prete!”
Riferimenti