Il matematico dei Pensieri Discreti

Gian-Carlo Rota, il matematico e filosofo di successo che amò la storia, il latino e i versi di Orazio e di Ovidio, l’Italia, il made in Italy e il profumo che poteva respirare nelle librerie italiane. Trent’anni dai suoi Pensieri Discreti.

Gian Carlo Rota (1932-1999)

Gian-Carlo Rota (Vigevano, 27 aprile 1932 – Cambridge, 18 aprile 1999) è stato un matematico di eccezionale levatura. Un personaggio di primo piano della scienza della seconda metà del XX secolo.

Pensieri Discreti”, edito da Garzanti nel 1993, è considerato per molti aspetti il suo romanzo autobiografico anche se non è un romanzo e non è stato scritto per esserlo. È una raccolta di più scritti curata da Fabrizio Palombi[1] allievo e amico di Gian-Carlo Rota.

Una raccolta di saggi, discorsi, recensioni, interviste che per quanto indipendenti tra loro hanno un legame così stretto da trascendere la discretizzazione e dare al lettore la percezione di essere condotto, com’è detto nel sottotitolo, lungo: Il percorso umano e intellettuale di un matematico tra ricerca scientifica e speculazione filosofica. Pagina dopo pagina, infatti, il lettore apprende dei suoi studi e dei successivi impegni professionali e di ricerca; degli argomenti che ha affrontato e che gli sono stati più congeniali; delle idee che ha maturato a contatto con i problemi e gli uomini che se ne occupavano e con i quali ha avuto frequentazione; delle sue amicizie e delle sue passioni: non solo la matematica, ma anche la storia, i versi dei grandi autori latini, la filosofia.

Uno dei

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Il matematico dei Pensieri Discreti

Gian-Carlo Rota, il matematico e filosofo di successo che amò la storia, il latino e i versi di Orazio e di Ovidio, l’Italia, il made in Italy e il profumo che poteva respirare nelle librerie italiane. Trent’anni dai suoi Pensieri Discreti.
Gian Carlo Rota (1932-1999)
Gian-Carlo Rota (Vigevano, 27 aprile 1932 – Cambridge, 18 aprile 1999) è stato un matematico di eccezionale levatura. Un personaggio di primo piano della scienza della seconda metà del XX secolo.
“Pensieri Discreti”, edito da Garzanti nel 1993, è considerato per molti aspetti il suo romanzo autobiografico anche se non è un romanzo e non è stato scritto per esserlo. È una raccolta di più scritti curata da Fabrizio Palombi[1] allievo e amico di Gian-Carlo Rota.
Una raccolta di saggi, discorsi, recensioni, interviste che per quanto indipendenti tra loro hanno un legame così stretto da trascendere la discretizzazione e dare al lettore la percezione di essere condotto, com’è detto nel sottotitolo, lungo: Il percorso umano e intellettuale di un matematico tra ricerca scientifica e speculazione filosofica. Pagina dopo pagina, infatti, il lettore apprende dei suoi studi e dei successivi impegni professionali e di ricerca; degli argomenti che ha affrontato e che gli sono stati più congeniali; delle idee che ha maturato a contatto con i problemi e gli uomini che se ne occupavano e con i quali ha avuto frequentazione; delle sue amicizie e delle sue passioni: non solo la matematica, ma anche la storia, i versi dei grandi autori latini, la filosofia.
Uno dei personaggi la cui presenza più conferisce ai Pensieri Discreti un taglio di narrazione autobiografica, è Stanislaw Ulam.
G.C. Rota lo conobbe nel 1964 a New York presentatogli da Mark Kac  e sono due i capitoli del libro che gli dedica. Uno è la riproduzione dell’orazione funebre che egli tenne per celebrare il grande matematico nell’anno della scomparsa, il 1984. L’altro s’intitola: il meraviglioso mondo dello zio Stan. Chi è Stanislaw Ulam? Uno i cui “occhi, uno presbite e l’altro miope, seguono gli ordini dettati dalla mente”. E la mente di Ulam è “una miniera di storie, racconti, battute, epigrammi, osservazioni, indovinelli, scioglilingua, annotazioni, conclusioni, slogan, formule, diagrammi, citazioni, versi, sommari, giochi di parole, epitaffi e titoli di giornale”. Oggetti che Ulam nella sua testa governa in tutta la molteplicità delle loro combinazioni e sequenze con effetti comunicativi eccezionali.
Da parte sua Ulam, nella sua autobiografia, Avventure di un matematico, ne parla spesso, sempre specificando: “il mio amico Rota” e così racconta:
«All’inizio degli anni sessanta incontrai Gian Carlo Rota, un matematico più giovane di me di almeno un quarto di secolo, e che diventerà sicuramente un nome rappresentativo… per parecchie generazioni dopo la mia. […] All’inizio rimasi colpito dalla capacità di Rota di orientarsi in molti e diversi settori della matematica e dalle opinioni che egli esprimeva in molte aree di ricerca, manifestando non solo una rara erudizione, ma anche molto senso pratico. È sempre più raro oggi trovare una persona che conosca la storia dello sviluppo delle principali teorie matematiche…Rota mi impressionò per la sua conoscenza di alcuni argomenti matematici ormai semi-dimenticati, quali i lavori di Sylvester, Cayley ed altri sulla teoria classica dell’invarianza…
La personalità di Rota mi è molto congeniale. La sua vasta istruzione, l’interesse attivo per la filosofia (è un esperto dei lavori di Edmund Husserl e Martin Heidegger)[2] e, soprattutto, la sua conoscenza del latino classico e della storia antica, hanno fatto in modo che egli colmasse il vuoto lasciato dalla perdita di von Neumann. In effetti spesso gareggiamo nel fare citazioni prese da Orazio, Ovidio ed altri autori in una divertente esibizione di vanagloriosa erudizione. Rota è anche uno che sa godere della vita, particolarmente amante dei buoni vini e della tavola, specialmente per quanto riguarda le specialità italiane. È capace di cucinare e condire la pasta in un numero incredibile di modi diversi. Italiano di nascita, fu portato in Sud America subito dopo la seconda guerra mondiale e all’età di diciotto anni si trasferì negli Stati Uniti. La sua istruzione universitaria ebbe luogo in questo Paese, ma egli ha mantenuto lo stile europeo nel modo di vestire, nei gusti e nelle abitudini. Si è laureato a Princeton ed è ora professore al MIT».
Grande Ulam! Una descrizione meravigliosa per l’identikit di un Gian-Carlo Rota che, tra i tanti pregi, ha anche quello di sapersi orientare nei diversi settori della matematica allo stesso modo in cui sa “condire la pasta in un numero incredibile di modi diversi”.
Tornando al libro, si apre con una breve rassegna di pensieri discreti e si chiude con un capitolo dedicato a ulteriori pensieri discreti.
Tra questi, a presentarsi quasi subito, è un “pensiero” che sollecita a riflessioni sulla comunicazione della matematica e sul suo insegnamento: «C’è voluta una nuova generazione di matematici …prima che la probabilità cominciasse a essere scritta nel modo in cui viene pensata».
Un’idea che è profonda quanto matura e trasversale e porta lo stesso Rota a chiedersi: Quand’è che si potrà, generalizzando, sostituire “matematica” a “probabilità”? Ovvero: Si potrà mai scrivere la matematica così come si è pensata? Forse mai! Eliminare la “catastrofe” – nel senso di Thom – tra i due livelli, quello creativo e quello comunicativo, che caratterizzano l’attività matematica. Tanti i matematici che l’hanno sottolineato, ma pare che ciò che si continui a insegnare sia ancora, per dirla con Novalis, la matematica della matematica, cioè la matematica sistemata, linearizzata, vestita a festa, non certo la matematica per come è “pensata”.
Il capitolo Fine hall nell’età dell’oro, ovvero il Dipartimento di Matematica della Università di Princeton dove Rota arrivò diciottenne, nel 1950, è quello più autobiografico.
Sono pagine scritte per “raccontare il più fedelmente possibile l’inestricabile intreccio di fatti, giudizi personali e idealizzazioni che ho conservato nella mia memoria”. E aggiunge: spero di aver raccontato la verità.  Nella Prefazione ha già affermato che: “In matematica, come in qualsiasi altro settore, dire la verità diventa sempre più difficile”. E dedica anche un capitoletto al concetto di verità matematica per spiegare cosa ne pensa. Comunque, per il suo racconto di Fine Hall s’impegna ad allontanare da sé i pregiudizi e avverte:
“Non dobbiamo temere di sminuire la nostra fiducia nella matematica se riconosciamo apertamente le ombre che possono offuscare la grandezza dei matematici, anche dei più insigni, come quella di chiunque altro”.
È con tale spirito che parla dei matematici di Fine Hall e di quelli che ha avuto per insegnanti.
Traccia principalmente i ritratti di Alonzo Church, William Feller, Emil Artin e Solomon Lefschetz. Quest’ultimo, abbastanza eccentrico, non risparmiava alcuno sforzo per essere un buon maestro ma di tanto in tanto esplodeva in “indecorose scenate” contro qualcuno. Una volta aggredì Serge Lang per aver detto che i problemi di Polya e Szegö erano “nocivi all’istruzione matematica”.  Parla anche di Mark Kac e di Marcel Paul Schutzenberger ai quali fu legato da sincera amicizia. Di William Feller, autore di un trattato di probabilità che giudica “uno dei grandi capolavori della matematica di tutti i tempi”, dice che aveva il pregio di far capire l’idea centrale di una dimostrazione anche con dimostrazioni per lo più incomplete.
E ricorda: mi impressionò un trucco che c’insegnò. L’integrale

si può calcolare facilmente: è uguale all’integrale

Poiché la somma dei due integrali è 2π, ciascuno di essi è π.
Il ricordo di Alonzo Church lo porta a parlare delle stranezze dei matematici, in particolare dei logici.
«Non può essere mera coincidenza che diversi eminenti logici del XX secolo abbiano trovato asilo in manicomi in qualche momento della loro vita: Cantor, Zermelo, Gödel, Peano sono alcuni di questi. Alonzo Church era uno dei più equilibrati, sebbene il suo comportamento debba essere considerato strano anche per gli standard dei matematici.  Ero troppo giovane e troppo timido per avere un’opinione personale su Church e sulla logica matematica. Ero innamorato dell’argomento e il suo era il mio primo corso di dottorato».
Di matematici strani o eccentrici nel corso della sua vita ne aveva comunque incontrati parecchi e non solo fra i logici. Il che rende la stranezza una proprietà tutt’altro che eccezionale per un matematico!
Una delle sue passioni è stata la storia e in particolare la storia della matematica.
Un campo di studio affascinante ma poco coltivato e tanto da presentarsi ai suoi occhi disastrato. L’aggettivo dà l’immagine di un campo dove ci si muove a fatica, pieno di buchi e parti impervie. I motivi li esprime in forma concreta dividendo, sulla base della sua personale esperienza, i pochi studiosi che vi si dedicano in tre gruppi. Nel primo gruppo, il più quotato intellettualmente, pone il Grande Uomo. Lo studioso che da giovanissimo si è dedicato anima e corpo allo studio della storia volendo cominciare dalle origini e che è morto ultranovantenne senza essere andato al di là della matematica greca.
Nel secondo gruppo, ad un livello più basso, colloca il Pedagogo: “figura più modesta alla quale si deve tuttavia la compilazione di un solido libro di testo”. Al livello più basso ancora, nel terzo gruppo, pone il Dilettante che “con la frivola noncuranza di un commesso viaggiatore, si muove tra luoghi e periodi diversi, e affastellando un insieme di aneddoti, fatti sensazionali, avidamente letti da studenti e insegnanti di scuole medie, invariabilmente assurge agli onori dell’edizione economica.”
L’idea è dunque di una storia che merita innanzitutto di essere maggiormente trattata e che ha bisogno di  strategie nuove che prestino maggiore attenzione agli aspetti che ne hanno determinato lo sviluppo, ai momenti di discontinuità e rottura epistemologica. Giudica positivamente l’opera di Morris Kline che organizza la sua storia del pensiero matematico per periodi e per temi coincidenti per lo più con i grandi capitoli della matematica e ha il merito di limitare il peso della matematica greca, araba e rinascimentale eccezion fatta per la geometria sintetica alla quale dà grande rilevanza. Un modo per testimoniare la sua presa di posizione contro la New Math e a favore dell’importanza culturale e pedagogica della geometria euclidea classica.
All’amore per la storia è riconducibile la particolare predilezione che ha per le biografie.
In questo settore quella di Hilbert scritta da Constance Reid la giudica pessima che nulla ha a vedere con le grandi biografie intellettuali come ad esempio quelle di Sartre su Flaubert e di Croce su Vico.
I capitoli centrali dei Pensieri Discreti sono dedicati al suo rapporto con la filosofia e i filosofi: Kant, Husserl e Heidegger. Tra gli italiani le sue preferenze vanno a Vico e Croce.
Infine, il futuro, con l’intelligenza artificiale, termine che risale alla tesi di dottorato in matematica di Marvin Minsky, presentata a Princeton nel 1952 ed approvata da Solomon Lefschetz. La conclusione del capitolo Matematica, filosofia e intelligenza artificiale è al riguardo, sorprendente! Sembra scritta oggi: «C’è il pericolo che si crei una nuova professione, lo specialista dell’intelligenza artificiale. Coloro che lavorano sui computer dovranno assumere un esperto di intelligenza artificiale, così come assumono un fisico o un avvocato. Si tratterà di una professione che si autoperpetuerà e che mancherà di una base scientifica adeguata. E questa gente potrebbe arrivare ad avere molto potere sotto l’egida del computer. Attenzione!»
In effetti non è più un rischio è la realtà.
Ancora quindici pensieri selezionati da Pensieri Discreti di Gian-Carlo Rota:

Un buon matematico non è necessariamente un buon soggetto.
I filosofi contemporanei (non tutti per fortuna) sono diventati seguaci della matematizzazione. Hanno ritoccato il motto di Galilei: Il grande libro della filosofia è scritto nel linguaggio della matematica.
In matematica tutto ciò che è accaduto prima di Leibniz non è storia, ma paleontologia.
Nessun insegnante di matematica che si rispetti può permettersi di imporre alla sua classe gli assiomi di una teoria senza fornire qualche motivazione.
La verità matematica non differisce da quelle della fisica e della chimica.
Nell’insegnamento della matematica, la verità richiesta dagli studenti e descritta dal docente è una verità di fatto e non la verità formale associata alla dimostrazione di un teorema.
Ogni problema matematico si dimostra alla fine banale.
La matematica è il grande successo dell’intelletto umano.
Confondere la matematica con l’assiomatica è come confondere la musica di Vivaldi con le tecniche di contrappunto dell’età barocca.
Si sente spesso dire che il compito della matematica è quello di «dimostrare teoremi». Se ciò fosse vero dovremmo coerentemente affermare che il compito di uno scrittore è quello di *scrivere delle frasi».
Rendere la matematica accessibile ai profani…è sempre stata una pericolosa navigazione tra gli scogli di Scilla e Cariddi, vale a dire tra il disprezzo professionale e la pubblica incomprensione.
C’è voluta una nuova generazione di matematici …prima che la probabilità cominciasse a essere scritta nel modo in cui viene pensata.
Nessuno ha la più pallida idea di come funzioni il processo di induzione scientifica, e quando parliamo di «processo» stiamo forse già azzardando una ipotesi pericolosa.
Anche gli ingegneri, che dopo l’esame di maturità speravano di aver definitivamente chiuso con le letture umanistiche, cercano adesso aiuto e conforto nella cultura filosofica.
Un buon insegnante di matematica non trasmette nozioni, bensì entusiasmo, apertura mentale e valori.

NOTE
[1] Fabrizio Palombi è attualmente docente di filosofia teoretica all’Università della Calabria. Egli ha curato anche la pubblicazione di Gian Carlo Rota, Lezioni Napoletane, La città del Sole, 1999.
[2] Mauro Cerasoli, uno dei matematici italiani che è stato molto vicino a Gian-Carlo Rota, in Il fascino discreto di Gian-Carlo Rota riporta  alcune interessanti testimonianze del suo interesse per la filosofia.

Il matematico dei Pensieri Discreti

Gian-Carlo Rota, il matematico e filosofo di successo che amò la storia, il latino e i versi di Orazio e di Ovidio, l’Italia, il made in Italy e il profumo che poteva respirare nelle librerie italiane. Trent’anni dai suoi Pensieri Discreti.
Gian Carlo Rota (1932-1999)
Gian-Carlo Rota (Vigevano, 27 aprile 1932 – Cambridge, 18 aprile 1999) è stato un matematico di eccezionale levatura. Un personaggio di primo piano della scienza della seconda metà del XX secolo.
“Pensieri Discreti”, edito da Garzanti nel 1993, è considerato per molti aspetti il suo romanzo autobiografico anche se non è un romanzo e non è stato scritto per esserlo. È una raccolta di più scritti curata da Fabrizio Palombi[1] allievo e amico di Gian-Carlo Rota.
Una raccolta di saggi, discorsi, recensioni, interviste che per quanto indipendenti tra loro hanno un legame così stretto da trascendere la discretizzazione e dare al lettore la percezione di essere condotto, com’è detto nel sottotitolo, lungo: Il percorso umano e intellettuale di un matematico tra ricerca scientifica e speculazione filosofica. Pagina dopo pagina, infatti, il lettore apprende dei suoi studi e dei successivi impegni professionali e di ricerca; degli argomenti che ha affrontato e che gli sono stati più congeniali; delle idee che ha maturato a contatto con i problemi e gli uomini che se ne occupavano e con i quali ha avuto frequentazione; delle sue amicizie e delle sue passioni: non solo la matematica, ma anche la storia, i versi dei grandi autori latini, la filosofia.
Uno dei personaggi la cui presenza più conferisce ai Pensieri Discreti un taglio di narrazione autobiografica, è Stanislaw Ulam.
G.C. Rota lo conobbe nel 1964 a New York presentatogli da Mark Kac  e sono due i capitoli del libro che gli dedica. Uno è la riproduzione dell’orazione funebre che egli tenne per celebrare il grande matematico nell’anno della scomparsa, il 1984. L’altro s’intitola: il meraviglioso mondo dello zio Stan. Chi è Stanislaw Ulam? Uno i cui “occhi, uno presbite e l’altro miope, seguono gli ordini dettati dalla mente”. E la mente di Ulam è “una miniera di storie, racconti, battute, epigrammi, osservazioni, indovinelli, scioglilingua, annotazioni, conclusioni, slogan, formule, diagrammi, citazioni, versi, sommari, giochi di parole, epitaffi e titoli di giornale”. Oggetti che Ulam nella sua testa governa in tutta la molteplicità delle loro combinazioni e sequenze con effetti comunicativi eccezionali.
Da parte sua Ulam, nella sua autobiografia, Avventure di un matematico, ne parla spesso, sempre specificando: “il mio amico Rota” e così racconta:
«All’inizio degli anni sessanta incontrai Gian Carlo Rota, un matematico più giovane di me di almeno un quarto di secolo, e che diventerà sicuramente un nome rappresentativo… per parecchie generazioni dopo la mia. […] All’inizio rimasi colpito dalla capacità di Rota di orientarsi in molti e diversi settori della matematica e dalle opinioni che egli esprimeva in molte aree di ricerca, manifestando non solo una rara erudizione, ma anche molto senso pratico. È sempre più raro oggi trovare una persona che conosca la storia dello sviluppo delle principali teorie matematiche…Rota mi impressionò per la sua conoscenza di alcuni argomenti matematici ormai semi-dimenticati, quali i lavori di Sylvester, Cayley ed altri sulla teoria classica dell’invarianza…
La personalità di Rota mi è molto congeniale. La sua vasta istruzione, l’interesse attivo per la filosofia (è un esperto dei lavori di Edmund Husserl e Martin Heidegger)[2] e, soprattutto, la sua conoscenza del latino classico e della storia antica, hanno fatto in modo che egli colmasse il vuoto lasciato dalla perdita di von Neumann. In effetti spesso gareggiamo nel fare citazioni prese da Orazio, Ovidio ed altri autori in una divertente esibizione di vanagloriosa erudizione. Rota è anche uno che sa godere della vita, particolarmente amante dei buoni vini e della tavola, specialmente per quanto riguarda le specialità italiane. È capace di cucinare e condire la pasta in un numero incredibile di modi diversi. Italiano di nascita, fu portato in Sud America subito dopo la seconda guerra mondiale e all’età di diciotto anni si trasferì negli Stati Uniti. La sua istruzione universitaria ebbe luogo in questo Paese, ma egli ha mantenuto lo stile europeo nel modo di vestire, nei gusti e nelle abitudini. Si è laureato a Princeton ed è ora professore al MIT».
Grande Ulam! Una descrizione meravigliosa per l’identikit di un Gian-Carlo Rota che, tra i tanti pregi, ha anche quello di sapersi orientare nei diversi settori della matematica allo stesso modo in cui sa “condire la pasta in un numero incredibile di modi diversi”.
Tornando al libro, si apre con una breve rassegna di pensieri discreti e si chiude con un capitolo dedicato a ulteriori pensieri discreti.
Tra questi, a presentarsi quasi subito, è un “pensiero” che sollecita a riflessioni sulla comunicazione della matematica e sul suo insegnamento: «C’è voluta una nuova generazione di matematici …prima che la probabilità cominciasse a essere scritta nel modo in cui viene pensata».
Un’idea che è profonda quanto matura e trasversale e porta lo stesso Rota a chiedersi: Quand’è che si potrà, generalizzando, sostituire “matematica” a “probabilità”? Ovvero: Si potrà mai scrivere la matematica così come si è pensata? Forse mai! Eliminare la “catastrofe” – nel senso di Thom – tra i due livelli, quello creativo e quello comunicativo, che caratterizzano l’attività matematica. Tanti i matematici che l’hanno sottolineato, ma pare che ciò che si continui a insegnare sia ancora, per dirla con Novalis, la matematica della matematica, cioè la matematica sistemata, linearizzata, vestita a festa, non certo la matematica per come è “pensata”.
Il capitolo Fine hall nell’età dell’oro, ovvero il Dipartimento di Matematica della Università di Princeton dove Rota arrivò diciottenne, nel 1950, è quello più autobiografico.
Sono pagine scritte per “raccontare il più fedelmente possibile l’inestricabile intreccio di fatti, giudizi personali e idealizzazioni che ho conservato nella mia memoria”. E aggiunge: spero di aver raccontato la verità.  Nella Prefazione ha già affermato che: “In matematica, come in qualsiasi altro settore, dire la verità diventa sempre più difficile”. E dedica anche un capitoletto al concetto di verità matematica per spiegare cosa ne pensa. Comunque, per il suo racconto di Fine Hall s’impegna ad allontanare da sé i pregiudizi e avverte:
“Non dobbiamo temere di sminuire la nostra fiducia nella matematica se riconosciamo apertamente le ombre che possono offuscare la grandezza dei matematici, anche dei più insigni, come quella di chiunque altro”.
È con tale spirito che parla dei matematici di Fine Hall e di quelli che ha avuto per insegnanti.
Traccia principalmente i ritratti di Alonzo Church, William Feller, Emil Artin e Solomon Lefschetz. Quest’ultimo, abbastanza eccentrico, non risparmiava alcuno sforzo per essere un buon maestro ma di tanto in tanto esplodeva in “indecorose scenate” contro qualcuno. Una volta aggredì Serge Lang per aver detto che i problemi di Polya e Szegö erano “nocivi all’istruzione matematica”.  Parla anche di Mark Kac e di Marcel Paul Schutzenberger ai quali fu legato da sincera amicizia. Di William Feller, autore di un trattato di probabilità che giudica “uno dei grandi capolavori della matematica di tutti i tempi”, dice che aveva il pregio di far capire l’idea centrale di una dimostrazione anche con dimostrazioni per lo più incomplete.
E ricorda: mi impressionò un trucco che c’insegnò. L’integrale

si può calcolare facilmente: è uguale all’integrale

Poiché la somma dei due integrali è 2π, ciascuno di essi è π.
Il ricordo di Alonzo Church lo porta a parlare delle stranezze dei matematici, in particolare dei logici.
«Non può essere mera coincidenza che diversi eminenti logici del XX secolo abbiano trovato asilo in manicomi in qualche momento della loro vita: Cantor, Zermelo, Gödel, Peano sono alcuni di questi. Alonzo Church era uno dei più equilibrati, sebbene il suo comportamento debba essere considerato strano anche per gli standard dei matematici.  Ero troppo giovane e troppo timido per avere un’opinione personale su Church e sulla logica matematica. Ero innamorato dell’argomento e il suo era il mio primo corso di dottorato».
Di matematici strani o eccentrici nel corso della sua vita ne aveva comunque incontrati parecchi e non solo fra i logici. Il che rende la stranezza una proprietà tutt’altro che eccezionale per un matematico!
Una delle sue passioni è stata la storia e in particolare la storia della matematica.
Un campo di studio affascinante ma poco coltivato e tanto da presentarsi ai suoi occhi disastrato. L’aggettivo dà l’immagine di un campo dove ci si muove a fatica, pieno di buchi e parti impervie. I motivi li esprime in forma concreta dividendo, sulla base della sua personale esperienza, i pochi studiosi che vi si dedicano in tre gruppi. Nel primo gruppo, il più quotato intellettualmente, pone il Grande Uomo. Lo studioso che da giovanissimo si è dedicato anima e corpo allo studio della storia volendo cominciare dalle origini e che è morto ultranovantenne senza essere andato al di là della matematica greca.
Nel secondo gruppo, ad un livello più basso, colloca il Pedagogo: “figura più modesta alla quale si deve tuttavia la compilazione di un solido libro di testo”. Al livello più basso ancora, nel terzo gruppo, pone il Dilettante che “con la frivola noncuranza di un commesso viaggiatore, si muove tra luoghi e periodi diversi, e affastellando un insieme di aneddoti, fatti sensazionali, avidamente letti da studenti e insegnanti di scuole medie, invariabilmente assurge agli onori dell’edizione economica.”
L’idea è dunque di una storia che merita innanzitutto di essere maggiormente trattata e che ha bisogno di  strategie nuove che prestino maggiore attenzione agli aspetti che ne hanno determinato lo sviluppo, ai momenti di discontinuità e rottura epistemologica. Giudica positivamente l’opera di Morris Kline che organizza la sua storia del pensiero matematico per periodi e per temi coincidenti per lo più con i grandi capitoli della matematica e ha il merito di limitare il peso della matematica greca, araba e rinascimentale eccezion fatta per la geometria sintetica alla quale dà grande rilevanza. Un modo per testimoniare la sua presa di posizione contro la New Math e a favore dell’importanza culturale e pedagogica della geometria euclidea classica.
All’amore per la storia è riconducibile la particolare predilezione che ha per le biografie.
In questo settore quella di Hilbert scritta da Constance Reid la giudica pessima che nulla ha a vedere con le grandi biografie intellettuali come ad esempio quelle di Sartre su Flaubert e di Croce su Vico.
I capitoli centrali dei Pensieri Discreti sono dedicati al suo rapporto con la filosofia e i filosofi: Kant, Husserl e Heidegger. Tra gli italiani le sue preferenze vanno a Vico e Croce.
Infine, il futuro, con l’intelligenza artificiale, termine che risale alla tesi di dottorato in matematica di Marvin Minsky, presentata a Princeton nel 1952 ed approvata da Solomon Lefschetz. La conclusione del capitolo Matematica, filosofia e intelligenza artificiale è al riguardo, sorprendente! Sembra scritta oggi: «C’è il pericolo che si crei una nuova professione, lo specialista dell’intelligenza artificiale. Coloro che lavorano sui computer dovranno assumere un esperto di intelligenza artificiale, così come assumono un fisico o un avvocato. Si tratterà di una professione che si autoperpetuerà e che mancherà di una base scientifica adeguata. E questa gente potrebbe arrivare ad avere molto potere sotto l’egida del computer. Attenzione!»
In effetti non è più un rischio è la realtà.
Ancora quindici pensieri selezionati da Pensieri Discreti di Gian-Carlo Rota:

Un buon matematico non è necessariamente un buon soggetto.
I filosofi contemporanei (non tutti per fortuna) sono diventati seguaci della matematizzazione. Hanno ritoccato il motto di Galilei: Il grande libro della filosofia è scritto nel linguaggio della matematica.
In matematica tutto ciò che è accaduto prima di Leibniz non è storia, ma paleontologia.
Nessun insegnante di matematica che si rispetti può permettersi di imporre alla sua classe gli assiomi di una teoria senza fornire qualche motivazione.
La verità matematica non differisce da quelle della fisica e della chimica.
Nell’insegnamento della matematica, la verità richiesta dagli studenti e descritta dal docente è una verità di fatto e non la verità formale associata alla dimostrazione di un teorema.
Ogni problema matematico si dimostra alla fine banale.
La matematica è il grande successo dell’intelletto umano.
Confondere la matematica con l’assiomatica è come confondere la musica di Vivaldi con le tecniche di contrappunto dell’età barocca.
Si sente spesso dire che il compito della matematica è quello di «dimostrare teoremi». Se ciò fosse vero dovremmo coerentemente affermare che il compito di uno scrittore è quello di *scrivere delle frasi».
Rendere la matematica accessibile ai profani…è sempre stata una pericolosa navigazione tra gli scogli di Scilla e Cariddi, vale a dire tra il disprezzo professionale e la pubblica incomprensione.
C’è voluta una nuova generazione di matematici …prima che la probabilità cominciasse a essere scritta nel modo in cui viene pensata.
Nessuno ha la più pallida idea di come funzioni il processo di induzione scientifica, e quando parliamo di «processo» stiamo forse già azzardando una ipotesi pericolosa.
Anche gli ingegneri, che dopo l’esame di maturità speravano di aver definitivamente chiuso con le letture umanistiche, cercano adesso aiuto e conforto nella cultura filosofica.
Un buon insegnante di matematica non trasmette nozioni, bensì entusiasmo, apertura mentale e valori.

NOTE
[1] Fabrizio Palombi è attualmente docente di filosofia teoretica all’Università della Calabria. Egli ha curato anche la pubblicazione di Gian Carlo Rota, Lezioni Napoletane, La città del Sole, 1999.
[2] Mauro Cerasoli, uno dei matematici italiani che è stato molto vicino a Gian-Carlo Rota, in Il fascino discreto di Gian-Carlo Rota riporta  alcune interessanti testimonianze del suo interesse per la filosofia.

Il matematico dei Pensieri Discreti

Gian-Carlo Rota, il matematico e filosofo di successo che amò la storia, il latino e i versi di Orazio e di Ovidio, l’Italia, il made in Italy e il profumo che poteva respirare nelle librerie italiane. Trent’anni dai suoi Pensieri Discreti.

Gian Carlo Rota (1932-1999)

Gian-Carlo Rota (Vigevano, 27 aprile 1932 – Cambridge, 18 aprile 1999) è stato un matematico di eccezionale levatura. Un personaggio di primo piano della scienza della seconda metà del XX secolo.

Pensieri Discreti”, edito da Garzanti nel 1993, è considerato per molti aspetti il suo romanzo autobiografico anche se non è un romanzo e non è stato scritto per esserlo. È una raccolta di più scritti curata da Fabrizio Palombi[1] allievo e amico di Gian-Carlo Rota.

Una raccolta di saggi, discorsi, recensioni, interviste che per quanto indipendenti tra loro hanno un legame così stretto da trascendere la discretizzazione e dare al lettore la percezione di essere condotto, com’è detto nel sottotitolo, lungo: Il percorso umano e intellettuale di un matematico tra ricerca scientifica e speculazione filosofica. Pagina dopo pagina, infatti, il lettore apprende dei suoi studi e dei successivi impegni professionali e di ricerca; degli argomenti che ha affrontato e che gli sono stati più congeniali; delle idee che ha maturato a contatto con i problemi e gli uomini che se ne occupavano e con i quali ha avuto frequentazione; delle sue amicizie e delle sue passioni: non solo la matematica, ma anche la storia, i versi dei grandi autori latini, la filosofia.

Uno dei

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Gian-Carlo Rota, il matematico e filosofo di successo che amò la storia, il latino e i versi di Orazio e di Ovidio, l’Italia, il made in Italy e il profumo che poteva respirare nelle librerie italiane. Trent’anni dai suoi Pensieri Discreti.
Gian Carlo Rota (1932-1999)
Gian-Carlo Rota (Vigevano, 27 aprile 1932 – Cambridge, 18 aprile 1999) è stato un matematico di eccezionale levatura. Un personaggio di primo piano della scienza della seconda metà del XX secolo.
“Pensieri Discreti”, edito da Garzanti nel 1993, è considerato per molti aspetti il suo romanzo autobiografico anche se non è un romanzo e non è stato scritto per esserlo. È una raccolta di più scritti curata da Fabrizio Palombi[1] allievo e amico di Gian-Carlo Rota.
Una raccolta di saggi, discorsi, recensioni, interviste che per quanto indipendenti tra loro hanno un legame così stretto da trascendere la discretizzazione e dare al lettore la percezione di essere condotto, com’è detto nel sottotitolo, lungo: Il percorso umano e intellettuale di un matematico tra ricerca scientifica e speculazione filosofica. Pagina dopo pagina, infatti, il lettore apprende dei suoi studi e dei successivi impegni professionali e di ricerca; degli argomenti che ha affrontato e che gli sono stati più congeniali; delle idee che ha maturato a contatto con i problemi e gli uomini che se ne occupavano e con i quali ha avuto frequentazione; delle sue amicizie e delle sue passioni: non solo la matematica, ma anche la storia, i versi dei grandi autori latini, la filosofia.
Uno dei personaggi la cui presenza più conferisce ai Pensieri Discreti un taglio di narrazione autobiografica, è Stanislaw Ulam.
G.C. Rota lo conobbe nel 1964 a New York presentatogli da Mark Kac  e sono due i capitoli del libro che gli dedica. Uno è la riproduzione dell’orazione funebre che egli tenne per celebrare il grande matematico nell’anno della scomparsa, il 1984. L’altro s’intitola: il meraviglioso mondo dello zio Stan. Chi è Stanislaw Ulam? Uno i cui “occhi, uno presbite e l’altro miope, seguono gli ordini dettati dalla mente”. E la mente di Ulam è “una miniera di storie, racconti, battute, epigrammi, osservazioni, indovinelli, scioglilingua, annotazioni, conclusioni, slogan, formule, diagrammi, citazioni, versi, sommari, giochi di parole, epitaffi e titoli di giornale”. Oggetti che Ulam nella sua testa governa in tutta la molteplicità delle loro combinazioni e sequenze con effetti comunicativi eccezionali.
Da parte sua Ulam, nella sua autobiografia, Avventure di un matematico, ne parla spesso, sempre specificando: “il mio amico Rota” e così racconta:
«All’inizio degli anni sessanta incontrai Gian Carlo Rota, un matematico più giovane di me di almeno un quarto di secolo, e che diventerà sicuramente un nome rappresentativo… per parecchie generazioni dopo la mia. […] All’inizio rimasi colpito dalla capacità di Rota di orientarsi in molti e diversi settori della matematica e dalle opinioni che egli esprimeva in molte aree di ricerca, manifestando non solo una rara erudizione, ma anche molto senso pratico. È sempre più raro oggi trovare una persona che conosca la storia dello sviluppo delle principali teorie matematiche…Rota mi impressionò per la sua conoscenza di alcuni argomenti matematici ormai semi-dimenticati, quali i lavori di Sylvester, Cayley ed altri sulla teoria classica dell’invarianza…
La personalità di Rota mi è molto congeniale. La sua vasta istruzione, l’interesse attivo per la filosofia (è un esperto dei lavori di Edmund Husserl e Martin Heidegger)[2] e, soprattutto, la sua conoscenza del latino classico e della storia antica, hanno fatto in modo che egli colmasse il vuoto lasciato dalla perdita di von Neumann. In effetti spesso gareggiamo nel fare citazioni prese da Orazio, Ovidio ed altri autori in una divertente esibizione di vanagloriosa erudizione. Rota è anche uno che sa godere della vita, particolarmente amante dei buoni vini e della tavola, specialmente per quanto riguarda le specialità italiane. È capace di cucinare e condire la pasta in un numero incredibile di modi diversi. Italiano di nascita, fu portato in Sud America subito dopo la seconda guerra mondiale e all’età di diciotto anni si trasferì negli Stati Uniti. La sua istruzione universitaria ebbe luogo in questo Paese, ma egli ha mantenuto lo stile europeo nel modo di vestire, nei gusti e nelle abitudini. Si è laureato a Princeton ed è ora professore al MIT».
Grande Ulam! Una descrizione meravigliosa per l’identikit di un Gian-Carlo Rota che, tra i tanti pregi, ha anche quello di sapersi orientare nei diversi settori della matematica allo stesso modo in cui sa “condire la pasta in un numero incredibile di modi diversi”.
Tornando al libro, si apre con una breve rassegna di pensieri discreti e si chiude con un capitolo dedicato a ulteriori pensieri discreti.
Tra questi, a presentarsi quasi subito, è un “pensiero” che sollecita a riflessioni sulla comunicazione della matematica e sul suo insegnamento: «C’è voluta una nuova generazione di matematici …prima che la probabilità cominciasse a essere scritta nel modo in cui viene pensata».
Un’idea che è profonda quanto matura e trasversale e porta lo stesso Rota a chiedersi: Quand’è che si potrà, generalizzando, sostituire “matematica” a “probabilità”? Ovvero: Si potrà mai scrivere la matematica così come si è pensata? Forse mai! Eliminare la “catastrofe” – nel senso di Thom – tra i due livelli, quello creativo e quello comunicativo, che caratterizzano l’attività matematica. Tanti i matematici che l’hanno sottolineato, ma pare che ciò che si continui a insegnare sia ancora, per dirla con Novalis, la matematica della matematica, cioè la matematica sistemata, linearizzata, vestita a festa, non certo la matematica per come è “pensata”.
Il capitolo Fine hall nell’età dell’oro, ovvero il Dipartimento di Matematica della Università di Princeton dove Rota arrivò diciottenne, nel 1950, è quello più autobiografico.
Sono pagine scritte per “raccontare il più fedelmente possibile l’inestricabile intreccio di fatti, giudizi personali e idealizzazioni che ho conservato nella mia memoria”. E aggiunge: spero di aver raccontato la verità.  Nella Prefazione ha già affermato che: “In matematica, come in qualsiasi altro settore, dire la verità diventa sempre più difficile”. E dedica anche un capitoletto al concetto di verità matematica per spiegare cosa ne pensa. Comunque, per il suo racconto di Fine Hall s’impegna ad allontanare da sé i pregiudizi e avverte:
“Non dobbiamo temere di sminuire la nostra fiducia nella matematica se riconosciamo apertamente le ombre che possono offuscare la grandezza dei matematici, anche dei più insigni, come quella di chiunque altro”.
È con tale spirito che parla dei matematici di Fine Hall e di quelli che ha avuto per insegnanti.
Traccia principalmente i ritratti di Alonzo Church, William Feller, Emil Artin e Solomon Lefschetz. Quest’ultimo, abbastanza eccentrico, non risparmiava alcuno sforzo per essere un buon maestro ma di tanto in tanto esplodeva in “indecorose scenate” contro qualcuno. Una volta aggredì Serge Lang per aver detto che i problemi di Polya e Szegö erano “nocivi all’istruzione matematica”.  Parla anche di Mark Kac e di Marcel Paul Schutzenberger ai quali fu legato da sincera amicizia. Di William Feller, autore di un trattato di probabilità che giudica “uno dei grandi capolavori della matematica di tutti i tempi”, dice che aveva il pregio di far capire l’idea centrale di una dimostrazione anche con dimostrazioni per lo più incomplete.
E ricorda: mi impressionò un trucco che c’insegnò. L’integrale

si può calcolare facilmente: è uguale all’integrale

Poiché la somma dei due integrali è 2π, ciascuno di essi è π.
Il ricordo di Alonzo Church lo porta a parlare delle stranezze dei matematici, in particolare dei logici.
«Non può essere mera coincidenza che diversi eminenti logici del XX secolo abbiano trovato asilo in manicomi in qualche momento della loro vita: Cantor, Zermelo, Gödel, Peano sono alcuni di questi. Alonzo Church era uno dei più equilibrati, sebbene il suo comportamento debba essere considerato strano anche per gli standard dei matematici.  Ero troppo giovane e troppo timido per avere un’opinione personale su Church e sulla logica matematica. Ero innamorato dell’argomento e il suo era il mio primo corso di dottorato».
Di matematici strani o eccentrici nel corso della sua vita ne aveva comunque incontrati parecchi e non solo fra i logici. Il che rende la stranezza una proprietà tutt’altro che eccezionale per un matematico!
Una delle sue passioni è stata la storia e in particolare la storia della matematica.
Un campo di studio affascinante ma poco coltivato e tanto da presentarsi ai suoi occhi disastrato. L’aggettivo dà l’immagine di un campo dove ci si muove a fatica, pieno di buchi e parti impervie. I motivi li esprime in forma concreta dividendo, sulla base della sua personale esperienza, i pochi studiosi che vi si dedicano in tre gruppi. Nel primo gruppo, il più quotato intellettualmente, pone il Grande Uomo. Lo studioso che da giovanissimo si è dedicato anima e corpo allo studio della storia volendo cominciare dalle origini e che è morto ultranovantenne senza essere andato al di là della matematica greca.
Nel secondo gruppo, ad un livello più basso, colloca il Pedagogo: “figura più modesta alla quale si deve tuttavia la compilazione di un solido libro di testo”. Al livello più basso ancora, nel terzo gruppo, pone il Dilettante che “con la frivola noncuranza di un commesso viaggiatore, si muove tra luoghi e periodi diversi, e affastellando un insieme di aneddoti, fatti sensazionali, avidamente letti da studenti e insegnanti di scuole medie, invariabilmente assurge agli onori dell’edizione economica.”
L’idea è dunque di una storia che merita innanzitutto di essere maggiormente trattata e che ha bisogno di  strategie nuove che prestino maggiore attenzione agli aspetti che ne hanno determinato lo sviluppo, ai momenti di discontinuità e rottura epistemologica. Giudica positivamente l’opera di Morris Kline che organizza la sua storia del pensiero matematico per periodi e per temi coincidenti per lo più con i grandi capitoli della matematica e ha il merito di limitare il peso della matematica greca, araba e rinascimentale eccezion fatta per la geometria sintetica alla quale dà grande rilevanza. Un modo per testimoniare la sua presa di posizione contro la New Math e a favore dell’importanza culturale e pedagogica della geometria euclidea classica.
All’amore per la storia è riconducibile la particolare predilezione che ha per le biografie.
In questo settore quella di Hilbert scritta da Constance Reid la giudica pessima che nulla ha a vedere con le grandi biografie intellettuali come ad esempio quelle di Sartre su Flaubert e di Croce su Vico.
I capitoli centrali dei Pensieri Discreti sono dedicati al suo rapporto con la filosofia e i filosofi: Kant, Husserl e Heidegger. Tra gli italiani le sue preferenze vanno a Vico e Croce.
Infine, il futuro, con l’intelligenza artificiale, termine che risale alla tesi di dottorato in matematica di Marvin Minsky, presentata a Princeton nel 1952 ed approvata da Solomon Lefschetz. La conclusione del capitolo Matematica, filosofia e intelligenza artificiale è al riguardo, sorprendente! Sembra scritta oggi: «C’è il pericolo che si crei una nuova professione, lo specialista dell’intelligenza artificiale. Coloro che lavorano sui computer dovranno assumere un esperto di intelligenza artificiale, così come assumono un fisico o un avvocato. Si tratterà di una professione che si autoperpetuerà e che mancherà di una base scientifica adeguata. E questa gente potrebbe arrivare ad avere molto potere sotto l’egida del computer. Attenzione!»
In effetti non è più un rischio è la realtà.
Ancora quindici pensieri selezionati da Pensieri Discreti di Gian-Carlo Rota:

Un buon matematico non è necessariamente un buon soggetto.
I filosofi contemporanei (non tutti per fortuna) sono diventati seguaci della matematizzazione. Hanno ritoccato il motto di Galilei: Il grande libro della filosofia è scritto nel linguaggio della matematica.
In matematica tutto ciò che è accaduto prima di Leibniz non è storia, ma paleontologia.
Nessun insegnante di matematica che si rispetti può permettersi di imporre alla sua classe gli assiomi di una teoria senza fornire qualche motivazione.
La verità matematica non differisce da quelle della fisica e della chimica.
Nell’insegnamento della matematica, la verità richiesta dagli studenti e descritta dal docente è una verità di fatto e non la verità formale associata alla dimostrazione di un teorema.
Ogni problema matematico si dimostra alla fine banale.
La matematica è il grande successo dell’intelletto umano.
Confondere la matematica con l’assiomatica è come confondere la musica di Vivaldi con le tecniche di contrappunto dell’età barocca.
Si sente spesso dire che il compito della matematica è quello di «dimostrare teoremi». Se ciò fosse vero dovremmo coerentemente affermare che il compito di uno scrittore è quello di *scrivere delle frasi».
Rendere la matematica accessibile ai profani…è sempre stata una pericolosa navigazione tra gli scogli di Scilla e Cariddi, vale a dire tra il disprezzo professionale e la pubblica incomprensione.
C’è voluta una nuova generazione di matematici …prima che la probabilità cominciasse a essere scritta nel modo in cui viene pensata.
Nessuno ha la più pallida idea di come funzioni il processo di induzione scientifica, e quando parliamo di «processo» stiamo forse già azzardando una ipotesi pericolosa.
Anche gli ingegneri, che dopo l’esame di maturità speravano di aver definitivamente chiuso con le letture umanistiche, cercano adesso aiuto e conforto nella cultura filosofica.
Un buon insegnante di matematica non trasmette nozioni, bensì entusiasmo, apertura mentale e valori.

NOTE
[1] Fabrizio Palombi è attualmente docente di filosofia teoretica all’Università della Calabria. Egli ha curato anche la pubblicazione di Gian Carlo Rota, Lezioni Napoletane, La città del Sole, 1999.
[2] Mauro Cerasoli, uno dei matematici italiani che è stato molto vicino a Gian-Carlo Rota, in Il fascino discreto di Gian-Carlo Rota riporta  alcune interessanti testimonianze del suo interesse per la filosofia.

Il matematico dei Pensieri Discreti

Gian-Carlo Rota, il matematico e filosofo di successo che amò la storia, il latino e i versi di Orazio e di Ovidio, l’Italia, il made in Italy e il profumo che poteva respirare nelle librerie italiane. Trent’anni dai suoi Pensieri Discreti.
Gian Carlo Rota (1932-1999)
Gian-Carlo Rota (Vigevano, 27 aprile 1932 – Cambridge, 18 aprile 1999) è stato un matematico di eccezionale levatura. Un personaggio di primo piano della scienza della seconda metà del XX secolo.
“Pensieri Discreti”, edito da Garzanti nel 1993, è considerato per molti aspetti il suo romanzo autobiografico anche se non è un romanzo e non è stato scritto per esserlo. È una raccolta di più scritti curata da Fabrizio Palombi[1] allievo e amico di Gian-Carlo Rota.
Una raccolta di saggi, discorsi, recensioni, interviste che per quanto indipendenti tra loro hanno un legame così stretto da trascendere la discretizzazione e dare al lettore la percezione di essere condotto, com’è detto nel sottotitolo, lungo: Il percorso umano e intellettuale di un matematico tra ricerca scientifica e speculazione filosofica. Pagina dopo pagina, infatti, il lettore apprende dei suoi studi e dei successivi impegni professionali e di ricerca; degli argomenti che ha affrontato e che gli sono stati più congeniali; delle idee che ha maturato a contatto con i problemi e gli uomini che se ne occupavano e con i quali ha avuto frequentazione; delle sue amicizie e delle sue passioni: non solo la matematica, ma anche la storia, i versi dei grandi autori latini, la filosofia.
Uno dei personaggi la cui presenza più conferisce ai Pensieri Discreti un taglio di narrazione autobiografica, è Stanislaw Ulam.
G.C. Rota lo conobbe nel 1964 a New York presentatogli da Mark Kac  e sono due i capitoli del libro che gli dedica. Uno è la riproduzione dell’orazione funebre che egli tenne per celebrare il grande matematico nell’anno della scomparsa, il 1984. L’altro s’intitola: il meraviglioso mondo dello zio Stan. Chi è Stanislaw Ulam? Uno i cui “occhi, uno presbite e l’altro miope, seguono gli ordini dettati dalla mente”. E la mente di Ulam è “una miniera di storie, racconti, battute, epigrammi, osservazioni, indovinelli, scioglilingua, annotazioni, conclusioni, slogan, formule, diagrammi, citazioni, versi, sommari, giochi di parole, epitaffi e titoli di giornale”. Oggetti che Ulam nella sua testa governa in tutta la molteplicità delle loro combinazioni e sequenze con effetti comunicativi eccezionali.
Da parte sua Ulam, nella sua autobiografia, Avventure di un matematico, ne parla spesso, sempre specificando: “il mio amico Rota” e così racconta:
«All’inizio degli anni sessanta incontrai Gian Carlo Rota, un matematico più giovane di me di almeno un quarto di secolo, e che diventerà sicuramente un nome rappresentativo… per parecchie generazioni dopo la mia. […] All’inizio rimasi colpito dalla capacità di Rota di orientarsi in molti e diversi settori della matematica e dalle opinioni che egli esprimeva in molte aree di ricerca, manifestando non solo una rara erudizione, ma anche molto senso pratico. È sempre più raro oggi trovare una persona che conosca la storia dello sviluppo delle principali teorie matematiche…Rota mi impressionò per la sua conoscenza di alcuni argomenti matematici ormai semi-dimenticati, quali i lavori di Sylvester, Cayley ed altri sulla teoria classica dell’invarianza…
La personalità di Rota mi è molto congeniale. La sua vasta istruzione, l’interesse attivo per la filosofia (è un esperto dei lavori di Edmund Husserl e Martin Heidegger)[2] e, soprattutto, la sua conoscenza del latino classico e della storia antica, hanno fatto in modo che egli colmasse il vuoto lasciato dalla perdita di von Neumann. In effetti spesso gareggiamo nel fare citazioni prese da Orazio, Ovidio ed altri autori in una divertente esibizione di vanagloriosa erudizione. Rota è anche uno che sa godere della vita, particolarmente amante dei buoni vini e della tavola, specialmente per quanto riguarda le specialità italiane. È capace di cucinare e condire la pasta in un numero incredibile di modi diversi. Italiano di nascita, fu portato in Sud America subito dopo la seconda guerra mondiale e all’età di diciotto anni si trasferì negli Stati Uniti. La sua istruzione universitaria ebbe luogo in questo Paese, ma egli ha mantenuto lo stile europeo nel modo di vestire, nei gusti e nelle abitudini. Si è laureato a Princeton ed è ora professore al MIT».
Grande Ulam! Una descrizione meravigliosa per l’identikit di un Gian-Carlo Rota che, tra i tanti pregi, ha anche quello di sapersi orientare nei diversi settori della matematica allo stesso modo in cui sa “condire la pasta in un numero incredibile di modi diversi”.
Tornando al libro, si apre con una breve rassegna di pensieri discreti e si chiude con un capitolo dedicato a ulteriori pensieri discreti.
Tra questi, a presentarsi quasi subito, è un “pensiero” che sollecita a riflessioni sulla comunicazione della matematica e sul suo insegnamento: «C’è voluta una nuova generazione di matematici …prima che la probabilità cominciasse a essere scritta nel modo in cui viene pensata».
Un’idea che è profonda quanto matura e trasversale e porta lo stesso Rota a chiedersi: Quand’è che si potrà, generalizzando, sostituire “matematica” a “probabilità”? Ovvero: Si potrà mai scrivere la matematica così come si è pensata? Forse mai! Eliminare la “catastrofe” – nel senso di Thom – tra i due livelli, quello creativo e quello comunicativo, che caratterizzano l’attività matematica. Tanti i matematici che l’hanno sottolineato, ma pare che ciò che si continui a insegnare sia ancora, per dirla con Novalis, la matematica della matematica, cioè la matematica sistemata, linearizzata, vestita a festa, non certo la matematica per come è “pensata”.
Il capitolo Fine hall nell’età dell’oro, ovvero il Dipartimento di Matematica della Università di Princeton dove Rota arrivò diciottenne, nel 1950, è quello più autobiografico.
Sono pagine scritte per “raccontare il più fedelmente possibile l’inestricabile intreccio di fatti, giudizi personali e idealizzazioni che ho conservato nella mia memoria”. E aggiunge: spero di aver raccontato la verità.  Nella Prefazione ha già affermato che: “In matematica, come in qualsiasi altro settore, dire la verità diventa sempre più difficile”. E dedica anche un capitoletto al concetto di verità matematica per spiegare cosa ne pensa. Comunque, per il suo racconto di Fine Hall s’impegna ad allontanare da sé i pregiudizi e avverte:
“Non dobbiamo temere di sminuire la nostra fiducia nella matematica se riconosciamo apertamente le ombre che possono offuscare la grandezza dei matematici, anche dei più insigni, come quella di chiunque altro”.
È con tale spirito che parla dei matematici di Fine Hall e di quelli che ha avuto per insegnanti.
Traccia principalmente i ritratti di Alonzo Church, William Feller, Emil Artin e Solomon Lefschetz. Quest’ultimo, abbastanza eccentrico, non risparmiava alcuno sforzo per essere un buon maestro ma di tanto in tanto esplodeva in “indecorose scenate” contro qualcuno. Una volta aggredì Serge Lang per aver detto che i problemi di Polya e Szegö erano “nocivi all’istruzione matematica”.  Parla anche di Mark Kac e di Marcel Paul Schutzenberger ai quali fu legato da sincera amicizia. Di William Feller, autore di un trattato di probabilità che giudica “uno dei grandi capolavori della matematica di tutti i tempi”, dice che aveva il pregio di far capire l’idea centrale di una dimostrazione anche con dimostrazioni per lo più incomplete.
E ricorda: mi impressionò un trucco che c’insegnò. L’integrale

si può calcolare facilmente: è uguale all’integrale

Poiché la somma dei due integrali è 2π, ciascuno di essi è π.
Il ricordo di Alonzo Church lo porta a parlare delle stranezze dei matematici, in particolare dei logici.
«Non può essere mera coincidenza che diversi eminenti logici del XX secolo abbiano trovato asilo in manicomi in qualche momento della loro vita: Cantor, Zermelo, Gödel, Peano sono alcuni di questi. Alonzo Church era uno dei più equilibrati, sebbene il suo comportamento debba essere considerato strano anche per gli standard dei matematici.  Ero troppo giovane e troppo timido per avere un’opinione personale su Church e sulla logica matematica. Ero innamorato dell’argomento e il suo era il mio primo corso di dottorato».
Di matematici strani o eccentrici nel corso della sua vita ne aveva comunque incontrati parecchi e non solo fra i logici. Il che rende la stranezza una proprietà tutt’altro che eccezionale per un matematico!
Una delle sue passioni è stata la storia e in particolare la storia della matematica.
Un campo di studio affascinante ma poco coltivato e tanto da presentarsi ai suoi occhi disastrato. L’aggettivo dà l’immagine di un campo dove ci si muove a fatica, pieno di buchi e parti impervie. I motivi li esprime in forma concreta dividendo, sulla base della sua personale esperienza, i pochi studiosi che vi si dedicano in tre gruppi. Nel primo gruppo, il più quotato intellettualmente, pone il Grande Uomo. Lo studioso che da giovanissimo si è dedicato anima e corpo allo studio della storia volendo cominciare dalle origini e che è morto ultranovantenne senza essere andato al di là della matematica greca.
Nel secondo gruppo, ad un livello più basso, colloca il Pedagogo: “figura più modesta alla quale si deve tuttavia la compilazione di un solido libro di testo”. Al livello più basso ancora, nel terzo gruppo, pone il Dilettante che “con la frivola noncuranza di un commesso viaggiatore, si muove tra luoghi e periodi diversi, e affastellando un insieme di aneddoti, fatti sensazionali, avidamente letti da studenti e insegnanti di scuole medie, invariabilmente assurge agli onori dell’edizione economica.”
L’idea è dunque di una storia che merita innanzitutto di essere maggiormente trattata e che ha bisogno di  strategie nuove che prestino maggiore attenzione agli aspetti che ne hanno determinato lo sviluppo, ai momenti di discontinuità e rottura epistemologica. Giudica positivamente l’opera di Morris Kline che organizza la sua storia del pensiero matematico per periodi e per temi coincidenti per lo più con i grandi capitoli della matematica e ha il merito di limitare il peso della matematica greca, araba e rinascimentale eccezion fatta per la geometria sintetica alla quale dà grande rilevanza. Un modo per testimoniare la sua presa di posizione contro la New Math e a favore dell’importanza culturale e pedagogica della geometria euclidea classica.
All’amore per la storia è riconducibile la particolare predilezione che ha per le biografie.
In questo settore quella di Hilbert scritta da Constance Reid la giudica pessima che nulla ha a vedere con le grandi biografie intellettuali come ad esempio quelle di Sartre su Flaubert e di Croce su Vico.
I capitoli centrali dei Pensieri Discreti sono dedicati al suo rapporto con la filosofia e i filosofi: Kant, Husserl e Heidegger. Tra gli italiani le sue preferenze vanno a Vico e Croce.
Infine, il futuro, con l’intelligenza artificiale, termine che risale alla tesi di dottorato in matematica di Marvin Minsky, presentata a Princeton nel 1952 ed approvata da Solomon Lefschetz. La conclusione del capitolo Matematica, filosofia e intelligenza artificiale è al riguardo, sorprendente! Sembra scritta oggi: «C’è il pericolo che si crei una nuova professione, lo specialista dell’intelligenza artificiale. Coloro che lavorano sui computer dovranno assumere un esperto di intelligenza artificiale, così come assumono un fisico o un avvocato. Si tratterà di una professione che si autoperpetuerà e che mancherà di una base scientifica adeguata. E questa gente potrebbe arrivare ad avere molto potere sotto l’egida del computer. Attenzione!»
In effetti non è più un rischio è la realtà.
Ancora quindici pensieri selezionati da Pensieri Discreti di Gian-Carlo Rota:

Un buon matematico non è necessariamente un buon soggetto.
I filosofi contemporanei (non tutti per fortuna) sono diventati seguaci della matematizzazione. Hanno ritoccato il motto di Galilei: Il grande libro della filosofia è scritto nel linguaggio della matematica.
In matematica tutto ciò che è accaduto prima di Leibniz non è storia, ma paleontologia.
Nessun insegnante di matematica che si rispetti può permettersi di imporre alla sua classe gli assiomi di una teoria senza fornire qualche motivazione.
La verità matematica non differisce da quelle della fisica e della chimica.
Nell’insegnamento della matematica, la verità richiesta dagli studenti e descritta dal docente è una verità di fatto e non la verità formale associata alla dimostrazione di un teorema.
Ogni problema matematico si dimostra alla fine banale.
La matematica è il grande successo dell’intelletto umano.
Confondere la matematica con l’assiomatica è come confondere la musica di Vivaldi con le tecniche di contrappunto dell’età barocca.
Si sente spesso dire che il compito della matematica è quello di «dimostrare teoremi». Se ciò fosse vero dovremmo coerentemente affermare che il compito di uno scrittore è quello di *scrivere delle frasi».
Rendere la matematica accessibile ai profani…è sempre stata una pericolosa navigazione tra gli scogli di Scilla e Cariddi, vale a dire tra il disprezzo professionale e la pubblica incomprensione.
C’è voluta una nuova generazione di matematici …prima che la probabilità cominciasse a essere scritta nel modo in cui viene pensata.
Nessuno ha la più pallida idea di come funzioni il processo di induzione scientifica, e quando parliamo di «processo» stiamo forse già azzardando una ipotesi pericolosa.
Anche gli ingegneri, che dopo l’esame di maturità speravano di aver definitivamente chiuso con le letture umanistiche, cercano adesso aiuto e conforto nella cultura filosofica.
Un buon insegnante di matematica non trasmette nozioni, bensì entusiasmo, apertura mentale e valori.

NOTE
[1] Fabrizio Palombi è attualmente docente di filosofia teoretica all’Università della Calabria. Egli ha curato anche la pubblicazione di Gian Carlo Rota, Lezioni Napoletane, La città del Sole, 1999.
[2] Mauro Cerasoli, uno dei matematici italiani che è stato molto vicino a Gian-Carlo Rota, in Il fascino discreto di Gian-Carlo Rota riporta  alcune interessanti testimonianze del suo interesse per la filosofia.