Pensioni, torna in gioco Quota 41: cosa prevede il piano della Lega?

Obiettivo dichiarato del Governo entro la fine della legislatura, la Lega rilancia la possibilità di introdurre già con la prossima Riforma delle pensioni la cosiddetta Quota 41 senza limiti anagrafici, ma con alcune novità. Cosa potrebbe cambiare per i lavoratori?

Riforma pensioni: la Lega rilancia Quota 41

Ancora una volta la Lega di Matteo Salvini sembra non voler proprio rinunciare alla possibilità di introdurre Quota 41 senza limiti anagrafici all’interno della prossima Legge di Bilancio anche se, come sappiamo, le risorse economiche a disposizione farebbero pensare più alla proroga di Quota 103, dell’Ape sociale e di Opzione donna rivisitata. Ad ogni modo, il Caroccio ha voluto provare a dimostrare come in realtà i costi possano rivelarsi sostenibili in cambio del calcolo dell’assegno interamente con il sistema contributivo. Come si legge infatti sul Corriere della Sera, l’elevata spesa iniziale sarebbe poi bilanciata dai costi futuri.

Proiezioni future

Stando alle stime riportare dal Corriere della Sera effettuate sulla metà dei lavoratori aventi diritto, qualora Quota 41 secca dovesse essere introdotta già a partire dalla prossima Riforma pensioni in cambio del calcolo contributivo dell’assegno, la spesa iniziale ammonterebbe a poco più di un miliardo di euro nel 2024 e a 2,2 miliardi per il 2025. Calcolando quindi l’uscita anticipata di 200 mila lavoratori con queste regole nel corso del triennio 2024-2026 lo Stato dovrebbe sostenere una spesa di 3,7 miliardi. Superato il picco, i costi andrebbero poi a ridursi sensibilmente negli anni successivi. Fino ad arrivare al 2027 con una spesa di circa 800-900 milioni l’anno per via degli assegni sempre più bassi calcolati con il sistema contributivo puro.

Tra le altre ipotesi si è inoltre parlato della possibilità di fare ritorno a Quota 102. La misura che consente ai lavoratori di andare in pensione a 61 anni di età e 41 di contributi. In questo caso la misura avrebbe un costo stimato per lo Stato di 3,5 miliardi di euro calcolato su 150 mila lavoratori, vale a dire la totalità degli aventi diritto dato che la misura non comporterebbe alcuna penalizzazione sull’assegno.

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