Peer tutoring: cos’è e come si applica a scuola, esempi

Il Peer Tutoring è un metodo educativo basato sull’approccio cooperativo all’apprendimento, in cui uno studente più esperto (tutor) aiuta un compagno di classe (tutee) a migliorare le proprie competenze. Questo approccio promuove l’aiuto reciproco e il coinvolgimento attivo degli studenti nel processo di insegnamento e apprendimento. Nel Peer Tutoring, gli studenti acquisiscono conoscenze non solo dalle lezioni tradizionali, ma anche tramite spiegazioni tra pari, discussioni e attività collaborative. Ciò favorisce l’approfondimento dei concetti, lo sviluppo delle capacità comunicative e il consolidamento delle competenze.

Peer tutoring: come utilizzarlo a scuola

L’implementazione pratica del Peer Tutoring prevede la designazione di tutor più competenti per assistere i compagni che necessitano di supporto. Questo può avvenire in sessioni strutturate, gruppi di studio o attività di apprendimento in coppia. Tale approccio può essere adattato a diverse materie e livelli scolastici, stimolando il coinvolgimento attivo degli studenti nell’educazione reciproca e nel rafforzamento delle competenze. In questo modo si favorisce anche un clima di cooperazione.

Esempi pratici di peer tutoring

Un esempio di esercizio di peer tutoring potrebbe essere il seguente: uno studente esperto (tutor) aiuta un compagno di classe (tutee) a comprendere meglio il concetto di frazioni. Il tutor potrebbe presentare diversi esempi di frazioni e spiegare come individuare le parti e il tutto in ciascuna frazione. Il tutee potrebbe quindi fare domande e ricevere spiegazioni dettagliate dal tutor. Questo approccio favorisce l’interazione attiva tra gli studenti, consentendo loro di apprendere in modo collaborativo e approfondito. Si potrebbe anche immaginare che durante un esercizio di peer tutoring, il tutor presenti una serie di problemi legati alle frazioni, mentre il tutee lavora su di essi con il supporto del tutor. In questo modo, il tutee ha l’opportunità di applicare direttamente le conoscenze apprese e ricevere assistenza personalizzata nel processo.

Un altro esempio pratico di peer tutoring potrebbe essere questo: in una classe, uno studente con una buona competenza in matematica (tutor) offre aiuto a un compagno (tutee) che ha difficoltà con la risoluzione di problemi di algebra. Il tutor può spiegare passo dopo passo come affrontare un problema specifico, mostrando al tutee come applicare correttamente le regole dell’algebra. Il tutee avrà l’opportunità di fare domande e lavorare con il tutor per risolvere ulteriori problemi simili.

Un terzo esempio è il seguente: uno studente che è madrelingua di una lingua straniera o che la parla con facilità (tutor) offre supporto a un compagno di classe (tutee) che sta imparando quella lingua. Il tutor può organizzare sessioni di conversazione in lingua straniera con il tutee, in cui discutono su argomenti specifici, praticano la pronuncia e migliorano le abilità linguistiche. Il tutee avrà l’opportunità di esercitarsi nell’ascolto e nell’espressione orale in modo autentico, mentre il tutor offre correzioni e suggerimenti. Questo processo promuove l’apprendimento collaborativo, migliora la fluidità linguistica del tutee e rafforza la fiducia nelle abilità linguistiche.

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Strategie per uno studio efficace

Strategie per uno studio efficace

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Studiare in modo efficace non significa semplicemente trascorrere ore sui libri, ma adottare strategie mirate che facilitino l’apprendimento, la memorizzazione e l’applicazione dei concetti. Un metodo di studio ben strutturato non solo migliora il rendimento scolastico, ma sviluppa anche capacità di analisi, problem-solving e pensiero critico, elementi fondamentali per affrontare le future sfide negli studi universitari  e professionali.

L’apprendimento non è un processo passivo, ma un’attività che richiede il coinvolgimento attivo della mente, la selezione e rielaborazione delle informazioni e l’utilizzo di tecniche efficaci per consolidarle nella memoria a lungo termine. Strategie come l’elaborazione attiva dei contenuti, l’autovalutazione, la pratica distanziata e l’uso delle tecnologie digitali offrono strumenti preziosi per massimizzare il potenziale di ogni studente.

Quali sono le migliori tecniche di studio basate su ricerche scientifiche e sperimentazioni didattiche, per acquisire un metodo di studio? Dall’organizzazione del tempo alla gestione dello stress, dall’uso di strumenti digitali alla creazione di un ambiente favorevole all’apprendimento, analizzeremo come rendere lo studio un processo più efficiente e gratificante.

La gestione del tempo

Una delle prime difficoltà degli studenti è la gestione del tempo, poiché spesso si trovano a dover bilanciare molteplici impegni scolastici e personali. Suddividere lo studio in sessioni brevi e intense, intervallate da pause strategiche, permette di mantenere alta la concentrazione e migliorare l’efficienza dell’apprendimento. La tecnica del pomodoro, basata su cicli di 25 minuti di studio seguiti da brevi pause di 5 minuti, aiuta a combattere la procrastinazione e a rendere lo studio più sostenibile. Per ottimizzare questa tecnica, gli studenti possono adattarla alle proprie esigenze, aumentando il tempo di concentrazione a 40-50 minuti in caso di materie complesse o riducendolo per argomenti più leggeri.

L’uso di applicazioni digitali come Focus Booster, Be Focused e Pomodone può supportare l’implementazione della tecnica del pomodoro, offrendo report dettagliati sui progressi e sulle abitudini di studio. Inoltre, è fondamentale pianificare lo studio attraverso un calendario settimanale o mensile, suddividendo gli argomenti in base alla loro difficoltà e all’urgenza della verifica scritta o per gli studenti universitari degli esami. Per esempio, uno studente che deve affrontare un compito di matematica e uno di letteratura nello stesso periodo potrebbe dedicare sessioni più lunghe alla materia in cui ha più difficoltà e distribuire il ripasso della materia più familiare in momenti meno impegnativi.

Strumenti digitali come Google Calendar, Notion e Trello consentono di visualizzare l’intero piano di studio, impostare promemoria e monitorare i progressi. Per chi preferisce un approccio più tradizionale, un’agenda cartacea con una suddivisione giornaliera e settimanale può essere altrettanto efficace. Infine, un aspetto spesso trascurato è il momento della giornata in cui si studia: individuare le ore in cui si è più produttivi e sfruttarle per gli argomenti più complessi permette di massimizzare il rendimento.

L’elaborazione attiva dei contenuti

Limitarsi a leggere e sottolineare non è sufficiente per assimilare le informazioni in modo duraturo. La creazione di mappe mentali aiuta a visualizzare le connessioni tra i concetti, rendendo più semplice il recupero delle informazioni durante le verifiche. Organizzare le idee in schemi gerarchici o concettuali stimola il pensiero critico e favorisce la comprensione profonda.

Per le materie umanistiche, costruire una mappa che colleghi autori, opere e movimenti culturali può migliorare l’approccio analitico ai testi. Ad esempio, nella letteratura italiana, una mappa mentale che parta da Dante Alighieri e si dirami verso le sue opere principali, i temi trattati e l’influenza esercitata su altri autori può fornire una visione d’insieme chiara e strutturata. Analogamente, per la filosofia, si può creare una rete di connessioni tra i pensatori, mettendo in evidenza le correnti di pensiero e i concetti chiave che li uniscono o li differenziano.

In ambito scientifico, schematizzare processi e relazioni tra le variabili di un fenomeno aiuta a interiorizzare i concetti complessi. Per esempio, nello studio della biologia, una mappa mentale sul funzionamento della cellula potrebbe suddividere i diversi organuli e le loro funzioni, evidenziando come collaborano tra loro. Nella fisica, un diagramma che illustra le leggi del moto di Newton, mostrando esempi concreti di applicazione, facilita la comprensione della teoria attraverso rappresentazioni visive.

Un’altra tecnica efficace è la rielaborazione scritta, ovvero la riscrittura di concetti con parole proprie, creando un vero e proprio dialogo con il testo. Questo metodo permette di testare il livello di comprensione e rafforzare la memoria. Ad esempio, dopo aver studiato un capitolo di storia, lo studente potrebbe scrivere un breve articolo o una lettera immaginaria in cui racconta gli eventi dal punto di vista di un personaggio storico, ricostruendo il contesto con le proprie parole. Nel caso della chimica, invece, potrebbe spiegare un concetto come la struttura degli atomi a un ipotetico amico che non conosce la materia, utilizzando analogie semplici e immagini per rendere il concetto più chiaro.

Spiegare per comprendere meglio

L’efficacia dello studio dipende anche dalla capacità di spiegare i concetti con parole proprie. Il metodo di Feynman suggerisce di trasformare le nozioni acquisite in una spiegazione semplice e chiara, come se si dovesse insegnarle a un bambino. Questo processo evidenzia le lacune nella comprensione e stimola un approfondimento più consapevole.

Per applicare efficacemente questo metodo, è utile suddividere il processo in quattro fasi: primo, lo studente sceglie un concetto e prova a spiegarlo con parole semplici; secondo, identifica eventuali difficoltà o punti oscuri nella sua spiegazione; terzo, approfondisce gli aspetti che risultano poco chiari con nuove ricerche o letture; infine, ripete la spiegazione finché il concetto non è completamente chiaro.

Un esempio pratico può essere l’apprendimento delle leggi della termodinamica in fisica. Uno studente potrebbe provare a spiegare il primo principio come “l’energia non si crea né si distrugge, ma si trasforma”, ma potrebbe accorgersi di non saper spiegare il concetto di calore e lavoro. Tornando a studiare e semplificando ulteriormente, potrebbe arrivare a un’analogia efficace, come paragonare l’energia a un liquido che si sposta tra recipienti diversi senza mai sparire.

L’apprendimento tra pari rafforza questa pratica: discutere un argomento con un compagno, porre domande e rispondere ai dubbi reciproci permette di consolidare le conoscenze e migliorare la capacità di esposizione. Un approccio utile è il “Teaching Test”: due studenti si scambiano domande su un argomento, cercando di rispondere senza consultare gli appunti. Se emergono difficoltà, significa che occorre approfondire quella parte.

Uno strumento digitale utile per questa tecnica è la registrazione vocale: spiegare un concetto e riascoltarlo permette di valutare la chiarezza dell’esposizione e correggere eventuali imprecisioni. Applicazioni come Voice Memos, Otter.ai o Notability consentono di registrare e riascoltare le proprie spiegazioni, permettendo di affinare il linguaggio e la struttura logica dell’esposizione. Inoltre, i dispositivi Plaud, dotati di intelligenza artificiale, offrono funzionalità avanzate di trascrizione e analisi del parlato, aiutando gli studenti a migliorare la propria capacità espositiva attraverso suggerimenti personalizzati e riepiloghi automatici delle spiegazioni registrate.

L’importanza dell’autovalutazione

L’autovalutazione rappresenta un altro pilastro dello studio efficace, poiché permette agli studenti di monitorare i propri progressi e identificare le aree in cui hanno bisogno di migliorare. Creare domande e rispondere a test autogenerati stimola la memoria a lungo termine e aiuta a individuare i punti deboli nella comprensione. Questo processo può essere svolto in diversi modi: dagli esercizi scritti ai test digitali, fino alla spiegazione orale di un argomento senza l’ausilio degli appunti. Un esempio pratico è l’uso della tecnica del “self-quizzing”, che consiste nel porre domande a sé stessi e tentare di rispondere prima di verificare la correttezza con il materiale di studio.

L’uso di flashcard, sia cartacee che digitali, facilita il ripasso distanziato nel tempo, tecnica che potenzia il richiamo delle informazioni e previene l’oblio. Ad esempio, per lo studio delle lingue straniere, le flashcard possono contenere vocaboli su un lato e la traduzione sull’altro, mentre per le materie scientifiche possono essere utilizzate per memorizzare formule e concetti chiave. L’integrazione con strumenti digitali consente una gestione più efficiente di questo metodo: Anki, Quizlet e Brainscape offrono funzionalità avanzate come la ripetizione spaziata, che ripropone le informazioni da rivedere a intervalli ottimali basati sulle prestazioni dell’utente.

Le applicazioni di apprendimento basate sull’intelligenza artificiale possono personalizzare i quiz in base alle risposte precedenti, rendendo lo studio progressivamente più efficace. Ad esempio, strumenti come SmartStudy e AI-driven tutoring system suggeriscono domande mirate in base agli errori commessi, rafforzando gli aspetti che richiedono maggiore attenzione. Anche l’utilizzo di test a risposta multipla con feedback immediato può aiutare gli studenti a consolidare le informazioni e migliorare la loro capacità di ragionamento critico. Combinare queste tecniche con momenti di riflessione e riepilogo permette di trasformare l’autovalutazione in un’abitudine costante, utile per affrontare gli esami con maggiore sicurezza.

L’arte del riassunto

Il riassunto rappresenta una strategia trasversale per tutte le discipline, in quanto aiuta a sintetizzare e consolidare le informazioni, facilitando la memorizzazione e la comprensione critica. Distillare un testo in concetti chiave, riscriverlo con parole proprie e riorganizzarlo in una struttura logica aiuta a sedimentare le informazioni e a sviluppare capacità di analisi e sintesi.

In ambito umanistico, redigere una sintesi critica di un’opera letteraria permette di cogliere le tematiche principali e sviluppare una visione complessiva più profonda. Per esempio, nel caso della Divina Commedia, un riassunto efficace non si limiterebbe a elencare gli eventi principali, ma metterebbe in luce il significato simbolico di ciascun canto e il legame con il contesto storico e filosofico dell’epoca. Nella filosofia, invece, un buon riassunto delle teorie kantiane non si limiterebbe a riportare le tre Critiche, ma le riorganizzerebbe evidenziando i concetti cardine, come l’imperativo categorico e la distinzione tra fenomeno e noumeno, facilitando il confronto con altri pensatori.

Per le materie scientifiche, il riassunto assume una forma diversa, più orientata alla schematizzazione e alla rappresentazione grafica. Ad esempio, per la chimica, sintetizzare le reazioni chimiche fondamentali in schemi e tabelle permette di visualizzare rapidamente le connessioni tra i reagenti e i prodotti. In matematica, la creazione di una sintesi delle principali formule e delle loro applicazioni pratiche aiuta a richiamare rapidamente le informazioni necessarie durante lo svolgimento di esercizi e prove d’esame.

Una pratica utile per migliorare l’efficacia del riassunto è il confronto tra più fonti: leggere diverse spiegazioni dello stesso argomento aiuta a cogliere sfumature diverse e a integrare conoscenze. Ad esempio, per approfondire la teoria dell’evoluzione di Darwin, confrontare il testo originale de “L’origine delle specie” con commenti critici e spiegazioni moderne consente di comprendere meglio l’impatto della teoria e le sue evoluzioni nel tempo. Inoltre, utilizzare strumenti digitali come Notion o OneNote per organizzare riassunti e appunti in modo strutturato permette di avere un archivio facilmente consultabile e aggiornabile nel tempo.

L’utilizzo delle tecnologie digitali

L’utilizzo delle tecnologie digitali rappresenta un valore aggiunto per lo studio, rendendolo più interattivo, personalizzato e accessibile. Strumenti come piattaforme educative interattive, simulatori e laboratori virtuali permettono di sperimentare concetti complessi in modo pratico e coinvolgente. Per esempio, in fisica e chimica, piattaforme come PhET Interactive Simulations offrono esperimenti virtuali che consentono di testare teorie scientifiche senza necessità di attrezzature costose. In matematica, programmi come GeoGebra permettono di visualizzare funzioni e geometrie in modo dinamico, migliorando la comprensione dei concetti astratti.

La realtà aumentata e il metaverso offrono opportunità immersive per visualizzare modelli 3D di fenomeni scientifici, rendendo lo studio più coinvolgente. Ad esempio, in anatomia, l’uso di applicazioni come Visible Body permette agli studenti di esplorare il corpo umano in tre dimensioni, manipolando organi e apparati per comprendere meglio la loro struttura e funzione. Nel campo dell’ingegneria e dell’architettura, strumenti come Autodesk e Twinmotion aiutano a visualizzare progetti in ambienti realistici, offrendo una comprensione più pratica e approfondita delle discipline tecniche.

L’uso di audiolibri e podcast arricchisce l’apprendimento attraverso modalità multisensoriali, particolarmente utili per studenti con stili di apprendimento uditivo o per chi desidera sfruttare il tempo in modo più produttivo. Questi, offrono contenuti approfonditi e accessibili ovunque, trasformando momenti di inattività, come il viaggio in autobus, in occasioni di studio.

L’integrazione di strumenti digitali nel percorso di studio consente di diversificare l’approccio alle informazioni, rendendolo più dinamico e personalizzato. L’intelligenza artificiale applicata allo studio, attraverso piattaforme come Brikslabs, SmartStudy e ScribeSense, analizza le risposte degli studenti e suggerisce percorsi di apprendimento su misura, evidenziando le aree da migliorare. Inoltre, strumenti di sintesi testuale basati su AI, permettono di ridurre testi lunghi in concetti chiave, facilitando il ripasso.

Tra le piattaforme più utili per il supporto allo studio figurano Khan Academy, Coursera e Udemy, che offrono corsi strutturati con video-lezioni, quiz e materiali scaricabili. L’accesso a risorse di alto livello, spesso realizzate da esperti e docenti universitari, permette agli studenti di approfondire gli argomenti con approcci innovativi. Combinare questi strumenti con metodi tradizionali può migliorare significativamente l’apprendimento, rendendolo più efficace e stimolante.

Ripasso e consolidamento degli apprendimenti

Rivedere regolarmente gli argomenti affrontati è essenziale per fissare le conoscenze in modo duraturo. La pratica distanziata, che prevede il ripasso periodico degli argomenti anziché una ripetizione intensiva e ravvicinata, si basa sui principi della curva dell’oblio e garantisce una ritenzione più efficace. Studi neuroscientifici dimostrano che il cervello dimentica rapidamente le informazioni non rielaborate, ma un ripasso strategico a intervalli crescenti (dopo un giorno, una settimana, un mese) aiuta a fissare stabilmente i contenuti nella memoria a lungo termine.

Alternare le materie durante le sessioni di studio, invece di concentrarsi su un solo argomento per lungo tempo, stimola la capacità di trasferire le conoscenze tra contesti differenti e migliora la flessibilità cognitiva. Ad esempio, uno studente che alterna matematica e letteratura in una stessa giornata si abitua a passare rapidamente da un tipo di ragionamento analitico a uno più interpretativo, migliorando la sua capacità di adattamento mentale. Inoltre, l’uso di tecniche come l’auto-interrogazione e la spiegazione a un ipotetico interlocutore permette di rafforzare il recupero attivo delle informazioni, aumentando l’efficacia del ripasso.

Un suggerimento pratico è l’utilizzo di un’agenda di ripasso, che segni le date in cui rivedere ogni argomento in base alla difficoltà e alla necessità di consolidamento. Strumenti digitali come Anki, che sfrutta la ripetizione spaziata, o piattaforme come Notion e Evernote, che consentono di organizzare mappe concettuali e appunti strutturati, possono rendere il ripasso più efficace e interattivo. Infine, integrare tecniche di sintesi visiva, come flashcard e mappe mentali, facilita l’apprendimento e rende il ripasso più coinvolgente e meno monotono.

Benessere psicofisico e apprendimento

Un elemento spesso sottovalutato è il benessere psicofisico, che gioca un ruolo cruciale nel rendimento scolastico. L’efficienza dello studio dipende dall’equilibrio tra attività mentale e fisica, che consente al cervello di funzionare in modo ottimale. Integrare l’attività fisica nella routine quotidiana, anche solo con una passeggiata di 30 minuti, migliora l’ossigenazione del cervello e favorisce la produzione di neurotrasmettitori legati alla concentrazione e alla memoria, come la dopamina e la serotonina.

Anche l’alimentazione influisce in modo significativo sulle capacità cognitive. Un regime alimentare ricco di omega-3, antiossidanti e vitamine del gruppo B favorisce la plasticità neuronale e la resistenza allo stress. Ad esempio, consumare noci, pesce, frutta e verdura fresca migliora la capacità di elaborazione delle informazioni e riduce la fatica mentale. Evitare cibi ricchi di zuccheri raffinati e carboidrati semplici aiuta a mantenere stabile il livello di energia durante le sessioni di studio.

Un altro aspetto determinante è il sonno. Studiare fino a tarda notte riducendo le ore di riposo compromette la memoria a lungo termine e la capacità di concentrazione. È dimostrato che 7-9 ore di sonno di qualità consentono al cervello di consolidare le informazioni apprese durante il giorno. Tecniche come la gestione dell’esposizione alla luce blu prima di dormire e la creazione di una routine serale rilassante, che includa la lettura o la meditazione, possono migliorare il riposo notturno e massimizzare la capacità di apprendimento.

Tecniche di rilassamento, come la meditazione guidata, la respirazione diaframmatica e la mindfulness, possono ridurre l’ansia da prestazione e aumentare la resilienza allo stress scolastico. Ad esempio, dedicare cinque minuti prima di iniziare lo studio a esercizi di respirazione profonda aiuta a ridurre il cortisolo, l’ormone dello stress, migliorando la capacità di concentrazione.

Inoltre, creare un ambiente di studio adeguato ha un impatto significativo sulla produttività. Una scrivania ordinata, una buona illuminazione naturale o una luce artificiale a temperatura calda, l’uso di strumenti ergonomici e la riduzione di distrazioni come il telefono cellulare sono tutti elementi che contribuiscono a un miglior rendimento. Alcuni studenti trovano utile ascoltare musica strumentale o suoni della natura per creare un’atmosfera favorevole alla concentrazione.

Integrare queste strategie nella propria routine permette di migliorare non solo l’apprendimento, ma anche il benessere generale, rendendo lo studio un’attività più sostenibile ed efficace.

Conclusioni

Un metodo di studio efficace si basa su strategie che stimolano l’elaborazione attiva, l’autovalutazione e il ripasso programmato, garantendo un apprendimento più solido e duraturo. L’integrazione di strumenti digitali e tecniche metacognitive trasforma lo studio in un processo consapevole e coinvolgente, che permette agli studenti di sviluppare autonomia e spirito critico.

Oltre alle strategie cognitive, è fondamentale creare un ambiente di apprendimento positivo, che favorisca la curiosità, la sperimentazione e il benessere psicofisico. Un’organizzazione adeguata del tempo, il giusto equilibrio tra studio e riposo e l’adozione di tecniche di rilassamento aiutano a mantenere alta la concentrazione e ridurre l’ansia da prestazione.

Il miglioramento delle capacità di apprendimento non avviene in modo immediato, ma con costanza e dedizione diventa possibile affrontare lo studio con maggiore serenità ed efficacia. Adottare un metodo personalizzato e adattabile alle proprie esigenze consente di trasformare lo studio da un’attività stressante a un percorso di crescita continua.

La valutazione partecipativa o come apprendimento

La valutazione partecipativa o come apprendimento

di Pietro Boccia

Per quanto concerne la valutazione è da considerare che essa nella storia della scuola ha avuto connotazioni diverse, in base alla visione educativa della società. Sicuramente si è affermata, come modalità di monitoraggio e di controllo, quando lo Stato ha incominciato a erogare istruzione. Storicamente la scuola italiana, nel campo della valutazione, ha attraversato tre fasi, vale a dire: autoritaria e selettiva, democratica ed egualitaria, equa e inclusiva.

La prima (autoritaria e selettiva) è la fase nella quale la valutazione è stata misurazione delle conoscenze attraverso i voti. Il rapporto educativo è stato, in tal caso, un paradigma selettivo, impostato, a livello didattico, sui programmi ministeriali e a livello psicologico sullo stimolo/ risposta (comportamentismo). La seconda (democratica e egualitaria) è la fase che inizia negli anni Sessanta del Novecento e introduce il paradigma dell’uguaglianza delle opportunità educative all’interno della società. Non è più sufficiente valutare le conoscenze ma bisogna anche considerare le abilità, concentrando l’attenzione sugli allievi. A livello didattico ai programmi ministeriali si accompagna la programmazione, elaborata dai docenti sui bisogni degli studenti, e a livello psicopedagogico chi apprende acquisisce centralità e diventa attivo (cognitivismo-attivismo).

In tale fase già si ha la necessità di stabilire che l’apprendimento non può essere misurato con un voto ma deve essere descritto (Art. 4 della Legge n. 517/1977). L’ultima, quella equa e inclusiva, è la fase, nella quale ogni allievo deve essere costruttore della propria conoscenza (psicologia e pedagogia del costruttivismo) per diventare, attraverso l’acquisizione dei contenuti, delle abilità e delle competenze, autonomo e responsabile. A livello didattico, lo Stato, all’avvento del Regolamento dell’autonomia (DPR n. 275/1999 e della riforma costituzionale (Legge n. 3/2001), non può più imporre i programmi ministeriali con la relativa programmazione delle singole istituzioni scolastiche, ma stabilire soltanto i livelli essenziali di prestazione attraverso le Indicazioni nazionali e le Linee guida.

Con la terza fase, la valutazione non può più immaginare di poter misurare solo gli apprendimenti, ma deve anche promuovere l’autovalutazione, facendo acquisire ad ognuno la consapevolezza critica non solo della propria identità, dell’autonomia e delle competenze ma anche della cittadinanza attiva. La valutazione diventa, così, un processo dinamico e circolare, che implica la padronanza consapevole della progettazione educativa e didattica; essa precede, accompagna e segue tutto il percorso dell’acquisizione delle conoscenze, delle abilità e delle competenze. L’atto valutativo, come processo, esplicita, in maniera permanente, una valenza formativa attraverso l’osservazione, il riconoscimento e la valorizzazione degli apprendimenti acquisiti, a livello formale, non formale e informale.

Il comma 4 dell’art. 2 del DPR. n. 249/1998 stabilisce che lo studente ha diritto alla partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola. I dirigenti scolastici e i docenti, con le modalità previste dal regolamento di istituto, attivano con gli studenti un dialogo costruttivo sulle scelte di loro competenza in tema di programmazione e definizione degli obiettivi didattici, di organizzazione della scuola, di criteri di valutazione, di scelta dei libri e del materiale didattico. Lo studente ha, inoltre, diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento. Per tale motivo la valutazione, oltre ad essere diagnostica o iniziale, formativa o per l’apprendimento e sommativa o dell’apprendimento, deve essere partecipativa o come apprendimento, coinvolgendo l’intero gruppo o classe e gli allievi, soggetti a verifica su tutti gli argomenti progettati e svolti nel curricolo, al processo dell’attribuzione della valutazione del docente. Nell’attuare tale metodologia, ho dovuto personalmente constatare l’obiettività nell’attribuire la valutazione sia delle classi, interessate e attente durante la verifica, sia degli allievi coinvolti. Una valutazione, intesa in tal modo, nella sua articolazione:

attiva le azioni di progettazione da intraprendere per perseguire gli obiettivi di apprendimento e per sviluppare le competenze (valutazione iniziale o diagnostica);

orienta e regola le azioni per permettere di documentare a chi apprende lo sviluppodell’identità personale, concorrendo all’apprendimento permanente e al successo formativo (valutazione in itinere e formativa o per l’apprendimento). “La valutazione – è scritto nella Certificazione delle competenze della Nota ministeriale n. 312/2018 per il primo ciclo ma validissima anche per il secondo ciclo – diventa formativa quando si concentra sul processo e raccoglie un ventaglio di informazioni che, offerte all’allievo, contribuiscono a sviluppare in lui un’azione di autorientamento e di autovalutazione”;

promuove, in base all’art. 1 del D.lgs. n. 62/2017, al DPR n. 122/2009 e all’art. 4 del DPR n. 249/1998, riformato dal DPR n. 235/2007 con l’introduzione all’art. 5 bis del Patto educativo di corresponsabilità, l’autovalutazione, attraverso una valutazione autentica, e, pertanto, la partecipazione attiva di chi apprende, facendo assumere a ciascuno consapevolezza critica in relazione all’acquisizione del successo formativo (valutazione partecipativa o come apprendimento).

Gli allievi, supportati da chi insegna, devono gradualmente assumere, con un approccio metacognitivo, la competenza personale, sociale e la capacità di imparare a imparare dell’Unione europea (22 maggio 2018) per valutare con equilibrio gli altri e se stessi (autovalutazione);

– favorisce il bilancio critico sulle azioni operate e condotte a termine per regolare e migliorare l’apprendimento (valutazione sommativa o dell’apprendimento).

La valutazione sommativa o dell’apprendimento, nella sua dinamicità e nella circolarità, è, come processo, la base per un nuovo apprendimento e, quindi, è anch’essa formativa.

La valutazione diventa, in tal modo, un processo, che, nel coinvolgimento di tutti gli attori della comunità scolastica, sicuramente migliora gli apprendimenti e concorre al successo formativo. Il valutare esige, però, saper progettare.

 La progettazione è, oggi, uno strumento indispensabile nelle istituzioni scolastiche. Fino a poco tempo fa nella scuola superiore è mancata totalmente una cultura della progettazione. Alla fine degli anni Ottanta del Novecento l’insegnamento, in Italia, ha incominciato a subire un forte cambiamento, passando dalla logica dei programmi ministeriali a quella della progettazione organizzativa, educativa e didattica.

La legislazione scolastica già nel 1974 con i “Decreti delegati” aveva in ogni modo prospettato che:

la progettazione organizzativa deve essere varata, a ogni livello, dagli Organi collegiali,per agevolare il funzionamento delle scuole e per rendere più flessibile e più proficua l’attività d’insegnamento e quella di apprendimento (co. 1);

la progettazione educativa deve anche fissare le finalità e gli obiettivi del processo formativo.

A tal proposito, il d.P.R. n. 416 del 31 maggio 1974, all’art. 4, recita che il Collegio dei docenti deve elaborare e curare la progettazione “dell’azione educativa anche al fine di adeguare, nell’ambito degli ordinamenti della scuola stabiliti dallo Stato, i programmi d’insegnamento alle specifiche esigenze ambientali e di favorire così il coordinamento interdisciplinare. Esso esercita tale potere nel rispetto della libertà d’insegnamento garantita a ciascun insegnante” (co. 2).

La progettazione didattica riguarda, invece, le singole discipline nella loro peculiarità ed è elaborata e varata, per le sue implicazioni interdisciplinari, dal Consiglio di classe (co. 3).

Ogni forma di progettazione dovrebbe rendere protagonisti del processo educativo e formativo non solo gli insegnanti/docenti, ma anche gli allievi e il territorio. Essa dovrebbe, perciò, comportare che ogni insegnante/docente conosca il territorio in cui è inserito e opera l’allievo, sia per comprenderne la situazione delle condizioni di partenza sia per stabilire, da un lato, le finalità e gli obiettivi educativi e formativi e, dall’altro, le necessarie metodologie, i sussidi, le risorse e le disponibilità umane, psicologiche e intellettive; è, in tal modo, che si potrebbero rendere proficui ed efficaci l’insegnamento e l’apprendimento. La progettazione, elaborata e governata dagli Organi collegiali, implica, quindi, continui controlli e verifiche e, con opportune rettifiche, anche eventuali adattamenti. Bisogna, pertanto, scandirla in alcune fasi:

analisi della situazione di partenza;

scelta degli obiettivi di apprendimento per lo sviluppo delle competenze;

scelta e organizzazione delle conoscenze e delle abilità di apprendimento per lo sviluppodelle competenze;

scelta dei metodi per l’acquisizione degli obiettivi di apprendimento per lo sviluppo dellecompetenze;

verifica dei risultati, attribuzione dei punteggi nelle prove, valutazione degli apprendimentie certificazione delle competenze.

 L’analisi della situazione di partenza consiste in un rigoroso accertamento dei prerequisiti (già in possesso o potenziali) degli allievi. Essa, perciò, è la fase che esige un sistematico impegno di organizzazione, di ricerca e di analisi dei dati riguardanti le condizioni e le variabili che concorrono, nella scuola, a individuare e a definire, in modo globale, la situazione educativa. Le condizioni e le variabili che intervengono nella situazione di partenza devono essere analizzate e classificate preliminarmente.

   Il Consiglio di classe e i singoli insegnanti dovrebbero conoscere, per fare una progettazione adeguata, i seguenti elementi:

Il territorio e l’ambiente extrascolastico in cui vive l’allievo.

L’ambiente familiare di ogni allievo, come i livelli di scolarità, la caratterizzazione socialee culturale, gli stili educativi dominanti (autoritarismo, permissivismo, rapporto dialogico) e l’atteggiamento d’interazione scuola-famiglia oppure di non partecipazione e di disinteresse.

L’ambiente educativo e l’organizzazione scolastica, ovvero la scuola dovrebbe diventareun ambiente educativo accogliente e rispondente alle esigenze formative della società attuale (aule adeguate, laboratori, biblioteche, cineteche, videoteche, ludoteche e così via).

Bisognerebbe conoscere anche i prerequisiti cognitivi e socio/affettivi di ogni singolo allievo, affinché si possa impostare una progettazione del curricolo che rispecchi pienamente la situazione. I prerequisiti cognitivi sono rappresentati non solo dalle conoscenze, già in possesso degli allievi (prerequisiti di apprendimento), e dalle abilità comunicative (codici linguistici), ma anche dalle modalità personali di acquisire conoscenze (stili cognitivi).

I prerequisiti socio/affettivi sono, invece, rappresentati sia dai livelli di aspirazione e d’interesse degli allievi nell’apprendimento, che dalla loro capacità di instaurare rapporti di relazione empatica con gli insegnanti e con gli altri elementi della classe. Solo dopo aver analizzato, con la somministrazione dei test d’ingresso, la situazione di partenza dei singoli allievi e dell’intera classe attraverso la valutazione diagnostica, si può, dunque, passare alla seconda fase: scelta degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze.

L’impianto del sistema degli istituti professionali è diretto alla promozione di un insieme di competenze descritte nel profilo educativo, culturale e professionale sia generale, sia relativo ai singoli indirizzi. Per quanto riguarda il biennio iniziale, vengono assunte, per la parte comune, le competenze incluse nell’impianto normativo riferibile all’obbligo di istruzione. Tale quadro di riferimento sollecita la progettazione e l’attuazione progressiva di una coerente pratica didattica. A questo fine vengono proposti alcuni criteri di riferimento. Una competenza si manifesta quando uno studente è in grado di affrontare un compito o realizzare un prodotto a lui assegnato, mettendo in gioco le sue risorse personali e quelle, se disponibili, esterne utili o necessarie. Naturalmente la natura del compito o del prodotto caratterizza la tipologia e il livello di competenza che si intende rilevare. Questo può essere più direttamente collegato con uno o più insegnamenti, oppure riferirsi più direttamente a un’attività tecnica e/o professionale. Comunque, esso deve poter sollecitare la valorizzazione delle conoscenze, delle abilità apprese e delle altre caratteristiche personali in maniera non ripetitiva e banale. Il livello di complessità e di novità del compito proposto rispetto alla pratica già consolidata determina poi la qualità e il livello della competenza posseduta.

 La scelta degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze è una fase di fondamentale importanza per la progettazione del curricolo. Bisogna individuare con essa, tenendo conto delle indicazioni ministeriali, quali risultati di apprendimento gli allievi dovrebbero, in modo misurabile, raggiungere. Gli obiettivi educativi s’intersecano anche con le finalità formative di un’intera comunità scolastica. Essi rappresentano l’orizzonte e la prospettiva entro cui l’istituzione scolastica intende muoversi e compiere le sue scelte.

 Gli obiettivi didattici rappresentano, invece, la concreta acquisizione di conoscenze, di abilità, di competenze e di comportamenti, che l’allievo, durante il percorso educativo, dovrebbe realizzare e raggiungere nell’ambito dell’area disciplinare. Essi dovrebbero non solo essere permanentemente osservabili e misurabili, ma, in base alla sequenza di apprendimenti, anche immediati, intermedi e terminali. È, così, che tali obiettivi potrebbero assolvere la funzione di orientamento delle scelte programmatiche e di predisposizione a favore di eventuali piani di interventi integrativi e di recupero. Potrebbero anche permettere di progettare i percorsi didattici in modo tale da adeguare a essi non solo contenuti e metodi, ma anche tecniche di verifica e di valutazione.

 L’articolazione dell’insegnamento in conoscenze e abilità deve essere determinata come orientamento per la progettazione didattica del docente in relazione alle scelte compiute nell’ambito della progettazione collegiale del Consiglio di classe. I contenuti, per realizzare gli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, dovrebbero essere scelti e organizzati, tenendo conto dell’analisi della situazione di partenza della scolaresca. Cercare di far acquisire i contenuti di una disciplina, complessivamente più elevati del livello delle capacità di apprendimento della classe, è antieconomico. I risultati, alla fine dell’anno scolastico, non verrebbero, in tal modo, raggiunti e il tempo sarebbe stato vanamente trascorso. Cercare di far apprendere, poi, i contenuti del curricolo che sono al di sotto del livello delle capacità e delle potenzialità della classe è antieducativo.

Negli allievi si abbasserebbe il livello di motivazione allo studio. Il miglior modo per ottenere i risultati positivi e per raggiungere gli obiettivi didattici e educativi programmati, nonché i traguardi per lo sviluppo delle competenze, è, quindi, una scelta intelligente dei contenuti previsti dal curriculum della disciplina. I contenuti dovrebbero essere anche organizzati in una struttura connettiva, altrimenti con molta probabilità sarebbero dimenticati facilmente: una serie sconnessa di fatti e di informazioni ha una breve durata. Tali fatti e informazioni dovrebbero, per rendere più efficace la memorizzazione, essere organizzati in principi e in idee, da cui potrebbero, in un secondo momento, essere ripresi attraverso il processo di deduzione. Tutti gli argomenti del curriculum dovrebbero avere, dunque, una loro coerenza e una loro struttura. È, in tal modo, che si ha un feedback capace di conferire a tutti i contenuti trasparenza e semplicità.

 Scegliere e organizzare i metodi per l’acquisizione degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, nella progettazione per il curricolo, dovrebbe significare una corretta impostazione nel saper individuare un procedimento metodologico; questo dovrebbe soprattutto tener conto, all’interno della classe, della diversità tra gli allievi

Non si può, comunque, tralasciare l’attività della didattica laboratoriale e prescindere dal metodo dell’apprendimento cooperativo. Dire metodo, quindi, vuole significare adeguamento. Tramite un metodo adeguato chi insegna, infatti, potrebbe interpretare correttamente i bisogni di un allievo o di una classe e commisurare, così, all’uno e all’altra i contenuti della disciplina che insegna.

 Siccome gli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo sono osservabili e misurabili, allora le verifiche dei risultati raggiunti in un percorso del curricolo educativo saranno fatte in itinere non solo per certificare le competenze ma anche per colmare eventuali criticità e per modificare, correggere e integrare, quando i risultati non sono adeguati alla progettazione, alcuni interventi didattici. Esse possono essere fatte per accertare gli obiettivi sia con le tradizionali interrogazioni sia con prove oggettive (test).

 La valutazione per l’attribuzione dei punteggi nei test di verifica è una prova pedagogica non solo per orientare ma anche per costruire in itinere la progettazione. Essa, poiché ha una valenza diagnostica e una funzione formativa, è uno degli strumenti fondamentali affinché possano essere messe a disposizione dell’allievo le risorse necessarie, che gli permetteranno di raggiungere pienamente gli obiettivi di apprendimento programmati nel curricolo. La valutazione, perciò, non dovrebbe essere considerata soltanto come un momento della progettazione, ma come un processo, scandito in tappe, che si concluderà, senza alcuna sorpresa per l’alunno, alla fine dell’anno scolastico, con la certificazione delle competenze e con un atto valutativo finale.

 Il docente, così, attraverso le quotidiane verifiche, potrebbe controllare il conseguimento degli obiettivi di apprendimento e intervenire, se necessario, in ogni momento, per recuperare eventuali carenze; anche l’alunno, poi, attraverso l’autovalutazione, potrebbe verificare continuamente il proprio andamento didattico e di apprendimento. Anzi, gli allievi non sarebbero costretti a vivere così la valutazione come un’operazione puramente fiscale, ma come un loro processo formativo. Nel processo valutativo è, infine, significativo, per rendere l’attività educativa qualitativamente migliore, il clima di fiducia nel rapporto interpersonale tra gli insegnanti/docenti e gli allievi. Per l’attribuzione, nelle prove, dei punteggi alle risposte non ci sono regole assolute, ma esistono, tuttavia, alcune indicazioni operative, che possono essere utilizzate.

La verifica e la valutazione del successo formativo (apprendimento formale, non formale e informale) conducono alla certificazione delle competenze e si conseguono con le prove semistrutturate (saggio breve, rapporto di ricerca, riassunto, simulazione di contesto, a domande strutturate, colloquio strutturato, compiti di realtà o autentici, osservazioni sistematiche e biografie cognitive), impiegando rubriche di valutazione.

La prova maggiormente impiegata, per certificare le competenze, è il compito di realtà o autentico; questo prevede che gli allievi costruiscano il loro sapere in modo attivo e in ambienti sia reali sia complessi, dimostrando di possedere autonomamente e responsabilmente una determinata competenza.

Nel percorso che ha come esito finale la certificazione delle competenze, i docenti tengono, come processi, presenti la verifica e la misurazione (calcolare gli errori ed esprimere un voto), la valutazione (esame della prova riepilogativa e conclusiva di uno studio e di una ricerca attiva – giudizio) e la certificazione, che è, invece, come risultato finale del processo, un attestare l’esito di un lungo periodo di osservazioni sistematiche (attestato).

Le competenze sono, perciò, significative (Ausubel parla di apprendimento significativo), persistenti (apprendimento stabile e reimpiegabile) e trasferibili (la conoscenza che non si riesce a convertire in strutture concettuali non è praticamente utilizzabile). L’apprendimento per competenze si attua, inoltre, con una didattica laboratoriale e attiva, in altre parole con un docente che “non faccia lezione”, ma che predisponga le attività di apprendimento.

Verificare i risultati raggiunti, dal momento che gli obiettivi sono osservabili e misurabili, è un atto basilare che viene svolto durante un’attività “in itinere”; deve avvenire con il coinvolgimento attivo, attraverso il lavoro di gruppo e la discussione partecipata, della classe o gruppo classe. Tale atto non solo permette di colmare eventuali lacune, ma anche di cambiare, migliorare e perfezionare, quando i risultati non sono adeguati agli obiettivi dell’attività progettata, alcuni interventi didattici.

Il raggiungimento dei requisiti viene documentato con prove oggettive (test di verifica e così via). Dopo aver corretto i test e stabilito una griglia oggettiva per la correzione, si passa, coinvolgendo gli allievi nella discussione partecipata sulle risposte corrette e su quelle sbagliate, alla valutazione, che viene espressa in decimi. Il valutare è una prova pedagogica, utile non solo per orientare ma anche per riformulare, se è necessario, la progettazione. Esso è un atto, che, poiché ha tanto una valenza diagnostica quanto una funzione formativa, diventa uno degli elementi fondamentali, affinché possano essere messe a disposizione dell’allievo le risorse necessarie, atte a far raggiungere gli obiettivi progettati.

La valutazione non va, perciò, pensata soltanto come un momento della progettazione educativa e didattica, elaborata all’inizio dell’anno, ma anche come un processo “in itinere” (formativo e per l’apprendimento), scandito in tappe, che possa concludersi, senza alcuna sorpresa per gli allievi, alla fine dell’anno scolastico, con un atto valutativo finale (sommativo o dell’apprendimento). Con la verifica e la valutazione, viene accertato e avvalorato il conseguimento degli obiettivi didattici progettati; nello stesso tempo, l’una e l’altra offrono la possibilità d’intervenire, se necessario, in ogni momento delle attività scolastiche, per recuperare eventuali carenze; gli allievi poi, attraverso la valutazione, verificano continuamente il loro andamento didattico e si autovalutano. Anzi, ognuno non sarebbe, in tal modo, costretto a vivere la valutazione come un’operazione solamente fiscale, ma come un processo formativo.

Nel processo della valutazione diventa anche sintomatico, per rendere l’attività educativa qualitativamente migliore, il clima di fiducia, che s’instaura in un rapporto interpersonale tra il docente e il discente. In sintesi, la verifica, la valutazione e la certificazione delle competenze (Legge n. 169/2008, DPR n. 122/2009, D.lgs. n. 62/2017, O.M. n. 172/2020) sono tappe diverse, ma interconnesse. Il certificare le competenze implica saperle valutare; il valutare implica la capacità di verificare adeguatamente gli apprendimenti; la verifica degli apprendimenti implica una corretta e adeguata progettazione.

Il verificare significa, infatti, accertare in che misura sono stati raggiunti gli obiettivi degli apprendimenti progettati. La valutazione è, invece, un processo dinamico, che precede, accompagna e segue tutto il percorso di apprendimento. Essa attiva le azioni da intraprendere (valutazione iniziale o diagnostica), regola le azioni avviate (valutazione formativa o per l’apprendimento), promuove il bilancio critico sulle azioni condotte a termine (valutazione sommativa o dell’apprendimento), fa assumere consapevolezza critica e responsabilità sulle proprie azioni (autovalutazione o valutazione come apprendimento).

La verifica e la valutazione del successo scolastico (apprendimento formale) si realizzano con prove strutturate (Vero/falso, corrispondenza, completamento, a scelta multipla, a risposta multipla, sequenza logica), utilizzando griglie. Bisogna, poi, avvalersi di griglie di osservazione per valutare l’impegno, l’interesse, la partecipazione e la collaborazione. La griglia deve essere perfezionata e aggiornata con un feedback costante dal docente.

Prova strutturata

                                                     Risposta esatta   Astensione      Risposta errata 

         Vero/falso o Sì/No                      + 2                      0                        – 1 

         Risposta strutturata                     + 3                       0                       – 1

         Risposta aperta                 + 5 Risposta sufficiente               – 1 Risposta insufficiente  

Griglia di valutazione, relativa a prove strutturate

La verifica e la valutazione del successo formativo (apprendimento formale, non formale e informale) conducono alla certificazione delle competenze e si conseguono con le prove semistrutturate (saggio breve, rapporto di ricerca, riassunto, simulazione di contesto, a domande strutturate, colloquio strutturato, compiti di realtà o autentici, osservazioni sistematiche e biografie cognitive), impiegando rubriche di valutazione.

La prova maggiormente impiegata, per certificare le competenze, è il compito di realtà o autentico; questo prevede che gli allievi costruiscano il loro sapere in modo attivo e in ambienti sia reali sia complessi, dimostrando di possedere autonomamente e responsabilmente una determinata competenza.

Rubrica di valutazione analitica, relativa alle prove semistrutturate

                           Livello iniziale          Livello base    Livello intermedio  Livello avanzato

         Metodo di studio        1                             2                              2                             3

Correttezza:                         2                             2                             2                             4

Coerenza logica                   1                             2                             3                             3      

RUBRICA di Valutazione sintetica o olistica

I livelli per certificare le competenze, secondo la C.M. n. 3 del 13 febbraio del 2015, sono descritti nel seguente modo:

Iniziale: L’allievo/a, se opportunamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note.

Base: L’allievo/a svolge compiti semplici anche in situazioni nuove, mostrando di possedere conoscenze e abilità fondamentali e di saper applicare basilari regole e procedure apprese.

Intermedio: L’allievo/a svolge compiti e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità.

Avanzato: L’allievo/a svolge compiti e risolve problemi complessi, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità; propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni consapevoli.

La Legge n. 92/2019 e il D.M. n. 35/2020 dispongono che l’insegnamento trasversale dell’Educazione civica (Costituzione, sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale) sia oggetto delle valutazioni periodiche e finali previste dal D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 62 per il primo ciclo e dal DPR 22 giugno 2009, n. 122 per il secondo ciclo.

I criteri di valutazione deliberati dal collegio dei docenti per le singole discipline e già inseriti nel PTOF dovranno essere integrati in modo da ricomprendere anche la valutazione dell’insegnamento dell’educazione civica.

Il docente coordinatore dell’insegnamento, in sede di scrutinio formula la proposta di valutazione, espressa ai sensi della normativa vigente, da inserire nel documento di valutazione, acquisendo elementi conoscitivi dai docenti del gruppo o del Consiglio di classe cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica. Tali elementi conoscitivi sono raccolti dall’intero gruppo e dal Consiglio di classe nella realizzazione di percorsi interdisciplinari.

La valutazione deve essere coerente con le competenze, abilità e conoscenze indicate nella programmazione per l’insegnamento dell’educazione civica e affrontate durante l’attività didattica.

I docenti e il Consiglio di classe possono avvalersi di strumenti condivisi, quali rubriche e griglie di osservazione, che possono essere applicati ai percorsi interdisciplinari, finalizzati a rendere conto del conseguimento da parte degli allievi delle conoscenze, delle abilità e del progressivo sviluppo delle competenze, previste nella sezione del curricolo dedicata all’educazione civica.

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