Le dodici parti magiche di 2024

Con gli auguri di buon anno, la meraviglia di 77, le dodici parti magiche di 2024 e uno dei risultati più belli della matematica.

Donna all’alba – Caspar David Friedrich

Negli auguri di buon anno figura come elemento di buon auspicio, la particolarità della partizione di 2024: esattamente dodici addendi (la metà di 24), i cui reciproci costituiscono a loro volta una partizione di 1.

Nella tela di Caspar David Friedrich si intravvedono, insieme alla donna che assiste alla meraviglia del sorgere del sole, i successivi passaggi aritmetici che conducono a ottenere quella partizione. L’autore ha tentato, senza riuscirvi, di ottenerne altre: è portato pertanto a ipotizzare che sia l’unica possibile per 2024.

Qual è la giustificazione di quei passaggi? Qualche lettore lo ha chiesto.

Ecco allora il motivo di riprendere la questione.

Prima di tutto: che esistono r interi a1 + a2+ …+ ar che hanno per somma 2024 e i cui reciproci hanno somma 1 è un fatto certo. È certo perché a godere di tale proprietà sono tutti i numeri maggiori di 77. A dimostralo è stato Ronald Graham nel 1963 con una dimostrazione mista: la prima parte è prettamente algoritmica e la seconda ha più natura dialettica. Graham cioè [VEDI] calcola le partizioni di tutti gli interi tra 78 e 333 e li riporta in una tabella ordinata che utilizza poi per trovare le partizioni dei numeri più grandi, dimostrando che nessun intero potrà essere escluso.

Tenendo ciò presente si è proceduto a ritroso applicando il

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Materiale didattico per la scuola primariaSat, 18 Mar 2023 11:31:19 +0000it-IT
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3232Sistemi o Apparati? Differenza e classificazionehttps://www.maestravera.it/sistemi-apparati-corpo-umano/

Mon, 21 Sep 2020 15:43:15 +0000https://www.maestravera.it/?p=624Spesso parliamo di sistemi e di apparati come se fossero sinonimi, invece c’è una differenza tra i due termini che è bene chiarire presto ai ragazzi prima di iniziare ad affrontare i vari sistemi e apparati che formano il corpo umano. Ogni essere vivente è costituito da semplici unità viventi chiamate cellule. Gli organismi pluricellulari, […]L’articolo Sistemi o Apparati? Differenza e classificazione proviene da maestravera.it.
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Spesso parliamo di sistemi e di apparati come se fossero sinonimi, invece c’è una differenza tra i due termini che è bene chiarire presto ai ragazzi prima di iniziare ad affrontare i vari sistemi e apparati che formano il corpo umano.

Ogni essere vivente è costituito da semplici unità viventi chiamate cellule. Gli organismi pluricellulari, come l’uomo, sono formati da cellule specializzate ovvero da cellule che svolgono una specifica funzione.

In quarta avevamo già affrontato la cellula animale e vegetale, pertanto abbiamo potuto ripassarla e fare il passo successivo, ovvero chiarire che più cellule dello stesso tipo si uniscono e insieme formano i tessuti.

Nel corpo umano incontriamo varie tipologie di tessuti:

muscolareepitelialeosseonervoso…Per facilitare l’acquisizione della classificazione dei tessuti umani, ho fornito ai ragazzi questo schema riassuntivo.

Schema sui tessuti umaniIl passo successivo è stato comprendere che il corpo umano non è però fatto solo da tessuti e per i ragazzi è stato abbastanza evidente rispondere che è composto da ORGANI. Ne hanno citati molti.

A questo punto ho spiegato che i tessuti che si uniscono per svolgere una funzione specifica formano un organo:

cervellocuorestomaco…Compreso il meccanismo degli incastri, hanno intuito che nella distinzione tra apparato e sistema dovevano necessariamente essere coinvolti gli organi.

Hanno riflettuto sugli apparati che conoscono e li hanno cercati sul libro di testo, semplicemente sfogliando le pagine.

A questo punto è risultato evidente che più organi che contribuiscono a svolgere una funzione più complessa formano un apparato o un sistema, ma qual è la differenza?

La differenza è molto semplice:

Organi diversi che collaborano per uno scopo comune (è il caso dello stomaco e dell’intestino nell’apparato digerente), costituiscono un APPARATO.

Organi simili (come quelli del sistema nervoso), formati cioè da tessuti dello stesso tipo, costituiscono un SISTEMA.

Compresa la differenza tra APPARATI e SISTEMI li abbiamo classificati:

Sistemi

Sono sistemi:

Il sistema scheletrico: formato da cartilagini, ossa e articolazioni.Il sistema muscolare: costituito da muscoli volontari e involontari.Il sistema nervoso: formato da cellule chiamate NEURONIApparati

Sono apparati:

L’apparato digerente: formato da numerosi organi e alcune ghiandole.L’apparato respiratorio: formato dalle vie aeree superiori e inferiori.L’apparato circolatorio: costituito da cuore , vasi sanguigni e vasi linfatici.L’apparato escretore: costituito da reni e vie urinarie.L’apparato tegumentario: costituito da pelle , peli, capelli, unghie, ghiandole sudoripare e sebacee.L’apparato riproduttore: differente tra maschio e femmina.Sul quaderno abbiamo registrato la differenza tra sistemi e apparati e abbiamo iniziato a conoscere quali sistemi e apparati costituiscono il corpo umano.

Per ciascuno abbiamo fatto una piccola rappresentazione. Di seguito riporto un’immagine di riferimento.

Sistemi e ApparatiSe avete bisogno di uno schema chiaro per gli alunni DSA, vi suggerisco di visualizzare quello di Mappe per la Scuola.
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]] >Frazioni proprie, improprie apparenti, equivalentihttps://www.maestravera.it/frazioni-proprie-improprie-apparenti-equivalenti/

Wed, 18 Mar 2020 21:27:33 +0000https://www.maestravera.it/?p=538Lezione di matematica sulle frazioni proprie, improprie, apparenti, complementari e equivalenti. Definizioni, videolezione, schede e appunti.
L’articolo Frazioni proprie, improprie apparenti, equivalenti proviene da maestravera.it.
]] >Per fare un veloce ripasso delle frazioni per la mia quinta ho realizzato un video che riassume i concetti di frazione:

Propria e impropriaComplementareEquivalenteApparentePer rivedere il concetto di frazione, unità frazionaria e intero in questa pagina trovate dei materiali.

Ecco il video:

[embedded content]
Trovo che i mattoncini Lego siano stupendi per rappresentare le frazioni.

La conoscenza per i bambini passa attraverso le mani e maneggiare concretamente i concetti permette loro di interiorizzarli molto più facilmente. I mattoncini oltretutto piacciono molto ai ragazzi, per questo ho chiesto ai ragazzi di esercitarsi nel rappresentare le frazioni utilizzando le frazioni. In questo modo:

Frazione propria:

Indica UNA PARTE dell’intero.

Il numeratore è minore del denominatore e maggiore di ZERO.

Frazione impropria

Indica una quantità maggiore di un intero.

Il numeratore è maggiore del denominatore, ma non è un suo multiplo.

Frazione apparente

Indicano una quantità pari o multipla dell’intero.

Hanno il numeratore uguale o multiplo del denominatore.

QUi un’esercitazione sulle frazioni proprie, improprie e apparenti.

Frazioni equivalenti

Moltiplicando o dividendo il numeratore e il denominatore per lo stesso numero, si ottiene una frazione equivalente alla frazione data.

Per farlo si deve DIVIDERE il numeratore e il DENOMINATORE per un divisore comune.

2/6

Le frazioni equivalenti ci permettono di introdurre anche la semplificazione della frazione, poiché semplificare una frazione significa trasformarla in un’altra equivalente ma con termini minori.

la semplifico:

2 : 2 = 1

6 : 2 = 3

1/3

Frazioni complementari

Qui una scheda sulle frazioni complementari.
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]] >Frazioni: termini e unità frazionariahttps://www.maestravera.it/termini-frazione-unita-frazionaria/

Wed, 18 Mar 2020 16:00:36 +0000https://www.maestravera.it/?p=522Lezione di matematica per la scuola primaria sulle frazioni: concetto di frazione, intero, termini della frazione e unità frazionaria. Spiegazione e schede
L’articolo Frazioni: termini e unità frazionaria proviene da maestravera.it.
]] >Il primo passo nel mondo delle frazioni riguarda l’acquisizione chiara del concetto di INTERO e del suo CONTRARIO (non intero), prerequisito fondamentale per la comprensione dei termini della frazione e dell’unità frazionaria.

Un’attività molto semplice che non prevede preparazioni complesse è la piegatura di alcuni fogli di carta, vanno benissimo anche fogli di riciclo.

Si prende un foglio e lo si piega prima in due parti, poi in quattro, poi in otto, poi in sedici parti…

Si ragiona con i bambini sul fatto che il foglio costituisce un intero, perché è un foglio, ma lo abbiamo diviso in 2 parti UGUALI, o in 4 parti UGUALI, o in 8 e così via…

Io ho proposto anche piegature non uguali per permettere di capire la differenza tra la frazione e la non frazione.

Abbiamo raggruppato i fogli divisi in parti uguali in una scatola e i fogli divisi in parti diverse tra loro li abbiamo messi in un’altra scatola.

A questo punto ho introdotto la definizione di frazione ed ho spiegato che:

Parliamo di FRAZIONE quando un intero (un oggetto o una figura) è diviso in parti perfettamente uguali, infatti, quelle parti se sovrapposte coincidono.

Ora che abbiamo compreso in cosa consiste una frazione abbiamo attaccato sulla scatola dei fogli frazionati il cartellino FRAZIONI, mentre sull’altra scatola abbiamo scritto NON FRAZIONI.

Ciascuno ha poi piegato un foglio a proprio piacimento e lo ha riposto in un sacchetto. A turno i bambini hanno pescato dal sacchetto un foglio piegato e lo hanno riposto nella scatola adatta, a seconda che fosse o NON fosse una frazione.

Al termine di questa attività è stato possibile introdurre il termine “frazionare“, che significa dividere in parti uguali e non semplicemente dividere.

Unità Frazionaria e termini della frazione

Il passo successivo è avvicinare i bambini al concetto di unità frazionaria e ai termini della frazione.

Riprendiamo i nostri fogli divisi in parti uguali e per ciascun “pezzettino” comprendiamo quanto vale.

Conoscere e fare proprio il linguaggio delle frazioni è molto importante. Nella vita di tutti i giorni ai bambini sarà capitato di sentir parlare di “una bottiglia da tre quarti”, di “un quarto d’ora”, di “un terzo di strada”, ecc.

I bambini potranno capire che quelle espressioni si riferiscono a qualcosa di concreto e ne comprenderanno il significato.

Dobbiamo spiegare ai bambini che le frazioni si scrivono in un modo un po’ speciale. Le vedranno scritte come due numeri separati da una linea. Un numero sopra, una linea e un altro numero sotto, ovvero il numeratore che indica quante parti uguali consideriamo, mentre il denominatore indica in quante parti uguali è stato diviso il nostro intero.

Per spiegare meglio i termini della frazione e l’unità frazionaria, abbiamo rappresentato sul quaderno il Tricolore. Abbiamo disegnato un rettangolo diviso in 3 parti uguali e abbiamo colorato le singole parti con i colori della bandiera italiana e su ciascuna parte abbiamo scritto la frazione corrispondente:

È importante indicare ai bambini che ciascuna parte si può leggere UN TERZO o UNO FRATTO TRE, poiché la linea di frazione si legge fratto ed esprime una divisione.

È importante sottolineare che ciascuna parte dell’intero frazionato si chiama unità frazionaria.

A questo punto abbiamo provato ad utilizzare la terminologia specifica riflettendo sui colori della bandiera,che rappresentano le singole parti, mentre la bandiera corrisponde all’INTERO:

La parte VERDE corrisponde a UN TERZO della bandiera (intero).La parte BIANCA corrisponde a UN TERZO della bandiera (intero).La parte ROSSA corrisponde a UN TERZO della bandiera (intero).Il passo successivo è stato sommare le singole parti:

La parte verde e la parte bianca INSIEME costituiscono i DUE TERZI della bandiera.La parte rossa e la parte bianca INSIEME costituiscono i DUE TERZI della bandiera…Alla fine abbiamo concluso che tutte le parti colorate rappresentano TUTTA la bandiera, cioè l’INTERO.

Sul quaderno abbiamo registrato i termini della frazione in questo modo:

Per rinforzare l’acquisizione della terminologia ho proposto questa scheda Gianni e le frazioni tratta dalla guida di Gaia Edizioni “Laboratorio di matematica per lo sviluppo, il recupero e il potenziamento degli apprendimenti – II livello”.

Un’attività che piace molto ai bambini, che possono fare a casa come come compito, ma anche a scuola, per imparare in modo divertente, consiste nel rappresentare le frazioni con i mattoncini lego. Potranno manipolare i pezzetti, assemblarli per comporre un intero, frazionarli nelle singole parti, trovare, più avanti, frazioni equivalenti, complementari…

Potete proporre una frazione e chiedere loro di rappresentarla con i mattoncini, in questo modo:

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]] >Compito di realtà in cucinahttps://www.maestravera.it/compito-di-realta-equivalenze/

Mon, 16 Mar 2020 21:46:26 +0000https://www.maestravera.it/?p=509Compito di realtà per la classe quinta della scuola primaria: ricetta con quantità da trasformare in grammi e calcolo di quantità.
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]] >Equivalenze

In questi giorni di didattica a distanza stiamo ripassando le equivalenze e per mantenere viva l’attenzione ho pensato di proporre un compito di realtà alla mia classe quinta.

Ho dato ai ragazzi della mia quinta una ricetta per preparare 12 muffin ed ho chiesto loro di:

eseguire le equivalenze per trasformare tutti gli ingredienti in grammifare i calcoli per ricavare gli ingredienti necessari per preparare 7, 26, 45 e 2 muffin.Per i calcoli più difficili ho consentito l’uso della calcolatrice.

Ingredienti, equivalenze e calcoli devono essere trascritti sul quaderno.

Terminata la parte matematica ho chiesto ai ragazzi di scegliere quanti muffin preparare, di munirsi di bilancia e grembiule e preparare i muffin. Se fossimo stati a scuola me ne sarei fatta portare uno il giorno successivo. Siamo a casa e mi accontento di una foto.

Ecco la ricetta. QUI trovate il pdf da dare ai ragazzi.

INGREDIENTI

cacao amaro in polvere 70 g 

zucchero 3 hg 

latte intero a temperatura ambiente 0,18 kg 

bicarbonato 0,02 hg 

farina 3000 dg 

burro a temperatura ambiente 15000 cg 

uova a temperatura ambiente 0,220 kg 

lievito in polvere 0,6 dag

PROCEDIMENTO

(TESTO REGOLATIVO)

Per preparare i muffin al cioccolato cominciate versando nella tazza della planetaria il burro a pomata (cioè molto morbido) e lo zucchero. Azionate la frusta e lasciate mescolare per qualche minuto, fin quando non sarà diventato una crema morbida. Se non avete la planetaria potrete utilizzare le fruste elettriche oppure quella a mano. Poi unite le uova a temperatura ambiente e leggermente sbattute un po’ alla volta.

In questo modo il composto si amalgamerà alla perfezione, diventando una massa morbida ed omogenea. Nel frattempo sistemate un setaccio in un recipiente e versate la farina ed il cacao.

Poi il lievito per dolci ed il bicarbonato e setacciate. Un cucchiaio alla volta, inserite le polveri fin quando non saranno completamente assorbite.

L’impasto a questo punto sarà molto consistente quindi allegeritelo aggiungendo il latte a filo, sempre a temperatura ambiente. Sminuzzate il cioccolato al coltello, ottenendo dei pezzettini grandi circa 0,5 mm e aggiungeteli al composto.

Mescolate accuratamente con una spatola per inglobare il tutto e trasferite poi in un sac-à-poche senza bocchetta. Sistemate i pirottini in una leccarda da muffin e spremete circa 100 grammi di impasto così da ottenere 12 tortine.

Cuocete in forno preriscaldato ed in modalità statica a 180° per 28-30 minuti, facendo la prova stecchino per verificarne la cottura (per questi muffin si sconsiglia la cottura in forno ventilato poiché diventerebbero troppo asciutti!). Una volta pronti sfornateli e lasciateli raffreddare o se proprio non resistete, gustate i muffin al cioccolato ancora caldissimi.

(Ricetta di GialloZafferano.it)

“Designed by Tamaratorres / Freepik”I ragazzi si sono divertiti e mi hanno mandato foto incredibili dei muffin. Compito di realtà che la mia classe quinta ha molto apprezzato.
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]] >Sistema Scheletricohttps://www.maestravera.it/sistena-scheletrico/

Mon, 16 Mar 2020 16:26:48 +0000https://www.maestravera.it/?p=496Lezione, sul Sistema Scheletrico, con appunti, metodologia e verifica per la classe quinta della scuola primaria.
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]] >Il Sistema Scheletrico è stato il primo sistema che abbiamo affrontato.

Lo abbiamo fatto comprendendo che possiamo parlare di sistema poiché tutti i suoi componenti sono ossa.

Non tutte le ossa del corpo hanno la stessa forma ma tutte quante si somigliano poiché sono formate da cellule dello stesso tipo, pertanto possiamo parlare di SISTEMA SCHELETRICO.

Per prima cosa abbiamo osservato il nostro corpo, ciascuno ha provato a percepire le ossa al tatto e abbiamo provato a nominarle. Partendo dalla faccia abbiamo il cranio, la mascella e la madibola. Abbiamo trovato poi la clavicola e la scapola, le ossa delle braccia, le costole, la colonna vertebrale il bacino e le ossa delle gambe.

Le abbiamo nominate osservando il modellino che abbiamo in classe e facendoci aiutare dall’immagine con la relativa nomenclatura presente sul del libro di testo.

credit: Wikipedia Questo lavoro ci ha permesso di capire che:

TUTTE le ossa presenti nel nostro corpo formano lo scheletro.Le ossa possono essere raggruppate e distinte in tre gruppi: ossa del CAPOossa del TRONCO ossa degli ARTIFunzioni del Sistema Scheletrico

Abbiamo poi riflettuto sulle funzioni del sistema scheletrico, partendo da una domanda molto banale: come saremmo se non avessimo le ossa?

Le risposte sono state molto divertenti e hanno rivelato una grandissima immaginazione. Qualcuno ha ricordato un termine già visto in quarta: INVERTEBRATI e ciò ci ha permesso di capire che senza il sistema scheletrico saremmo degli invertebrati.

Lo scheletro, insieme ai muscoli, è ciò che SOSTIENE il nostro corpo e permette il MOVIMENTO.

Subito dopo, ragionandoci un po’, i ragazzi hanno capito che un’altra importante funzione è quella di proteggere alcuni organi vitali, come CUORE, POLMONI e CERVELLO.

Abbiamo così individuato le principali funzioni del sistema scheletrico:

SOSTEGNO del corpoMOVIMENTO (insieme ai muscoli)PROTEZIONE degli organi vitaliAbbiamo aggiunto che il Sistema Scheletrico ha anche le importanti funzioni di:

– PRODURRE cellule del sangue, grazie al midollo spinale che scorre nella colonna vertebrale.

– RISERVA di sali minerali, poiché le ossa sono formate anche da sali minerali.

Questa precisazione ci ha permesso di passare alla seconda domanda:

Da cosa sono formate le ossa?

Struttura delle ossaSul quaderno abbiamo provato a rappresentare la struttura delle ossa, nominando le varie parti.

Ci siamo soffermati, in particolare, sugli OSTEOBLASTI, la cui funzione è stata oggetto di numerose curiosità, perché abbiamo scoperto che permettono l’accrescimento delle ossa.

Gli osteoblasti ricostituiscono continuamente il tessuto osseo, mentre gli osteoclasti lo distruggono. O meglio, rimuovono continuamente il tessuto più vecchio. Quindi il tessuto osseo “più usato” viene rimosso dagli osteoclasti e sostituito da tessuto nuovo di zecca prodotto dagli osteoblasti.

A livello delle estremità delle ossa lunghe (epifisi) è presente, nella fase di crescita dell’individuo, un particolare tipo di cartilagine, chiamata cartilagine di accrescimento che verrà poi sostituita da tessuto osseo. Le ossa, infatti, non restano sempre della stessa dimensione ma crescono con noi.

Lo scheletro di un adulto è formato da 206 ossa ed esse sono formate da acqua, sali minerali e osseina.

A questo punto abbiamo preso delle ossa di pollo e un contenitore contenente dell’aceto. Abbiamo immerso le ossa nell’aceto e le abbiamo lasciate per qualche giorno.

Esperimento osseinaSuggerisco di utilizzare un contenitore con coperchio se non volete avere la classe pervasa dall’odore dell’aceto.

Questa esperienza ci ha permesso di osservare attentamente le ossa e ha stimolato la curiosità dei ragazzi.

Ci ha dato modo di comprendere che le ossa sono sono formate da qualcosa che le rende dure e da qualcosa che le rende morbide.

Prima di immergere le ossa nell’aceto abbiamo provato a spezzarle, senza riuscirci.

Dopo il trattamento con l’aceto siamo riusciti a piegarle e a spezzarle potendo così osservare il tessuto spugnoso.

Abbiamo pertanto dedotto, visto che l’aceto ha sciolto i sali minerali, che l’osseina rende le ossa elastiche ( quel qualcosa di morbido a cui prima non avevamo saputo dare un nome), mentre i sali minerali le rendono dure.

Abbiamo registrato sul quaderno quanto appreso, dopodiché abbiamo creato uno scheletro grandezza naturale, che ci accompagnerà nel viaggio alla scoperta del corpo umano e verrà arricchito, di volta in volta dei vari organi e tessuti.

Lo scheletro murale da stampare ed assemblare lo trovate QUI.

Le ossa e le articolazioni

Comprese le funzioni del Sistema Scheletrico, la composizione delle ossa e la suddivisione delle ossa del corpo, abbiamo operato un’ulteriore classificazione delle ossa distinguendole in:

ossa LUNGHE: ossa degli artiossa CORTE: vertebre, ossa delle mani…ossa PIATTE: ossa del cranio, del bacino…Abbiamo poi compreso che le ossa solo tra loro collegate e unite.

Sono collegate tra loro dalle articolazioni che possono essere mobili (come quelle del ginocchio o delle spalle che ci permettono movimenti ampi), semimobili (come le aricolazioni vertebrali che permettono movimenti limitati) o fisse (è il caso delle articolazioni del cranio, le quali non consentono alcun movimento).

Articolazioni e legamentiHo poi spiegato ai ragazzi che le ossa sono unite tra loro da fasci di fibre chiamati LEGAMENTI e ovviamente dai muscoli, i quali rivestono le ossa e contribuiscono a tenerle unite.

Per concludere ho fornito ai ragazzi lo schema riassuntivo di Mappe per la Scuola ed ho chiesto loro di articolare un discorso sul sistema scheletrico, spiegando:

Cos’è il Sistema Scheletrico?Quali sono le funzioni del Sistema Scheletrico?Da cosa è formato?Come sono formate le ossa?Che caratteristiche danno alle ossa l’osseina e i sali minerali?Come possono essere classificate le ossa dello scheletro e che funzioni anno?Cosa sono le articolazioni? Come possono essere?Verifica

QUI potete trovare la verifica sul sistema scheletrico.
L’articolo Sistema Scheletrico proviene da maestravera.it.
]] >Il Sistema Solarehttps://www.maestravera.it/il-sistema-solare/

Sun, 15 Mar 2020 23:12:44 +0000https://www.maestravera.it/?p=461Lezione sul sistema solare pensata per la classe quinta della scuola primaria Completa di video, schede, metodologia e spiegazioni sul sistema solare.
L’articolo Il Sistema Solare proviene da maestravera.it.
]] >Il Sistema Solare è uno dei miei argomenti preferiti del programma di quinta ed è sempre apprezzatissimo anche dai ragazzi. L’universo ha da sempre affascinato gli uomini e le donne di tutti i tempi e vale anche per i nostri ragazzi moderni.

Qualche anno fa con una quinta abbiamo scelto di partecipare all’evento di BergamoScienza e per quell’occasione abbiamo realizzato un laboratorio che ci è piaciuto molto e ci ha dato un sacco di soddisfazioni.

Questa esperienza mi ha permesso di produrre e raccogliere un bel po’ di materiale sul Sistema Solare. Ne raccolgo qui una parte che ho conservato.

Presentazione del Sistema Solare

Per introdurre l’argomento ai ragazzi, ho scritto una storia che vi allego. L’ho intitolata “Con il cielo negli occhi”. Mi piace sempre iniziare nuovi argomenti con dei testi o dei libri e in questo caso scrivere questo breve racconto è stato piacevole anche per me. La trovate QUI!

Per prima cosa ho fornito ai ragazzi una scheda informativa sul Sistema Solare, la potete trovare QUI che hanno letto a gruppi, quindi individualmente sul quaderno hanno lavorato con questa scheda (Scheda sul Sistema Solare).

Abbiamo visto il video di “Paxi e il Sistema Solare” realizzato dall’ESA. Ne trovate anche altri molto belli sul sito ESAkids (ha una sezione dedicata alla didattica).

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Carta d’identità dei pianeti

Quindi ho diviso la classe in 8 gruppi e ciascun gruppo ha approfondito un pianeta ed ha raccolto le informazioni per realizzare la carta d’identità di ciascun pianeta. Le informazioni sono state registrate sia sul quaderno sia su un cartellone.

La carta d’identità del pianeta ha lo scopo di:

Evidenziare gli aspetti ritenuti più importanti per ciascun pianeta Fornire gli indizi fondamentali per poter poi costruire i modelli tridimensionali dei pianeti Abbiamo pertanto inserito:

”DIMENSIONI” e “DISTANZE ” dei pianeti – per riflettere sul concetto che lo spazio è vuoto, ovvero che le dimensioni dei pianeti sono trascurabili rispetto alle distanze che li separano.“COLORE” e “SUPERFICIE” – per poter ricavare le caratteristiche chimiche e fisiche che serviranno per la scelta dei materiali utili alla costruzione dei pianeti.“TEMPERATURA” – perché dal confronto tra i pianeti si dedurrà che la temperatura dipende: dalla vicinanza o lontananza dal Sole dall’ esposizione verso il Sole,dalla presenza o assenza dell’atmosfera.“ATMOSFERA”, le informazioni trovate ci faranno scoprire che può essere:uno scudo protettivo dalle radiazioni solari e dagli asteroidimolto densa a causa dei gas che la compongonoquasi inesistente per la troppa vicinanza al Sole (forte campo gravitazionale).“SATELLITI”, la presenza o l’assenza e la quantità di satelliti che ruotano intorno ad un pianeta, sono dovute alla forza d’attrazione gravitazionale del pianeta stesso e alla sua posizione rispetto al Sole.“CURIOSITA’”, spazio libero per qualsiasi approfondimento.

Carta d’Identità dei PianetiRiduzione in scala dei Pianeti

Un’attività che ha unito scienze e matematica è la riduzione in scala delle dimensioni dei pianeti e delle distanze.

Osservare le dimensioni dei pianeti e della loro distanza dal sole, ci ha permesso di imparare i grandi numeri. Abbiamo visto che l’astronomia è uno di quei campi dove i grandi numeri sono impiegati spessissimo.

Per ridurre i pianeti e le loro distanze abbiamo dovuto utilizzare due scale differenti. In matematica ne abbiamo approfittato per parlare dell’approssimazione e dell’arrotondamento, poiché chiaramente le nostre riduzioni in scala non sono perfette ma approssimative e arrotondate. Devo dire che questo lavoro molto concreto ha aiutato i ragazzi a comprendere il concetto senza troppa fatica.

Grazie a questa riduzione abbiamo realizzato questa riproduzione:

Pianeti in scala realisticaAnche il questo caso ci siamo agganciati alla matematica ed abbiamo affrontato la circonferenza. Per realizzare il cartamodello del sole abbiamo costruito un compasso con gesso e spago. Abbiamo quindi compreso che la circonferenza è 3 volte e un po’ il diametro.

Sul quaderno ci siamo esercitati con il compasso e abbiamo disegnato i pianeti:

Mercurio con un diametro di 0,5 cm, Venere 1,2 cm, la Terra 1,3 cm, Marte 0,7cm, Giove 14 cm, Saturno 12 cm, Urano e Nettuno 5 cm. Prima i ragazzi hanno dovuto calcolare il raggio per aprire il compasso alla giusta ampiezza.

Per la riduzione in scala delle distanze tra i pianeti abbiamo utilizzato una scala differente:

Una volta completi tutti i calcoli ci siamo muniti di un rotolo di carta, di un metro e di cartelli con i nomi dei pianeti e, dopo aver misurato e misurato, abbiamo osservato le distanze dei pianeti.

Ci siamo resi conto che i pianeti terrestri sono molto vicini tra di loro, mentre i pianeti gioviani sono molto distanti sia rispetto al Sole, sia tra di loro. Abbiamo anche osservato che tra Marte e Giove c’è uno spazio molto grande ed abbiamo ipotizzato che lì potesse anche starci un pianeta, infatti, documentandoci abbiamo scoperto che gli scienziati credono che la cintura asteroidale sia un pianeta che non è riuscito a formarsi. Probabilmente a causa delle forze contrapposte esercitate dal Sole e da Giove.

Riproduzione dei pianeti

I ragazzi, nei rispettivi gruppi, hanno realizzato i pianeti. La scala per la riproduzione dei pianeti l’ho fornita io:

RIPRODUZIONE DEI PIANETI IN SCALAChi sceglierà di cimentarsi in questa attività non potrà esimersi dal ricercare informazioni in merito a COLORE” e “SUPERFICIE”, per poter ricavare le caratteristiche chimiche e fisiche che serviranno per la scelta dei materiali per la realizzazione del modellino.

A questo punto direi che se 

Diametri dei pianeti (1 m = 139.640 Km) per avere una scala coerente

Pianeti e diametri in cm per i modellini

Mercurio 3.5 cm

Venere 8.5 cm

Terra 9 cm

Marte 5 cm

Giove 100 cm

Saturno 83 cm

Urano 36 cm

Nettuno 35 cm

Per i Pianeti terrestri consiglio materiali duri, che richiamino la natura rocciosa di tali corpi.

Materiali suggeriti:

– palline di polistirolo di 3,5; 5; 9 centimetri 

– cartapesta per il rivestimento esterno.

Per Giove, come per gli altri Pianeti giganti, suggerisco materiali morbidi per riflettere la natura gassosa di questi corpi.

Materiali suggeriti:

palloni o simili del diametro di 95, 80 e 30 centimetri circaovatta sintetica per il rivestimento esterno.Per la coloritura i pianeti rocciosi possono essere colorati con le tempere, mentre quelli gassosi devono essere colorati con le bombolette.

Abbiamo riprodotto il Sistema Solare in diversi modi, anche utilizzando il cibo… ed è stato molto divertente!

Sistema Solare in cucinaIn questo video potete vedere un riassunto del lavoro fatto.

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Per concludere abbiamo parlato dei movimenti della Terra attorno al Sole e su se stessa.

Rotazione e rivoluzione dei pianeti

I ragazzi si sono avvicinati ai concetti di rotazione e di rivoluzione attraverso delle esperienze pratiche. Nel cortile della scuola abbiamo tracciato le orbite dei pianeti e i ragazzi prendendo il posto dei pianeti hanno rivoluzionato attorno al sole, rendendosi in questo modo conto che i pianeti gassosi, essendo più lontani hanno molta più strada da percorrere per fare un giro completo intorno al sole, mentre i pianeti terrestri hanno un’orbita molto più piccola, pertanto hanno meno strada da fare per compiere una rivoluzione completa attorno al sole.

Questa attività ci ha permesso di comprendere il motivo dell’alternarsi del giorno e della notte (rotazione) e delle stagioni (rivoluzione). Per chiarire meglio le idee ai ragazzi, ho fornito loro questa scheda sugli equinozi:

La luna e le fasi lunari

Come ultimo capitolo del Sistema Solare, abbiamo affrontato la Luna, il satellite della Terra.

Abbiamo visto il video di Paxi sulla Luna:

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Abbiamo costruito la “Scatola della luna” con una scatola delle scarpe. Qui potete trovare le istruzioni. Il risultato è davvero incredibile: sembra davvero di avere la luna in una scatola. Qualcuno l’ha realizzata anche a casa.

Abbiamo osservato le fasi lunari anche infilzando con un bastoncino di legno una palla di polistirolo e abbiamo osservato l’ombra del sole su di essa mentre simulavamo una rivoluzione attorno alla Terra.

Abbiamo quindi registrato sul quaderno che la Luna è il satellite della Terra, non ha luce propria, non ha atmosfera, non ha acqua se non sotto forma di ghiaccio ai poli.

Si è formata, probabilmente dalla collisione di un giovane pianeta con la Terra e da questa collisioni ha avuto origine la Luna.

Abbiamo registrato le fasi lunari sul quaderno con questa scheda:

Scheda per registrare le fasi lunari. Le alette, dopo aver tagliato il contorno, si piegano e sulla parte non disegnata si scrive il nome della fase solare corrispondente.Abbiamo anche registrato che la Luna compie tre movimenti:

attorno alla Terra – RIVOLUZIONEsu se stessa – ROTAZIONEattorno al Sole insieme alla Terra – TRASLAZIONEAllego un pdf sul Sole e sulla Luna che abbiamo letto in classe. Lo potete trovare QUI.

Questo laboratorio è stato caratterizzato dal divertimento pertanto non poteva mancare una riproduzione delle fasi lunari utilizzando i biscotti.

In questo video vedete le fasi lunari realizzate da me, ma lo abbiamo fatto anche in classe. I ragazzi hanno apprezzato molto.

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Per concludere allego una scheda di approfondimento e un glossario sul Sistema Solare.

Verifica

QUI una verifica sul Sistema Solare.
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]] >Apparato Tegumentariohttps://www.maestravera.it/apparato-tegumentario/

Sat, 14 Mar 2020 16:46:19 +0000https://www.maestravera.it/?p=445Lezione di scienze, sull’apparato tegumentario, per la classe quinta della scuola primaria. Appunti e schede per una spiegazione completa.
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]] >Come primo argomento del corpo umano, dopo aver affrontato la cellula e la differenza tra tessuti, apparati e sistemi, ho scelto di affrontare la pelle perché è il rivestimento del corpo, la sua custodia. Una sorta di coperta che protegge i tessuti e gli organi che costituiscono il corpo umano.

Prendendo spunto dal libro della Erikson “Scienze facili per la classe quinta”, siamo partiti dall’analisi della parola TEGUMENTO.

I ragazzi non conoscevano il significato di questo termine, pertanto abbiamo ricercato la definizione, che riporto:

tegumento /tegu’mento/ s. m. [dal lat. tegumentum “copertura”]. – (biol.) [rivestimento di un intero organismo, animale o vegetale] ≈ epidermide, Ⓖ pelle, [di organismo vegetale] corteccia, [di organismo vegetale] scorza.Abbiamo così arricchito il nostro vocabolario con una parola nuova, che d’ora in poi utilizzeremo in modo corretto.

A questo punto siamo passati all’osservazione della pelle e alla scoperta degli elementi che la costituiscono.

I ragazzi hanno facilmente individuato i protagonisti dell’apparato tegumentario:

pellepeliunghiecapelliRagionandoci ancora un po’ hanno intuito che mancava ancora qualcosa:

ghiandole sebacee ghiandole sudoripareAbbiamo quindi capito che la pelle è il tessuto che riveste tutto il corpo umano e costituisce l’apparato tegumentario. È l’organo più esteso del corpo umano.

Ha diverse funzioni, tra cui proteggere il corpo, regolarne la temperatura e percepire stimoli termici, dolorifici e pressori (tattili).

La pelle è composta da più strati:

l’epidermide è lo strato esterno protettivo ed è costituita da più strati; il derma permette di percepire il calore e il dolore ed è ricco di vasi sanguigni; l’ipoderma è ricco di grasso corporeo e ha una funzione di isolamento, poiché funge da cuscinetto protettivo per i muscoli.Per semplificare il recupero delle informazioni abbiamo registrato sul quaderno quanto è emerso dalla conversazione .

Ecco gli appunti:

Quindi ho fornito loro questa scheda che ho preparato:

Per approfondire ulteriormente possiamo dare qualche informazione sugli strati dell’epidermide.

Gli strati dell’epidermide

Lo strato corneo è lo strato più superficiale dell’epidermide, è chiamato cute, ed è costituito da molti strati di cellule appiattite e disposte su più strati. Si possono considerare due porzioni: una più profonda e compatta in cui le cellule (corneociti) sono unite tra loro, ed uno superficiale in cui le cellule (dette squame cornee) tendono a staccarsi per desquamazione. La pelle è, infatti, un organo estremamente dinamico, poiché le sue cellule si rinnovano continuamente. Più sotto abbiamo lo strato lucido, che si trova solo nella cute spessa (palmo della mano e pianta dei piedi).Lo stato granuloso è l’ultimo strato di cellule vive.Lo stato spinoso è uno strato spesso, formato da cellule chiamate cheratinociti, che risalgono gradualmente verso la superficie.Lo strato basale è lo strato più profondo dell’epidermide ed è sostenuto da una membrana basale che lo separa dal derma sottostante.Per consolidare questi concetti, abbiamo costruito un supporto visivo utilizzando un modellino di carta della pelle. Per farlo abbiamo utilizzato questo modello trovato in rete:

Qui potete scaricare la versione in bianco e nero.

Curiosità: Perché la pelle degli uomini ha colori differenti?

Nel mondo il colore della pelle umana si distribuisce su una tavolozza dalle dalle molte sfumature e per arrivarci sono servite decine di migliaia di anni. Anche se il colore della pelle è diverso non sono diversi gli antenati. Abbiamo tutti la stessa origine evolutiva.La pelle più scura è vantaggiosa per chi vive nelle regioni molto soleggiate, come quelle attorno all’equatore, mentre quella più chiara è vantaggiosa per chi abita nelle regioni più fredde, meno esposte al sole e più vicine ai poli.Diversi milioni di anni fa, questa distinzione però non esisteva, perché gli ominidi come l’Australopiteco Lucy avevano la pelle ricoperta da peli molto estesi e non erano molto diversi dagli scimpanzé.

Quando l’uomo iniziò a cacciare assumendo un’andatura eretta, si spinse negli spazi aperti e soleggiati della savana. Questo fece in modo che si liberasse dei peli in eccesso. Ciò facilitò la sudorazione e la dispersione del calore.

Se l’intensità dei raggi che ci investono è determinata dalla posizione geografica in cui viviamo, la quantità di raggi che penetra nell’organismo dipende dalla concentrazione di melanina.La melanina è un pigmento marrone scuro che è presente in maggiori quantità nella pelle di chi vive a latitudini tropicali, perché protegge la pelle dai raggi solari, impedendo scottature.

Con il tempo, l’uomo si spostò verso nord e verso sud, muovendosi dall’equatore verso località più vicine ai poli. Ai poli il problema principale non era più contrastare i raggi UV dannosi, ma produrre abbastanza vitamina D, indispensabile per la salute delle ossa, nonostante la poca esposizione solare: bisognava permettere che una certa quantità di raggi solari fosse assorbita dalla pelle (e quindi, occorreva meno melanina, che è un “filtro solare” naturale). Nelle regioni più settentrionali, la pelle è perciò divenuta più chiara.

Grazie a questi meccanismi, diverse popolazioni, a diverse latitudini e in diversi momenti storici hanno sviluppato diversi colori della pelle. Una differenza solo superficiale e nata dalle stesse, universali esigenze di adattamento.

Tratto da: “FocusJunior.it > Scienza > Curiosità scientifiche > Perché abbiamo il colore della pelle diverso?”

Per concludere l’argomento ho fornito lo schema preso dal sito mappe per la scuola ed ho chiesto ai ragazzi di formulare un discorso di qualche minuto sull’apparato tegumentario. Per facilitare il compito ho assegnato alcune “domande guida” per permettere loro di focalizzare i punti salienti da evidenziare:

Cosa significa tegumento?Da quali elementi è costituito l’apparato tegumentario?Quali sono le funzioni della pelle?Da quali strati è costituita la pelle? Quali funzioni svolgono?Queste domande possono essere poi proposte come interrogazione scritta.

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]] >Apparato Circolatoriohttps://www.maestravera.it/apparato-circolatorio/

Sat, 14 Mar 2020 13:57:22 +0000https://www.maestravera.it/?p=421Lezione di scienze per la classe quinta della scuola primaria sull’apparato circolatorio
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]] >Ho dovuto affrontare l’apparato circolatorio nella mia classe quinta della scuola primaria, nel periodo di sospensione delle attività didattiche, quindi lo abbiamo trattato a distanza per l’emergenza coronavirus.

In classe lo avevamo solo introdotto e non volevo che continuassero a studiarlo solo dal libro, per questo ho preparato una videolezione per arrivare agli alunni nel modo più efficace nonostante la distanza.

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]] >“Uno” di Isabella Pagliahttps://www.maestravera.it/letture-per-la-classe-prima-primaria-uno-di-isabella-paglia/

Thu, 18 Apr 2019 20:36:06 +0000https://www.maestravera.it/?p=398“Uno” è un libro per bambini di classe prima, scritto da Isabella Paglia e illustrato da Andrea Scoppetta. Lettura pensata per lettori alle prime armi, è scritto interamente in maiuscolo, presenta numerosi spunti di riflessione perché porta all’attenzione di grandi e piccini il tema della diversità, dell’accettazione dell’altro e del rispetto. Il protagonista è un […]
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]] >“Uno” è un libro per bambini di classe prima, scritto da Isabella Paglia e illustrato da Andrea Scoppetta.

Lettura pensata per lettori alle prime armi, è scritto interamente in maiuscolo, presenta numerosi spunti di riflessione perché porta all’attenzione di grandi e piccini il tema della diversità, dell’accettazione dell’altro e del rispetto.

Il protagonista è un simpatico extraterrestre la cui astronave atterra sulla Terra a causa di un guasto.

Unico sopravvissuto della sua specie, Uno inizia a vivere sulla Terra ma immergersi nella società, giocare coi bambini, farsi accettare, gli risulta estremamente complicato e resta solo per così tanto tempo che non ricorda più il suo vero nome e finisce per chiamare se stesso “Uno”.

Uno veste con abiti sgargianti e fa grossi sorrisi di tutti i colori, senza  però riuscire a fare amicizia, così ogni giorno torna alla sua astronave tutto solo.

Una notte un’altra astronave atterra vicino alla sua e una creatura bizzarra, che dice di chiamarsi “Qualcuno”, bussa alla sua porta chiedendo aiuto.

“Qualcuno” è molto diverso da “Uno” e inizialmente lui ne è spaventato, perciò non lo fa entrare, ma dopo qualche esitazione ripensa al freddo che sente dentro ogni volta che lo evitano ed accoglie Qualcuno nella sua casa.

Da quel momento inizia una bella amicizia tra Uno e Qualcuno, un’amicizia stravagante, colorata, divertente, ma soprattutto contagiosa!

Finalmente anche tutti gli altri comprendono che non è necessario essere uguali per essere amici e nessuno, da quel momento, ha più paura di fare cose diverse.

Isabella Paglia ci presenta la diversità e il cambiamento per quello che è, ovvero un’occasione di crescita e di rinnovamento. La diversità spaventa perché ci costringe a rimetterci in discussione, ma accettare gli altri, accogliendone le diversità come qualcosa di positivo è l’unico mezzo che abbiamo per crescere.

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Lettura consigliatissima!!!
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Tre volte il volto: i ritratti triplici nella storia dell’arte

Di fronte, di profilo e di tre quarti. No, non è una foto segnaletica (o forse dovremmo chiamarlo “quadro segnaletico”), ma il celebre triplo ritratto del regnante inglese Carlo I, realizzato da Antoon van Dyck nel 1635.
Antoon van Dyck, Carlo I in tre posizioni, 1635, olio su tela, cm 84×99, Royal Collection, Londra
Ma che significato aveva questo curioso dipinto? Perché l’artista ha raffigurato il sovrano da tre punti di vista differenti? Voleva sottolinearne l’espressività? Era una prova di virtuosismo? C’era qualche allegoria sottesa?Nulla di tutto ciò: il ritratto serviva perché Gian Lorenzo Bernini potesse realizzare un busto di re Carlo I senza muoversi da Roma (lo scultore non uscì mai dall’Italia se non una sola volta per andare a Parigi e Varsailles a realizzare il ritratto di Luigi XIV). Era quindi necessario che avesse a disposizione più viste possibili del soggetto, in modo da cogliere perfettamente la forma del volto, l’espressione del viso e l’andamento del profilo (ma si dice che Bernini non facesse mai posare immobili i soggetti da ritrarre preferendo osservarli in movimento e in pose naturali).
Purtroppo il busto marmoreo, realizzato nel 1636, è andato distrutto nel terrificante incendio del 1698 che distrusse il palazzo di Whitehall. Alcune copie vagamente simili sono ciò che rimane. Una è quella creata nel 1759 dallo scultore Louis François Roubiliac…

… e l’altra è quella attribuita a Jan Blommendael.

Quando il busto originale arrivò a Londra, nel 1637, fu universalmente lodato “non solo per la squisitezza dell’opera, ma per la somiglianza che aveva con il re” e Bernini fu ricompensato con un anello di diamanti. La regina Enrichetta Maria ne fu talmente entusiasta che nel 1638 incaricò van Dyck di fare anche a lei un triplo ritratto da inviare a Bernini. Quella volta però il pittore fiammingo non mise i tre punti di vista nella stessa tela ma produsse tre dipinti separati, due di profilo e uno frontale. Tuttavia, non si sa perché, il busto di marmo non verrà mai eseguito.
Antoon van Dyck, Tre ritratti di Enrichetta Maria di Borbone-Francia, 1638
Bernini realizzerà invece il busto del cardinale Richelieu utilizzando anche questa volta un triplo ritratto, quello dipinto dal francese Philippe de Champaigne nel 1641, simile al ritratto di Carlo I di van Dyck (ma in questo caso non c’è la vista strettamente frontale).
Philippe de Champaigne, Triplo ritratto del cardinale Richelieu, 1642, olio su tela, cm 58×72, National Gallery, Londra
Quel busto esiste ancora e si trova attualmente al Louvre.

Ma torniamo ai triplici ritratti per sottolineare un aspetto: a livello compositivo non fu un’invenzione di van Dyck ma la ripresa di un’iconografia che esisteva fin dal Medioevo in forma di “vultus trifrons” (volto trifronte), cioè il modo con cui talvolta veniva rappresentata la trinità.
Gregorio Vasquez de Arce y Ceballos, Trinità, XVII secolo, Museo Coloniale, Bogotà
Certo, nella maggior parte dei casi non si tratta di tre volti separati ma di facce sovrapposte che condividono gli occhi del volto centrale, come in questo esempio trecentesco…
Autore sconosciuto, Vultus trifrons (Trinità), XIV secolo, Chiesa di Sant’Agostino, Norcia
… o questo del XVI secolo.
Scuola di Leonardo da Brescia, Cristo trifrons, ca. 1542, chiesa di santa Giuliana, Vigo di Fassa (Trento)
Ma non mancano casi in cui i tre volti sono separati o addirittura lo sono le tre persone della Trinità.

Tuttavia il volto con tre facce era anche quello di Lucifero…
Autore sconosciuto, Illustrazione per la Divina Commedia con Lucifero, XIV secolo
Secondo Dante, che lo descrive nel XXXIV canto dell’Inferno, Lucifero è un mostro peloso, con tre paia d’ali di pipistrello e tre facce sulla stessa testa. Con le tre bocche divora i tre più grandi traditori: Bruto e Cassio ai lati e Giuda al centro. Le tre facce avrebbero anche tre colori diversi: rossa quella centrale, bianca quella destra e nera la sinistra.

Ha tre teste anche Cerbero, il cane infernale della mitologia greca che Dante colloca nel 3° cerchio dell’Inferno a vigilare e torturare i golosi.
William Blake, Cerbero, 1824-1827
Per questa insistente associazione tra le tre facce e gli esseri infernali, lo schema del vultus trifrons per rappresentare la Trinità fu abbandonato nel ‘500. Nel 1745, infine, papa Benedetto XIV, con la bolla Sollicitudini nostrae definì come “non appropriata” l’immagine di Cristo ripetuta tre volte poiché dava forme umane anche allo Spirito Santo. Dal Cinquecento, dunque, il volto triplo diventa un tema squisitamente profano.
Il primo dipinto in cui appare è probabilmente il Ritratto di un orefice di Lorenzo Lotto, una tela del 1525-1535 (dunque di un secolo precedente al ritratto di Carlo I). Qui lo stesso uomo è visto di profilo, di fronte e leggermente da dietro.  Le diverse pose delle mani e la tenda verde che taglia lo sfondo animano il ritratto e lo arricchiscono di espressività.
Lorenzo Lotto, Triplice ritratto di orefice, 1525-1535, olio su tela, cm 52×79, unsthistorisches Museum, Vienna
Questo quadro però non serviva come base per una statua, tuttavia un legame con la scultura c’era: il dipinto infatti si inserisce nel dibattito noto come “Paragone delle arti“, una disputa dell’età rinascimentale su quale arte, tra pittura e scultura, fosse la “migliore”.Secondo Leonardo, naturalmente, il primato spettava alla pittura, unica arte capace di imitare la natura nei suoi colori e nei suoi spazi. Per Michelangelo, invece, l’arte superiore era la scultura perché capace di riprodurre le forme in modo realmente tridimensionale.
Per superare il limite della pittura evidenziato da Michelangelo gli artisti tentarono di inserire più visioni del soggetto nello stesso dipinto, attraverso diverse modalità. Quella di Lorenzo Lotto consisteva, come abbiamo visto, nel creare un ritratto multiplo del soggetto in modo da raffigurarlo contemporaneamente da più punti di vista (una visione simultanea protocubista…), avvicinandosi così alla scultura.Tiziano, invece, ha inserito nella scena un grande specchio convesso per mostrare anche il retro della persona raffigurata.
Tiziano, Donna allo specchio, 1515, olio su tela, cm 96×76, Museo del Louvre, Parigi
Bronzino sceglie, invece, una terza via, quella del dipinto bifacciale che mostra la stessa scena dai due lati opposti. Suo è il Nano Morgante del 1553, un ritratto del buffone di corte di Cosimo I de’ Medici. Le due vedute, tuttavia, non corrispondono rigidamente: la vista del recto raffigura il personaggio prima della caccia mentre sul verso ha la selvaggina in mano e si volta all’indietro per vantarsene con l’osservatore.
Bronzino, Doppio ritratto del Nano Morgante, 1553, olio su tela, cm 149×98, Palazzo Pitti, Firenze
Due anni più tardi la stessa scelta sarà operata anche da Daniele da Volterra, con la sua lotta tra Davide e Golia in versione bifacciale, un quadro posto lungo la galleria del Louvre sopra un piedistallo, come fosse una scultura.
Daniele da Volterra, Combattimento di Davide e Golia, 1555, olio su ardesia, cm 130×170, Museo del Louvre, Parigi
La disputa sarà superata solo nel Seicento, quando il linguaggio barocco fonderà tra loro tutte le arti. Il dipinto bifacciale scomparirà presto ma non il triplo ritratto, che tornerà in auge nell’Ottocento.
È del 1804 un triplo ritratto di Elizabeth Patterson, prima moglie di Girolamo Bonaparte, fratello minore di Napoleone.
Gilbert Stuart, Triplo ritratto di Elizabeth Patterson (Betsy Bonaparte), 1804, olio su tela
Stavolta non c’è nessun confronto con la scultura né alcuno scopo utilitaristico: è un ritratto fresco, rapido, quasi uno studio, che evidenzia i bei lineamenti della donna.Ha invece un valore propagandistico il triplo ritratto di Napoleone in tre momenti cruciali della sua vita: il comando della Campagna d’Italia nel 1794, l’incoronazione a re d’Italia nel 1805, e il suo ritorno dall’esilio nel 1815.
Autore sconosciuto, Triplo ritratto di Napoleone Bonaparte in tre momenti della sua vita nel 1805, 1794 e 1815.
Della stessa epoca è un curioso autoritratto, di una sconosciuta artista che si è firmata come D. E. Brante, in cui la donna si è dipinta come pittrice, come scultrice e come arpista. Una tripla immagine che ha uno scopo preciso: quello di esibire il proprio poliedrico talento.
D. E. Brante, Triplo autoritratti come pittrice, scultrice e musicista, 1815-1820, olio su tela, cm 85×70
Questa modalità di rappresentazione non poteva sfuggire ai pittori amanti del simbolismo, per l’opportunità che offriva di mostrare le diverse anime racchiuse nel soggetto. È così che 1874 nasce Rosa Triplex, un triplice ritratto di May Morris (figlia di William Morris e della moglie Jane Burden), del preraffaellita Dante Gabriel Rossetti. Il dipinto richiama quelle atmosfere estetizzanti tanto care alla confraternita inglese ma anche la tela di van Dyck, che faceva parte della Royal Collection inglese.
Dante Gabriel Rossetti, Rosa triplex, 1874, acquerello su carta, cm 77×88, Collezione privata
L’immagine è molto simile a una precedente versione a pastello di sette anni prima nel quale la modella era stata Alexa Wilding.
Dante Gabriel Rossetti, Rosa Triplex, 1867, pastello su carta, cm 50×73, Tate, Londra
Nel 1877 Rossetti riprende ancora una volta lo schema della tripla raffigurazione con Astarte syriaca, una sensuale divinità mediorientale dell’amore e della bellezza, per la quale avrebbero posato Jane Burden e May Morris. La composizione, con la dea frontale e le sue “gemelle” di lato, ricorda in verità un’altra iconografia tripla, quella delle Tre Grazie.
Dante Gabriel Rossetti, Astarte Syriaca, 1877, olio su tela, cm 185×109, Manchester Art Gallery
Poco tempo dopo, il genere del triplo ritratto viene ripreso dal simbolista francese Maurice Denis con una suggestiva rappresentazione della fidanzata Marthe Meurier. Non sfugge all’osservazione la progressiva apertura degli occhi andando verso destra, come se i tre volti raccontassero un risveglio, una maturazione, una consapevolezza verso la vita.
Maurice Denis, Triplo ritratto della fidanzata Marta, 1892
Da questo punto di vista il dipinto si inserisce nell’antico filone dell’allegoria delle tre età dell’uomo, realizzata, appunto, con tre personaggi in diverse fasi dell’esistenza.
Giorgione, Le tre età dell’uomo, 1500-1501, olio su tavola, cm 62×77, Galleria Palatina, Firenze
Tiziano, Allegoria della Prudenza, 1550, olio su tela, cm 75×68, National Gallery, Londra
Denis riprende il triplo ritratto anche con la fidanzata successiva, Yvonne Lerolle, nel 1897. Qui il diverso abbigliamento e la varietà dei gesti e delle espressioni portano a immaginare che l’opera simboleggi proprio tre fasi della vita della giovane donna, come a voler dire che non è possibile conoscere l’anima mutevole di una persona perché il suo essere è la somma di un tempo che scorre.
Maurice Denis, Ritratto di Yvonne Lerolle in tre aspetti, 1897, olio su tela, cm 170×110, Musée d’Orsay, Parigi
Tutto cambia con Egon Schiele. Tormentato osservatore del proprio essere, realizzò nel 1913 un triplo autoritratto in cui sembra voler mostrare il suo multiplo io. La figura al centro, più definita delle altre, ha un’espressione rabbiosa e una posa contorta; il volto a destra sembra più calmo mentre quello a sinistra, tratteggiato con furia, contiene qualcosa di maligno. Si direbbe che abbia voluto raffigurare così le due opposte tensioni, passionale e contemplativa, dolorosa e pacificata, che hanno percorso i suoi giorni.Nonostante appaia come un bozzetto, si tratta di una composizione su cui l’artista ha lavorato anche a livello formale, come dimostra il piccolo schizzo con le stesse tre teste in basso a destra.
Egon Schiele, Triplo autoritratto, 1913, gouache, acquerello e grafite, cm 48×32, Collezione privata
Con l’avanzare del Novecento il tema del triplo ritratto passerà presto alla fotografia. Man Ray lo affronta nel 1926 con un fotomontaggio della ricca americana Rose Wheeler vista di fronte, di tre quarti e di profilo. È forse l’opera che più somiglia al genere inaugurato da van Dyck: un’esplorazione della fisionomia umana ma anche una sottile indagine psicologica che evidenzia le differenze espressive che esistono tra un ritratto di profilo (tipico del Rinascimento), un volto di tre quarti (di origine fiamminga e poi adottato a fine Quattrocento anche in Italia) e il volto frontale di ascendenza medievale (era il modo in cui veniva raffigurato Cristo).
Man Ray, Triplo ritratto di Rose Wheeler, 1926, stampa a gelatina ai sali d’argento, cm 14×10, Centre Pompidou, Parigi
Dopo venne il turno del fotografo francese Philippe Halsman e del suo triplice volto di Marilyn Monroe del 1955. In questo caso non c’è un interesse compositivo e vagamente surrealista come per Man Ray ma un preciso interesse per ciò che racconta il viso di una persona. «Ogni volto che vedo sembra nascondere – e a volte rivelare fugacemente – il mistero di un altro essere umano», diceva il fotografo. 
Philippe Halsman, Tripla Marilyn, 1955, stampa in gelatina ai sali d’argento, cm 25×33
Il triplo Elvis di Andy Warhol si inserisce invece nel suo metodo moltiplicatorio che parte da una fotografia o dal fotogramma di un film (in questo caso una scena di “Stella di fuoco” del 1960) per creare un’opera che ricorda le serie infinite e martellanti di manifesti pubblicitari e che, tramite la ripetizione, finisce con l’annullare l’anima del soggetto rendendolo pura immagine.
Andy Warhol, Triplo Elvis, 1963
Con Norman Rockwell torna per un attimo l’antico olio su tela con un ironico autoritratto allo specchio del 1960. L’uso dello specchio, in verità, era da secoli la modalità standard per realizzare l’autoritratto, ma l’originalità sta nel fatto che l’artista ha fatto un passo indietro rispetto al suo dipinto, mostrando così se stesso nell’atto di riflettersi sullo specchio e nel disegno che ne sta uscendo fuori. Non mancano dei divertenti riferimenti alla storia dell’autoritratto nelle cartoline fissate all’angolo superiore della tela che raffigurano i volti di Dürer, Rembrandt, Picasso e van Gogh, mentre dal lato opposto c’è un foglietto con altri 4 autoritratti dell’artista.
Norman Rockwell, Triplo autoritratto, 1960, olio su tela, cm 113×88, Norman Rockwell Museum, Stockbridge
Non dovremmo tuttavia parlare di novità per questo triplo autoritratto, perché questa modalità era già apparsa altre volte prima dell’opera di Rockwell (sebbene non con la stessa autoironia). La più antica è probabilmente una miniatura del 1403 con la pittrice di età greco-romana Marzia che realizza il suo autoritratto.
Marzia dipinge il suo autoritratto, miniatura dalla versione francese del De Claris mulieribus di Boccaccio, 1403, Biblioteca Nazionale di Francia
Poi c’è la tela del pittore austriaco Johannes Gumpp del 1646 che è effettivamente un autoritratto triplo.
Johannes Gumpp, Autoritratto, 1646
Quello del pittore Jean Alphonse Rohen è invece il ritratto di una pittrice intenta ad autoritrarsi.
Jean-Alphonse Roehn (1799-1864), Ritratto di artista che dipinge il suo autoritratto
Ed è proprio lo specchio l’oggetto che chiude questo percorso sui tripli volti. Perché consente ai fotografi di giocare con la moltiplicazione della figura in modo naturale, senza ricorrere a fotomontaggi o ad altri artifici. Ha usato due specchi messi ad angolo Cecil Beaton, l’originale e irriverente fotografo britannico, per  immortalare Mariana van Rensselaer con un cappello disegnato dallo stilista Charles James. I due riflessi laterali restituiscono delle immagini curiose che sembrano evocare a sinistra una Madonna velata e a destra un mercurio col cappello alato.
Cecil Beaton, Mariana van Rensselaer con il cappello di Charles James, 1930
Gli specchi sono invece contrapposti in uno straordinario autoritratto della statunitense Vivian Maier del 1955. Autrice di un’enorme quantità di autoritratti colti sulle più disparate  superfici riflettenti, la fotografa ha scelto qui il mise en abyme, il più sorprendente effetto che due specchi possano dare: quello di moltiplicare all’infinito il riflesso specchiandosi l’uno nell’altro. Tuttavia Maier ha evitato di mostrarci quella scia sempre più piccola di sagome ponendo al centro la sua macchina fotografica e mostrandoci solo un triplo autoritratto.
Vivian Maier, Autoritratto, 1955
Non deve meravigliare che questa antica iconografia sia sopravvissuta fino ai nostri giorni e goda ancora di ottima salute: la tentazione di voler essere uni e trini, il desiderio di indagare le nostre multiple personalità attraverso la nostra faccia-interfaccia, è quasi un istinto naturale e non smette di regalarci accattivanti capolavori.

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