Nel 2020 Square Enix fece un regalo e allo stesso tempo un torto ai fan di Final Fantasy VII, gioco per la prima PlayStation uscito nel 1997 e da allora l’episodio più riconoscibile della saga, giunta l’anno scorso al sedicesimo capitolo su PS5. Con l’uscita del primo di tre giochi separati, prendeva il via ufficialmente il progetto Final Fantasy VII Remake, che se da un lato mostrava un grande classico rifatto con grafica moderna, dall’altro fece storcere il naso ai puristi: la trama dell’originale mostrava in più punti cambi di sceneggiatura e twist inaspettati che lasciavano presagire nuove direzioni per il destino di Cloud, Aerith, Tifa e compagnia. Final Fantasy VII Remake si chiudeva con un cliffhanger che annunciava svolte completamente nuove in quello che sarebbe stato il seguito. Quattro anni dopo Final Fantasy VII Rebirth è realtà, e questa volta la carne al fuoco oltre ad essere moltissima è anche rivelatrice di ciò che il director Naoki Hamaguchi e il direttore creativo Tetsuya Nomura hanno deciso per questa nuova serie.
Alla fine di Remake avevamo lasciato il protagonista Cloud e la sua ciurma partire dalla città di Midgar, ambientazione del gioco, a caccia del loro arcinemico Sephiroth e braccati dalla perfida corporazione Shinra. Final Fantasy VII Rebirth è quindi la storia del viaggio per raggiungere la meta: qui troveremo città, luoghi misteriosi, attrazioni e attività che offrono una varietà semplicemente incredibile. Sia da un punto di vista artistico che da quello tecnico, le ambientazioni dell’originale prendono vita davanti ai nostri occhi con uno sfarzo e una complessità notevoli. Proprio come nel predecessore, nessun enigma troppo complicato o sezioni troppo lunghe, ma ogni singolo luogo del mondo di gioco e ogni singola missione, anche le secondarie, sono divertenti da giocare e contribuiscono alla narrazione e allo sviluppo della mappa più grande e dettagliata che si sia mai vista in un Final Fantasy.
Per riproporre in chiave moderna la grande area aperta di raccordo tra le varie location, già presente nel gioco del ’97, Square Enix ha deciso di ripercorrere gli stilemi degli open world contemporanei come Zelda e Horizon, ma assolutamente in chiave Final Fantasy. La mappa dello spazio aperto non offre una libertà di movimento assoluta, ma pullula di cose da fare, nemici da combattere, missioni da compiere per sbloccarne altre o arricchire il proprio inventario. Final Fantasy VII Rebirth ribadisce poi l’ossessione degli sviluppatori per i minigiochi, che qui sono tantissimi, articolati e ben fatti. E non manca un gioco di carte, Regina Rossa, che è una vera e propria sfida nella sfida. Il sistema di crescita dei personaggi è basato sulle armi e sulle Materia, potenti componenti con gli effetti più disparati da scegliere con cura per una pianificazione strategica millimetrica di tutto il party. Sebbene i personaggi da controllare in una sola volta siano al massimo tre, Rebirth costringe spesso il giocatore a cambiare panni e rende per questo indispensabile livellare tutti gli eroi.
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Il sistema di combattimento è identico a quello di Remake, quindi un mix tra azione in tempo reale e capacità sbloccate dall’ATB, una barra che si riempie a tempo e permette di scatenare mosse speciali e magie. Durante la selezione di queste il tempo di gioco rallenta quasi fino a fermarsi: il risultato è l’equilibrio perfetto tra strategia e pressione forsennata dei tasti. L’aggiunta di quattro nuovi tipi di Sinergie attivabili tra personaggi aggiunge un altro set corposo di supermosse, che tra l’altro dipendono dagli effettivi rapporti di simpatia e gli eventi intercorsi durante la trama. Ci sono poi gli Esper, imponenti creature da combattimento che possono essere evocate qualora si entri in possesso della Materia corrispondente. A quelli del primo capitolo ne sono stati aggiunti di nuovi, ma proprio come per il livello di esperienza si deve ricominciare a collezionarli da zero, perché nè uni nè l’altro vengono trasferiti da Rebirth. Tuttavia, se si hanno nella console i salvataggi di Final Fantasy VII Remake e di Episode INTERmission, è possibile da subito recuperare due Esper potenti. In sostanza, il sistema di combattimento è ottimo come sempre, e persino migliorato grazie a queste aggiunte e a una intelligenza dei nemici evoluta.
In quasi 50 ore di gioco necessarie per concludere la trama principale e scoprire qualche missione seondaria, Final Fantasy VII Rebirth sembra una rinascita in tutti i sensi: Nomura è riuscito nel miracolo di scrivere un omaggio bellissimo per il gioco originale e nello stesso tempo rompere tutti gli schemi dei giochi di ruolo contemporanei tornando a offrire anche al giocatore più smaliziato quel senso di meraviglia che era impossibile non provare di fronte ai poligoni e agli sfondi prerenderizzati di Final Fantasy VII sulla prima PlayStation. Certo, le ingenuità dell’originale sono un fardello gravoso: alcuni snodi nella trama, alcuni colpi di scena, alcuni dei ex machina sono qui per forza di cosa accentuati dal volerli riproporre identici in un gioco di oggi. Anche la realizzazione tecnica, che non ha fatto un passo rispetto alla versione PS5 di Remake, non è il punto più alto dell’intera esperienza. Chi preferisce titoli meno incentrati sulla trama qui dovrà fare i conti con dialoghi lunghi e scelte forzate e funzionali al progredire della storia. Da notare che il gioco è con audio in inglese e giapponese e sottotitoli in italiano: questi ultimi sono basati sullo script nipponico del gioco, creando una certa dissonanza con l’inglese, che invece ha adattato molto diversamente interi dialoghi.
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Final Fantasy VII Rebirth è innanzi tutto dedicato ai fan dell’originale e ai milioni di giocatori che sono rimasti col fiato sospeso dopo il finale di Final Fantasy VII Remake. E sia che lo si guardi come un rifacimento di un classico, sia che lo si pensi come una nuova serie nell’universo di Final Fantasy, Rebirth non delude in nessun caso. È un gioco immenso, pieno di cose da fare, con una caratterizzazione dei personaggi perfetta e una scrittura eccezionale per essere così rispettosa di un materiale originale che ha quasi trent’anni di vita sulle spalle. Il livello della produzione è altissimo, e dimostra che di un capolavoro del passato è possibile prendere le parti migliori e trasformalo in un capolvoro di oggi.
Formato: PS5 Editore: Square Enix Sviluppatore: Square Enix, Creative Business Unit I Voto: 10/10