Il teorema di Margherita

Un film che mette in scena la matematica, i matematici, l’ipotesi di Goldbach e le differenze di genere. Cosa significa accettare la sfida intellettuale di un problema labirintico, commettere errori e… rimettersi in gioco.
Il Teorema di Margherita di Anna Novion incentra la trama filmografica sul controverso e complesso personaggio della giovane matematica ricercatrice dell’École normale supérieure di Parigi e sul faticoso cammino che la protagonista intraprende per riuscire a sentirsi legittimata e trovare il proprio spazio in un ambiente tradizionalmente maschile.
Marguerite, impegnata nello studio del Teorema di Szemeredi (matematico dalla “mente irregolare” e vincitore nel 2012, per “i suoi fondamentali contributi alla matematica discreta e all’informatica teorica, e per il riconoscimento degli effetti profondi e duraturi di tali contributi sulla teoria additiva dei numeri e sulla teoria ergodica”, del premio Abel, istituito dall’Accademia Norvegese di Scienze e Lettere con l’obiettivo di farne l’equivalente del premio Nobel della matematica), ossessionata dal desiderio di risolvere e motivare rigorosamente la congettura di Goldbach, ci trasmette tutta l’angoscia del fallimento quando, in una delle prime scene del film, nella discussione della sua tesi le viene fatto notare da un talentuoso dottorando proveniente da Oxford, un errore nella dimostrazione.
E qui il suo mondo inizia a vacillare, la protagonista abbandona tutto, scuola e borsa di studio, inizia a vagare per le strade di Parigi, si ubriaca, stringe una nuova amicizia con l’esuberante Noah, con la quale decide di coabitare, scopre il gioco del Mahjong e da geniale matematica ne diventa un’abile giocatrice. Ma la caduta rovinosa verso il
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