Insegnare il teorema di Pitagora

Il teorema di Pitagora nella lista dei 12 grandi teoremi della matematica e nella Galleria del Teniers. A scuola, la doppia dimostrazione che risale ad Euclide.

Il teorema di Pitagora è certamente il più illustre e vetusto di tutta la matematica. Vero oggi come tremila anni fa, è l’emblema di una matematica che non ha età; che è astorica e atemporale; che è cumulativa e accrescitiva e procede senza perdite: ciò che è provato vero una volta, lo rimane per sempre.

Spesso i bambini ne apprendono l’esistenza già nella scuola primaria, ma è negli anni successivi che imparano ad applicarlo alla soluzione di problemi concreti[1]. Di lì a poco, imparano anche a dimostrarlo razionalmente. Ciò solitamente avviene al primo anno della scuola secondaria di secondo grado, quando trattano l’equivalenza delle figure piane. Infatti, per un’antica consuetudine, consolidatasi a partire dalla fine del XIX secolo con la sistemazione didattica del capitolo della equiscomponibilità dei poligoni[2], gli studenti arrivano a dimostrare il teorema di Pitagora dopo aver dimostrato il seguente primo teorema di Euclide:

In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito su un cateto è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni l’ipotenusa e la proiezione del cateto stesso sull’ipotenusa.

La dimostrazione del teorema di Pitagora viene dunque di conseguenza e i due disegni lo mostrano in modo inequivocabile, anche dinamicamente.

L’itinerario didattico prosegue con la dimostrazione del secondo teorema di Euclide. Eccone l’enunciato:

In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’altezza relativa all’ipotenusa è equivalente al rettangolo che ha per

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