Hellblade 2: psicosi, sangue e incubi. Il ritorno di Senua è indimenticabile
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È stato faticoso finire Senua’s Saga: Hellblade II, il sequel del capolavoro di Ninja Theory per Xbox e PC. Immaginate qualcosa di simile per impatto alla prima volta che avete visto Apocalypse Now di Francis Ford Coppola. Immaginate un viaggio asfissiante nei propri sensi di colpa per la perdita delle persone care, in una terra infernale di sacrifici umani, rossa di sangue e di violenza. Hellblade II vi toglierà il respiro come solo pochi videogiochi hanno saputo fare. Merito di un’eccellenza tecnica e artistica mai incontrata su Xbox, a cui però non corrisponde un’eccellenza nel gameplay. Il gioco è lineare, appare un walking simulator interrotto da qualche combattimento e alcuni puzzle game. Finirete in meno di sei ore un gioco che resterà impresso a lungo nella vostra memoria.
Cosa ci è piaciuto.
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Non è la prima volta che i videogiochi provano a rappresentare il malessere, i disturbi della salute mentale come alcolismo e le dipendenze. A volte in modo ispirato a volte con finalità didattiche. Ninja Theory si è concentrata sulla psicosi. Senua è affetta da una grave forma di psicosi che le fa credere di sentire delle voci, che lei chiama Furie, le quali reagiscono in base alle sue emozioni. Voci che bisbigliano, ridacchiano e dispensano consigli spesso contradditori e che vi accompagneranno durante tutto il gioco. Anche a livello visivo sarete chiamato a cercare dei simboli nella realtà che vi circonda che prenderà vita stracciando il confine tra la ciò che accade e quello che si agita nella vostra mente. Anche questo secondo capitolo del gioco è stato progettato con il team del professor Paul Fletcher professore di neuroscienze all’Università di Cambridge. Un video introduttivo ospita la testimonianda di un paziente psicotico che racconterà la sua condizione. Questo solo per dire che dietro questo videogioco c’è uno studio. Ed è comunque un bene anche per alzare il livello di lettura di questo medium. Poi la scelta di declinare la psicosi in una ambientazione di vichinghi sanguinari è un aspetto che non giudico.
Cosa non ci è piaciuto.
Forse ci saremmo aspettati qualcosa di più sul fronte del gameplay. Dopo sette anni di sviluppo e con un team di 80 sviluppatori, l’attesa era quella di un progetto più ambizioso. Ci troviamo invece di fronte a un prodotto perfetto per il Game Pass (il gioco è disponibile dal primo giorno di uscita), breve ma intenso. Davvero unico nel suo genere.
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