M. Bussola, Il tempo di tornare a casa

Matteo Bussola riscopre la speranza

di Antonio Stanca

   Una nuova edizione de Il tempo di tornare a casa di Matteo Bussola c’è stata di recente per conto di Mondadori Libri, su licenza Einaudi. L’opera è del 2021 e consiste in una serie interminabile di annotazioni, riporti, notizie circa quanto avviene ai nostri giorni nei rapporti, negli scambi che si verificano tra i più giovani, adolescenti, ragazzi, e a volte anche tra adulti. È come un procedimento per appunti, è impegnato a cogliere argomenti, motivi, risvolti di ogni genere in tali relazioni. Riesce ad attirare il lettore fin dall’inizio poiché immediato, spontaneo è il linguaggio usato. Autentica la vita che fa vedere, veri i pensieri, i sentimenti, i problemi dei quali riferisce. Leggendo è come assistere a delle scene, visioni, immagini è come vedere, sentire quanto sta avvenendo.

   Non è la prima volta che Bussola si mostra in questo modo, è il suo preferito. Tende alla narrazione breve, al racconto più che al romanzo. Di raccolte di racconti è soprattutto autore e poi lo è diventato anche di queste serie di frammenti. Gli è sembrata la maniera più idonea a cogliere gli infiniti aspetti che la vita moderna ha assunto, la possibilità migliore per dar voce agli innumerevoli frangenti, alle interminabili circostanze delle quali è fatta la modernità. Multiple, infinite sono diventate e solo procedendo in tal modo, pensa Bussola, è possibile renderle tutte.

   Nato a Verona nel 1971, Bussola ha iniziato a farsi conoscere quando aveva poco più di trent’anni. Sua prima attività era stata quella del fumettista, del vignettista attento a quanto succede nella vita, nella società, nella storia dei tempi moderni, nella realtà che si è venuta a creare in ambito privato e pubblico, civile e sociale, nazionale e straniero, in tutto quanto è diventato oggi attualità. Non è poco, è molto e di tutto ha voluto dire, ovunque è intervenuto. Lo ha fatto con i disegni, ha continuato con i racconti ed infine con veri e propri libri composti come quest’ultimo da piccoli brani.

   Il suo sarebbe stato un percorso sempre in salita: diventato noto nel 2016 col bestseller Notti in bianco, baci a colazione, primo romanzo, verranno altre opere di narrativa quasi sempre racconti, scriverà un libro per ragazzi, condurrà una trasmissione radiofonica su Radio 24 e terrà una rubrica intitolata Uno scrittore, una donna sul settimanale «F». Un intellettuale impegnato è Matteo Bussola ma anche un autore multiplo, uno scrittore dagli interessi vasti e vari, dall’attenzione, dalla curiosità sempre vigile. Vive il suo tempo, il suo mondo, la sua storia, ne fa la sua opera, ne riporta la sua voce e in modo tanto naturale da farla giungere con facilità, con piacere a chi la sente o la legge. A far piacere ancor più Il tempo di tornare a casa sono dei motivi nuovi, degli elementi, dei luoghi, dei personaggi che ritornano identici in ognuna delle note, delle parti che compongono l’opera. Sono tante, sembrano non voler mai finire, di giovani, di ragazzi dicono quasi sempre, della vita tra loro, di quella a casa, fuori, a scuola, dei loro discorsi, dei loro scambi, dei loro contatti, dei loro amori, dei loro problemi, di tutto quanto è giunto oggi a formare il loro tempo. Ancora una volta Bussola ha tanti giovani da mostrare, ancora una volta vuole far vedere cosa pensano, cosa fanno, come vivono, dove stanno, dove vanno. Sono tantissime le loro situazioni, le loro circostanze, le loro immagini e tutte passano da una stazione ferroviaria, tutte avvengono tra gente che aspetta a prendere un treno, che deve partire, tutte hanno a che fare con una sala d’aspetto dove una matura signora è seduta con accanto le borse della spesa fatta, dove un maturo signore con un berretto giallo e uno zaino piuttosto piccolo si aggira dicendo di essere uno scrittore che vuol sapere di certi significati, vuole avere certe spiegazioni. Entrambi, lei e lui, sono reduci da brutte esperienze, entrambi aspettano di partire, sperano di iniziare una nuova, diversa esperienza, di cambiare. Saranno un esempio da seguire per quei tanti ragazzi che vicino a loro sono sempre comparsi nel corso dell’opera. Se anche per quelli una stazione ferroviaria è stato un riferimento importante, lo sarebbe stata pure una partenza, avrebbe significato un nuovo inizio, una nuova possibilità di risolvere i problemi sofferti. Tanti sono i problemi quanti sono quei ragazzi, “tante le loro storie”, tante le soluzioni che le loro partenze potrebbero procurare. Molto originale è il modo col quale Bussola è intervenuto questa volta per risolvere lo stato di crisi, di sfiducia, di disorientamento che spesso ha rilevato nella vita dei più giovani. È un fenomeno quanto mai attuale, è ricorrente nella sua scrittura e non poteva essere diversamente visti i suoi interessi. Stavolta, però, non è rimasto nella fase di denuncia del problema ma ha voluto intravedere una soluzione, indicare un modo per superarlo. Ha invitato a non arrendersi, a tentare altre vie, a partire, ad iniziare un viaggio, a “prendere un treno”. Ha esortato ad aver fiducia nella vita, nel caso, in quanto può riservare, in come può aiutare. Ha chiarito che a questo servono “le tante storie” delle quali scrive, a far capire che sono tante, che sono diverse, che possono cambiare e far cambiare.

   Un’indicazione utile vuol essere la sua, una prova che possa valere viene dal suo libro!

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