Cocktail Tour, i drink dell’estate 2024? Sky racconta l’arte dell’aperitivo

PatrickPistolesi – CocktailTour

Cocktail Tour, i drink dell’estate 2024? Sky racconta l’arte dell’aperitivo italiano

L’estate si avvicina e arriva un nuovo programma tutto da assaporare: dal 17 giugno è tempo di “Cocktail Tour. L’arte dell’aperitivo italiano”, in prima tv dal lunedì al venerdì su Sky e in streaming su NOW. Condotto dal volto della mixology italiana nel mondo Patrick Pistolesi, il format, ideato e prodotto da Hub4Brand con Level 33, propone un tour alla scoperta dei drink dell’estate, in un itinerario tra le tendenze del momento e la rielaborazione dei grandi classici. 

Dalla miscelazione agli abbinamenti gastronomici, in dieci puntate – dal 17 giugno dal lunedì al venerdì alle 19.50 su Sky Uno e in streaming su NOW, disponibile anche on demand e visibile su Sky Go; il meglio della settimana andrà in onda con uno speciale il sabato mattina, sempre su Sky Uno e in streaming su NOW – Pistolesi condurrà un viaggio che, tra terrazze panoramiche e giardini urbani, assapora il momento preferito dagli Italiani, l’aperitivo. Si parte da Roma e da Milano, centri di sperimentazione della mixology italiana e vivaci piazze dell’aperitivo, per svelare tutti i segreti del bartending contemporaneo. 

Con “Cocktail Tour” le serate estive avranno un sapore e un profumo inedito, alla scoperta delle tendenze del momento, insieme alla riscoperta dei grandi classici: il perfetto bilanciamento per un Negroni a regola d’arte, l’alchimia da ricercare per non sbagliare un Dry Martini, ma anche i sapori inediti dati dall’accostamento del bergamotto, con lo zenzero, il lemongrass e i fiori di sambuco del Prisma, e l’insolita dolcezza del Natsu con le note di lampone e marshmallow. 

La drink list di Cocktail Tour comprende ricette della tradizione come Negroni, White Lady, Bramble, French 75, Dry Martini, insieme a formule innovative quali Ga-ri-bawl-dee, Lotus, Prisma, Canova e Natsu.

Chi è Patrick Pistolesi, uno dei bartender più famosi al mondo

Classe 1978, Patrick Pistolesi è tra i bartender italiani più conosciuti al mondo, con un’esperienza di oltre 25 anni nel mondo della mixology. Pioniere dell’arte della miscelazione, Pistolesi ha portato innovazione nel settore fin dall’inizio della sua carriera, non solo nella creazione e rielaborazione delle sue drink list, ma anche nella creazione di aziende e progetti imprenditoriali diventati leader in Italia e nel mondo. Dal 2018 ha aperto il Drink Kong a Roma, Miglior cocktail bar in Italia e numero 21 al mondo secondo il prestigioso ranking World’s 50 Best Bars.  

“Cocktail Tour. L’arte dell’aperitivo italiano” è un programma ideato e prodotto da Hub4Brand con Level 33 in 10 puntate dal 17 giugno dal lunedì al venerdì alle 19.50 su Sky Uno e in streaming su NOW, disponibile anche on demand e visibile su Sky Go; il meglio della settimana andrà in onda con uno speciale il sabato mattina, sempre su Sky Uno e in streaming su NOW.  L’hashtag ufficiale è #CocktailTour

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Quando non c’erano le calamite da frigo: i souvenir di Canova

Pare che Antonio Canova (1757-1822) fosse una vera celebrità internazionale, un artista talmente famoso che, nel primo Ottocento, il suo atelier era una meta turistica tra le più gettonate di Roma, specialmente per i viaggiatori del Grand Tour.
Angelica Kauffmann, Ritratto di Antonio Canova, 1815
Tanti sono i pittori che hanno rappresentato quello studio, pieno di bozzetti. In questo acquerello, realizzato alla fine del Settecento, si possono osservare appesi al soffitto i cosiddetti telai metrati, strumenti usati per prendere le coordinate spaziali dei punti del bozzetto in gesso e riportarli sul blocco di marmo, una procedura che ho raccontato in questo articolo. Questa operazione era condotta in genere dagli aiutanti dello scultore.
Francesco Chiarottini (1748-1796), Lo studio di Canova
Alla stessa epoca appartiene questo ritratto di Canova nel suo studio, accanto alla statua dell’Amorino realizzata nel 1793 per John David La Touche di Marlay. Le altre opere rappresentano alcune importanti commissioni avute fino a quel momento.
Domenico Conti, Ritratto di Antonio Canova nel suo studio, 1793
Di poco precedente è un dipinto in cui lo scultore mostra un modello di Amore e Psiche a Henry Tresham, un pittore inglese che faceva l’intermediario tra gli artisti di Roma e i collezionisti d’oltremanica.
Hamilton Hugh Douglas, Antonio Canova nel suo studio con Henry Tresham e un modello della scultura di Amore e Psiche, 1788-1791
Nei decenni successivi lo studio è stato riproposto anche da autori che non hanno conosciuto Canova, perché nati dopo la morte dello scultore. Ma evidentemente quell’artista era talmente leggendario che, nonostante il Neoclassicismo fosse tramontato da un pezzo, rimaneva il simbolo universale della vera arte.
Qui è raffigurato mentre lavora al bozzetto di Paolina Borghese come Venere Vincitrice (1804-1808). La donna, sorella di Napoleone Bonaparte e moglie del principe romano Camillo Borghese, si sta rivestendo con l’aiuto di un’ancella, dopo aver posato sdraiata su un’agrippina.
Lorenzo Valles (1831-1910), Paolina Borghese nello studio di Canova
In questo dipinto del 1880 lo scultore è ritratto invece mentre osserva a distanza la versione in argilla di un gruppo scultoreo (un particolare del Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria). Nella stanza anche una modella (che nella realtà Canova non usava) e un committente inglese (il duca di Bedford) seduto in attesa. Tutto intorno altri bozzetti in gesso e in terracotta di opere esistenti.
Pompeo Calvi, Interno del laboratorio di Canova a Roma, 1880
Ma dov’era questo celebre studio? In effetti ce ne sono stati tre. Quando Canova arriva a Roma nel 1779 ottiene uno spazio dentro l’Ambasciata della Serenissima a Palazzo Venezia, assieme a una pensione per sostenersi nell’Urbe. In quello studio iniziano a transitare molto presto committenti italiani e stranieri.
Ma nel 1783, con l’arrivo di un nuovo ambasciatore, l’artista sceglie di spostarsi in via delle Colonnette, vicino Piazza del Popolo, in un grande studio ricoperto esternamente dai frammenti classici della sua collezione. Il piano terra ero la spazio pubblico mentre il piano superiore era quello privato in cui lo scultore teneva la sua collezione di dipinti e la biblioteca. Questo studio, definito da Stendhal “luogo unico sulla terra” è quello più celebre.
Roberto Roberti (1786-1837), Lo studio di Canova in Roma
Ma a Roma ce n’è anche un altro, noto oggi come Atelier Canova Tadolini, che lo scultore lasciò nel 1818 al suo allievo più fidato, Adamo Tadolini, perché riproducesse le copie delle sue sculture. Oggi quello studio, che ha ospitato quattro generazioni di artisti, è un ristorante molto particolare, in cui si mangia tra statue in gesso e bassorilievi.

Attorno al successo di Canova, intanto, era nato un fiorente mercato di veri e propri ‘souvenir‘ costituiti dalle miniature delle sue opere e destinato a tutti i viaggiatori del Grand Tour che volevano portare con sé il ricordo del maestro (non potendosi permettere le sue costose sculture). Un po’ come il merchandising che si trova oggi all’interno dei musei, ma senz’altro più raffinato…
Questi oggetti non erano creazioni di Canova o della sua bottega ma di tanti artisti locali che grazie a queste riproduzioni davano lustro allo scultore e al contempo ci guadagnavano anche loro. Tra questi prodotti c’era il cofanetto a forma di libro di Francesco Carnesecchi (1796-1872) del 1822-1844 con le riproduzioni in gesso delle sculture di Canova da un lato e di Bertel Thorvaldsen (un importante artista neoclassico danese che visse in Italia per oltre quarant’anni) dall’altro. Ecco il lato con le opere di Canova e il relativo elenco.

Lo stesso manufatto, con una selezione di opere differente, era proposta anche da Pietro Paoletti (1801-1847). Questi piccoli bassorilievi erano prodotti in serie partendo da uno stampo in negativo inciso a mano dall’artista su pietra.

Giovanni Liberotti aveva creato addirittura un sistema di bacheche impilabili per potersi portare a casa tutte le bellezze del Grand Tour, dalle statue dei Musei Vaticani a quelle di Napoli, oltre alle immancabili opere di Canova. In alternativa si poteva optare per il volumetto da libreria.
 
Molto apprezzate erano anche le miniature dei leoni che Canova scolpì per la base del monumento funerario a Clemente XIII in San Pietro. Queste sono in marmo giallo antico e risalgono alla fine del XVIII secolo.

Le statue invece venivano riprodotte in scala in bronzo o alabastro, come questi esempi ottocenteschi.

Più particolari erano i ciondoli ottenuti incidendo il calcedonio con i profili creati da Canova, come questo esemplare intagliato da Luigi Pichler (1773-1854) nel 1815.

Benedetto Pistrucci (1783-1855), incisore di gemme e medaglista, proponeva invece delle placchette di ardesia con le miniature modellate in cera gialla. In alcune creava addirittura delle originali composizioni, come quella in cui Napoleone come Marte pacificatore di Canova è in piedi su una biga per il suo trionfo.

Questi ‘capricci’ canoviani erano spesso realizzati attraverso stampe. Quelle di Michele Fanoli (1807-1876) degli anni ’40 dell’Ottocento rappresentano grandi spazi in cui le statue sono ambientate come in un museo immaginario.

Più tradizionali sono le incisioni di Raffaello Morghen del 1787 e 1790 che riproducono Teseo e il Minotauro e la tomba di Clemente XIII. Queste stampe contribuirono enormemente alla diffusione dell’opera di Canova quando l’artista era in vita e alla creazione della sua fama.

I viaggiatori del Grand Tour, insomma, avevano a disposizione una grande varietà di souvenir canoviani da portare a casa: medaglie in gesso, ciondoli in pietra, modellini in marmo, statuine in bronzo e stampe di ogni genere.
Tutto questo ci fa capire qualcosa in più del sistema dell’arte del passato, un meccanismo che non è poi molto diverso da quello attuale e che ci ricorda che l’arte non è mai disgiunta dagli aspetti economici e commerciali. Anzi, nasce quasi sempre laddove c’è ricchezza (e vivacità culturale).

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