Intervista sugli Esami di Stato
La scuola affronta la sua maturità 2024. Quali le possibili prospettive dell’esame? Sul tema Atalia Del Bene intervista Biagio Scognamiglio.
L’esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore, a cento anni dalla sua introduzione avvenuta nel 1924 con la Riforma del 1923, voluta da Giovanni Gentile, ministro della Pubblica Istruzione dal 1922 al 1924, torna in questi giorni a far parlare di sé.
Proponiamo, di seguito, una intervista a Biagio Scognamiglio, già Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dedicata alle possibili prospettive dell’esame di “maturità”.
Molte sono state, negli anni a seguire il 1923, le modifiche normative intervenute ad adeguare l’esame di Stato alla temperie culturali e alle istanze sociali del momento. Ispettore, secondo lei, l’introduzione nel colloquio d’esame sia dell’educazione civica sia della discussione delle attività svolte per il PCTO (percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) costituiscono un importante passo avanti per la scuola del “sapere”, del “saper fare” e del “sapere essere”?
Ritengo che l’educazione civica nei suoi aspetti conoscitivi ed esperienziali debba senz’altro contribuire all’adeguamento del “sapere” alle esigenze della società odierna in prospettiva futura. Circa le attività relative ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento il discorso si palesa alquanto complesso, dal momento che si tratta di percorsi connessi con l’alternanza scuola-lavoro, ossia con un’innovazione che giudico deleteria. Di quale “saper fare” si tratta?
Se i percorsi sono finalizzati all’immissione dei soggetti in contesti lavorativi
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