La festa della scuola e della cultura
Gli Esami di Stato dovrebbero essere la festa della scuola e della cultura e, per docenti e presidi, l’occasione di dimostrare di saper vivere quello scampolo di collegialità ancora rimasto. Gli Esami! Se non ci fossero bisognerebbe inventarli. Ci possono essere esami senza una scuola — l’esempio è nei “diplomifici” — ma non una scuola senza esami. E così è stato sempre. Gli esami costituiscono il più saldo dei riferimenti per tutti: studenti, docenti, scuole, famiglie, collettività. Tutti devono affrontarli e tutti devono impegnarsi per superarli; non solo gli studenti ma anche i docenti e le scuole. Ad essere oggetto d’esame, insieme alla preparazione degli alunni, è anche il funzionamento generale dell’istituzione scolastica e l’efficacia con la quale sa perseguire quelle finalità di istruzione e di educazione che ne giustificano l’esistenza. Quando ciò avviene, con la celebrazione degli Esami di Stato che concludono il primo e il secondo ciclo dell’istruzione, è un momento eccezionale, un’occasione unica per un dibattito culturale allargato.
Un’autentica festa della scuola e della cultura dove tutti sono invitati a partecipare. L’occasione ove tutti possono capirci qualcosa di più delle discipline di studio e del perché si insegnano e essere portati a dibattere cosa fa la scuola, che cosa effettivamente trasmette, con quanta efficacia sa farlo e con quale serietà e competenza sa accertarlo e valutarlo. In definitiva un momento che, per le dimensioni del fenomeno e il numero dei soggetti interessati, il Paese ha a disposizione per mostrare la sua maturità, la sua cultura, l’insieme degli atteggiamenti
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