Il contenzioso dei concorsi a dirigente scolastico

Il contenzioso dei concorsi a dirigente scolastico: stato degli atti e prospettive

Francesco G. Nuzzaci

1. Il 5 settembre u.s., con una serie di ordinanze del TAR Lazio rese in sede collegiale, sono stati annullati i provvedimenti di estrema urgenza emessi dal giudice monocratico a favore di ricorrenti partecipanti  al concorso ordinario in atto: di coloro che contestavano il mancato superamento della prova preselettiva, e soprattutto di chi, avendola superata, chiedeva al giudice lo stesso trattamento dei colleghi del concorso riservato: ammissione diretta al corso di formazione intensivo e assegnazione dal primo settembre 2024 del 60% dei 519 posti disponibili.

Pur se formalmente anch’esse provvisorie, i motivi ivi scrutinati sono stati ritenuti – con perspicue, ancorché sintetiche motivazioni – tutti inammissibili o infondati, incluse le asserite (e parimenti disattese) violazioni di principi costituzionali; con evidenti riflessi sul giudizio di merito, se al merito si dovesse mai arrivare. Il concorso ordinario può dunque proseguire con la seconda tappa della prova scritta e senza più interferenze con il concorso riservato.

Ma il concorso riservato, se pure al riparo da variabili esterne, a sua volta attende la decisione del TAR Lazio in sede collegiale sulla sospensiva disposta, sempre dal giudice monocratico, nell’ultima decade di agosto: pronuncia calendarizzata all’8 ottobre, su ricorsi omogenei (accomunati dal medesimo petitum e dalla medesima causa petendi) di persone inclusi nello stesso elenco graduato reso pubblico con il decreto del Capodipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, n. 2187 del 9 agosto 2024.

2. Il fatto, giova ricordarlo, trae origine dal decreto legge n. 198 del 29 dicembre 2022, convertito con modificazioni nella legge n. 14 del 24 febbraio 2023, che ha voluto risolvere il debordante contenzioso prodotto dal concorso ordinario a dirigente scolastico bandito con decreto direttoriale n. 1259 del 23 novembre 2017, affidando a un regolamento del Ministro dell’istruzione e del merito la concreta attivazione di una procedura riservata alla corposa platea di coloro che nel predetto concorso non avevano superato la prova scritta ovvero a quella, molto più ristretta, di chi  non aveva superato la prova orale; e ne ha disposto il comune accesso a un corso intensivo di formazione previa sottoposizione ad una differenziata prova d’ingresso: per i primi basata su sistemi informatizzati a risposta chiusa, da superare con un punteggio pari almeno a 6/10; per i secondi una prova orale richiedente il superamento del medesimo punteggio.

Concluso il corso intensivo di formazione, sempre il Legislatore ne ha statuito l’inserimento in una graduatoria in coda a quella – meramente virtuale poiché esaurita (o comunque prudenzialmente valida fino all’anno scolastico 2025/2026) – del menzionato concorso ordinario 2017; alla quale coda, “fino al suo esaurimento” (comma 11-quinques, legge di conversione 14/2023), assegnare nella misura massima del 40% i posti annualmente disponibili, e almeno il 60%  ai vincitori di concorsi ordinari per esami e titoli.

Il susseguente decreto ministeriale n. 107 dell’8 giugno 2023, nel rispetto degli specificati vincoli figuranti nella legge, e non altri, ha così previsto nell’ordine:

  1. per la prima categoria la somministrazione di cento quiz a risposta chiusa, da svolgere in centoventi minuti e realizzando almeno sessanta risposte esatte, poi convertite in decimali per obbligo di legge (art. 11-sexies, legge 14/2023) e mantenendo la frazione eventualmente conseguita;
  2. per la seconda categoria una prova orale consistente in un colloquio su quesiti predisposti dalla Commissione ed estratti prima del suo inizio, da intendersi valida con il raggiungimento di almeno sei decimi;
  3. superata l’una ovvero l’altra prova, ammissione al corso intensivo di formazione;
  4. prova finale per chi abbia frequentato almeno il 75% delle ore di ciascuno dei quattro moduli formativi previsti; consistente in una esposizione orale sulla base di una relazione scritta delle attività formative svolte e in un elaborato di carattere tecnico-pratico sulle materie oggetto dei moduli formativi, entrambi “consegnati alla Commissione”;
  5. formazione della graduatoria nazionale – recte, elenco graduato –  sulla base del punteggio ottenuto nella prova di accesso al corso intensivo di formazione (massimo 10 punti) e dei titoli valutabili come da Tabella A allegata al DM n. 138/2017 (massimo 30 punti, quand’anche se ne avessero di più, come per due partecipanti), salvi i titoli di precedenza a parità di punteggio.

3. Orbene, denunciano i ricorrenti lo stravolgimento di questa procedura ad opera del decreto dipartimentale n. 2187 del 9 agosto 2024, che ha approvato la Graduatoria generale del concorso riservato a dirigenti scolastici, imputandogli la violazione di legge e l’eccesso di potere nelle sue diverse figure sintomatiche, con allegazione di una serie di motivi che già prima facie appaiono tutt’altro che infondati. E non può escludersi che il TAR decida nel merito, sembrando sussistere i requisiti previsti dall’articolo 60 del Codice del processo amministrativo: almeno venti giorni trascorsi dall’ultima notificazione del ricorso e accertata completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, a tal ultimo riguardo essendo i fatti pacificamente acquisiti e circoscritti, sì che la questione è di puro diritto.

E, per il vero, è la prima volta che abbiamo assistito all’epica impresa dell’Amministrazione di pubblicare il “voto totale dei titoli” (da 0 a 30 punti), da aggiungersi al punteggio (da 6 a 10 punti) della prova di accesso; voto totale dei titoli subito dopo semplicemente sparito dai radar e rilevato da una sbrigativa graduatoria immediatamente definitiva, saltandosi a piè pari i tempi fisiologici dei reclami e delle  altrettanto fisiologiche rettifiche; graduatoria immediatamente definitiva che però, in luogo di riportare al vertice il punteggio teorico massimo di 40 punti e in coda quello minimo di 6 punti, presenta in un’unica colonna il solo punteggio globale e nella misura massima di 11,5 punti (e minima di 6,0), senza quei dovuti passaggi analitici – in  barba al principio costituzionale della trasparenza – per consentire di comprendere, con diretta ed immediata evidenza, come al punteggio massimo/minimo ci si è arrivati, anziché costringere i singoli interessati a dedurre plausibili ipotesi esplicative; e graduatoria che, detto incidentalmente, prima di essere pubblicata nella versione definitiva avrebbe preteso, secondo la regole di buona amministrazione ed anche questa un principio costituzionale, il  controllo dei requisiti d’ingresso alla procedura per accertare che non vi si fossero intrufolati soggetti non aventi diritto (e si dice che non siano pochi).

4. Per come letti i ricorsi, il punto focale – ovvero il pomo della discordia – è costituito da tre passaggi, strettamente connessi, figuranti nel preambolo del predetto decreto dipartimentale.

Il primo è quello che riprende l’articolo 11 del Regolamento concorsuale (DM 107/2023), “Per quanto non previsto dal presente decreto valgono, in quanto applicabili, le disposizioni di cui al DPR 487/1994” (Norme di accesso agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni, modalità di svolgimento dei concorsi e altre forme di assunzione nel pubblico impiego).

Il secondo è quello che del suddetto DPR richiama l’articolo 8, comma 2, dove è scritto che “Per i titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a 10/30 o equivalente …”.

Infine, il terzo passaggio ospita uno psudo-sillogismo (derivando la conclusione da premesse opinabili, se non inesistenti), che “pertanto è necessario procedere alla conversione su base decimale del punteggio attribuito ai titoli in conformità al punteggio della prova (d’ingresso).

Ma tutti e tre sono da stimarsi decisamente inconferenti.

4.1. In relazione alle disposizioni del DPR 487/1994 “in quanto applicabili”,difetta il basilare requisito di omogeneità tra il concorso ordinario per titoli ed esami (DM 138/2017 e DDG 1259/2017), cui si fa riferimento, e questo concorso riservato, il solo elemento (meramente formale) in comune essendo l’integrazione della graduatoria del primo con la coda del secondo; peraltro – e non è senza significato –  disciplinate in modo opposto: nell’un caso cessa al termine dell’anno scolastico 2025-2026 (ma in fatto è già vuota), nell’altro è invece ad esaurimento e dunque – sia pure diluite nel tempo – a nomine garantite per tutti i 2099 dirigenti in pectore che la compongono. Sicché non è un ininfluente dato terminologico il fatto che la prima è una graduatoria concorsuale in senso proprio, per definizione selettiva siccome preordinata all’immissione nel ruolo dirigenziale dei migliori; mentre la seconda è un elenco graduato (1) susseguente, nella sostanza, ad una riuscita prova d’ingresso alquanto semplificata, e difatti superata da oltre il 90% dei partecipanti ai quiz a risposta multipla e, presumibilmente, dall’intera platea, molto più esigua, di coloro che hanno invece sostenuto un colloquio. Un elenco graduato, avente il solo scopo di definire l’ordine di immissione in ruolo di tutti i soggetti che lo popolano nella misura del 40% dei posti che annualmente si liberano, con l’altro 60% destinato ai vincitori del concorso ordinario in svolgimento e di quelli futuri.

Potrà pure criticarsi la generosa scelta, da taluni ritenuta straripante, del Legislatore e nella cui scia si è mosso il regolamento ministeriale 107/2023, prima di essere stravolto dall’inferiore decreto del Capodipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione. Ma è – è stata – una scelta tutta politica, libera nel fine, solo astrattamente censurabile, per irragionevolezza, in sede di ipotetico giudizio incidentale di costituzionalità. E scelta del Legislatore che, nell’alveo della risoluzione del contenzioso prodotto dal concorso ordinario del 2017 e posto che la graduatoria è ad esaurimento ma lungo un arco temporale non breve, ha voluto assicurare la nomina in ruolo anche a soggetti non più giovani o prossimi alla pensione; e perciò ha attribuito preponderanza al peso dei titoli – culturali e di servizio – di regola più consistenti per i docenti non alle prime armi, e non meno indicativi, sotto l’aspetto del merito, della risposta esatta a tutti i quesiti della prova d’ingresso.

4.2. Oltre che sotto il profilo funzionale, testé compendiato, l’omogeneità difetta anche sotto il profilo strutturale.

Per il – selettivo – concorso ordinario del 2017 è indiscusso che nella graduatoria di merito “per i titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a 10/30 o equivalente”; ma esso si è concluso con una graduatoria – e non un elenco graduato – che, oltre all’eventuale prova pre-selettiva il cui punteggio non vi confluisce, è formata dal punteggio con cui si sono sostenute e superate una prova scritta e una prova orale (almeno con 70/100, non decimalizzati, ciascuna), infine con l’aggiunta di non più di 30 punti per i titoli, che hanno pesato meno di dieci trentesimi come per legge. Mentre l’odierno – non selettivo – concorso riservato non ha previsto, in senso tecnico, né una prova scritta né una prova orale, bensì una semplice (e semplificata: ante) prova d’ingresso al corso intensivo di formazione.

E ben si vede che si tratta di due fattispecie diverse ed inconciliabili.

4.3. Due fattispecie diverse ed inconciliabili. Sulle quali però il decreto del Capodipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione compie un’interpretazione analogica ravvisandovi l’eadem ratio e, in luogo di limitarsi ad applicare una norma così com’è  – i “titoli valutabili ai sensi della Tabella A allegata al DM 138/2017”, cioè sino a un massimo di trenta punti – ne crea una terza del tutto arbitrariamente, in chiaro eccesso di potere, perché non prevista né dal primigenio, convertito, decreto legge né dal parimenti superiore regolamento ministeriale (DM 107/2023); senza neanche addurre una minima motivazione (2), semplicemente affermando, a suo insindacabile giudizio, che “è necessario procedere alla conversione su base decimale del punteggio attribuito ai titoli in conformità al punteggio della prova (d’ingresso)”; e violando altresì il pure richiamato DPR 487/1994, il cui articolo 8, comma 1, recita che riguardo i titoli è necessaria la “previa determinazione dei criteri di valutazione”, qui del tutto assente ovvero decisa ex post!

5. Qualora il ricorso fosse respinto, e dunque la graduatoria confermata, nulla quaestio. Se per contro – come ci sembra ragionevole – sarà accolto (beninteso, potendo essere smentiti dal Giudice), dovrebbe darsene pronta esecuzione: consistente nel rifacimento della graduatoria (recte: elenco graduato), con effetti erga omnes, quindi anche per i non ricorrenti, incombendo sull’Amministrazione l’obbligo di conformarsi al principio di legalità. E dovrà essa, soprattutto, subito revocare le 519 reggenze, contestualmente nominando gli aventi diritto, con decorrenza giuridica dal 1° settembre 2024 ed economica dall’effettiva presa di servizio, non essendoci nessuna norma – quantomeno, nessuna norma espressa – che imponga la loro coincidenza e che comporterebbe il mantenimento delle reggenze fino al 31 agosto 2025, con sicuro pregiudizio della funzionalità delle istituzioni scolastiche e delle legittime aspirazioni soggettive.

 

NOTE

(1)  L’articolo 9 del DM 107/2023 è rubricato Graduatoria finale. Ma nel suo primo comma si legge di un elenco graduato sulla base del punteggio ottenuto nella prova d’accesso al corso intensivo di formazione … e dei titoli valutabili ai sensi della Tabella A allegata al DM 138/2017(Regolamento de concorso ordinario del 2017). Ed è noto che Rubrica non est lex!

(2) L’articolo 3, comma 1 della legge 241/1990 impone che ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato. E che la motivazione “deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”. Che invece nel decreto dipartimentale 2187/2024 sono completamente omessi. 

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