Didattica e tecnicismi dell’Algebra
I tecnicismi ripetitivi dell’insegnamento dell’Algebra sono necessari per preparare al saper vedere e ragionare in matematica.
Sfogliando un vecchio libro di algebra per il biennio* trovo segni evidenti del suo uso:
Gli esercizi dal 1161 al 1166: è l’assegno per casa, sei esercizi in successione, con il quale, come ancora d’abitudine, si sarà conclusa la lezione del professore in quella prima classe di istituto tecnico di 40 anni fa o più.
In qualsiasi testo d’algebra tutti gli esercizi sono ordinati per capitoli, progressivamente più articolati e impegnativi, da svolgere uno dopo l’altro e l’ottimo sarebbe senza saltarne alcuno. Il concetto/precetto è: più se ne svolgono, più saldo e sicuro è l’apprendimento delle tecniche di calcolo e maggiore è il gusto e il piacere che si acquisisce di fare l’algebra. E non è che oggi il concetto sia cambiato molto. È innegabile che gli esercizi sulle espressioni contenenti frazioni algebriche letterali, calcolarne il risultato per determinati valori attribuiti alle lettere, la loro semplificazione o ancora la verifica di identità, siano fondamentali come l’imparare a risolvere equazioni.
Negli esercizi mostrati sopra compaiono espressioni a “più piani” contro le quali, in questi ultimi decenni, si sono scagliati in tanti che più di un insegnante ne è rimasto intimorito anche se proporli non è affatto un delitto didattico. Ad esempio, l’esercizio
si trova tra quelli assegnati al M.I.T. quasi un secolo e mezzo fa, ma è intelligente prototipo di tanti altri che non sono per niente scomparsi dalla scena didattica.
In algebra
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