Russell e il barbiere Barrett
Una storiella da raccontare in classe. I personaggi: Russell, Frege, Gödel, il barbiere Barrett e, per finire, l’eccentricità di G.H. Hardy e il Manifesto Russell-Einstein per il disarmo.
Era il 28 aprile 1906, una calda giornata primaverile. Bertrand Arthur William Russell, terzo conte della casata, giunto alla stazione di Cambridge scese dal treno e si diresse verso il Trinity College intenzionato a fare una piacevole passeggiata prima di recarsi ad affrontare i colleghi e gli allievi che lo attendevano al Trinity. Passandosi la mano sul viso, si rese conto però che quella mattina, forse per la fretta, s’era scordato di radersi. Decise allora di provvedere fermandosi dal barbiere Barrett la cui bottega l’avrebbe incrociata attraversando il vicino villaggio. “Barrett il barbiere” – interessante pensò Russell: appartiene all’insieme delle persone la cui professione comincia con la stessa lettera iniziale del loro cognome come “Locke il logico“, “Fichte il filosofo“, “Mersenne il matematico“.
Alla bottega di Barrett già c’era stato altre volte e una volta arrivato rilesse con piacere quel cartello, ormai scolorito, che compariva in un angolo della vetrina. C’era scritto: «Barrett è disposto a radere tutti gli uomini del villaggio che non vogliono radersi da sé». Ricordò che quel cartello c’era là dal 1902, almeno da quando lui l’aveva segnalato a Gottlob Frege, il 16 giugno di quell’anno. Nella lettera aveva sottolineato che quell’annuncio conduceva alla domanda, lecita, atteso che non c’erano altri barbieri: “Chi rade Barrett?”.
Una domanda alla quale per rispondere bisognava considerare che se Barrett si radeva da
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