No excuses
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“No excuses”: sistema a tolleranza zero
di Bruno Lorenzo Castrovinci
La gestione di classi difficili e alunni indisciplinati rappresenta una sfida quotidiana per molti insegnanti e dirigenti scolastici, soprattutto in contesti caratterizzati da profonde problematiche sociali. Le dinamiche interne alla scuola spesso riflettono il disagio del tessuto sociale di appartenenza, dove si intrecciano situazioni di povertà estrema, devianze e, in alcuni casi, un precoce coinvolgimento in ambienti criminali organizzati. Questo scenario rende la scuola non solo un luogo di apprendimento, ma anche un campo di battaglia per contrastare le disuguaglianze e offrire opportunità di riscatto.
Tra le strategie più radicali e dibattute per affrontare tali complessità spicca l’approccio definito “no excuses”, ampiamente applicato in molte scuole nel mondo. Questo metodo, basato su una rigorosa tolleranza zero verso comportamenti inadeguati, mira a creare un ambiente scolastico disciplinato e orientato al successo, imponendo regole ferree e aspettative elevate senza concessioni. Sebbene affascinante per il suo rigore e la sua promessa di trasformazione, tale approccio solleva interrogativi importanti sul suo impatto a lungo termine su studenti e insegnanti.
Il dibattito intorno a queste pratiche è alimentato da contributi significativi come quello di Agrifoglio Korbey, pubblicato su TES (Times Educational Supplement), una delle principali riviste educative a livello internazionale. L’articolo esplora le dinamiche di questi metodi, analizzandone le implicazioni sul sistema scolastico globale. TES rappresenta una piattaforma autorevole per comprendere le sfide e le opportunità nell’educazione, offrendo risorse e analisi approfondite che illuminano le complesse intersezioni tra politiche educative, contesto sociale e benessere degli studenti.
Attraverso queste riflessioni, emerge l’urgenza di un confronto critico sul modo in cui affrontare le difficoltà scolastiche in contesti di frontiera, bilanciando il rigore disciplinare con la necessità di empatia e inclusione, per garantire che ogni scuola possa rappresentare un luogo di crescita e speranza.
Analisi del modello “no excuses”
Il modello “no excuses” si basa sull’idea che una disciplina rigorosa e una gestione del comportamento estremamente strutturata possano migliorare il rendimento scolastico, specialmente in contesti svantaggiati. Tuttavia, le pratiche descritte – come punizioni per infrazioni minori, detenzioni frequenti e regole rigide – hanno sollevato critiche significative. Ad esempio, il Center for Research on Education Outcomes presso la Stanford University ha evidenziato che, sebbene alcune scuole che adottano questo approccio abbiano registrato miglioramenti nei test standardizzati, il costo sociale e psicologico per gli studenti più vulnerabili è spesso elevato. Inoltre, un rapporto dell’ Education Policy Institute del 2024 ha mostrato come gli studenti con sospensioni multiple abbiano significativamente minori possibilità di successo scolastico e professionale.
Ricercatori come Linda Graham presso la Queensland University of Technology e Mary Ellen Stitt della State University of New York sottolineano come la rigidità di queste pratiche possa perpetuare disuguaglianze sistemiche, specialmente per studenti con bisogni educativi speciali (BES) o provenienti da minoranze svantaggiate. La teoria delle finestre rotte, che ispira l’approccio “no excuses”, è stata in parte screditata poiché enfatizza la punizione anziché il supporto educativo. Ricerche condotte in Australia e Regno Unito, inoltre, suggeriscono che approcci più inclusivi e basati sul dialogo possano produrre risultati ugualmente validi senza gli effetti collaterali negativi associati a politiche punitive.
Fondamenti pedagogici e neuroscientifici
Dal punto di vista pedagogico, l’adozione di routine rigide può avere benefici limitati, specialmente se non accompagnata da strategie di supporto personalizzate e inclusive. Le neuroscienze evidenziano che l’apprendimento avviene in un contesto emotivo e relazionale positivo. Pratiche punitive e rigide possono attivare il sistema di stress degli studenti, aumentando i livelli di cortisolo e compromettendo la memoria a lungo termine, la capacità di attenzione e l’elaborazione delle informazioni. In particolare, studenti con difficoltà di apprendimento, bisogni educativi speciali (BES) o provenienti da contesti svantaggiati possono subire un impatto sproporzionato, con un effetto negativo anche sulla loro autostima e motivazione intrinseca.
L’”impalcatura educativa”, concetto approfondito da Linda Graham, è cruciale per garantire che le regole non siano semplicemente imposte, ma accompagnate da supporto adeguato e differenziato. Ad esempio, pause intenzionali durante le lezioni, un vocabolario accessibile e tecniche di “scaffolding” favoriscono l’elaborazione cognitiva, mentre l’insegnamento esplicito delle aspettative comportamentali aiuta a costruire autonomia e senso di responsabilità. Inoltre, approcci come la pratica della “pedagogia della cura” sottolineano l’importanza di creare ambienti che favoriscano relazioni empatiche e sicure tra studenti e docenti, stimolando un apprendimento profondo e significativo.
Studi come quelli condotti dal Education Endowment Foundation e dal National Center for Education Statistics evidenziano che approcci più personalizzati e relazionali migliorano non solo il rendimento accademico, ma anche il benessere complessivo degli studenti. Questi modelli promuovono una cultura scolastica basata sulla fiducia, sul rispetto reciproco e sull’inclusione, riducendo al minimo il rischio di esclusione sociale e accademica.
Impatti psicologici e sociali
L’imposizione di un sistema disciplinare rigido può influire negativamente sul benessere psicologico degli studenti, generando sentimenti di alienazione, ansia e demotivazione. Le pratiche discriminatorie, inoltre, amplificano le disuguaglianze sociali, perpetuando uno stigma verso studenti già vulnerabili, in particolare quelli provenienti da contesti socio-economici svantaggiati o appartenenti a minoranze. Ricerche internazionali, tra cui quelle dell’Education Policy Institute e del Center for Research on Education Outcomes, evidenziano come tali approcci possano esacerbare il divario educativo e ostacolare lo sviluppo emotivo e relazionale degli studenti.
In una società liquida, come descritta da Zygmunt Bauman, dove le relazioni e le strutture sociali sono sempre più fluide e incerte, gli approcci educativi dovrebbero promuovere flessibilità, resilienza e capacità di adattamento. In questo contesto, pratiche basate sulla rigidità rischiano di risultare anacronistiche e di fallire nel preparare gli studenti alle sfide di un mondo in rapida evoluzione. Al contrario, modelli educativi che valorizzano l’autonomia, la creatività e il pensiero critico rappresentano una risposta più adeguata alle esigenze di una società complessa.
Alternative e modelli a confronto
Un approccio alternativo potrebbe essere rappresentato dalla “gestione positiva del comportamento”, che enfatizza il rinforzo delle buone pratiche piuttosto che la punizione. Questo modello è supportato da strategie come il metodo della “classe capovolta”, che coinvolge gli studenti in attività pratiche e collaborative, e il “restorative justice”, che mira a risolvere i conflitti attraverso il dialogo e la responsabilizzazione. Inoltre, modelli come il Positive Behavioral Interventions and Supports (PBIS), ampiamente adottato negli Stati Uniti, offrono un approccio strutturato per promuovere comportamenti positivi, fornendo supporto individualizzato e monitorando costantemente i progressi.
Le scuole che adottano un equilibrio tra rigore e flessibilità, come il Mercia Learning Trust, dimostrano che è possibile mantenere standard elevati senza compromettere il benessere degli studenti. Ad esempio, il Mercia Learning Trust integra strategie come il “scaffolding” comportamentale, che aiuta gli studenti a sviluppare gradualmente le competenze necessarie per rispettare le regole, e il “coaching” motivazionale per coinvolgere attivamente gli studenti nella definizione dei propri obiettivi. Un supporto individualizzato, combinato con una comunicazione efficace delle regole e un focus sull’autoregolazione, è fondamentale per creare un ambiente sicuro, stimolante e inclusivo.
Il fenomeno della diluizione dei casi difficili
Un aspetto problematico e spesso trascurato nelle scuole è la gestione dei cosiddetti “casi difficili”, ovvero studenti che manifestano comportamenti problematici o difficoltà significative di adattamento. Una cattiva abitudine osservata, come evidenziato nelle ricerche di Angelo Paletta, è quella di creare un contesto che spinga gli studenti a lasciare la classe e in alcuni casi la scuola di propria iniziativa. Invece di affrontare direttamente le difficoltà attraverso interventi mirati, alcuni insegnanti esercitano una pressione implicita sugli studenti e sulle loro famiglie, inducendoli a cercare un’alternativa altrove. Questo approccio si traduce spesso in una gestione passiva del problema, che non solo non risolve le difficoltà comportamentali, ma le trasferisce ad altri contesti educativi.
Questo fenomeno, chiamato “diluizione”, ha conseguenze negative sia per gli studenti coinvolti che per il sistema educativo nel suo complesso. Gli studenti che abbandonano volontariamente tendono a percepire l’ambiente scolastico come ostile e privo di supporto, sviluppando un senso di fallimento personale che può condurli all’abbandono definitivo degli studi. Inoltre, le scuole perdono l’opportunità di affrontare le cause profonde dei problemi, perpetuando un ciclo di esclusione sociale e accademica.
Ricerche, come quelle condotte da Paletta, sottolineano l’importanza di un approccio attivo e responsabile, che includa programmi di supporto personalizzati, la creazione di ambienti empatici e l’adozione di strategie di mediazione come la “restorative justice”. Questi strumenti non solo aiutano a mantenere gli studenti nel sistema scolastico, ma promuovono anche lo sviluppo di competenze sociali e relazionali fondamentali per il loro successo futuro.
Prospettive future
Nel contesto di oggi post-pandemia, le scuole si trovano di fronte a nuove sfide comportamentali e scolastiche, come l’aumento delle disuguaglianze educative e il calo della motivazione studentesca. L’adozione di pratiche inclusive e basate sull’evidenza è cruciale per rispondere alle esigenze di una popolazione studentesca sempre più diversificata e per promuovere un apprendimento significativo. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sull’impatto a lungo termine di approcci comportamentali flessibili, integrando strategie che valorizzino il benessere emotivo e relazionale degli studenti. Inoltre, l’utilizzo di tecnologie innovative come il metaverso e l’intelligenza artificiale può offrire opportunità senza precedenti per personalizzare ulteriormente l’esperienza educativa, attraverso strumenti come simulazioni immersive, tutor virtuali e analisi dei dati per monitorare e migliorare il coinvolgimento e i progressi individuali. Tali innovazioni, combinate con un approccio pedagogico umanistico, possono contribuire a creare un ambiente educativo resiliente e inclusivo.
Conclusione
Il dibattito sugli approcci comportamentali nelle scuole rappresenta una sfida cruciale della società contemporanea, in cui si intrecciano esigenze di rigore e controllo con quelle di flessibilità, autonomia e inclusività. Le scuole, oggi più che mai, devono affrontare un delicato equilibrio tra il garantire un ambiente disciplinato e promuovere il benessere emotivo e sociale degli studenti. Questo equilibrio richiede non solo l’adozione di regole chiare, ma anche la costruzione di un contesto empatico e relazionale in grado di sostenere gli studenti nelle loro difficoltà.
Un approccio educativo inclusivo, basato su evidenze scientifiche, si rivela fondamentale per affrontare le sfide contemporanee. Tali approcci valorizzano la personalizzazione dell’insegnamento, la mediazione dei conflitti attraverso pratiche come la “restorative justice” e l’integrazione di strumenti tecnologici innovativi per migliorare l’apprendimento e il coinvolgimento degli studenti. Inoltre, mettere al centro lo sviluppo delle competenze emotive e relazionali consente non solo di preparare gli studenti al successo accademico, ma anche di promuovere una cittadinanza attiva e consapevole, capace di rispondere alle esigenze di una società in continua evoluzione.
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