D’estate, con gli incendi incontrollabili che devastano le nostre terre, il fuoco fa paura. Eppure, il suo ruolo è stato centrale per l’evoluzione e la vita degli esseri umani: per centinaia di migliaia di anni, le fiamme ci hanno accompagnato in giro per il mondo, e hanno persino plasmato il nostro corpo.
Che cosa sarebbe successo però se i nostri antenati non avessero trovato il modo per addomesticare il fuoco? Certamente adesso saremmo molto diversi, molto meno numerosi e probabilmente anche molto differenti fisicamente. Tutta la storia umana infatti gira attorno al momento in cui è stato scoperto che il fuoco si poteva sfruttare, controllandone la potenza.
I primi esempi di uso del fuoco risalgono almeno a un milione di anni fa, e sono stati ritrovati in una grotta sudafricana. «Ma sono “evidenze di fuoco” e non ancora focolari più strutturati dove si vede un uso continuo del fuoco per lunghi periodi di tempo», dice Francesco Berna, archeologo all’Università Simon Fraser, a Burnaby, in Canada.
Berna studia l’origine dell’uso del fuoco e ritiene che i primissimi esseri della linea umana che hanno imparato a usare il fuoco siano stati Homo erectus. «Il vero e proprio controllo del fuoco è un passo più complesso, dal punto di vista comportamentale e cognitivo. Ed è molto più difficile da dimostrare», spiega Berna.
Il cibo cucinato con il fuoco. In questa lunga storia, un punto cruciale è stato il momento in cui uno dei nostri antenati (forse Homo habilis) ha cominciato a cucinare il cibo, come afferma l’antropologo inglese Richard Wrangham. E questo ci ha dato un grandissimo vantaggio. Il cibo cotto infatti è più digeribile, e così le calorie risparmiate per digerire furono usate per ingrandire il cervello.
Il tutto avvenne, ovviamente, nei tempi dell’evoluzione, nel giro di qualche centinaio di migliaia di anni. Anche se, per l’enorme salto evolutivo che ha condotto allo sviluppo di Homo sapiens, il fuoco non è più considerato l’unico fattore.
Berna, ma anche altri paleontologi, fanno notare come molti siti archeologici non avessero resti di focolari. È dunque possibile che varie popolazioni di Homo abbiano occupato l’Europa e il resto del mondo senza il controllo sistematico del fuoco.
Nel loro caso, le calorie necessarie a ingrandire il cervello furono ricavate dai tessuti animali come il midollo e il cervello delle prede: «Ci sono molti resti fossili di grossi erbivori, come elefanti o cavalli, con il cranio spaccato e le ossa lunghe spezzate in due, proprio per raggiungere il midollo e il cervello».
fattore chiave. Ma se anche il fuoco fosse stato una concausa, e non la causa biologica che ha permesso al nostro cervello di crescere, il suo ruolo è stato determinante per il nostro sviluppo evolutivo: il fuoco serviva infatti a proteggerci, tenendo lontani i predatori durante la notte, e a scaldarci durante l’inverno: è proprio grazie al fuoco che la specie umana si è potuta diffondere in tutto il Pianeta, vivendo anche nelle regioni più fredde. L’uso del fuoco come fonte luminosa ha anche permesso di prolungare le attività umane dopo il tramonto del Sole.
Il fuoco, poi, ha agito come collante sociale: quando è acceso è il luogo di raccolta delle tribù, dove i racconti e i miti sono passati di generazione in generazione. Infine, da quando gli Homo sapiens, e forse i Neanderthal, hanno imparato a usare il fuoco, il percorso della nostra specie ha accelerato. Siamo diventati più numerosi e abbiamo invaso e modificato il Pianeta nel giro di poche migliaia di anni.
Senza fuoco, decisamente diversa sarebbe stata la struttura delle singole tribù e forse della società globale; il focolare è un elemento aggregante e aumenta le capacità comunicative e di trasmissione delle informazioni nella tribù. Totalmente differente sarebbe stata poi l’ecologia del Pianeta. Incendi controllati e necessari. Dopo la preistoria, come spiega lo storico dell’ambiente Stephen Pyne nel suo libro del 2019 Fire: a brief history, il fuoco è stato fondamentale per la nostra specie anche in altri momenti come per l’invenzione dell’agricoltura e per le attività industriali. Ognuna di queste tappe ha portato a profondi cambiamenti nell’ambiente.
Senza fuoco, non ci sarebbero stati gli immensi incendi che hanno cambiato il paesaggio e gli ecosistemi di molti continenti. Secondo Pyne, avere il fuoco implicava anche che le persone dovevano procurarsi il carburante necessario: «L’idea di agricoltura ha messo in moto un’enorme raccolta di combustibili», dice. Gli agricoltori e i pastori potevano espandere il proprio territorio solo se le nuove terre erano pulite con le fiamme: un fuoco “controllato”, però, che non invadesse case o capanne, appiccato anche per arricchire il terreno di nutrienti rilasciati dalle piante combuste.
lo sviluppo delle industrie. Ma l’utilizzo più importante fu quello delle industrie: il fuoco è servito a lavorare e modellare strumenti in pietra, per realizzare oggetti in argilla e ceramica, per creare materiali come leghe metalliche e vetro: un ruolo fondamentale, come evidenzia già l’antico mito di Prometeo, l’eroe greco che rubò il fuoco agli dèi per darlo all’umanità consentendole di progredire.
Insomma, la nostra specie non ha solo imparato ad accendere il fuoco ma anche a controllarlo, quasi fosse un animale domestico: «Deve essere fatto nascere, curato, addestrato», sottolinea Pyne, «e costringe le persone a cambiare le proprie abitudini per adattarle al suo uso».
l’era del fuoco. Lo studioso dà così tanta importanza al fuoco che chiama le industrie che lo utilizzano “pirotecnologie”, e arriva a dire che viviamo nel Pirocene, l’era del fuoco. Non solo la lavorazione, ma anche l’estrazione dei metalli necessitava di fiamme per illuminare le miniere, e di fuochi per frantumare le rocce ed estrarne i minerali. Inoltre, anche le costruzioni non potevano farne a meno.
Dice ancora Pyne: «Il calcare doveva essere arrostito in calce adatta per cemento, la sabbia fusa per fare il vetro, l’argilla cotta in ceramica. Zolfo, mercurio e allume dipendevano tutti dal fuoco per strapparli alla ganga e purificarli». La lavorazione di ferro, bronzo, rame, fino all’acciaio, ha bisogno di temperature elevate.
fuoco greco. Naturalmente, oltre agli aratri, anche le armi si fabbricano col fuoco. E lo utilizzano: Vannoccio Biringuccio conclude il suo trattato De la pirotechnica del 1640, con un elenco di strumenti che lanciano proiettili infuocati.
Del resto, i passaggi dall’Età del rame a quella del bronzo e poi a quella del ferro, a partire dal 5° millennio avanti Cristo, sono stati segnati dalla nascita di armi sempre più perfezionate e robuste, molto più efficaci in battaglia. E il cosiddetto “fuoco greco”, una miscela a base di petrolio e minerali, era una delle armi più temute negli assedi.
MAI SENZA CONTROLLO. Il controllo e l’uso del fuoco e delle alte temperature è quindi alla base di ogni civiltà: motori a combustione interna, centrali elettriche a combustibile, persino i fuochi della cucina o della caldaia domestica sono circoscritti e dosati. Nei laboratori scientifici la sottile fiamma del becco Bunsen è onnipresente, così come fiamme ben più potenti nelle acciaierie o negli impianti di raffinazione del petrolio. «Il fuoco più rivoluzionario è però quello racchiuso nel metallo e usato per muovere pistoni», conclude Pyne. Con il motore a vapore, il fuoco è diventato più di una fornace: visto che muove veicoli, compete direttamente con la forza del muscolo.
Insomma, nella nostra e in altre civiltà anche lontane nel tempo, il fuoco è stato ed è assolutamente indispensabile per la vita.
Privi di esso, saremmo forse confinati ancora nel continente africano, pochi e indifesi. Senza fuoco il nostro percorso nella storia del Pianeta sarebbe stato estremamente più lento e circospetto, e alcune zone fredde o aride non sarebbero probabilmente mai state raggiunte e colonizzate. Saremmo stati una specie più in equilibrio col Pianeta? Probabilmente sì, ma allo stato brado.
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